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Cap. 13

Lui.

Lui, la persona che mi faceva sognare, quella che se prendevo un brutto voto mi rispondeva che finalmente mostravo la mia umanità.

Lui, che insieme a mia madre mi avevano regalato tutto l'amore possibile che dei genitori possono dare.

Lui, che in quel momento si mostrava in tutta la sua figura alta e muscolosa, finalmente avevo la sicurezza che l'uomo che avevo conosciuto qualche giorno prima, non aveva solo lo stesso nome di quello di mio padre, era mio padre.

Mio padre.

Ero paralizzata, non sapevo nemmeno se volevo urlare e piangere dalla gioia oppure stare in silenzio e fare l'offesa, nel dubbio rimasi immobile, aspettando che aprisse la cella.

Dopo qualche secondo la porta si aprì e mio padre si precipitò verso di me, dicendo:

<ma quindi sei viva? Io pensavo... io pensavo...>

Stava piangendo... credeva fossi morta? Come era possibile?

Poi mi venne in mente il discorso di Erawet e Miriam:

<quando pensi di dirglielo,che i suoi migliori amici, quelli che crede morti, sono in realtà vivi? E soprattutto come pensi di dirglielo?>

<semplice, le possibilità sono due: o glielo dico domani, quando sarà sotto il mio pieno controllo, o farò come suo padre non glielo dirò mai>

Perché Erawet voleva che fossi sotto il suo pieno controllo? Che gli avevo fatto? Ma soprattutto come mai non ero sotto il suo controllo visto che erano passati un paio di giorni da quel giorno?

<Selene hai ancora il medaglione che ti ho dato?>

<si certo>

Glielo mostrai e quando lo vide sospirò di sollievo, anche se la strana agitazione dipinta sul suo viso, non se ne andava.

<babbo?>

<si?>

<mi sei mancato>

In quel momento in mente non avevo la sua scomparsa o il suo tradimento, ma solo i bei ricordi che avevo con lui.

<bambina mia... mi sei mancata pure tu... però adesso dobbiamo andare via, non è sicuro qui>

Prima che si alzasse mi buttai fra le sue braccia e riconobbi all'istante il suo profumo, così familiare e odorava di casa.

Sentii qualcuno che tossicchiava e di conseguenza sciogliemmo contro voglia l'abbraccio.

<dobbiamo andare>

Mi voltai verso quella voce stranamente familiare e quando raggiunsi con gli occhi la figura vicino alla porta, la sensazione di familiarità aumentò senza però capire il luogo di un nostro primo possibile incontro.

Velocemente ci alzammo e ci dirigemmo verso la porta.

<Selene! Non è che potreste liberare pure me?>

Miriam! Giusto!

<babbo! Dobbiamo liberarla! Non può stare qui! È solo per colpa mia se è qui!>

Mio padre stava per rispondere quando l'altro ragazzo rispose:

<non c'è tempo! Dovevamo liberare solo te, poi chi sarebbe lei? Chi ci dice che lei non ti stia aiutando per arrivare a noi?>

<stai scherzando spero! Non ha fatto niente e mi ha cercato di aiutare a fuggire, non sta con Erawet!>

Ero furiosa da quando in qua si lascia una ragazza che non ha fatto nulla e per di più indifesa in una cella?

Alla faccia del cavaliere!

<io non me ne vado senza di lei, quindi o ci aiutate a fuggire tutte e due o a tutte e due ci lasciate qui, a voi la scelta>

Il ragazzo sospirò infastidito e io sorrisi sapendo di aver vinto, si avvicinò alla cella della mia nuova amica e la aprì in pochi secondi.

Miriam mi venne subito ad abbracciare ringraziandomi mille volte se non di più.

<ok, ora possiamo andare? Gli altri non riusciranno a trattenerli ancora per molto>

Annuimmo tutti e così ci avviammo di corsa verso l'uscita.

Dopo aver svoltato parecchi corridoi e porte ci trovammo finalmente fuori, essendo notte fonda non dovetti schiudere gli occhi per la luce e un leggero vento mi accarezzò dolcemente, la vista del mare mi regalò una sensazione di libertà impagabile.

Due figure si stavano dirigendo velocemente verso di noi, velocità mantenuta perché uno delle due figure zoppicava, quando furono così vicini da poter riconoscere il viso i miei occhi si rivelarono inevitabilmente di lacrime, lacrime di gioia.

Lacrime di felicità.

Ero praticamente cieca.

Non riuscivo a vedere bene.

Davanti ai miei occhi c'era solo nebbia.

Stavo per svenire? No, no.

