9 - UN RITORNO DAL PASSATO -
- Capitolo nove -
Un ritorno dal passato
Riapro gli occhi di colpo, annaspando in cerca d'aria. Ogni volta che mi colpisce una visione è come se non riuscissi più a respirare . Come se fossi rimasta minuti interi sott'acqua senza bombola d'ossigeno. Questa volta, a differenza delle precedenti, mi sono spaventata.
Mi porto una mano alla gola, stringendomela e continuando ad agitarmi. Una mano morbida e calda si posa sulla mia e mi volto. Eris mi guarda con uno sguardo preoccupato, ansioso, spaventato oserei dire. Mi parla ma non riesco a sentire cosa mi sta dicendo.
Nelle orecchie mi risuona solo un fischio intenso e acuto che mi rende sorda. La cosa mi spaventa e inizio muovere le gambe freneticamente. Solo ora mi accorgo di essere sdraiata su un divanetto che non avevo notato prima. Come ci sono finita qui?
<< Nevena, respira con me. Dentro e fuori. Lentamente. Rilassati >> la flebile voce di Eris mi arriva alle orecchie. Il fischio sta svanendo e con lui anche la mia ansia. Cerco di regolare il respiro ma non è semplice, ogni tanto continuo a boccheggiare in cerca d'aria.
Eris aggrotta le sopracciglia e mi posa una mano sul petto. Pronuncia una serie di parole in una lingua che non conosco ma che mi suona familiare. E' la stessa della mia visione, quando aveva posato le mani sulle tempie alla me bambina.
Sento un forte calore nel punto in cui si trovano le sue mani e immediatamente i miei polmoni non bruciano più come prima e respirare diventa più facile. Continuo a inspirare ed espirare piano. Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.
Il battito del mio cuore riprende un ritmo regolare e mi tranquillizzo.
<< Stai bene, Nevena? >> Brice mi chiede mettendo una mano sulla mia, gli occhi spaventati e grandi mi osservano. Non mi ero nemmeno accorta di lui. Ero così disperata e attenta a non soffocare, che non ho fatto caso a lui seduto accanto ai miei piedi sul divano.
Mi tiro su a sedere e sento ogni parte del corpo dolermi come se avessi corso la maratona di New York senza aver seguito un adeguato allenamento. Il dolore deve estendersi anche alla mia espressione, perché Eris mi guarda e chiede a Brice di andarle a prendere delle erbe.
Lui si alza ed va nell'altra stanza, lasciando me ed Eris da sole.
Mi volto meglio verso di lei per studiarla. Anche se immaginavo sapesse buona parte delle stranezze che mi stanno capitando, la mia reazione alla visione deve averla sconcertata. Forse non si aspettava che sarebbe stato così traumatico il mio ritorno alla realtà. Effettivamente, le due visioni precedenti mi avevano scombussolata, soprattutto la seconda. Ma questa... mi ha spaventata. Non riuscire a respirare così... non so se voglio rivivere un'esperienza del genere.
<< Nevena, dimmi che cosa hai visto >> quella di Eris non è assolutamente una domanda. E' un ordine. E a giudicare dal tono serio e solerte della sua voce, non è un ordine a cui posso sottrarmi.
Mi giro, posando i piedi a terra. Quel movimento mi costa uno sforzo muscolare notevole. La visione mi ha scossa così tanto, da lasciarmi priva di forze.
<< Ho visto una strada di una città in un'epoca che non era la nostra. Io ero lì, fisicamente intendo, esattamente come sono qui ora. Credo fossi invisibile perché quelle poche persone presenti non mi hanno degnata di uno sguardo. E poi... >> le immagini mi tornano in mente veloci una dietro l'altra: una donna che ride, l'uomo bellissimo che la tiene sottobraccio, lui che la bacia, che la uccide bevendo il suo sangue. I suoi occhi.
<< Cosa? >> incalza Eris.
