4 - RICORDI NASCOSTI -
- Capitolo quattro -
Ricordi Nascosti
A cena il clima è teso, non tanto quanto prima, ma la serenità è un'altra cosa. Per la maggior parte del tempo rimango in silenzio, non sapendo bene cosa dire. A frenare la mia voglia di risposte è anche la presenza di mio fratello. Lui non sa nulla di quello che è successo, né sa cosa ho sentito i miei dirsi mentre andavo a chiamarlo per la cena.
Mia madre mi ignora, so che vorrebbe guardarmi, chiedermi e sapere di più riguardo al mio sogno e alla mia, si presuppone, visione che ho avuto in piscina.
Mio padre, al contrario, si concentra su mio fratello. Parlano di scuola, di judo, di videogames. Cerca di distrarsi, concentrandosi su chi tra i due figli evidentemente e per fortuna, non sta scivolando nella pazzia.
<< Menomale che oggi ho saltato scuola, Kathy mi ha scritto e mi ha detto che è stata una giornata noiosissima >> dice Christopher mentre spilucca le verdure che ha nel piatto.
<< Tanto dovrai comunque recuperare quello che hanno fatto i tuoi compagni, quindi ... >> gli rispondo guardandolo.
Lui sbuffa e mia madre lo riprende, incitandolo a non sbuffare e a finire le verdure che ha nel piatto.
Sorrido guardandolo. Il mio fratellino. Ero così felice quando è nato. Abbiamo quattro anni di differenza. Chris ha compiuto quattordici anni a Marzo e ancora ricordo per quanto fosse emozionato. Quattordici anni significa entrare nella vera fase dell'adolescenza. E' l'età del primo anno di liceo. Il primo giorno di liceo di quest'anno è stato memorabile e importante per noi: Chris al primo anno e io all'ultimo. Mamma ci ha scattato delle foto, tra cui una polaroid che ha appeso sul frigorifero. Si è commossa quando ce l'ha scattata. "I miei bambini sono diventati grandi" ha detto lei, asciugandosi le lacrime dal viso. Mi piace sapere che ci ama ed è orgogliosa di noi.
<< Beh, però almeno il professor Sherman ci ha dato da fare quella ricerca sulla nostra famiglia. Un lavoro diverso dal dover memorizzare delle noiose date e dei noiosi nomi di gente noiosamente morta >> afferma Chris tutto contento mentre mangia una consistente forchettata di insalata e carote.
Mia mamma lo guarda, felice della sua emozione per un compito, cosa assai rara per Chris. Non è un appassionato di storia. In generale, non ama nessuna materia se non quelle scientifiche e la matematica.
<< Di cosa dovrebbe trattare questa ricerca? >> gli chiede lei.
<< Mah >> le risponde mio fratello con la bocca piena << in pratica ci hanno dato da fare una ricerca sulle origini della nostra famiglia da presentare fra due settimane. E' una specie di compito premio perchè ci tocca farne una anche sulla storia della città che a quanto pare ha tipo più di trecento novant'anni o una roba simile >>.
<< Non ha "tipo più" di trecento novant'anni. Ne ha trecento novanta >> preciso io.
<< Si si va bene lo stesso, mi hai capito >> la chiude lì lui.
Mio padre lo guarda, incuriosito.
<< E su quale famiglia vorresti incentrare la ricerca? >> gli domanda papà, ghignante. Ovviamente conosce già la risposta di mio fratello.
<< Beh, ovviamente quella di mamma ha una storia molto più interessante della tua. Scommetto che nessuno dei miei compagni ha dei nonni che vivono in Francia e possiedono una cantina di vini super costosi e che valgono un sacco di soldi >> risponde lui, fiero di avere dei nonni così.