Erano lacrime.

Parecchie lacrime.

Lacrime di tristezza? No.

Lacrime di gioia? Affermativo.

Quando strofinai velocemente la mano sui miei poveri occhi, non ebbi il tempo di capire se quello era veramente un sogno, che mi trovai tra delle braccia molto, molto familiari, che tanto per cambiare, mi fecero piangere ancora di più.

Sembravo patetica, o forse lo ero? Ma non mi importava granché, perché finalmente potevo riabbracciare i miei amici.

Era inutile dire che mi erano mancati, infondo loro erano la mia famiglia.

Cercavano di dirmi qualcosa o forse erano domande? Ma io non ascoltavo volevo solo rifugiarmi tra quelle braccia, a un certo momento sentii Hanna dire qualcosa che mi fece scoppiare dal ridere.

<hey? Lu? Ci sei? Lo so che ti siamo mancati, ma potresti lasciarci almeno respirare? Sai non a tutti piacciono le dimostrazioni d'affetto come a te! Io per esempio le odio! E lo sai meglio di me!>

Gia, Hanna non amava gli abbracci e baci, non ci era tanto abituata, ma con me un po' si era addolcita, le avevo dato così tanti abbracci che alla fine aveva rinunciato a opporsi.

Ancora non li lasciai, ma poi all'improvviso sentii la testa girare allora mi staccai e feci un sorriso molto ampio, la pelle tirava, era da tanto che non sorridevo così.

Damon mi guardava con gli occhi che brillavano, e anche Hanna, anche se si mostrava dura, era felice di vedermi,
si riusciva a scorgere una scintilla di felicità nel suo sguardo, nascosta dal solito sguardo fiero e pieno di orgoglio.

<dai Hanna una buona volta potresti dirlo che ti sono mancata eh!>

Avevo la voce roca, per le lacrime o forse per i giorni di prigionia in cui stavo muta peggio di una ragazza che ha appena scoperto di essere incinta? Forse tutte e due.

Mi sorprese il fatto che quando Hanna mi guardò non era falsamente indispettita per farmi stare con il senso di colpa, ma con un sorriso che si ingigantiva sempre di più, non l'avevo mai vista con un sorriso così grande, era quasi inquietante, Damon, a quanto pare ebbe i miei stessi pensieri perché domandò:

<Hanna, stai bene? Hai un sorriso leggermente inquietante>

<oh una buona volta che sono carina, e poi tu non sei da meno da quando in qua ti brillano gli occhi quando la tua bellissima fidanzatina Mathilda non c'è? Eh? Dimmelo perché almeno Mathi avrà un buon motivo per essere gelosa!>

Demon e Mathilda erano una bella coppia, ma erano anche terribilmente gelosi, una volta Mathilda aveva confessato che per qualche giorno le era piaciuta una ragazza e Demon glielo ha rinfacciato per una giornata intera, non era contro le bisessuali, ma quello voleva anche dire che doveva essere geloso anche delle ragazze.

Nonostante Mathilda lo avesse accertato almeno mille volte di essere etero, Damon non ne era sicuro al cento per cento così tra me, Hanna e Mathilda eravamo riuscite a farlo tranquillizzare, le ragazze si devono fare forza sempre! Almeno che l'altra ragazza non sia una stronza, e be' in quel caso c'è un eccezzione. Forse anche più di una.

<bene! Ora mi dispiace interrompere questo momento molto sentimentale e strappa lacrime, ma dobbiamo andare, non c'è più tempo da perdere.>

A parlare era stato il ragazzo che mi aveva fatto uscire dalla cella insieme a mio padre, un rompipalle insomma! Però dovevo anche essergli grata, come a tutti loro del resto.

<ok, ok hai ragione forza andiamo>

Quando mi mossi però le mie gambe cedettero e aspettandomi una bella caduta chiusi gli occhi però quello che venne a contatto con il mio corpo non era il pavimento.

Delle braccia muscolose mi stavano tenendo sollevata da terra quasi fossi una sposa nella sua prima notte di nozze, quel pensiero mi fece diventare le guance molto rosse, ed incontrai delle pietre luminose e scure che mi fissavano.

La vista si stava sfuocando e la testa girava, sembrava di essere in barca.

Mi concentrai su quegli occhi scurissimi e neri, la familiarità in quegli occhi era strabiliante, poi ricordai.

Lui era il ragazzo del sogno, quello della visione, dove c'era anche Erawet.

<tu...tu sei quello... quello della visione...>

Prima di riuscire a finire la frase svenni tra le braccia di quel ragazzo.



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