"Dimmi che non lo hai fatto"
Dal brutto episodio di Max passò un mese. Le cose andavano benone, Cameron aveva avuto cinque incontri nel frattempo e io non ero potuta andare a nessuno di questi. Vedevo ogni volta la tristezza nei suoi occhi ma sapeva che non potevo e con tutta la sua maturità capiva e lasciava correre. Non passava mai la notte fuori, neanche se l'incontro era ad ore di macchina da qui. Appena finito l'incontro tornava sempre a casa.
Strano ma vero, non litigavamo spesso come prima, avevamo trovato una specie di tranquillità che a me piaceva da impazzire.
Ormai era estate e l'unica cosa positiva era che in una città fredda come Brooklyn non si soffriva come nel Kansas.
Cameron se ne stava a pensare sul divano una mattina, con la mano destra su Max e quella sinistra su una bottiglia di Coca-Cola.
<<Come fai a bere Coca-Cola di prima mattina?>> era disgustoso.
<<Tu come fai ad essere così bella appena sveglia?>> mi prese palesemente in giro.
Scherzava, eppure mi sembrava strano. Avevo imparato a conoscerlo da quando stavamo insieme e sapevo che c'era qualcosa che non andava in lui quella mattina.
Presi una tazza, gli versai dentro del latte freddo e buttai un paio di palline di cioccolato, dopodiché mi andai a sedere vicino ai miei due uomini.
Max mi fece una festa, Cameron restò teso a fissare la TV.
<<Va tutto bene?>> chiesi senza guardarlo.
<<Alla grande.>> rispose facendo lo stesso.
<<Ah.>> sibilai.
Non voleva parlarmene. Doveva essere una cosa che mi avrebbe fatta sicuramente arrabbiata.
<<Sei sicuro?>> insistetti.
<<Si Cassie, sicuro.>> mi chiamava per nome solo quando era davvero arrabbiato.
<<Benissimo.>> dissi alzandomi dal divano.
<<Dove vai adesso?>> chiese quasi urlando.
<<Non ho intenzione di restare lì a far finta di crederti. Se vuoi parlarmi di ciò che succede bene, se no tornatene nella tua indifferenza e non rivolgermi la parola.>>
Mi pentii subito di quelle parole, ma ormai era fatta e io non tornavo mai indietro. Doveva capire che vivere con una persona era anche condivisione, invece lui voleva sempre risolvere i suoi problemi da solo.
Inizialmente restò su quel divano a rimuginare su qualcosa, dopodiché mi venne dietro e chiuse la porta della stanza da letto dietro di se.
<<Cassie...>>
<<Che c'è?>>
<<Ti arrabbierai.>> ammise.
<<Lo so, ne sono sicura, ma devi parlarmene ugualmente.>>
<<Ho fatto questa stronzata perché mi ha provocato, se no sarei tornato a casa tranquillo e non sarebbe successo nulla.>> la sua voce si spezzava parola dopo parola.
<<Che è successo Cam?>> mi avvicinai a lui.
<<Ero passato al pub per parlare con Adam del prossimo incontro che si terrà a New York. Lui era lì con tutti gli altri e c'era una ragazza che non smetteva di provarci con me. Io l'ho ignorata, le ho pure detto bruscamente di levarsi dai coglioni ma lei nulla, non voleva saperne. Anche Sam ha iniziato a inveirle contro ma non voleva sentire ragioni. Alla fine ho deciso di andarmene e tornare a casa prima di iniziare a picchiare una donna.>>
<<Perché dovrei arrabbiarmi? Non le hai dato retta no? Sono abituata alle ragazze che vogliono una fetta di Cameron Dallas, non è una novità.>>
<<Non ho finito.>> abbassò lo sguardo.