I miei nonni materni sono francesi, ma si sono trasferiti negli Stati Uniti quando mia mamma aveva all'incirca cinque anni. Mio nonno era il capo di un'azienda vinicola molto importante e voleva instaurare rapporti commerciali con altre aziende qui negli Stati Uniti. E così si sono trasferiti qui, dove poi mia madre è rimasta per continuare gli studi, mentre i miei nonni sono tornati in Francia per continuare il loro lavoro da lì. Non li vedo spesso, sono molto lontani e in Francia non andiamo da quasi due anni e raramente loro tornano qui per Natale o compleanni.
<< Comunque non preoccuparti, papà. Può farla Nev la ricerca sulla tua famiglia >>. Le parole di mio fratello mi riportano alla realtà e improvvisamente alzo gli occhi su mio padre.
Mi guarda, sollevando entrambe le sopracciglia.
<< La deve fare anche Nev questa ricerca? >> domanda a mio fratello, ma mantenendo lo sguardo fisso su di me.
<< Sì, Kathy mi ha detto che è un lavoro che dobbiamo fare tutti, dal primo al quarto anno. E' così che vuole il preside >> risponde Chris.
Non so bene cosa dire. Mi ero completamente dimenticata di riferire questa informazione ai miei prima. Eravamo così impegnati a fissarci con occhi sgranati, mentre parlavamo di un sogno che evidentemente turba più loro di me, che mi sono dimenticata di parlargli della scuola e della famosa ricerca. E del fatto che il professor Sherman mi abbia suggerito di farla sulla mia famiglia biologica...
<< Sì, io... mi ero scordata di parlarvene prima >> rispondo, fissando il mio piatto quasi vuoto in cerca di ispirazione per una qualche scusa plausibile per spiegare il perchè vorrei farla sulla mia "vera" famiglia.
<< Beh, tuo nonno ha fatto la guerra in Vietnam, immagino tu possa inserire questa cosa nella tua... >> inizia a dire mia madre, ma viene interrotta dalle mie parole, che escono da sole come un treno.
<< Il professor Sherman pensa che sarebbe più stimolante e interessante provare a farla sulla mia famiglia biologica >>.
Silenzio, per la seconda volta questa sera. Sono riuscita a zittirli ancora, cosa che difficilmente mi viene facile. Vorrei alzare lo sguardo, guardarli e vedere quale espressione è stampata sui loro volti. Ma i miei occhi rimangono fissi sul resto di manzo e verdura nel mio piatto che non ho più molta voglia di mangiare.
Per fortuna, ci pensa mio fratello a rompere il silenzio di questa imbarazzante situazione.
<< Che figata! Perché non ci ho pensato prima. Pensa se vieni a sapere che sono tipo delle spie e ti hanno lasciata per non farti vivere una vita nel pericolo, mentre loro complottavano contro qualche governo nemico...>>
<< Christopher... >> lo ammonisce mia madre.
Mio fratello sussurra uno "scusa" e torna a mangiare.
Mia mamma sposta lo sguardo su di me e mi guarda. Il suo sguardo è serio, piatto. Non riesco a decifrare le sue emozioni.
<< Avete due settimane no? Dopo il tuo compleanno, tuo padre ed io ti parleremo dei tuoi genitori biologici, così avrai delle informazioni su cui potresti provare a trarre una ricerca interessante >> sono le sue parole. Basta, non aggiunge altro. E nemmeno mio padre sembra voler continuare il discorso. A tavola cala un silenzio assordante, glaciale. Siamo sempre stati una famiglia allegra, che a tavola parlava e si raccontava le proprie giornate e avventure. Ma non stasera, stasera è cambiato qualcosa e non credo ritorneremo a ridere e a vivere sereni così facilmente.
Poso forchetta e coltello accanto al mio piatto e guardo i miei. Non posso aspettare ancora per conoscere la mia storia, non dopo tutto ciò che è successo oggi. E poi avrei comunque poco tempo per lavorare alla mia ricerca. Ma le parole di mia madre, anche se in maniera sottintesa, sono state categoriche. Non mi rivelerà nulla prima del mio compleanno. Dovrò aspettare.