<< Un uomo e una donna che camminavano sotto braccio. Mi sono nascosta e li ho visti. Sembravano intimi. Poi sono entrati nel vicolo in cui mi trovavo, così mi nascosta ancora più nel buio mentre li guardavo baciarsi. Ma poi lui le ha posato la bocca sul collo e lei ha iniziato ad urlare e c'era tanto di quel sangue che colava, così tanto... alla fine non si è più mossa >> le rispondo, lo sguardo fisso nel vuoto mentre con la mente rivedo quella scena più e più volte.
<< E poi lui ha visto me >> sussurro piano.
Eris strabuzza lo sguardo. L'ho colta di sorpresa. Non se lo aspettava evidentemente. Mi scruta in viso e poi si blocca. Il suo sguardo sembra perso, il viso pallido si fa ancora più cadaverico. Non comprendo la sua reazione finchè non mi porta una mano vicino all'orecchio e gliela poggia sopra. Quando la ritrae, vedo che è macchiata di rosso.
Istintivamente mi porto la mano sulla punta dell'orecchio destro e poi mi guardo le dita. Sono sporche di sangue. Allora ricordo. Lui mi ha toccata scostandomi i capelli dal viso.
<< Mi ha toccata >> sussurro, rispondendo alla domanda che Eris non ha ancora avuto il coraggio e il tempo di farmi. Lei mi guarda, un'espressione incredula sul volto.
<< Non è possibile >> mi risponde << Non è possibile che sia riuscito a fare una cosa del genere >> cerca di convincere più se stessa che me.
Faccio per risponderle ma in quel momento torna Brice, in mano una serie di boccette di vetro contenenti varie erbe e alcuni liquidi.
Eris si alza e va verso il tavolino. Rimane in silenzio mentre esamina le varie boccette e ne mischia il contenuto nella tazza dove poco prima avevo bevuto il tè.
Brice si siede accanto a me. Mi studia in silenzio. Scommetto che nonostante abbia una grande esperienza nelle questioni sovrannaturali e misteriose, questa sia nuova anche per lui.
Eris torna da me e mi porge la tazza. Il liquido che la riempie ha uno strano colore violaceo e un odore forte e pungente che mi arriva dritto al naso.
<< Che cos'è? >> chiedo curiosa e anche un po' schifata.
<< Bevilo, è un infuso di erbe contro il dolore >> mi risponde secca.
Mi porto la tazza alle labbra e bevo un sorso di quello strano intruglio. Cerco di non far notare la mia espressione disgustata. L'infuso ha un gusto molto forte e pungente, quasi acido. Ne bevo ancora due sorsi e poi lo poso a terra.
Eris avvicina una sedia del tavolino a me, in modo da starmi seduta faccia a faccia.
L'espressione colpita e sconcertata è sparita dal suo viso, per lasciare posto ad una Eris seria, determinata e arrabbiata. Ha le braccia conserte e mi guarda dritta negli occhi.
<< Descrivimi l'uomo che hai visto >> un altro ordine a cui non posso tirarmi indietro.
<< Era alto, muscoloso. Spalle larghe e forti. Pelle candida, sorriso smagliante, capelli biondi e ondulati fino alle spalle. Lineamenti affilati e precisi. E aveva i miei stessi identici occhi: uno marrone scuro e l'altro azzurro chiarissimo >> rispondo.
Sul viso di Eris mi pare di vedere un nervo scattare vicino alle labbra. Forse è nervosa? Perché? Chi è l'uomo della mia visione?
Mi volto per cercare una risposta da Brice, ma lui sembra confuso quanto me. Entrambi fissiamo Eris in cerca di una risposta.
<< Lo avevi già visto prima? >> mi chiede.
<< Credo di sì. Nel sogno che ha dato il via alle visioni, ma non riuscivo a vedergli completamente il viso, era una sagoma nera. Gli ho visto solo gli occhi >> rispondo sincera.
