Ripensamenti
<<Abbiamo preso tutto?>> feci avanti e dietro per controllare che fosse tutto sotto controllo.
<<Cassie, sta tranquilla ok? Abbiamo tutto.>> disse Cameron, già davanti alla porta di casa insieme a Max.
Mi arresi e li seguii fino in strada.
<<Aspetta, ma questa macchina? Dov'è la Mustang?>> chiesi, vedendolo arrivare davanti ad una Peugeot grigia.
<<L'ho prestata ad un amico. Per adesso avremo questa.>> disse facendo salire Max a bordo.
Non dissi nulla su questo, anche se speravo che questo suo amico non facesse capitare niente a quella meraviglia d'auto.
L'ansia mi assaliva.
Da una parte, non vedevo l'ora che Max uscisse da questo limbo, dall'altra invece odiavo l'idea di saperlo sotto ai ferri.
Arrivammo alla clinica veterinaria alle dodici esatte. Max ovviamente non sapeva a cosa andava in contro.
<<Salve, sono il dott. Montgomery e lui dev'essere Max, giusto?>> gli fece un gran sorriso e porse la mano prima a Cam, poi a me.
<<Piacere.>> fece lui.
Io mi limitai a sorridere.
<<L'operazione durerà due ore circa. Adesso lo mettiamo sul lettino e gli inietto l'anestesia. Ci sono domande?>> chiese, portandoci nella sala in cui il tutto sarebbe avvenuto.
<<Ne avrei almeno mille, ma credo che le più importanti siano: io posso assistere? E quante probabilità ci sono che l'intervento riesca?>> dissi io.
<<Purtroppo le percentuali variano dalla sua cartella, ma posso assicurarle che tengo a far uscire vivo da qui dentro ogni cucciolo che mi portano. Avevo due cani, entrambi hanno avuto complicazioni nel corso della loro vita. Uno ci ha lasciati una settimana fa.>> i suoi occhi diventarono tristi e spenti nel ricordo del suo cagnolino <<Farò di tutto per Max.>> promise. <<E no, purtroppo non posso fare assistere nessuno. È un'operazione abbastanza complessa e preferisco non avere complicazioni.>>
<<Non gliene darò. Io devo assistere. La prego.>>
<<Tesoro, il dottore sa quello che fa dai... Usciamo adesso...>> intervenne Cameron.
Guardai entrambi, poi accarezzai Max dolcemente. Lui non capiva.
<<Lei dovrebbe restare un attimo con me, per favore.>> disse Montgomery a Cam.
<<Va bene, certo.>> gli rispose <<Aspettami qua fuori ok?>> mi fece.
<<Ok..>> risposi io uscendo col cuore a mille.
Mi sedetti sulle gelide sedie di una classica sala d'aspetto. Provavo un po' di rancore nei confronti del dott. Montgomery, però il mio Max era nelle sue mani quindi avrei dovuto comportarmi più che bene con lui.
Quando Cam uscì aveva una faccia strana ma non disse nulla. Preferii stare in silenzio anche io.
I minuti passavano e l'unica cosa che avevo io per consolazione era la macchinetta piena di snack al cioccolato situata accanto al mio posto. Ammetto di aver scelto quell'angolo proprio per questo.
Cameron sembrava completamente assente, preoccupato quanto me. Non mi parlò per almeno mezz'ora, né io parlai con lui. Mi dispiaceva non poterlo abbracciare, ma la sera prima aveva in qualche modo ferito il mio orgoglio di donna e non potevo fargliela passare liscia così. Max sarebbe stato bene, dopo avrei pensato a lui.
Non era un modo per voler dare priorità ad altro ma sicuramente al momento era più importante una vita che una notte di sesso o un "ti voglio bene" che ti fa sentire una specie di amica.
<<Hai fame?>> chiese dopo altri venti minuti buoni.
<<No.>> risposi continuando a guardare la porta bianca da cui mi sembrava di essere uscita una vita fa.
<<Cassie, senti...>> disse poi avvicinandosi <<Se ti ho offesa in qualche modo, mi dispiace.>>
<<Mi sento tutt'altro che offesa Cameron.>>
<<E come ti senti?>>
<<Possiamo parlarne più tardi?>>
<<Pensi che se non parli finisce prima?>> disse in un tono decisamente antipatico.
<<Penso che se non parlo evito di picchiarti.>>
Sbuffò, poi andò via. Lo guardai scomparire dietro l'angolo e mi resi conto che potevo illudermi quanto volevo, ma probabilmente non avrei avuto la relazione che desideravo con lui. I nostri caratteri erano troppo diversi, lui era troppo strano. La verità era che probabilmente avevamo rovinato quella specie di amicizia che avevamo costruito. Se già quella era difficile, come c'era venuto in mente di provare a metterci insieme? Una cosa in comune però ce l'avevamo: ci piacevano le missioni suicide.
Smanettai un po' col cellulare, ancora non avevo il suo numero ma forse era meglio così. Probabilmente sarebbe stato un casino doverlo memorizzare nella rubrica. Che nome avrei potuto scegliere? Amore? Cameron?
Mandai via quei pensieri inutili quando l'enorme porta dell'inferno si aprì.
<<Dottore! Come è andata?>> dissi cercando di stirare il collo per vedere Max.
<<Sembra sia andata bene. Ora dobbiamo vedere come la prende al suo risveglio.>>
<<Che significa? Se è andata bene, è salvo. No?>>
Montgomery sospirò a fondo.