<< Grazie >> dico, prendendomi in risposta il sorriso forzato di mio padre.
<< Nel frattempo, potresti farne una sulla famiglia di tuo padre, nel caso non avessi abbastanza informazioni o non ti piacesse quella sulla tua famiglia biologica >> mi dice mia madre sorridendomi.
Quel sorriso è tutt'altro che genuino. E' come se volesse intimarmi di non farla questa ricerca, o meglio, non incentrarla sui Whiteoak. Ma perché, cosa c'è di così misterioso in loro? Cosa hanno fatto? Forse le idee, seppur da film, di mio fratello hanno un fondo di verità? Magari sono dei malavitosi? O dei criminali?
Al momento non so darmi una risposta, ma non posso porne altre a mia madre e a mio padre. Sarebbe solo uno spreco di tempo e li farei innervosire ancora di più.
Perciò sorrido anche io e approvo la proposta di mia madre.
Dopo cena, la tensione in casa si è decisamente allentata. Abbiamo passato la serata a guardare un film sul divano e a mangiare caramelle. Vorrei che fosse sempre così. Questa felicità, questa pace, i sorrisi che tutti abbiamo in viso. Vorrei una vita facile come questa, senza preoccupazioni, senza ansie e senza strani sogni e visioni che rischiano di portare solo un enorme caos nelle nostre esistenze.
Mio fratello sbadiglia e si alza, stiracchiandosi.
<< Beh, io vado a dormire >> annuncia, gli occhi gonfi e assonnati. Mi alzo anche io e lo abbraccio forte per dargli la buonanotte. Poi mi risiedo sul divano, stringendomi le ginocchia al petto.
Mamma e papà baciano entrambi Chris e gli augurano dei bei sogni. Lui ricambia e lentamente sale al piano di sopra.
Mio padre prende il telecomando e cambia canale. Sullo schermo compare un film dove una coppia sta litigando. Mi ritrovo a guardare quelle immagini. Lui che grida, lei che gli risponde urlando più forte di lui. L'uomo prende in mano un bicchiere appoggiato su un tavolo e lo getta a terra, frantumandolo in mille pezzi.
Ed eccola di nuovo, quella sensazione di annebbiamento che mi invade la testa e il corpo. Mi si appanna la vista e improvvisamente non sono più a casa mia.
Ho di nuovo tre anni. Sono rannicchiata in un angolo di una stanza che sembra essere la mia. Le pareti sono rosa confetto, un lettino di legno bianco con lenzuola rosa chiaro è completamente disfatto. Sto stringendo al petto un pupazzo di un gatto nero mentre guardo l'uomo che avevo già visto nella mia visione precedente. Jonathan.
Ora lo vedo bene in volto. Mi assomiglia. E' alto, muscoloso, i capelli castano scuro arruffati e gli occhi chiari pieni di lacrime e ira. Ai suoi piedi ci sono i frammenti di uno specchio che poco prima probabilmente era appeso sulla parete dietro di lui. Sta urlando ad una donna, che però non è la stessa della visione della piscina. Non riesco a vederla bene, è come offuscata. Vedo solo la sua figura alta e snella, incorniciata da un completo nero e lunghi e lisci capelli corvini che le ricadono sul viso.
<< Avevi detto che l'avresti protetta! Lo avevi giurato! >> urla Jonathan.
La donna si avvicina a lui, per niente intimorita dalla sua rabbia.
<< Jonathan ho fatto tutto il possibile, ma Yana era testarda, voleva tornare a Sofia, nemmeno i miei poteri avrebbero potuto proteggerla da così lontano >> gli risponde lei.
Lui scuote la testa, le lacrime incessanti che gli rigano il viso. La guarda, con un odio e un rancore che non saprei descrivere a parole.