Lei reprime un sorrisetto sprezzante. Nei suoi occhi arde un fuoco, un fuoco devastante, che non ha intenzione di arrestarsi. Oserei dire che è furibonda e quel fuoco è la sua ira.
<< Che bastardo figlio di puttana >> sussurra lei sottovoce. Alza lo sguardo su di me e mi fissa intensamente mentre le sue mani stringono saldamente le mie.
<< Ti ha anche parlato? >> mi chiede.
Io annuisco
<< Ha detto: "Ci rivedremo presto, mia cara Nevena >> rispondo.
Lei chiude gli occhi e sorride amareggiata mentre scuote la testa. Sapeva già la risposta, ma voleva averne la conferma. Io invece sono sempre più confusa. Chi sia quest'uomo e cosa voglia, per me rimane un mistero. E poi quello che ha fatto, il modo in cui ha ucciso quella donna... rabbrividisco al ricordo del corpo di lei inerme a terra. Morta. Prosciugata del suo sangue da quell'uomo così bello e attraente.
<< Eris >> la chiamo, cercando di attirare la sua attenzione.
Lei posa lo sguardo su di me.
<< Chi è lui? >> le domando.
Lei sospira e rimane in silenzio per un tempo infinito. Poi guarda Brice. Lo sento irrigidirsi accanto a me.
<< Brice, devi assolutamente promettermi che non rivelerai a nessuno quello che sto per dire a Nevena. Ne va della sua vita e di quella di tutti noi >> le parole di Eris sono austere e categoriche. Brice la guarda preoccupato e senza parole. Non sa nemmeno lui cosa pensare o dire davanti ad una richiesta del genere.
<< Lo prometto >> risponde poi.
<< Giuralo, Brice. Questa storia non può uscire da questa stanza >> la voce di Eris è risoluta, vuole essere certa che Brice abbia capito. E Brice ancora una volta annuisce e promette.
Poi Eris porta l'attenzione su di me. In un attimo, il libro che mi aveva scatenato la visione che era posato sul tavolo, le appare in grembo. Sgrano gli occhi davanti alla scena.
Allora prima il cucchiaino che girava il tè da solo nella tazza non me lo sono immaginato...
Eris è una strega. Ha davvero dei poteri. Cerco di metabolizzare la notizia, mentre lei sfoglia il libro e lo apre su una pagina. Dalle sue labbra escono una serie di parole in una lingua antica, la stessa di poco fa. La sua mano si muove in cerchi lenti e decisi e poi la posa sulla carta in uno scatto deciso. Poi volta il libro e me lo mostra.
Sulla pagina c'è una foto in bianco e nero. Rimango immobile mentre fisso l'immagine dell'uomo della mia visione stampata sulla carta. Qui appare diverso, forse perché la foto sembra essere stata scattata in un periodo storico differente da quello in cui l'ho visto io. Forse è di inizio anni Venti a giudicare dal vestiario, ma non ci posso mettere la mano sul fuoco. Eppure è lui. E non sembra invecchiato di un giorno.
Brice si sporge leggermente in avanti per osservare meglio il libro e poi alza lo sguardo su Eris.
<< Eris, questa foto non c'era nel libro. Non l'ho mai vista >> sussurra lui.
Lei sospira e si muove un po' sulla sedia, leggermente agitata.
<< L'ho nascosta con un incantesimo. Gli unici che possono vederla sono le persone presenti in questa stanza >> gli risponde lei.
Lui scuote la testa, incredulo.
<< Ma perché? >>
<< Perché questa >> continua Eris << è un'immagine di colui che, si suppone, sia Aaron >> spiega lei.
Brice ora si alza completamente dal divano e si avvicina di scatto al libro e guarda l'immagine con occhi increduli. Poi si volta verso di me, le mani sulla bocca per soffocare un urlo. Guarda me e la fotografia un altro paio di volte, poi si raddrizza e si mette le mani nei capelli. Lo stupore ancora stampato sul suo viso.
