Indipendenza
<<Svegliati!>> sentii in lontananza. <<Avanti, apri gli occhi!>>
Con una mano su una coscia e una sulla spalla iniziò a trastullarmi con forza per farmi svegliare.
<<Ma sei scemo?>> urlai, aprendo gli occhi e mettendomi subito a sedere.
<<Buongiorno. Preparati, usciamo.>>
Fuori era ancora buio. Capii subito dove voleva andare, anche se ero completamente intontita dal sonno e dal modo in cui mi aveva bruscamente svegliata.
Tornammo di nuovo in quel campo, con lo stesso tramonto e sullo stesso muretto, uguale era anche l'effetto che faceva. Era come se fossimo in un mondo parallelo.
Cameron non parlava ma sembrava agitato, come se lo turbasse qualcosa.
<<Va tutto bene?>> chiesi, dopo la seconda sigaretta di fila.
<<Perché non dovrebbe?>>
<<Puoi darmi una vera risposta?>>
Si girò verso di me cacciando il fumo fuori dalla bocca e alzò le spalle.
<<Non è nulla ok? Voglio solo che tu sappia chi è Zed prima di fare stupidaggini.>>
<<Stupidaggini? Siamo solo amici io e Zed, anzi forse è presto anche per chiamarlo così.>>
<<Voglio ugualmente che tu stia attenta perché non mi piace quel tipo. È stato fidanzato con una ragazza del nostro gruppo tempo fa e non è finita bene.>>
<<Parli di quella ragazza con i capelli neri? Ieri usciva proprio da casa sua, era piuttosto arrabbiata.>>
<<Maya era lì? >>
<<Non so il suo nome. Lui mi ha detto che è la sua ex fidanzata e che si sono lasciati perché lo ha tradito.>>
Cameron fece un sorrisino beffardo scuotendo la testa a destra e sinistra.
<<Stai lontana da lui, Cassie.>>
<<Spiegami il motivo almeno..>>
<<Non c'è bisogno che tu sappia altro, fidati di me. Adesso dobbiamo andare.>>
Ci alzammo e tornammo indietro, lasciando quel posto meraviglioso col broncio entrambi.
<<Insomma, devo fidarmi di te ma tu di me non ti fidi? Se devi mettermi in guardia su qualcosa, spiegami almeno il perché.>>
<<Lo conosco da tanto tempo, so quello che dico!>>
Troncò la discussione in questo modo, senza più rispondere a nessuna delle domande successive, così lo lasciai perdere. Zed con me si era comportato in modo dolcissimo e non sembrava un pericolo pubblico come voleva farmi credere Cameron.
Restammo in casa tutto il giorno, entrambi. Non furono molte le parole che scambiammo e iniziavo a sentirmi un po' un peso, come se si fosse solo sentito in dovere di ospitarmi. Questo mi faceva stare poco bene, soprattutto quando lo vedevo. Cercai di essere più d'aiuto possibile, cucinai, lavai, stirai, in modo da fargli capire che comunque, visto che si era rifiutato di prendere soldi da me, volevo essere d'aiuto e non approfittare della sua bontà.
<<La smetti adesso?>>
<<C-come?>> dissi, asciugando la patina di sudore che mi ricopriva la fronte mentre spazzavo la sua camera da letto.
<<Continui a fare faccende di casa, come se fossi una specie di colf pagata ad ore.>>
<<Cerco di dare una mano.>>
<<So fare anche da solo e poi tu non stai dando una mano, ciò significherebbe che entrambi facciamo qualcosa. Qui ci sei tu che pulisci e io che non arrivo nemmeno a prendere una scopa per paura che tu mi dia uno schiaffo.>>
<<Non c'è bisogno che tu faccia qualcosa visto che hai una donna in casa. Mi rilassa pulire e non voglio che tu ti muova.>>
<<Fai come ti pare.>> disse ritornandosene da dove era venuto.
Quando finii anche la sua stanza decisi di andare a prepararmi un bel bagno, dopodiché sarei andata a cercare un lavoro e magari anche a chiedere in giro per qualche appartamento nei dintorni. Avrei voluto abitare lì, vicino agli unici due conoscenti che avevo. E poi, a parte questo, mi piaceva tanto quel quartiere.
<<Io esco. Ho visto su internet l'annuncio per un appartamento carinissimo qui vicino. Magari mentre chiedo al negozio di animali di farmi fare da mascotte, vado a dargli un'occhiata.>> gli sorrisi prima di prendere la borsa.
<<Solo tre giorni e già ti ho stufato?>> rispose lui senza guardarmi, tenendo la testa e gli occhi ben fermi sul televisore.
<<Certo che no, ma questo è il tuo appartamento e io non voglio essere un peso per nessuno. Insomma, ti ringrazio tanto e lo farò sempre, ma è giusto che ti lasci i tuoi spazi.>>
<<Mi stai facendo il discorsetto del "puoi portare a casa una ragazza se vuoi"?>> rise.