<< Sei la più potente della tua congrega, avresti dovuto fermarla già prima che partisse. Lo sapevi che lo avrebbe fatto! >>
<< Sì, lo sapevo e mi pentirò ogni secondo della mia vita per non averlo fatto. Ma Jonathan, cerca di capirmi, come potevo proteggere Yana e allo stesso tempo Nevena in una situazione simile?! Ho fatto una scelta! Sofferta, ma ho dovuto farla! >> ora urla anche lei.
Ha dovuto scegliere. Scegliere se proteggere me o la donna per cui Jonathan si sta struggendo. Yana. E' così che si chiama la donna bellissima che ho visto nella visione precedente.
<< E' quello che avrebbe voluto anche lei, Jonathan >> la voce della donna è dolce, piena e calda.
Si avvicina all'uomo che ancora la fissa in cagnesco. E poi, dal nulla, lo abbraccia. Lui piange, piange come non ho mai visto piangere nessuno. In quelle lacrime c'è dolore, rimpianto, collera.
Poi alza lo sguardo su di me e quella collera svanisce, diventando paura.
<< La bambina, sapranno della bambina >> sussurra lui.
La donna si scosta dal suo abbraccio e lo guarda, tenendogli le mani sulle spalle.
<< No, non possono sapere della bambina, Yana non poteva riferire nulla di lei. L'abbiamo protetta, nascondendo ogni ricordo di Nevena nella sua mente. Nessuno sarebbe riuscito a sciogliere quell'incantesimo, Jonathan, te lo giuro >>.
Jonathan mi guarda, il terrore nel suo sguardo. Ha paura per me, teme che qualunque cosa sia successa a Yana, possa accadere anche a me. Il suo sguardo è penetrante, sento che mi entra dentro, nelle ossa, nella carne, fino al cuore. Quello sguardo è uguale al mio. E' lo stesso che faccio quando sono spaventata. Siamo simili, forse anche troppo per essere due sconosciuti.
Mi convinco sempre di più dell'idea che sto vivendo un mio lontano ricordo e che l'uomo che ora sta guardando una piccola me, spaventata dalle sue urla, sia mio padre.
Mi sorride triste, forse capendo di avermi spaventata e si rivolge alla donna davanti a lui.
<< Non lo sanno, ma potrebbero venire a sapere di lei molto presto. Esattamente come è successo a Yana. E sappiamo entrambi che per Nevena la situazione è molto più pericolosa >> la sua voce è triste, rassegnata. Come se non avesse più speranze, come se sapesse che nonostante lo voglia con tutto se stesso, non può proteggermi nel modo in cui desidera.
La donna si volta verso di me. Il suo viso non è chiaro, tremola alla mia vista. Non riesco a riconoscerla, a identificarne i tratti. Ma posso scorgere una smorfia, anche se offuscata. Come un sorriso.
<< La porterò con me a Boston, lì sono più forte. Le mie sorelle mi aiuteranno, mi sono fedeli. Possiamo tenerla al sicuro, mentre decidiamo cosa fare >> gli propone lei.
Jonathan mi guarda. I suoi occhi scuri tristi, pieni di lacrime che gli rigano il volto. Non vuole lasciarmi andare, lo sento. Non vuole separarsi da me. Mi vuole troppo bene per lasciarmi andare. Eppure...
<< Non posso separarmi da lei >> sussurra piano.
<< E' l'unico modo per salvarla adesso. Poi vedremo il da farsi. Ma Jonathan, non è al sicuro con te. Hanno trovato Yana e sono sicura stiano cercando anche te. Ti troveranno, se rimani qui. E di certo non puoi scappare con una bambina di appena tre anni >>.
Lui sposta lo sguardo su di lei, affranto. Sa che la donna ha ragione, che non c'è altra soluzione se non quella di affidarmi a lei per proteggermi.
Sospira e poi annuisce.
<< Devi estendere le protezioni che hai messo ai ricordi di Yana anche a me, se dovessero catturarmi >> le intima lui.
Lei annuisce e si volta verso di me. Ancora non riesco a distinguere il suo viso.
