12 - 🌸Nulla è come sembra🌸(pt.1)
La voce di Lucia continuò a rimbombarmi nella testa per tutto il tempo che passai alla ricerca della cassetta della posta. Avevo quasi scordato del perché fossi uscita in primo luogo.
Meno avvocato, più posta. Concentrati.
La trovai dopo altri venti minuti, appesa in modo incospicuo a uno degli alberi che confinavano con la strada.
Aveva le dimensioni di una scatola da scarpe, con un coperchio apribile tagliato nel mezzo da una feritoia. Era di legno e quasi non si distingueva dalla corteccia della pianta. Il postino doveva essere un cecchino in pensione per riuscire a rintracciarla ogni volta.
Prima di aprirla incrociai tutte le dita a mia disposizione: non avevo voglia di spendere altro tempo dietro quell'improbabile caccia al tesoro. Anche perché il premio sarebbe stata una bella spremuta al mio conto corrente.
Sollevai il coperchio e, non per mia sorpresa, una cascata di lettere si riversò sul terreno ai miei piedi. Mi chinai per raccoglierne qualcuna e mi resi conto che molte di queste venivano da privati. Mia nonna doveva essere una donna molto ricercata.
E démodé.
Mi ritrovai a chiedermi quante persone ci dovessero essere al suo funerale. Io non avevo partecipato: mio padre non aveva avuto l'accortezza, o la decenza, di avvisarmi. Non che da uno come lui me lo sarei aspettato; probabilmente neppure si era informato al riguardo.
Contai brevemente le lettere che avevo in mano e arrivai alla ventina, più un altra manciata di buste dall'aspetto più ufficiale. Avevo trovato le bollette.
Per essere sicura di aver recuperato tutto, infilai di nuovo il naso nella cassetta delle lettere e mi resi conto che sul fondo giaceva abbandonato un pacchettino.
Definirlo sospetto sarebbe stato come definire accettabile un modello di Abercrombie - Lucia lo faceva, ma lei in fatto di uomini era una radical-chic, quindi non contava.
In ogni caso, il pacchettino era piccolo, delle dimensioni di una custodia per occhiali, e completamente rivestito di nastro da pacchi. Non un mittente né un destinatario indicati.
Rimasi a fissarlo per un po', poi presi il telefono e scrissi di getto alla mia migliore amica.
- Ho trovato un pacco bomba nella cassetta delle lettere. Che faccio?
Mi chiese una foto, gliela mandai, convinta che mi avrebbe mandato a quel paese e intimato a pagare le mie benedette bollette.
Invece, per mio infinito terrore, mi chiamò.
"Allontanati piano e chiama la polizia." Era il tono serio, quello da commercialista, senza un minimo di inflessione dialettale.
Iniziai di botto a sudare freddo.
Non prometteva nulla di buono.
«Ma sei seria?» Sì, lo era, ma preferivo pensare che scherzasse piuttosto che pensare di avere una bomba sotto il naso. «Chi vuoi che mandi un pacco bomba a una vecchia? Willy il Coyote dall'ospizio!?» Sussurrai con veemenza, iniziando però a indietreggiare con il cuore in gola.
"Non scherzare! Allontanati e stai ferma. Sento Camille."
***
«Non era una bomba, signorina Verri, può stare tranquilla», mi rassicurò il poliziotto come si avrebbe rassicurato una povera pazza.
Non che potessi biasimarlo; il mio aspetto, dopo ore passate a osservare forze dell'ordine correre avanti e indietro per il mio giardino, non era dei migliori.
Ero stanca, abbattuta, e soprattutto stufa di continui problemi.
Lo ringraziai svogliatamente, mentre vedevo la folla di agenti sciamare verso l'uscita, e mi ritrovai una bustina di plastica trasparente in mano.
«Questo era il contenuto. Lo lascio a lei, per ogni evenienza», mi fece l'uomo con un occhiolino ammiccante. Io lo guardai ancora in trance, con aria evidentemente spaesata. «Non sapeva di questo... passatempo di sua nonna?» Continuò lui, indicando la busta.
La guardai distrattamente. Sembrava piena di una specie di muschio secco.
