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-Capitolo 3-

Sono appena tornata dall'ospedale, grazie al cielo era solo una gamba rotta e due costole inclinate, per questa notte lo volevano tenere sotto osservazione per accertare che fosse tutto okay e per poterlo dimettere. Appena arrivata a casa decido di farmi una doccia veloce per togliermi l'odore di ospedale e quella di sudore.
Esco dalla doccia avvolgendomi un asciugamano intorno al corpo, prendo il cellulare e guardo l'ora, le 21:55. Dopo essermi vestita e asciugata i capelli mi sentivo più rilassata, quella curiosità di scoprire cosa c'era in quella casa è più forte di me, quindi mi in cammino verso il bosco, senza accorgemene mi ritrovo nel campo fiorito ero talmente presa dai miei pensieri che non mi sono nemmeno resa conto della sensazione che provavo ogni volta che entravo in questo posto, questa volta era diverso, era più piacevole di quanto già non fosse, era stupendo di notte, i fitti alberi che creano un'atmosfera inquietante ma che con la luce della luna e delle stelle, in quel meraviglioso cielo blu notte quasi tendente al nero, superava di gran lunga l'atmosfera creata dagli alberi.
Mentre passeggiavo un pensiero si fece strada nella mia mente, la baita.
Di sera, devo dire, che non sembra un posto molto accogliente, quando sono nei dintorni della baita noto che le luci sono accese il che mi fa insospettire ma anche incuriosire ancora di più. Mi avvicino con cautela alla finestra per dare un'occhiata e vedere chi è che vive in quella vecchia baita, vedo qualcosa o meglio, qualcuno, credo sia un maschio ma non ne sono sicura, penso sia meglio tornare a casa, ci verrò di giorno almeno è più sicuro, mi allontano con calma per poi iniziare a correre come una matta finché non arrivo a casa.
Una volta a casa chiudo a chiave la porta alle mie spalle, non so il motivo per cui mi sono messa a correre ma credo che non ci andrò più di notte, una cosa è certa, ci tornerò e magari con la luce del giorno riesco a vedere cosa si nasconde in quella baita. Prendo un pezzo di cioccolata e mi dirigo in camera, accendo il computer e faccio delle ricerche riguardanti baite abbandonate di Amsterdam. Dopo diverse ore di ricerche finalmente trovo qualcosa di interessante, non è una semplice baita ma un vecchio ospedale, quest'articolo dice che era un posto molto famoso a quei tempi, l'unico lato negativo che non era come tutti gli altri ospedali che noi conosciamo, lì i malati non guarivano mai, anzi nella maggior parte dei casi morivano, però le persone non smisero mai di andarci, solo dopo 7 anni scoprirono grazie all'aiuto di un detective che i dottori svolgevano degli esperimenti sui pazienti per trovare delle risposte che ogni essere umano si pone "Cosa c'è dopo la morte?" Questa domanda, in particolare, assillava i dottori di quell'ospedale, cosi tanto da uccidere persone innocenti pur di sapere. Andai avanti a leggere.
C'erano diversi reparti, quello di maternità, quella per malati gravi, epidemie e quello per i pazzi. Ci fu anche uno strano caso di un ragazzo che uccise molte persone.
"L'ospedale era un posto fantastico ma che allo stesso tempo nascondeva segreti che a noi era vietato scoprire. Quando l'ospedale raggiunse la vetta del successo, un ragazzo che aveva all'incirca 19 anni, aggredì tutti i dottori e tutti i pazienti, fece una strage di quasi cento persone, uccise tutti senza nessuna pietà, scrisse sui muri di ogni stanza con il sangue delle sue stesse vittime "Pagherete per ciò che avete fatto." Quando i soccorsi arrivarono era troppo tardi. Il ragazzo fuggì e non lasciò tracce di lui, alcune voci dicono che si è suicidato nel bosco, a pochi chilometri dall'ospedale, altri dicono che sia scappato semplicemente, non si seppe mai il motivo che spinse il ragazzo ad uccidere tutte quelle persone e nemmeno il significato di quella frase." Dopo aver letto ciò rimasi scoccata. Chi mai poteva fare una pazzia del genere? Dovevo saperne di più. Visto che non è molto tardi decido di cercare altre informazioni su questo misterioso ragazzo. Accento di nuovo il computer e cerco "Massacro dell'ospedale di Amsterdam."
Non c'è scritto nulla che io non sappia già, farò delle ricerche, chiederò in giro, ma devo sapere di più.
Sono già le sette e un quarto di pomeriggio, mi alzo per fare una doccia fredda.
Accendo lo stereo e metto la mia canzone preferita, Holiday, dei Green Day, mi vesto con un semplice jeans scuro e una felpa nera, ripensavo a quel posto. Dovevo sapere e scoprire di più o ne uscirò matta da questa storia.
Finita la doccia, prendo il cellulare e vado a scuola per iscrivermi e poter tornare a studiare, non sono una ragazza che studia molto, anzi poco o nulla ma, per fortuna, so apprendere molto in fretta.