<< Lo farò, ma prima devo proteggere lei. Il pericolo che trovino me è basso, ma non si sa mai >> gli dice lei.
Jonathan annuisce e mi guarda. Sono ancora spaventata, ma molto meno rispetto a quando urlava. Stringo forte nelle mie piccole braccine il pupazzo del gatto nero e lui sorride.
<< Cancellale il ricordo di questa notte, non voglio che mi ricordi così >>.
Lei lo guarda, lo studia a fondo, come se riuscisse a leggergli le emozioni.
Annuisce e mi si avvicina.
<< Lo nasconderò nel profondo della sua mente, ritornerà solo quando sarà il momento. Non posso cancellare questa parte della sua vita. In futuro, vorrà conoscerla >>.
La donna è a pochi passi da me, si accovaccia sulle ginocchia ed ecco che me la ritrovo davanti al viso. Mi sforzo, cercando di scorgere dei dettagli nel suo volto ma nulla. Il suo volto continua ad essere un'incognita. Mi pare di vederla sorridermi.
<< Ti piace il gatto? Si chiama Lucifer. A casa ne abbiamo uno vero come lui. Non vede l'ora di conoscerti >> mi sussurra, la voce dolce, calda, morbida.
Mi posa le mani sulle tempie. Al tatto sono calde, morbide, gentili. Nella testa inizio a sentire un senso di vertigine e nelle orecchie mi risuona una strana cantilena in una lingua sconosciuta. Mi sento stanca all'improvviso, gli occhi si fanno pesanti, le braccine che stringono il peluche allentano la presa.
E all'improvviso mi addormento.
<< Nevena! Nevena! Nevena svegliati, ti prego! >> una voce ovattata mi chiama, sembra così lontana eppure così vicina.
Due pesi mi prendono le spalle e mi scuotono forte, la voce continua a chiamarmi.
All'improvviso mi sveglio. Prendo una boccata d'aria come se non avessi respirato per minuti lunghissimi. Il sudore mi cola lungo tutto il corpo, il mio cuore batte ad un ritmo esageratamente veloce nel petto. Mi torna la vista e di fronte a me, attoniti, ansiosi ed impauriti, ci sono mia madre e mio padre.
Ho di nuovo diciassette anni. Sono di nuovo nel salotto di casa mia, a Chelsea, Stati Uniti. Non c'è nessun uomo somigliante a me che urla, nessuna donna che parla di incantesimi e di congreghe, nessun pericolo incombente che attenta la mia vita, nessuna donna scomparsa per salvarmi.
La mano di mia madre mi accarezza la guancia in maniera quasi brusca, come se volesse essere sicura che quella che ha davanti sia davvero sua figlia e non un fantoccio che ha le sue sembianze.
<< Non mi sento le braccia >> sussurro piano. Ed è vero. Ho le braccia così strette intorno alle mie gambe che mi fanno talmente male da non sentirle più. Le mie mani sono entrambe strette sui miei avambracci, le dita ormai bianche dalla pressione con cui le sto stringendo.
Mia madre abbassa lo sguardo sulle mie mani e ci appoggia le sue, poi le sposta sulle mie braccia accarezzandole e poi massaggiandole intensamente. Pian piano, la sensibilità torna e il mio cuore rallenta i battiti. Mio padre è seduto accanto a me, mi asciuga il sudore dalla fronte con un fazzoletto che non ho assolutamente idea di dove abbia preso.
Mi guardo le braccia. Le muovo piano, poi stacco le mani dalla presa. Sulle braccia ho i lividi lasciati dalle mie dita. Mi guardo le mani. Le dita stanno riprendendo colore. Respiro piano, cercando di calmare i miei nervi tesi. Poi guardo i miei genitori.
Mia madre mi sorride, ma i suoi occhi sono pensierosi. Ha paura. E' la stessa paura che ho visto negli occhi dell'uomo della visione. So che c'è qualcosa che non va in me, ne sono conscia. Il problema è che non so cosa sia e il dubbio mi devasta. Ho bisogno di risposte.
