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Lemonbennett

Cagliari, 18 marzo 2024

Caro Filippo, oggi vorrei raccontarti una leggenda della mia terra.

Ogni notte, quando la luna si alza nel cielo e il vento sussurra tra gli alberi, le Janas emergono dalle profonde grotte e dalle rocce scolpite. Sono creature magiche, custodi dei segreti dell'isola. Le loro storie sono intrecciate con la storia della Sardegna, eppure sono rimaste nascoste per secoli.

Le Janas sono fate di bassa statura, con pelle bianca come il latte e occhi luminosi come stelle. Si dice che vivano nelle Domus de Janas, le tombe prenuragiche scavate nella roccia. Queste grotte, con le loro pareti levigate e le nicchie, sembrano fatte appositamente per accogliere queste creature misteriose.

Le Janas sono abili tessitrici. Durante il giorno, si siedono davanti ai loro telai d'oro e creano stoffe preziose. I loro fili sono fatti di luce lunare e di vento. Tessono storie, sogni e segreti nei loro mantelli di seta. Si dice che queste stoffe siano talmente delicate che solo chi ha un cuore puro può indossarle.

Ma le Janas non sono solo artiste. Sono anche veggenti e guaritrici. Si dice che possano vedere il futuro e curare malattie con erbe magiche. Quando una donna incinta si avvicina a loro, le Janas le sussurrano segreti per proteggere il bambino che sta per nascere.

La notte scendono nelle case degli umani, si accostano alle culle e a volte cambiano l'intensità della loro luce, è così che stabiliscono il destino del bambino, nessuno sa come decidano se un bambino sarà fortunato o meno.
Difatti è per questo motivo che ancora oggi quando si incontra una persona fortunata si dice che è "bene vadada", di quella sfortunata, invece, si mormora che è sicuramente "mala vadada".

Eppure, non tutte le Janas sono gentili. Alcune sono malvagie e gelose dei loro segreti e con chi le vuole truffare, vengono chiamate "mala jana". Si dice che possano trasformarsi in serpenti o corvi per punire chi osa avvicinarsi troppo alle loro grotte.

Esiste una leggenda a proposito:

A Monte Mannai, una Janas ballava felice con gli uomini, ballava su ballu tundu al suono delle launeddas, passava di ballerino in ballerino, sempre più velocemente finchè non sentì la voce delle sue compagne cantare:
Chircadi sos buttones. (Cercati i bottoni)
Tutto si fermò , la janas si guardò il corpetto e vide che le avevano rubato i preziosi bottoni di filigrana.
Da quel giorno non si videro più fate in quella zona, andarono via offese e amareggiate dall'avidità e dalla malizia degli uomini.

Sono davvero numerosi i racconti su queste fate-streghe ma tutte hanno un punto in comune: il loro legame speciale con la terra che rispettano e amano con tutte sé stesse.

Da bambina, insieme ai miei cugini, amavo esplorare la campagna alla ricerca delle Janas. Le immaginavo riposare tra i petali dei fiori, come piccole api che si nascondono tra le foglie.

Caro Filippo, ti invito a cercare le tracce delle Janas durante il tuo prossimo viaggio in Sardegna. Forse le incontrerai mentre danzano tra le rocce o mentre intrecciano i loro fili di luce. Ricorda sempre che ogni grotta ha una storia da raccontare e ogni filo ha un segreto da svelare.

Con affetto,
Lemon.


Teramo, 21 marzo 2024

Carissima Lemon,
grazie per avermi scritto! Leggere leggende legate alla cultura locale, mi piace sempre moltissimo. È un'esperienza nuova ogni volta.
Non credo di conoscere bene la Sardegna. Eppure, nel tuo racconto l'ho vista, brulicante di vita e dei suoi misteri.

In Abruzzo troppe ce ne sono di tradizioni di questo genere, e purtroppo non le son tutte. Una delle uniche - e la mia preferita - è quella del gigante addormentato. Non vorrei sbagliarmi, ma mi pare riprenda il mito greco.
Ermes, messaggero dell'Olimpo, fu ferito da una funesta battaglia e tratto in salvo da sua madre Maja. In fuga, naufragarono non lontano da Ortona e peregrinarono tra gli Appennini. Proprio sul Gran Sasso, Ermes cedette ai dolori e lasciò alla madre le sue spoglie terrene. Tuttora, guardando le vette dei monti da Est, si può scorgere il volto umanoide del dio. Maja, afflitta dalla perdita, morì di lì a poco, sull'altra catena appenninica dell'Abruzzo, appunto, la Majella. E, se si osserva bene, pure il profilo della Majella si può trasformare in una fanciulla, detta, appunto, "la bella addormentata".


Poi, non mancano le minacciose e suggestive superstizioni sui defunti che infestano il bosco con le loro litanie notturne, "li musichitte", o testimonianze terrificanti su "li mazzimarille", i classici folletti dispettosi; si vuole siano neonati, morti senza battesimo e tornati in terra con poteri magici.

Dicerie di taglio simile hanno per protagonisti lupi mannari e streghe; persone come altre, ma nate la notte di Natale e per questo divenuti quanto sono. Per evitarlo, padre e nonni del nascituro dovevano girare per il paese conciati con gli stracci.

Altra faccenda erano "li maharuni". Per invidia e cattiveria, la gente andava da loro a pagare una "fattura". Era una maledizione, invocata per i motivi più disparati. Mi hanno raccontato di tentativi di spostare una malattia da una persona a un'altra, di avvelenare antichi rivali o mandare un parente scomodo all'altro mondo. Caso curioso, taluni andavano dal maharone per potersi sposare con un amore non corrisposto. Realizzata la fattura con intrugli di foglie e cose strane, alcune donne la nascondevano nel materasso o nel cuscino del destinatario, all'incrocio di tre strade, o nel caffe. Un esempio rinomato, perché raccontato in un articolo del "Corriere della sera", è quello della fattucchiera Melinda. Ammaliata e abbandonata da un soldato di Penne, Melinda avrebbe preparato una fattura con una ciocca dei suoi capelli, un bottone del corpetto e del sangue mestruale.

Per proteggersi da streghe, malocchi e fatture di qualunque tipo, si usava "lu brev", un talismano, un sacchetto al cui interno si scrivevano formule scaramantiche. Ai bambini si era soliti darne di riempiti col sale. Si sfruttavano contro qualunque maleficio ed erano personali, perché ogni caso specifico richiedeva alcune erbe e simboli o preghiere.

Mio zio ha, tra le scartoffie e le cosa di casa, un mazzo di carte. E allora? Ebbene - non ho idea di come se lo sia procurato, forse al mercato o alla fiera del due luglio - è un mazzo da mercante in fiera con carte a tema, con i personaggi del dialetto e della tradizione teramana. E c'è il "maharone", c'è il breve, ci sono "li mazzimarille", presentati come creature basse, senza uno straccio indosso, con una carnagione di un rosa intenso, e un sorriso stregato a stralunargli la faccia.

Bene, purtroppo non ho altro. Avevo sentito una cosa sul brigantaggio medioevale, ma non ricordo bene il contesto e rischierei di propinarti assurdità.

A presto!
Filippo.


Nota
Ho scritto il capitolo in collaborazione con lemonbennett ! Spero vi piaccia! Abbiamo ripreso le tradizioni delle nostre regioni natie, magari qualche mito lo conoscevate già?

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