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Panico

Mentre preparavo il mio solito zaino il cellulare squillò. Mi sembrava davvero strano visto che nessuno mi telefonava mai così, pensando che fosse un qualche tipo di gestore telefonico che voleva propinarmi la sua offerta per nulla conveniente, lo ignorai.

<<Devo andare a casa a prendere anche io la roba per partire. Vieni con me?>> chiese Cameron.

Quella mattina sembrava davvero di buon umore e questo non poteva che far stare bene anche me. Si era alzato col sorriso, dopo qualche sua battutina maliziosa e poi si era messo a cucinare per la colazione. Avrei potuto abituarmici a tutto ciò.

<<Certo. Mi vesto e andiamo.>> risposi entrando in stanza.

Impiegai due secondi a vestirmi e domai i miei capelli con un elastico nero, il solito.
Quando fui pronta tornai in salotto, dove trovai Cameron intento a parlare al telefono con qualcuno.

<<Ah eccola!>> disse non appena mi vide. <<Gliela passo.>> mi fece l'occhiolino e si accomodò sul mio divano, passandomi il mio cellulare.

Corrucciai le sopracciglia e gli bisbigliai di dirmi chi fosse prima di farmi rispondere ma lui, stronzo come al solito, tenne la bocca chiusa e rimase a guardarmi attentamente.

<<Pronto?!>> risposi maledicendo fra me e me Cameron.

<<Ciao Stellina!>>

Al suono di quella voce la pelle mi si accapponò.

<<Cosa vuoi?>> chiesi senza realmente volerlo sapere.

<<In verità volevo sapere dove fossi finita, non ti vedo da un po'. Precisamente da quando hai detto "stasera dormo da Lidya".>>

<<Beh, se non mi vedi da allora fatti domande e datti due risposte. Non ho intenzione di dirti dove sono, se avessi voluto te lo avrei fatto sapere io stessa.>>

<<Tranquilla tesoro mio, so già dove sei. È incredibile come si possa arrivare a qualsiasi cosa tramite una sola telefonata.>>  riattaccò senza aggiungere altro e senza darmi la possibilità di controbattere.

<<Dobbiamo andare via!>> dissi a Cameron come prima cosa, forse un po' agitata.

<<Chi era? Perché stai reagendo così?>>

<<A te cosa ha detto?>> mi fermai un attimo.

<<Mi ha detto che era tuo zio Joe e che voleva solo sapere come stavi.>> rispose confuso. <<Non hai nessun zio Joe giusto?>>

<<No.>> deglutii.

<<Cassie devi dirmi chi era!>> mi fermò parandomisi davanti, con le mani sulle mie spalle per farmi calmare.

<<Mio padre. Ha detto che grazie a questa telefonata è riuscito a trovarmi e adesso verrà qui, me lo sento.>>

<<Magari vuole solo chiarire con te, riprendere un rapporto padre e figlia.>>

<<Tu non lo conosci! Se lui sta venendo qui non è perché mi vuole bene ma perché ha bisogno di qualcosa. Non gliene frega niente se ci sono o non ci sono, a meno che io non possa risolvergli qualche problema.>>

<<Prendi la tua roba dai, prendiamo la mia e partiamo adesso.>>

Seguii Cameron quasi ringraziandolo per questo. Sapevo che se avrebbe voluto trovarmi ci sarebbe riuscito ugualmente, ma se anche avesse localizzato il gps del mio cellulare, questo lo avrebbe portato a Brooklyn mentre io sarei stata nel Queens. Avevo più probabilità di non incontrarlo. Mio padre non era un uomo molto paziente quindi l'idea che potesse aspettarmi lì senza sapere se mai io fossi tornata a casa mi sembrava praticamente stupida, quindi mi tranquillizzai un po'.

Quando anche Cameron prese ciò che gli serviva salimmo sulla sua bellissima Mustang e finalmente partimmo.

<<Non posso portare il cellulare con me.>> pensai ad alta voce.

<<Non può localizzarti se non gli prendi le telefonate, tranquilla.>>

<<Non voglio che mi trovi Cameron.>>

<<Non lo farà se non vuoi e se dovesse riuscirci io sarò con te Cassie.>>

Mise una mano sulla mia coscia e mi fece un sorriso di quelli sinceri, di quelli che ti rassicurano davvero.

Impiegammo poco più di mezz'ora ad arrivare nel Queens. Anche lì le strade erano bellissime e colorate, sembrava come un mondo a parte.
Era ora di pranzo quando arrivammo davanti Hank's e a quell'ora c'era una quiete fantastica, non vedevo l'ora di entrare e abbracciarlo.

Non lo trovammo dietro al bancone quindi ci accomodammo sugli sgabelli e lo aspettammo.