<< Non ci voglio credere >> sussurra piano.
<< Cosa? >> chiedo confusa.
Lui mi guarda e poi indica la foto.
<< Vi assomigliate. Cambiano i colori, ma vi assomigliate. E poi guarda gli occhi, sono tali e quali ai tuoi >> mi invita a guardare meglio la foto.
<< Ok, ma chi sarebbe Aaron? >> domando. Sono più confusa che mai. Prima mi parlano di cacciatori di vampiri, ora viene fuori che l'uomo della mia visione e che per di più mi assomiglia tantissimo è una specie di mostro di nome Aaron. E con una buona genetica, oserei dire. Sembra avere la stessa età che aveva nella mia visione. Eppure non può essere stata scattata nello stesso periodo.
Eris mi porge il libro aperto alla pagina che ho guardato appena prima di avere la visione. "Aaron" è il titolo del capitolo. Ed è lunghissimo, pieno di date, nomi ed informazioni che al momento non riuscirei a recepire con concentrazione.
<< Aaron è il vampiro originale. Il primo che sia mai stato creato >> le parole di Eris sono dirette e concise. Nessun giro di parole adesso. Il tono della conversazione è cambiato, è tutto molto più soffocante e, oserei dire, pericoloso.
La guardo, un sopracciglio alzato. So che dovrei credere a tutte le storie che mi stanno raccontando, come non potrei considerando la scia degli eventi? Dopo la visione di poco fa? Dovrei fidarmi ciecamente di ciò che mi viene detto. Eppure, un po' del mio scetticismo e di ragione rimangono.
<< Non credo di capire bene cosa mi stai dicendo, Eris. Sono molto... confusa al momento >> ammetto. Ho la testa pesante, mi sento stanca, prosciugata di tutte le energie. La visione mi ha messo al tappeto, fisicamente e mentalmente. Ho già assimilato abbastanza informazioni, assurde per di più. Non ce la faccio al momento a sentir parlare di vampiri.
E poi quest'uomo, questo Aaron. Il vampiro più antico mai esistito, il primo. Perché l'ho sognato? Perché mi è apparso in una visione? Cosa vuole da me? E perché abbiamo gli stessi occhi?
Le domande sono così tante e così complesse che mi gira la testa dalla confusione. Lascio il libro aperto sulle gambe mentre mi porto le mani sugli occhi, colta da un martellante mal di testa.
<< Cosa c'entra con me? >> è tutto ciò che riesco a domandare dopo qualche minuto di silenzio. Alzo lo sguardo su una Eris stanca, gli occhi che mi studiano ogni sfaccettatura del viso. E' preoccupata per me, le si legge in faccia.
Fa per parlare ma viene interrotta dalla suoneria del mio cellulare.
Sospiro e tiro fuori il telefono dalla tasca.
Rispondo.
<< Pronto? >> dico.
<< Nevena dove cavolo sei? Tua madre mi ha chiamato quattro volte perché non eri raggiungibile! >> la voce di Major mi suona così forte nell'orecchio che devo scostare leggermente il telefono dalla mia faccia.
<< Sono a Boston, per la ricerca di storia. Non le ho detto che sarei venuta qui, ora mi ammazzerà sicuramente >> realizzo di essere fregata. Se mia madre scopre che sono venuta fino a Boston da sola, dopo avermi espressamente vietato di andare in giro se non accompagnata per paura che mi capitasse qualcosa dopo gli eventi di questi giorni, mi ucciderà. E non sarà una morte veloce.
Sento Major sospirare dall'altro capo del telefono.
<< Perché non me lo hai detto? >> mi domanda, snervato.
<< Scusami >> sono le uniche parole che riesco a dire.
<< Non importa, ti ho coperta. Le ho detto che eri con me e che il tuo telefono non prendeva >>.