<<Queste operazioni costano tanto perché le medicine che usiamo ci vengono spedite direttamente dal Giappone. Sono gli unici che hanno portato avanti uno studio così specifico e gli organi interni di Max ne avevano davvero bisogno dopo il brutto incidente che ha avuto. Queste medicine ovviamente vengono somministrate al paziente a quattro zampe dopo l'intervento chirurgico, per almeno quindici giorni. Nel corso di questi, si vedrà se l'operazione è realmente servita a qualcosa o meno.>>
<<E allora esattamente cosa gli ha fatto lei adesso?>>
Ero confusa. April aveva detto che sarebbe bastata l'operazione.
<<Io ho cercato di ricucire tutte le parti lacerate interne. L'intervento è andato benissimo ora ha bisogno di tanto affetto, di queste medicine e di restare qui.>>
<<Lo terrete tutti e quindici i giorni?>>
<<Si. Sicuramente capirà che è necessario, lei comunque potrà stare qui anche giorno e notte. Abbiamo solo gente competente, si fidi.>>
<<Grazie mille per le spiegazioni e per aver fatto di tutto. Posso vederlo adesso?>>
<<Adesso sta dormendo. La avverto quando si sveglia.>>
<<D'accordo.>>mi arresi, vedendo tornare Cam.
<<Oi.. Allora? Tutto bene?>> chiese correndo verso di me quando vide il dottore fuori dalla porta.
<<Perché ti ha tenuto lì dentro prima?>> gli chiesi.
<<Mi ha fatto firmare un foglio e mi ha anche detto che ci sarebbero stati quindici giorni di ricovero per Max.>>
<<E non ti è passato per la testa di dirmelo?>> urlai.
<<Non mi hai rivolto la parola!>>
<<Dovevi dirmelo lo stesso!>>
Un infermiere venne a controllare cosa era quel trambusto, facendomi vergognare da morire. Chiesi scusa e tornai a sedermi, senza nemmeno guardare Cameron.
Odiavo quando si comportava così. Come se fosse onnipotente.
Un'ora dopo ancora nessuna notizia, possibile che non si era svegliato? Montgomery continuava a dire che ancora non potevamo vederlo. Qualcosa dentro di me però mi diceva che io dovevo entrare e basta.
Guardai Cameron, messo sulla sua sedia a guardare il cellulare come se io non esistessi e mi alzai infuriata. Impiegai tre secondi a spalancare quella cazzo di porta ed entrare.
Max era sveglio, ma ancora un po' intontito.
<<Cucciolo mio..>> dissi correndo ad accarezzarlo.
Lui sembrò così felice.
<<Le avevo detto che l'avrei chiamata io.>> udii poi dietro di me.
<<Mi scusi dott. Montgomery ma non resistevo più.>>
Lui fece spallucce e non ribatté.
<<Probabilmente avrà dolore oraperché l'anestesia sta passando. Adesso gli somministriamo la prima dose di farmaci e poi gli facciamo anche un antidolorifico così può dormire sereno per tutta la notte. Lei può andare a casa a riposare, davvero.>>
<<Non voglio lasciarlo qui. So che è in buone mani, glielo giuro, ma non posso tornare a casa sapendo che lui deve passare l'intera notte qui da solo.>>
<<Come vuole. Allora parli col suo fidanzato di questo e dopodiché vi sposteremo in una stanza con una bella cuccia per lui e una poltrona comoda per lei.>>
<<Va bene anche una sedia.>>
Mi sorrise e mi guardò uscire velocemente.
Cameron era sempre seduto lì. Non si era mosso.
<<Puoi andare a casa. Stanno iniziando a dare le medicine a Max, dopodiché ci sposteranno in una stanza per la notte. Fammi solo un favore, avvisa tua nonna ok?>>
<<Come? Non torni a casa con me?>>
<<Devo stare con Max.>>
Sembrò restarci male. Avrei voluto urlargli contro "benvenuto nel club".
<<Come sta lui?>>
<<È forte. Non si sta nemmeno lamentando del dolore che provocano i punti interni.>>
<<Chiamami qualsiasi cosa succeda ok?>>
Gli feci cenno di sì.
Lo vidi incerto in viso, fece una mossa verso di me per poi ritirarsi subito indietro.
<<Non so perché questa crisi improvvisa e probabilmente sarà tutta colpa mia, ma non roviniamo tutto per uno stupido litigio. Voglio fare sesso con te, lo voglio più di qualsiasi altra cosa al mondo ma... Tu devi esserne sicura.>>
Mi guardai intorno imbarazzata. Fortunatamente non c'era nessuno in quel corridoio.
<<Non hai ancora capito? Non è il sesso il problema. Sei tu il problema.>> dissi guardandolo bene in viso <<Mi fai diventare matta! Io non riesco più a capire niente della mia vita e tu invece di aiutarmi, mi confondi ancora di più. Non pretendo di essere già l'amore della tua vita, tu non sei il mio, ma c'è una sottile linea fra essere fidanzati ed essere amici. Io voglio bene ai miei amici, provo qualcosa di diverso per il mio fidanzato.>>
Diventò paonazzo in viso ma non disse nulla. Restai a guardarlo, aspettavo una risposta o un chiarimento e invece niente. Silenzio. Il silenzio di chi sostanzialmente sa di aver sbagliato ma non può farci nulla.
Socchiusi gli occhi e mi girai per e rientrare. Lui non mi fermò.
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