<<Sembri agitata.>> disse Cameron guardando la mia gamba tremare dal nervoso.

<<Non sono agitata, sono...pensierosa.>>

<<Se pensi a cose che ti agitano sei agitata.>>

<<Stai cercando di psicanalizzarmi?>> ridacchiai.

<<Da quando ti conosco ho bisogno io di uno psichiatra.>> rispose roteando gli occhi.

<<Guarda chi c'è!>> annunciò la sua entrata Hank.

<<Ciao bello!>> salutò Cameron, mentre io mi alzavo per abbracciarlo.

<<Ciao piccola, come stai? Ti trovi bene a Brooklyn?>> mi chiese dolcemente.

Aveva un viso stanco, le rughe intorno agli occhi più pronunciate ma la sua espressione buona non lo aveva abbandonato.

<<Benissimo. Ho anche trovato un appartamento tutto mio.>>

<<Cameron si è comportato bene?>> chiese guardandolo di sottecchi.

<<Si.>> ridacchiai. <<Molto più di quanto ci aspettassimo.>>

Cam si fece un po' cupo in faccia ma poi scrollò le spalle e ignorò la provocazione.

<<Allora?>> fece senza più darci modo di parlare. <<Con chi combatterò oggi?>>

<<A proposito di questo...>> tentennò un po' Hank prima di rispondergli. <<Volevo dirti che se non te la senti puoi rifiutare.>>

<<Con chi?>> ripeté lui.

<<Tom Joya, New York, 95 kg di ragazzo.>> spiegò.

<<Il campione regionale?>> fece Cameron incuriosito più che preoccupato. <<Come mai vuole combattere in un bar?>>

<<È stata la stessa domanda che ho fatto io al suo manager. Ha sentito parlare di te diverse volte e sempre bene, lui vuole sfatare il mito in poche parole.>>

<<Bene, bene, bene.>> disse Cameron con un sorrisino beffardo in viso.

<<Puoi tirarti indietro. Insomma, non ci sarebbe nulla di cui vergognarsi.>>

<<È campione regionale Hank, gireranno un casino di soldi e poi finalmente potrò smetterla di annoiarmi su quel ring. Aspetto da sempre un vero combattimento, uno di quelli che mi faccia sentire quasi in pericolo. Ne ho bisogno.>>

<<Sei sicuro?>> intervenni io, un po' contrariata dal suo discorso.

<<Hai paura che io mi faccia male?>> sorrise beffardo.

<<Io no, ma Hank si. Forse dovresti lasciar perdere.>>

<<Non mi toccherà nemmeno.>> si alzò spocchiosamente e si dileguò di là, nella stanza dove poi ci sarebbe stato il combattimento.

Restai da sola con Hank, sempre intento a pulire quel bancone di legno. Iniziai a pensare che lo facesse per il nervosismo.

<<Che ne pensi?>> gli chiesi.

<<Penso che si farà male, ma è inutile insistere con Cameron. Non cambierà idea.>>

<<Ma perché questo tizio lo sfida? Insomma, è campione regionale non credi sia un po' strano che voglia venire nel Queens solo perché ha sentito che c'è un ragazzino imbattuto da quattro ubriaconi?>>

<<Si, è strano. Ci penso da tutto il giorno.>>

<<Andrà tutto bene.>> cercai di rincuorarlo.

<<Sicuramente si.>> borbottò.

Restai con lui a parlare del più e del meno per tutto il pomeriggio, mangiucchiando salatini e patatine. Gli raccontai tutto, anche delle cose meno belle che erano successe con Cameron e di Zed.

<<Lo conosco Zed, è un bravo ragazzo.>> commentò.

<<Si lo è. Credo anche di piacergli tanto.>>

<<Si? E a te piace lui?>>

<<Non lo so, cioè, è un bel ragazzo ed è molto dolce..>> questo tentennare mi fece venire una gran confusione in testa.

In quel momento arrivò Cameron.

<<Ma non è lui.>> mi sussurrò all'orecchio Hank prima che lui ci potesse sentire.

<<Che fate?>> chiese Cam, ignaro della tempesta che si stava imbattendo dentro la mi testa.

<<Parlavamo.>> mi fece l'occhiolino Hank.

<<Che mi nascondete?>> corrucciò le sopracciglia guardandoci ridacchiare sotto ai baffi.

<<Nulla.>> risposi io.

<<D'accordo, farò finta di crederci e dopo minaccerò uno dei due per farmelo dire.>> sorrise. <<Adesso andiamo, devo comprare due cose prima della grande sfida.>>

<<Non è che il campione è agitato?>> lo burlò Hank.

<<Non conosco quella sensazione.>> gli fece l'occhiolino e mi fece cenno di seguirlo fuori.

Mandai un bacio a Hank e lo seguii.

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