<<Ah.>>
<<Mi trovavo in macchina e stavo per partire quando questa ragazza sbuca fuori dal nulla. Mi urla contro che le dispiace, che è stata costretta e che non sa come tornare a casa. A questo abbasso il finestrino, sembrava spaventata e mi rendo conto che c'è qualcosa che non va. Lei mi dice che non voleva infastidirmi ma che aveva bisogno di soldi e che per averli tutti doveva venire a letto con me. Io le ho chiesto perché, chi l'aveva pagata per una cosa del genere e lei continuava a dire che non poteva dirlo se no lui non pagava. A questo punto potrai immaginare la mia rabbia, a dir poco esagerata, così le dico che il massimo che otterrà da me è un passaggio a casa visto che non sapeva come tornare e lei mi dice che va bene. La faccio salire in auto..>>
<<Cam...>> sibilo io.
<<Aspetta...>> mi blocca, continuando a guardare a terra. <<Sale in auto e mi dirigo dove mi dice di dirigermi. È un posto fra le montagne a Sud da qui e c'erano dei camper. Mi dice che vive in uno di questi e che ha tre figli nati da tre uomini diversi. Inizia a piangere quando parcheggio ma io la invito a scendere senza portare a lungo la cosa, ribadendogli che tanto non me la scoperò. Insiste un po' ma alla fine scende e io torno indietro. La situazione mi sembrava già abbastanza assurda così, ma poi ricevo una telefonata da un uomo che mi dice che devo presentarmi alle 3:00 in un garage della ventiquattresima strada e che se non mi fossi presentato ti avrebbero fatto del male. Io non ci ho visto più Cassie, quando si tratta di te io non capisco più nulla e sono andato.>>
Mi sembrava tutto così assurdo.
E mi faceva male pensarlo, ma iniziavo a non credere a quell'assurda storia.
<<Sono andato lì da solo, ma ho inviato un messaggio ad Adam per farmi raggiungere. Come immaginavo lì ho trovato tre uomini incappucciati.>> continuò <<Uno mi diceva che gli avevo mancato di rispetto, che non avevo apprezzato la sua donna e io riuscii a capire solo quando la ragazza che avevo accompagnato a casa venne fuori. Mi sembrava assurdo. A questo punto gli urlai che non avevo tempo per queste stronzate, che dovevo tornare a casa dalla mia di donna e lui per tutta risposta mi chiude dentro. Mi dice che se voglio uscire da lì....>> alza gli occhi al cielo e li vedo riempirsi di lacrime <<Se voglio uscire da lì devo scoparmi la sua donna davanti ai suoi occhi.>>
Metto le mani nei capelli e mi siedo. Dentro di me mi ripeto "ti prego, dimmi che non l'hai fatto".
<<Mi sono ribellato ma..>> si buttò ai miei piedi e mi prese le mani <<Ho dovuto amore, non volevo farlo, mi ha fatto schifo ma minacciavano te, io non potevo tirarmi indietro.>>
Pensai a milioni di insulti, di parole che potevano fargli del male ma niente poteva farlo sentire come mi stavo sentendo io. Non capivo. Mi sembrava tutto così assurdo.
Sentivo che mi chiedeva di dire qualcosa ma io mi sentii spenta. Non avevo nulla da dire. Fissavo il vuoto, seduta su quel letto che non sentivo mio. Mi alzai in piedi, lo scansai, andai in cucina e mi versai un bicchiere d'acqua. Non riuscivo a sentire cosa mi stava dicendo, sentivo solo una fortissima voglia di piangere ma sapevo che non dovevo.
<<Cassie, io ti amo.>>
<<Fa silenzio per favore.>> dissi senza urlare, senza emozioni. <<Forse andrò da Hank per un paio di giorni.>> dissi senza pensarci.
<<Nel Queens? Vai da sola? Almeno lascia che io ti accompagni.>> non provò a fermarmi, questo mi spezzò ancora di più il cuore.
Mi girai verso di lui prima di prendere la borsa e di metterci dentro un paio di cose e annuii. Non riuscivo ad arrabbiarmi, nemmeno a piangere e tanto meno a parlare con lui. Mi faceva schifo. Come si dimostrava il disprezzo?
<<Vado da sola, tranquillo.>> finita la borsa andai verso Max e lo abbracciai. <<Stai attento a lui. Mi raccomando.>>
Restò in silenzio e mi guardò andare via.
Non provò in nessun modo a fermarmi. Non disse nulla, mi lasciò andare semplicemente.
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