<< Scusate, un altro sogno ad occhi aperti >> mi scuso.
Mio padre trattiene una risata amara e mi guarda. Ovviamente sanno entrambi che sto mentendo, non sono così stupidi. Però non mi dicono nulla, non mi chiedono cosa ho visto, se ho sentito qualcosa di strano o altro. Stanno lì, fissi, immobili. A fissarmi e ad aspettare che io dica qualcosa di mia spontanea volontà. Ma nonostante sappia che mi posso fidare di loro, non dico nulla. Non rivelo nulla della visione in piscina, né di questa. Non voglio dargli motivo di temere per me e non rivelarmi comunque nulla.
<< E' meglio che io vada a dormire. Evidentemente sono solo molto stanca >> dico e mi alzo piano. Mi fanno male le gambe. In realtà ho male ovunque ma faccio finta di niente.
<< Sì, sei solo stanca. Riposati tesoro, parleremo domani >> mi dice mio padre.
Mi si avvicina e mi dà un bacio sulla fronte mentre mamma mi sorride. Io ricambio il sorriso e l'abbraccio. Poi esco dal salotto e salgo le scale.
Arrivo davanti alla mia stanza, sto per aprire la porta quando sento dei suoni provenire da sotto.
Mi si stringe il cuore quando riconosco i singhiozzi di mia madre. Reprimo l'istinto di piangere anche io, non è proprio il caso al momento. Entro in camera mia e mi chiudo la porta alle spalle.
Mentre mi svesto e indosso il pigiama, ripenso al disastro che è stata la giornata di oggi. Il mondo mi sta crollando addosso e io sto impazzendo.
Faccio sogni senza una logica, trovo foglie di un albero di quercia in camera mia e nel mio armadietto. Improvvisamente sono diventata una specie di medium che ha visioni di un suo possibile passato. Se poi penso al contenuto delle visioni che ho...
Un uomo che sembra poter essere mio padre, una donna scomparsa per proteggermi, un'altra che sostiene di fare incantesimi. Congreghe, pericoli, nomi che non ho mai sentito nella mia vita. Mi esplode la testa.
Mi metto una felpa pesante prima di infilarmi nel letto. La stanchezza e tutto lo stress accumulato mi hanno fatto venire freddo e ho brividi lungo tutto il corpo. Non abbasso nemmeno la serranda, sono troppo stanca per fare qualsiasi cosa al momento.
Tiro su le coperte, mi metto a letto e mi copro col trapuntino fino a sopra la testa. Chiudo gli occhi, cercando di liberarmi la mente da quelle strane immagini e dai ricordi della giornata.
Penso a cose belle: penso alla nostra vita come una famiglia felice, penso a mio fratello che gioca ai videogames fino a notte fonda, penso a Major e ai suoi magnifici occhi marroni, penso a Sally e alla sua goffaggine e allegria, penso alla mia vita prima di oggi.
Un suono strano, come un ticchettio ma più forte mi invade la testa, ma cerco di ignorarlo. Il suono continua ma anche i miei pensieri felici.
E così, il suono pian piano svanisce e io cado in un sonno profondo.
SPAZIO AUTRICE:
Buon Giovedì! Si avvicina il fine settimana e ho finalmente pubblicato anche il quarto capitolo. Ho deciso, impegni permettendo, di portare due capitoli a settimana, come avevo già anticipato. Ho pensato di pubblicarne uno il lunedì e uno il giovedì. Ovviamente, nel caso la programmazione dovesse essere modificata o saltare, ve lo farò sapere.
La storia sta entrando nel vivo, si stanno man mano accumulando tasselli che a breve verranno sistemati e scopriremo a cosa dovrà andare in contro la nostra Nev. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continuerete a supportarmi in questa avventura! Lasciate una stellina, un commentino e scrivetemi pure in privato per qualsiasi curiosità :D
Buona serata a tutti.
Gio :)
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