Tiro un sospiro di sollievo.
<< Grazie Major, davvero >> gli dico, infinitamente grata per aver mentito a mia madre e avermi evitato una strigliata indimenticabile.
<< Si ma adesso devi tornare a Chelsea. Tua mamma ti aveva chiamata per dirti di passare a prendere Christopher a judo perché tuo padre è stato trattenuto a lavoro >> mi spiega lui.
<< Merda >> impreco e allontano il telefono dall'orecchio per guardare l'ora. Le cinque. Vado a cercare la foto degli orari degli autobus che mi sono scaricata questa mattina. Il prossimo è alle cinque e venticinque.
<< A che ora esce Chris da allenamento? >> chiedo a Major. Non sono mai andata a prendere Chris a judo e non ricordo esattamente l'orario in cui termina di allenarsi.
<< Alle sei >> mi risponde Major.
Sospiro. Non arriverò mai in tempo alla palestra per riuscire a prenderlo a quell'ora.
<< Non riesco ad arrivare in tempo, Major. Ho l'autobus fra venticinque minuti >> gli spiego.
Lui sta per un attimo in silenzio e poi sospira.
<< Vado io, ma tu raggiungici così poi vi accompagno a casa >> mi propone.
Tiro un sospiro di sollievo. Major è sempre disposto a darmi una mano. Anche adesso che è dispiaciuto per non avergli detto che venivo a Boston, è disposto ad aiutarmi. Non dovrei esserne stupita, Major è sempre stato una persona altruista sin da quando lo conosco.
<< Grazie Major, adesso corro a prendere l'autobus. Ci vediamo davanti alla palestra >> lo ringrazio.
<< Non ti preoccupare, non c'è problema. A dopo >> e chiude la chiamata.
Sospiro riponendo il telefono in tasca e mi alzo. Riporto l'attenzione sulle altre due persone nella stanza. Brice ha il libro sulla storia dei vampiri in mano e ne sta sfogliando nervosamente le pagine. Eris invece è sempre seduta sulla sedia di fronte al divano, lo sguardo fisso su di me, indecifrabile.
<< Devo tornare a casa, adesso >> mi scuso mentre recupero il mio zaino da terra.
Lei mi sorride triste ed annuisce prima di alzarsi.
<< Capisco. Tieni >> mi dice passandomi il grosso libro sui Whiteoak che era posato sul tavolino << prendilo e leggi tutto quello che vuoi. E prendi anche l'altro >> con un cenno della testa indica il libro che Brice sta tenendo ancora in mano.
<< Brice, dalle il libro, per favore >> gli chiede Eris gentilmente.
Lui sospira e si alza porgendomelo.
<< Questa storia è troppo strana, Nevena. Devi tornare qui così proveremo a venirne a capo >> la sua determinazione mi sorprende. Sono certa voglia conoscere tutta la storia per un puro interesse personale, ma sento anche che vuole davvero aiutarmi a saperne di più su di me e sulle mie origini. E sul perché quell'uomo del sogno e della visione, Aaron, mi è così familiare.
Annuisco, promettendo in silenzio che sarei tornata. Mi metto entrambi i libri nello zaino e torno nella parte aperta al pubblico del negozio. Ho le gambe indolenzite, non doloranti come prima ma non sono comunque al massimo della forma. Quando arrivo davanti al bancone, saluto Lucifer dandogli un buffetto sulla testa e ricevendo in cambio delle fusa profonde. Dietro di me c'è Eris che mi sorride.
<< Tornerà a trovarti, Lucifer >> gli promette lei prendendolo in braccio.
Arrivo alla porta e mi volto verso di lei per congedarla. Ha lo sguardo di chi sa che le cose non stanno andando come dovrebbero, che qualcosa di brutto sta per accadere. Non vorrei ammetterlo, ma quella sensazione ce l'ho anche io. Sento che la mia vita sta per raggiungere un punto di svolta, ma non credo che sarà positivo.