<<No. Cioè è ovvio che puoi portare a casa una ragazza, è casa tua!>>
<<Lo so, il fatto è che io non porto mai ragazze qui.>>
<<Perché?>>
<<Perché entrerebbero a far parte della mia vita, avrei ricordi di loro qua dentro e siccome tutte le ragazze che mi faccio non sono in grado di farmi provare mai nulla che vada oltre all'orgasmo, non voglio correre il rischio di illuderle.>>
<<Complimenti! Discorso diplomatico e per nulla sessista.>>
<<Ho un mio stile di vita..>>
Ridacchiando, feci per andarmene ma poi mi resi conto di una cosa che aveva detto e tornai indietro.
<<Aspetta, allora io faccio parte della tua vita!>>
<<No.>>
<<Mi hai portata qui, sto vivendo qui.>>
<<Per una conseguenza di fatti accaduti.>> gesticolò per giustificare la cosa.
<<Quindi avresti portato chi chiunque? Ti contraddici!>>
<<Non faccio venire nessuno qui. Ma non dovevi uscire?>>
<<Si.>> ridacchiai dandogli un bacino leggero sulla testa, ottenendo solo uno sguardo da parte sua. <<A cena ci sei? Ho paura di restare sulle scale anche oggi.>>
<<Sotto il vaso blu all'ingresso c'è una seconda chiave, prendila pure.>>
<<Significa che non ci sarai?>>
<<Significa che non lo so, quindi prendila e basta.>>
<<D'accordo, a più tardi. Forse.>> sospirai uscendo di casa e chiudendo lentamente la porta alle mie spalle.
Si comportava in modo strano, in tre giorni era riuscito a mandarmi in pappa il cervello con qualche parolina. Ormai lo avevo inquadrato, non lo faceva per male probabilmente, ma sapeva diventare odioso almeno cinque/ sei volte durante una conversazione di due minuti e questo mi faceva diventare matta.
Fuori l'atmosfera era la solita, forse c'era solo un po' più freddo. Decisi di provare davvero in quel negozio di animali, sarebbe stato carino lavorare lì vicino.
<<Salve..>> dissi entrando un po' impacciatamente.
<<Salve bella signorina.>> mi accolse una signora col volto dolce. <<Come posso aiutarla?>>
<<Io..sono appena arrivata in città e sto cercando un lavoro. Mi hanno detto che qui spesso c'è posto e quindi mi sono detta: perché non provarci?>> ridacchiai nervosamente, sotto il suo sguardo attento.
<<Ti hanno detto delle mascotte?>> chiese socchiudendo gli occhi.
<<S-si.>>
A questo punto rise, scuotendo la testa divertita.
<<Fammi indovinare, Cameron?>> disse ridendo ancora.
<<Lei conosce Cameron?>> chiesi, ridendo per la sua risata.
<<Si...>> alzò gli occhi al cielo <<Lo conosco. Comunque ti prendeva in giro, non cambio mascotte ogni mese. A dire il vero non l'ho nemmeno mai avuta una mascotte.>>
<<È proprio uno stupido.>> mi fece vergognare così tanto che per un attimo pensai di darmela a gambe. <<Scusi il disturbo allora, mi assicurerò che Cameron abbia quello che si merita quando tornerò a casa.>>
<<Vivi con lui?>>
<<Si. Cioè no. Mi ospita per qualche giorno fino a quando non potrò permettermi un appartamento tutto mio, come le ho detto sono appena arrivata in città.>>
<<Quindi sei la sua ragazza?>>
Quella vecchietta mi stava facendo un bel po' di domande e tutte riguardanti Cameron. Non mi diedero fastidio ma mi incuriosiva.
<<No, non lo sono. Lei invece? come lo conosce?>> ormai lo dovevo sapere.
<<Sono sua nonna.>> annunciò alzandosi e venendo verso di me, con un sorriso tutto denti stampato sul volto. <<E tu mi piaci! Sei assunta!>>
<<Sua nonna?>> rimasi allibita qualche istante, riuscendo a vedere solo adesso la somiglianza. <<Assunta?>> sembrai una deficiente.
<<Cominci domani. Spero ti piacciano gli animali.>> mi diede una pacca sulla spalla, sorridendomi ancora.
<<Lei ha proprio un viso dolcissimo.>>
<<Grazie tesoro.>> le pieghe intorno agli occhi gli si unirono e divenne ancora più bella.
<<Allora ci vediamo domani. Grazie mille per l'opportunità.>>
<<Sono sicura che andrai alla grande.>>
Uscii da quel negozio contenta e divertita. Sua nonna... Che storia!
Felice per aver trovato un lavoro, decisi di festeggiare quella sera stessa, magari riuscendo a cenare con Cameron per una volta. Tornai a casa quasi correndo per paura di non trovarlo a casa, invece non si era mosso dal divano.
<<Già di ritorno?>> chiese, sorprendendomi per la gentilezza, appena mi vide sedermi accanto a lui.