Sono ferma vicino al cancello del liceo artistico. Non c'è assolutamente nessuno, beh è tardi, saranno sicuramente dentro alcuni studenti, questa scuola offre anche dei dormitori per i ragazzi che abitano in paesi lontano, per fortuna io abito a pochi chilometri da qui.
Varco il cancello e mi fermo di nuovo accanto all'entrata, dal vetro trasparente riesco a intravedere qualche studente.
Faccio un respiro profondo ed entro.
L'attenzione cade tutta su di me, mi sento a disagio, ho tutti gli occhi puntati su di me, inizio a fissarli uno ad uno per farmi un idea di che gente vive qui, quasi tutti indossano la divisa scolastica: una gonna corta scozzese di color blu notte, camicia bianca, una giacchetta nera sopra con il logo della scuola in alto a sinistra, calze nere di varie lunghezze, scarpe dello stesso colore delle calze e un fiocchetto intorno al collo blu notte, per i maschi è la stessa divisa solo che i loro pantaloni sono neri e l'unico indumento blu notte che indossano è la cravatta. Andai verso la segreteria dove trovai una signora anzianotta
-Salve signorina posso fare qualcosa per lei?- chiese educatamente la signora.
-Certo, vorrei iscrivermi per quest'anno- chiedo.
-Bene, allora deve prendere questi fogli e compilarli con le sue informazioni poi dovremmo prendere le misure per la divisa e ordinare i libri scolastici. Lei deve sono procurarsi il materiale per scrivere. L'è tutto chiaro signorina?- mi informa la segretaria io rispondo con un semplice okay.
Compilo i fogli e mi dirigo verso l'uscita. Devono esser finite le lezioni, dato che sono fuori tutti i ragazzi. Mi sento tirare violentemente da un braccio, mi giro velocemente per tirare un pugno al deficiente che mi ha fermata in modo così maleducato, ma mi fermo giusto in tempo per vedere che era Luca che è visibilmente rimasto sorpreso dalla mia reazione.
-Ma che modi sono!- strillo ad un centimetro dal suo viso.
-Scusami.- mi rivolge un dolce sorriso.
-Mh.- strizzo gli occhi, c'è qualcosa che non mi torna, ultimamente è troppo strano, non lo conosco da molto tempo ma ricordo esattamente che il nostro primo incontro è stato un macello e soprattutto non era cosi... gentile?
-Beh, cosa vuoi?- gli domando.
-Nulla, volevo sapere cosa ci facevi qua.- si siede su gradino della scuola, mi siedo accanto a lui.
-Mi sono iscritta, inizio dopodomani.-
-E la divisa?- inclina la testa.
-Le misure le prenderanno domani, dovrò aspettare che me la consegnino e poi potrò venire a scuola.-
-E i libri?-
-Dio, ma quante domande, vengo senza no?- guardo l'ora, otto e un quarto, è tardi, devo andare. Sento una mano calda avvolgermi il polso e tirarlo, mi volto, già sapendo di chi si tratta e immaginando la domanda che mi farà.
-Ti posso accompagnare?- bingo, lo sapevo... e adesso che gli dico?
-Ehm... non credo sia una buona idea e poi non dovresti tornare a casa anche tu?- guardo il cielo, ormai il sole è tramontato e se non fosse per i lampioni che illuminano la strada sarebbe buio pesto.
-I miei sono via, lavorano entrambi, non potevano lasciarmi a casa da solo, quindi mi hanno mandato in questa scuola visto che offre agli studenti anche pasti e alloggi.- ha lo sguardo perso nel vuoto, evidentemente non sta molto con i suoi, lo capisco.
-Allora.. non dovresti entrare, ormai sono andati via tutti.- mi guardo intorno notando effettivamente che ci siamo solo noi due adesso.
-Salterò la cena, e poi è tardi per lasciar andar via una ragazza tutta sola per queste strade, quindi te lo richiedo, posso accompagnarti?- mi guarda fisso nei suoi occhi neri, così profondi, così belli, ma così malinconici, così vuoti, misteriosi, attraenti.. è un ragazzo che ha sofferto abbastanza nella vita, lo capisco dal suo sguardo.
-E vabbene.- gli rivolgo un piccolo sorriso e ci incamminiamo verso casa.

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