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TRE DONNE

Stavo cenando con mia nonna; stavamo parlando d'amore: "Chissà se l'amore dura davvero". Ho detto. Lei ha guardato nel suo piatto, poi ha alzato la testa e, fissandomi negli occhi ha risposto, quasi ad averla presa come un'offesa personale: "Eh perché, non vedi? Io e nonno siamo sposati da più di cinquant'anni. Certo che dura!". Le ho sorriso, ed è venuto spontaneo chiederle come si sono conosciuti, lei ha iniziato a raccontarmelo tra un boccone e l'altro. Mentre la guardavo parlare, quella vecchietta dal viso rotondo e gentile, ho cominciato a pensare che il tempo è così strano. Ho cominciato a pensare che tante persone in un futuro non potranno più incontrarla, che se mai un giorno io avrò dei figli, loro forse non la conosceranno mai.
Senza nemmeno accorgermene, con gli occhi fissi su un bicchiere vuoto, ho incominciato a piangere. Lacrima dopo lacrima le ho porto la mano, pensava volessi il pane. Poi ha alzato la testa, e mi ha chiesto: "Lily! Perché piangi?". Sono tornata bambina, mi sono alzata e l'ho abbracciata. L'ho stretta forte, proprio come facevo da piccola. "Niente nonna". Le ho risposto. "È una cosa stupida". Ho continuato per non farla preoccupare.
"Dai, Lily. Per piacere. Non farmi stare in pensiero".
Ho svuotato il sacco.
"Ma non devi pensare a queste cose". Mi ha accarezzato la schiena. "Devi stare tranquilla e vivere la tua vita. Io sto bene, starò bene".
Sono tornata a sedermi, avevo ancora i lacrimoni agli occhi. "È per mamma vero?". Ha chiesto infine stringendo forte la mia mano.
Non ho risposto.
"Devi capire che nonno è vecchio, ha quasi ottantacinque anni. Io sono vecchia. La nostra vita l'abbiamo vissuta. Ma la tua mamma...". Le si sono riempiti gli occhi di lacrime, accade spesso quando si parla di mia madre. "La tua mamma era giovane". Ci siamo guardate negli occhi e, legate dallo stesso dolore, abbiamo incominciato a piangere. "La tua mamma era buona, troppo buona. Tutti le volevano bene. Sorrideva sempre, ha sorriso fino a quando il dolore non gliel'ha più permesso. Anche quando stava male lei pensava prima agli altri e poi a se stessa".
Era vero, ogni singola parola pronunciata dalla bocca sottile di mia nonna, per quanto triste e malinconica, era vera. Ma come se non le credessi ha continuato, raccontandomi un episodio in particolare: era uno degli ultimi giorni di mia mamma, e mia nonna pensò di friggerle un piatto che a lei piaceva tanto. Un gesto semplice, un gesto di una mamma verso sua figlia. La puzza di fritto però dava fastidio a mia mamma, resa oramai cagionevole e fragile dalla malattia. Mio zio si arrabbiò con mia nonna, e le face notare che quel gesto non aveva fatto altro che peggiorare le cose. Mia mamma, sentendo le sue parole, chiese scusa a mia nonna per lui. Nonostante il male fisico di quel gesto, mamma era riuscita a vederci tutto l'amore che mia nonna ci aveva messo, e le aveva chiesto scusa.
Mentre nonna continuava a raccontare io non smettevo di pensare che non sarei mai riuscita a diventare come mia mamma. Mia mamma, che nei suoi ultimi istanti ha guardato mio padre negli occhi, e gli ha detto: "Pensa a Lily". Mia mamma, che ha riservato il suo ultimo pensiero a me; sua figlia.
Ho finito di mangiare, ho posato il piatto nel lavandino e poi sono corsa in balcone per scrivere. Lo faccio spesso, mi aiuta a scaricare la tristezza, a schiarirmi le idee. Mentre scrivevo questo testo è arrivata una macchina, dal suo interno ne è uscita mia zia. Mia zia, che da quasi tre anni ogni fine settimana si fa quattro ore di viaggio per venire da me. L'ho guardata in silenzio, mentre scaricava la macchina, sembrava parecchio stanca. Eppure quando sono andata ad aprirle la porta, lei mi ha sorriso, nascondendo tutta la stanchezza. Quando ha visto i miei occhi lucidi, il mio naso e le mie scocche rosse mi ha abbracciato e, successivamente, è rimasta sveglia per calmarmi.
Nella mia vita ci sono state tre donne; tre donne con la D maiuscola: Mia nonna, mia zia, e mia mamma.
La prima, cerca di fare del suo meglio per insegnarmi a vivere fin da quando ero piccola. Mi difende anche quando non dovrebbe farlo, e lo fa come solo una nonna sa fare.
La seconda, invece, è sempre pronta ad ascoltarmi, a sostenermi. Si fa forza per me, anche quando la forza le viene a mancare. Crede in me, prima ancora che ci creda io, e senza accorgersene, mi insegna ad inseguire i miei sogni, ad essere me stessa.
La terza, mi ha cresciuto fino a quando ha potuto farlo, e l'ha fatto nella maniera più dolce che conosceva. Mi ha insegnato ad amare, amandomi lei stessa. Mi ha insegnato che la vita va guardata a testa alta con un sorriso in volto. Mi ha dimostrato che l'intelligenza e la gentilezza sono due cose che vanno di pari passo, perché senza l'una, l'altra non avrà nulla alla quale appoggiarsi. Mi ha fatto capire che non importa quanto la tua vita sarà bastarda, quanto il tuo dolore sarà pesante, perché se hai vissuto apprezzandone ogni singolo momento, sia buio che lucente, e sei riuscito a prenderne insegnamento, la tua vita per quanto corta possa essere sarà una vita vissuta. Perché se riesci a guardare la morte con la vita negli occhi, hai vissuto. E lei l'ha fatto, lei ci è riuscita. E ci riesce ancora, tramite me, e la mia famiglia.
Mi ritengo fortunata, perché si, è vero, porto un dolore immenso. Ma chi a questa vita non ne porta?
Si, io mi ritengo fortunata. Mi ritengo fortunata perché il mio dolore viene sorretto da un sacco di persone, mentre lì fuori, c'è qualcuno che porta un dolore infinito tutto da solo. Mi ritengo fortunata perché io mia mamma l'ho conosciuta, e ho avuto tempo, poco, ma l'ho avuto e l'abbiamo sfruttato nel migliore dei modi. E ora sono qui, per chiedervi di sfruttare il vostro tempo con le persone che amate, perché solo così, come mia madre, un giorno morirete con la vita negli occhi.

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