<< Grazie, per tutto quanto >> e il mio ringraziamento è sincero. Non avrei mai pensato di venire a conoscenza di tutto questo. E anche se so che la situazione è surreale, non posso non ammettere che un po' comincio a crederci. Non potrei fare altrimenti.
Lei mi sorride, poggiando la testa su quella di Lucifer che la sta coccolando con le sue dolci fusa.
<< Quando avrai bisogno di me, sai dove trovarmi >> mi sussurra piano.
<< Eris >> mi fermo un attimo << lo so che mi conosci. E non da oggi, ma da tanto tempo. Ti ho vista nelle mie visioni, so che eri tu. Ne sono sicura >> ammetto.
Lei mi sorride ma non mi dice nulla. Semplicemente mi si avvicina, gli occhi lucidi di un'emozione che non comprendo appieno. Ha un modo di fare quasi materno e il suo sguardo è quello di chi ci tiene. Lo sento che è preoccupata per me, anche se non me lo vuole dire apertamente, anche se pensa di sapere tutto. Eppure in tutta questa storia, ci sono imprevisti che lei evidentemente non aveva messo in considerazione. Altrimenti perché essere così sorpresa e spaventata?
Lo so che sa molto di più di quello che mi ha voluto dire oggi. E so che avrò delle risposte, da lei, da questi libri oppure dai miei genitori. Non adesso, ma sono sicura che ne verrò a capo.
Eris mi sorride, accarezzandomi dolcemente i capelli. Le sue mani sono delicate e il suo tocco leggero.
<< Ti ho lasciato il mio numero nel libro più grande. Chiamami per qualunque cosa >> mi sussurra.
Io le annuisco, mi volto ed esco dal negozio. La sento seguirmi con lo sguardo e le sono infinitamente grata perché camminare sola in quel vicolo non fa che riportarmi in mente la mia ultima visione.
Uscita dalla via dove si trova il negozio, prendo in mano il cellulare per ritrovare la strada verso la stazione degli autobus.
Sono le cinque e dieci. Devo muovermi.
Così inizio a correre.
Sono quasi le sei e un quarto quando finalmente arrivo alla mia fermata, che si trova pochi metri dalla palestra in cui si allena mio fratello. Il traffico del tardo pomeriggio ha ritardato il mio ritorno a Chelsea e non posso che essere grata a Major per essere stato così gentile da venire a prendere Christopher al posto mio.
Quando arrivo davanti all'entrata della palestra, vedo Chris e Major seduti sul muretto del giardino che circonda la struttura. Mi avvicino e il primo ad alzare lo sguardo e a vedermi è Chris. Ha la faccia un po' stanca e i capelli ricci e biondi spettinati e sudaticci appiccicati alla fronte. Major si volta verso di me e mi sorride dolce.
<< Scusatemi tanto, l'autobus è rimasto bloccato nel traffico >> mi scuso quando mi trovo davanti a loro.
Chris fa spallucce.
<< Tranquilla, Nev. Major è venuto a prendermi >> mi dice mio fratello scendendo dal muretto e recuperando il borsone.
<< Lascia, Chris >> gli fa Major, prendendogli la sacca e mettendosela in spalla << te la porta io >> gli sorride e gli da una pacca sulla spalla.
Mio fratello annuisce a poi guarda me.
<< Non dirò a mamma dove sei stata, comunque. Non faccio la spia >> mi promette.
Gli sorrido e gli passo una mano sulla testa. E' madido di sudore, se rimaniamo ancora qua fuori con le temperature che scendono, si prenderà un raffreddore.
<< Chris sei tutto sudato >> lo ammonisco. Perché non si è fatto la doccia come suo solito?
Lui sospira mentre ci incamminiamo verso la macchina.
<< Le docce non funzionano. O meglio, funzionano, ma l'acqua è gelata. Mi lavo a casa, non ti agitare >> sbotta lui.