Feci spallucce. «So che le piaceva l'uncinetto, non sapevo apprezzasse anche giardinaggio. Potevo sospettarlo, però», ridacchiai, accennando alla proprietà, ma l'agente non mi diede corda.
Pinzai la bustina con pollice e indice e me la portai davanti agli occhi, scrutandola. «Cos'è? Tipo un fertilizzante...»
L'agente si schiarì la voce. Sembrava in imbarazzo. «No, signorina, quella è marij-»
Il mio cervello realizzò nello stesso istante in cui l'agente terminò la parola.
«OH, CACCHIO!» strillai, gettando la bustina a terra come un aracnofobico avrebbe cacciato un ragno gigante appollaiato sulla sua mano.
Non ero pronta a ricevere quella informazione.
Indicai la bustina con l'indice. «Perchè mia nonna aveva quella roba nella sua cassetta della posta!?»
***
"Perché era rimasta sola, non aveva rapporti con nessuno della famiglia e tuo padre è 'no stronzo, Chià", rispose Lucia senza mezzi termini una mezz'ora dopo.
"Temo di continuare a non sapere l'italiano, ma qualcosa mi dice che concordo", fece Camille.
"Mi avrebbe stupita se fosse riuscita a vivere tutti quegli anni da sola mantenendo una sanità mentale", continuò la mia migliore amica in inglese.
«È di mia nonna che stiamo parlando, Lu», sbottai stizzita.
Per loro questa cosa era normale, una sciocchezza qualsiasi. Nessuna delle due aveva battuto ciglio alla notizia, come se entrambe se lo fossero in qualche modo aspettato.
Be', io non me lo sarei aspettato. Per nulla al mondo. Non da mia nonna.
"Perché, scusa? In famiglia siete immuni alla tossicodipendenza?"
«Nessuno ha detto che fosse tossicodipendente.» Potevano esserci altre mille spiegazioni.
"E dobbiamo sperare non lo fosse sul serio", sbuffò fuori Camille, facendo sfarfallare il microfono del suo cellulare.
«Magari il pacco è stato messo nella sua cassetta delle lettere per sbaglio», provai, ancora incapace di processare.
"E come no. Aspetta che ce credo."
"La vedo difficile, ma, fino a prova contraria, è sempre qualcosa a cui possiamo appigliarci."
Mi presi la fronte con una mano, scivolando sul materasso del letto che un tempo era stato di mia nonna. O forse avrei fatto meglio a dire di quella sconosciuta che per fatalità era anche la madre di mio padre e mi aveva lasciato la sua casa in eredità. «Quanto questo complica le cose, Camille?»
La mia avvocata tentennò e la cosa non mi piacque. "Il grado di difficoltà di questo caso è appena passato da un sei a un otto pieno."
"Pensavo peggio", buttò lì Lucia.
"Il problema è che ora tuo padre, oltre a un mucchio di soldi, ha pure un capo d'accusa fondato." Sentii Camille scribacchiare qualcosa su un foglio. "Se Alexander Mason riuscisse a dimostrare che, al momento della stesura del contratto, tua nonna non era in pieno possesso delle sue facoltà mentali, la cosa diventerebbe complessa."
«Mi stai dicendo che prima era facile?»
Sul serio?
"No, per nulla. Ma un testamento valido non è semplice da impugnare." Rispose Camille.
"Tuo padre ha il potere dei soldi, Chià." Aggiunse Lucia. "Niente è facile contro quello."
"Esatto. Ma ora ha anche il potere delle prove effettive. E meno male per noi che in Minnesota il consumo è legalizzato...", borbottò tra sé e sé. "Comunque, mi serve un favore, Chiara."
Il tono accomodante che usò non mi piacque, ma la invitai a continuare comunque. Non avevo nulla da perdere.
"Dovresti andare a consegnare il contenuto della bustina all'avvocato dell'accusa."
Cascai dal letto di faccia.
"Ma vaffanculo!" sbottò Lucia.
🌸🌸🌸
Nota autrice
*Play Welcome to the jungle by Guns 'n Roses*
Dovevo dare quattro esami, contattare il relatore di tesi e perdere i dati dell'account prima di arrivare a questo momento... Ma ci siamo!
Benvenuti nella trama vera.
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