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Cap. 2

Hanna era una ragazza dai lunghi capelli neri, come una notte senza luna e gli occhi erano di un colore scuro, ma la loro luce era tutt'altro che scura.

Per me gli occhi di Hanna erano come due stelle luminose, forse per il sorriso spontaneo che era dipinto sulla sua faccia costantemente o per la sua pelle scura che risaltava lo sclera dell'occhio.

Non sapevo cosa rendeva così scintillanti quegli occhi, ma sapevo che rispecchiavano la sua personalità tanto solare, quanto misteriosa.

Hanna era una ragazza sempre con il sorriso sulle labbra, forse era per questa uguaglianza che noi andavamo tanto d'accordo o forse era la nostra diversità che ci univa.

Dopo una settimana, stavo iniziando a impazzire dalla voglia di vedere la terra, che avevo sognato da quando ero nata.

Non ricordavo più la prima volta che avevo sentito quella famosa storia,
ma ogni volta avevo sempre la sensazione di conoscerla già da molto tempo, non solo di averla gia sentita, ma anche di averla già vissuta.

Quel giorno il mare era arrabbiato, era burrascoso e la schiuma si faceva largo in quella immensa vastità, che porta con se i sentimenti di ognuno.

<Nave in vista!>

Sentii urlare dal posto di vedetta e uscii subito dalla cabina.

Quando una nave molto familiare si presentò davanti a noi, con delle grandi vele bianche e una bandiera del medesimo colore (segno della resa), mi augurai che su quella nave non ci fosse nessuno che conoscessi.

Le mie speranze furono distrutte quando sentii una voce femminile e potente che mi chiamava, un'attimo dopo vidi dei meravigliosi capelli neri.
Hanna.

<Lu! Pensavi davvero di andartene senza di me?! Sai quanto ci ho messo a trovarti?>

Hanna mi chiamava sempre Lu, diceva sempre che era l'unica a potermi chiamare così.

Ci eravamo spostate nella cabina, per avere un po' di privacy.

Sapevo per certo dal tono di voce della mia amica che era arrabbiata e dopo un lungo e profondo sospiro, attesi il suo sfogo, sapendo che se avessi iniziato io il discorso, sarebbe iniziata la terza guerra mondiale.

<Lu! Perché non mi hai avvisata prima? Potevi almeno scrivermi un messaggio!>

<Hanna... Senti non volevo metterti in pericolo...>

A questa affermazione, Hanna si arrabbiò se possibile ancora di più.

<Ah! Io in pericolo? Perché tu no? Certo! Io devo stare al sicuro mentre tu devi sentire l'adrenalina del pericolo!>

Hanna fece una pausa e mi decisi finalmente a guardarla negli occhi: erano come due fiamme, come due gemme rosse pronte ad esplodere.

Hanna quando riprese a parlare sembrava un leone pronto a sbranare il primo essere che si trova davanti:
<ti ricordo che sono più forte di te! Tu non faresti male ad una mosca! Tu hai mai rotto il naso a qualcuno?! Be io si!
si, lo so che sono stata avventata a chiedere ad un gruppo qualunque di marinai di darmi un passaggio fino a qui, ma lo sei stata anche tu, non credi?
almeno ti sei portata dietro Damon!>

Hanna aveva ragione, sapevo che ero stata sfrontata a non dire niente a nessuno, ma per lo meno non mi pentivo di non aver coinvolto Hanna fino a quel momento.

<Dai Hanna lo sai che ti voglio bene! Non prendetela con me! Lo sai cosa vuol dire questo viaggio per me>

Feci la mia solita faccia da cucciolo bastonato e Hanna disse:
<e va bene, ti perdono per questa volta, ma la prossima volta, non ti basterà quella faccia da cucciolo bastonato>

Ci persimo a darci un lungo e affettuoso abbraccio ognuna persa nei propri pensieri.

Hanna al contrario mio era leggermente pessimista, ma anche in quel pessimismo, c'era quella solarità che solo pochi hanno.

Hanna trasportava, con il suo sorriso contagioso, chiunque stesse male psicologicamente in un mondo dove tutto è più bello, dove non ci sono regole, dove è possibile volare verso un mondo nuovo.

Hanna ed io ci erqvamo conosciute il primo giorno di liceo e da quel momento non si erano più separate, il secondo anno conobbero Damon, un ragazzo gentile seppur solitario, amava particolarmente i suoi capelli neri e riccioluti.

Cercavamo da una vita di spettinare i capelli del nostro nuovo amico, ma siccome era troppo alto non c'eravamo mai riuscite.

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