Arriviamo alla Nissan blu scuro di Major e saliamo mentre lui carica il borsone di Chris nel bagagliaio. Poi si accomoda al posto di guida, chiude la portiera, si allaccia la cintura e accende l'auto.
Usciamo dal parcheggio della palestra e Major accende un po' il riscaldamento. Chris non dice nulla e quando mi volto lo vedo intento a guardare il cellulare.
Sento la mano di Major sulla mia coscia e mi volto verso di lui. I suoi occhi scuri sono concentrati sulla strada e le sue labbra sono distese in un sorriso rilassato.
E' così bello. E non dico solo esteticamente. Major è in generale una persona bellissima. Non ho mai conosciuto un ragazzo dolce, gentile, premuroso e attento come lui. E poi non è mai cambiato. Ci conosciamo dai tempi delle medie e il suo carattere è sempre stato lo stesso.
Appoggio la mia mano sulla sua e gliela stringo. Major si volta un secondo verso di me e mi sorride prima di tornare a guidare.
<< Scusami per non averti detto di Boston >> gli sussurro. Non so nemmeno io il perché non ho voluto parlargli della mia ricerca e della scoperta di un posto che avrebbe potuto fornirmi qualche risposta, seppur inverosimile, sulla mia famiglia d'origine.
Lui scuote la testa e mi stringe un po' la mano.
<< Non preoccuparti >> mi risponde.
<< Sei arrabbiato con me? >> gli chiedo sincera. Di tutte le cose che ho bisogno, litigare con il mio ragazzo, al momento, non è nella lista.
Lui aggrotta le sopracciglia e trattiene una risata sorpresa. Capisco la sua risposta ancora prima che la dica, quando le sue dita si intrecciano alle mie. Sento un sorriso sollevato farsi strada sul mio viso e mi tranquillizzo all'istante.
<< No, Nev. Non sono arrabbiato con te >> mi risponde << ero solo preoccupato perché non rispondevi al telefono. Ma non sono arrabbiato >>.
Sospiro e annuisco, appoggiando la testa sullo schienale dell'auto. Mi guardo intorno mentre percorriamo la strada verso casa. Siamo vicini alla nostra scuola quando ci fermiamo ad un semaforo. La mia attenzione viene catturata da due figure che parlano vicino alla fermata del bus, la stessa a cui mi sono seduta io oggi.
Sono sorpresa nel vedere Sally in compagnia di un ragazzo. Non l'ho mai visto prima, o almeno, non mi pare. E' alto, molto magro, vestito di scuro e coi capelli biondissimi, quasi bianchi. Stanno ridendo e vedo Sally che gli posa una mano sul braccio.
<< Quella è Sally >> dico ad alta voce.
<< Mmm? >> Major sposta lo sguardo nella direzione in cui sto guardando e annuisce. Il semaforo diventa verde e noi svoltiamo a destra, lasciandoci alle spalle la mia amica e il ragazzo senza nome.
<< Lui chi è? Non l'ho mai visto >> affermo.
<< Si chiama Lucas >> le parole di Major mi colgono alla sprovvista e il mio sguardo si sposta su di lui. Gli stringo le dita, una domanda silenziosa per dirgli di parlare.
<< E' nuovo, del terzo anno. L'ho conosciuto agli allenamenti di pallavolo. E' simpatico >> mi risponde lui.
Sospiro. Mi pare strano che Sally non mi abbia detto niente di lui. Sembravano conoscersi.
<< E come conosce Sally? >> mi chiedo a voce alta.
Major sbuffa scuotendo la testa.
<< Non saprei >> mi risponde << magari si sono incontrati a qualche lezione o in mensa. Perché tutto questo interesse? >> mi domanda lui.
<< Nulla, è solo che Sally mi racconta sempre tutto e di lui non mi ha detto nulla >> gli dico.