<<Ho appena avuto una conversazione interessante.>>
<<Si? Con chi?>>
<<Col mio nuovo datore di lavoro.>>
Ignorò la tv a questo punto e si girò verso di me, corrucciando la sopracciglia.
<<Che c'è?>> chiesi.
<<Hai trovato un lavoro?>>
<<Si.>> scrollai le spalle.
<<Bene.>> si alzò andando verso la poltrona del soggiorno, dove aveva poggiato una maglietta nera e la indossò.
<<Non puoi uscire. Cioè, si puoi ma con me.>>
<<Come scusa?>>
<<Dai, portami con te almeno oggi. Da quando sono qui non sei voluto andare in giro con me nemmeno una volta.>>
<<Dove vorresti essere portata scusa? Non capisco perché continui a lamentarti.>>
<<Non mi sto lamentando.>> corrucciai le sopracciglia più di lui adesso. <<Lascia stare.>>
Me ne andai in camera, stufa di lui e delle sue risposte umilianti. Se non voleva uscire con me pazienza, non mi sarei rovinata la serata per lui.
<<Hey..>> sentii dopo dieci minuti di silenzio tombale, poi lo vidi entrare in stanza.
<<Cosa vuoi?>>
<<Io sto uscendo..>> si grattò la testa con la mano sinistra, visibilmente agitato.
<<Ciao.>>
<<Non puoi davvero essere arrabbiata con me.>>
<<Arrabbiata?>> mi sforzai di sorridergli <<Figurati! Buona serata.>>
<<Non lo sei?>>
<<No.>>
<<Bene.>>
<<Bene.>> ripetei, sempre con lo stesso sorriso ebete in viso.
<<Tu stai uscendo?>> chiese prima di andarsene.
<<Credo di si.>>
<<Con quello addosso?>> indicò l'unico abito che avevo portato con me e che avevo messo sul letto solo perché non trovavo i jeans. <<Insomma, ti stai agghindando per cosa?>>
<<Esco a festeggiare il mio nuovo lavoro. Direi che me lo merito.>>
<<Da sola?>>
<<Adesso sei tu che stai facendo troppe domande.>>
<<Mi importa che non ti succeda nulla.>>
<<Finiscila con la storia della responsabilità. So badare a me stessa.>>
<<D'accordo.>> scosse la testa. <<Ci vediamo.>>
<<Ci vediamo.>> risposi girandomi dall'altra parte, prendendo il vestito in mano.
Ci pensai un po', un bel po'. Provai a capire i pro e i contro, a rendermi conto del fatto che probabilmente stavo solo dando il via ad una nuova polemica o semplicemente mi resi conto che stavo dando retta alla mia voglia di essere apprezzata, di festeggiare la mia assunzione, la mia indipendenza. Lo indossai davvero quel vestitino corto, sentendomene all'altezza. Usai persino la piastra di Cameron per lisciare i miei capelli e abbondai col mascara, visto che era l'unico cosmetico che avevo portato con me.
Mi girai e rigirai davanti allo specchio, per nulla infastidita dalle scarpe alte che non portavo quasi mai. Ero pronta, ma sarebbe stato ridicolo agghindarsi in quel modo e poi uscire da sola.
<<Chi è?>> cantilenò Zed da dietro la porta.
Mi maledissi proprio in quell'istante di essere salita da lui.
<<Ehmm.. Sono Cassie.>> ormai era fatta, non potevo tornare indietro.
Aprì subito la porta e, prima ancora di salutarmi, mi squadrò dalla testa ai piedi, con gli occhi sbarrati.
<<Sei Cassie?>>
Assunsi la mia faccia scorbutica migliore, ma poi risi insieme a lui e lo abbracciai per salutarlo quando vidi che si stava avvicinando per fare lo stesso.
<<Wow sei... Bellissima.>>
<<Grazie.>> sentii le guance in fiamme.
<<Dove vai vestita così? Hai un appuntamento?>>
<<No. Niente del genere.>> spiegai muovendo il tacco della scarpa come una signorina per bene non dovrebbe mai fare. <<Oggi sono stata assunta e volevo festeggiare. Ho chiesto a Cameron di cenare con me stasera visto che da quando siamo arrivati a Brooklyn non siamo usciti insieme nemmeno una volta ma ha rifiutato anche oggi. Credo non voglia presentarmi ai suoi amici.>>
<<Perché mai non dovrebbe?>>
<<Non lo so. Non so nemmeno se ce li ha degli amici a dire il vero, non parla mai di nessuno.>>
<<È solito di Cameron! Sarebbe strano se si confidasse con qualcuno, credimi.>> continuava a guardarmi con un'aria tremendamente carina. Non ricordai un'altra persona che fino a quel momento mi avesse mai guardata in questo modo. <<Ad ogni modo, se ti va, possiamo fare qualcosa noi due!>>
<<Davvero?>>
<<Si, insomma, ti sei vestita così per festeggiare no? Allora festeggiamo!>>
Lo aspettai ancora una volta davanti alla sua porta e, una volta preso giubbotto e portafogli, scese con me, aprendomi il portone e persino la portiera della sua auto.
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