Major sospira e si volta per sorridermi.
<< Sono sicuro che te ne parlerà >>.
Annuisco e continuiamo a guidare fino a casa.
Major ci lascia a casa verso le sette.
Quando mio fratello ed io entriamo in casa, lui molla all'entrata il borsone e si catapulta al piano di sopra per fare la doccia. Io vado in cucina e accendo la luce. Appoggio il mio zaino sul bancone e vado verso il frigo per prendermi dell'acqua.
Bevo e mi appoggio con la schiena al lavello. Non posso fare a meno di guardare il mio zaino e pensare ai libri che contiene. Stasera dopo cena voglio assolutamente leggerli, almeno iniziarli. Devo sapere, capire cosa sta succedendo. Chi sono i miei genitori, cosa sono i Whiteoak e perché fanno ciò che fanno.
Ma la mia mente non riesce a smettere di pensare all'uomo della visione. Aaron. Le emozioni che ho provato nel trovarmelo di fronte erano così intense e contraddittorie. Sentivo di avere paura, come avrei potuto non averne dopo aver visto cosa aveva fatto a quella donna? Eppure qualcosa in lui mi attraeva ed era abbastanza forte da darmi il coraggio sufficiente per avvicinarmi a lui.
<< Nev! >> l'urlo di mio fratello dal piano di sopra mi fa tornare alla realtà
<< Cosa c'è? >> gli rispondo gridando anche io.
Lo sento scendere di corsa le scale e spuntare vicino alla porta della cucina.
<< Ordini la pizza? Papà dovrebbe arrivare fra poco e io ho fame >> mi domanda, gli occhi socchiusi e senza occhiali.
Sorrido annuendo e recupero il numero della pizzeria tenuto su da una calamita sul frigo.
<< Familiare metà al formaggio e metà al salame piccante? >> gli chiedo.
Lui annuisce.
<< Fatti fare anche delle patatine fritte a parte per me >> mi domanda e poi se ne va.
Scuoto la testa sorridendo. Ah fratellino, tu e le patatine fritte. Che grande storia d'amore.
Chiamo la pizzeria e prenoto la consegna per le otto meno un quarto, calcolando più o meno che quella sarà l'ora in cui mio padre arriverà a casa. Mamma tornerà più tardi dall'ospedale, ma le lasceremo la sua parte come sempre.
Mentre aspetto la pizza, decido di svuotare la lavastoviglie. Ho quasi finito quando sento suonare alla porta.
Sollevo le sopracciglia e controllo nell'orologio del microonde l'ora.
Le sette e venti.
Strano che sia già arrivato il fattorino.
Il campanello suona di nuovo e io sospiro lasciando la lavastoviglie aperta mentre mi incammino verso l'entrata.
Il campanello suona per la terza volta.
Insistente questo fattorino.
<< Si, si, arrivo >> dico di fronte alla porta e aprendola, un po' innervosita.
Sgrano gli occhi.
Di fronte a me non c'è nessun ragazzo che consegna le pizze.
Un uomo mi guarda, gli occhi spalancati e sorpresi che mi osservano. E' esattamente come nelle mie visioni, ma più vecchio. I capelli castani sono brizzolati vicino alle tempie. Le labbra sottili sono aperte in un'espressione di sorpresa. I lineamenti della mascella sono nascosti da una barba ispida che non aveva nelle mia visione. Le guance e il naso sono ricoperti da piccole lentiggini chiare.
Mi guarda senza parole, ma i suoi grandi e lucidi occhi azzurri dicono molto.
Fa per parlare ma sono io ad interromperlo. La sua espressione quando sente ciò che esce dalle mie labbra è impagabile. Un misto di stupore e incredulità.
E sono le stesse emozioni che provo io nel vedermi sulla soglia l'uomo che sono sicura, ora che è qui di fronte a me, essere il mio vero padre.
<< Jonathan >>.
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