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Bonus track: Snow

"Moments disappear like shame ... like snow."

Anno Domini 1602, 8 gennaio

È passata una settimana da quando è morta.
Due da quando l'ho ritrovata.
Sono distrutto, in tutti i sensi, ma è giusto, è il minimo per ciò che ho fatto: punizioni ben peggiori mi aspettano aldilà di questo mondo; il freddo, la fame, la stanchezza sono niente in confronto all'Inferno che mi attende.
Satana mi starà osservando attentamente, aspettando di ghermire la mia anima cupida di conoscenza, orgogliosa, vanitosa, lussuriosa ... sarò il suo banchetto, il suo cibo prediletto: in me risiede ogni peccato, in eccessive ed eguali dosi.
Ma questo scenario non mi terrorizza, poiché le fiamme sempiterne dell'Ade saranno un dolce tepore per la mia carne e il dolore quasi impercettibile.
Helena, amore mio, mi manchi terribilmente.
Mi mancano i tuoi occhi, il tuo sorriso, la purezza del tuo cuore, il candore delle tue mani.
Perdonami, anche se stavolta sarà impossibile, inaccettabile.
Io non volevo questo.
Io volevo te. Volevo noi, e non sai da quanto tempo sognavo quella notte, in cui ci siamo ritrovati nel gelo dell'inverno.
Perdonami se non continuerò il mio viaggio, ma non ne ho la forza, neanche se il tuo sguardo santo mi veglia dal Regno dei Cieli, neanche se il mio amore ed il rispetto per te mi spingono ad avanzare.
Sono indegno di un simile traguardo, il mio animo corrotto non può aspirare a null'altro che la dannazione.
Niente Verità, per me, niente salvezza.

Anno Domini 1602, 11 gennaio

Manca poco al confine con l'Impero.
Presto sarò di nuovo nella mia, nella nostra terra.
Una volta arrivato a casa, dovrò andare dai tuoi genitori, amore mio.
Sarò fortunato (o forse no?) se non mi uccideranno seduta stante.
Non so cosa fare con questa mia vita.
Non so cosa fare con questo dolore.
Helena, aiutami, mi è rimasto solo il tuo ricordo a confortarmi.

Anno Domini 1602, 15 gennaio

Non ricordo come mi sono sentito quando ti ho incontrato, né la prima volta né l'ultima.
La mia memoria sembra dissolversi, i ricordi turbinano come fiocchi di neve al vento.
Non ricordo cosa sentivo.
Se fosse stato tutto un'illusione?
Il passato può cambiare, forse l'ho cambiato a mia insaputa per spiegarmi il tuo gesto.
Forse non ti amavo.
Forse non l'ho mai fatto.
Ma è impossibile ... se così fosse, non avrei questo orribile fuoco nel petto, non sentirei il gelo di questa lama lacerarmi la carne notte e giorno.
Non so cosa sto tentando di fare, scrivendo queste parole.
Consolarmi? Negare la mia colpevolezza?
Decisamente la seconda, da bravo vigliacco quale sono.
Cerco di darti la colpa di tutto, quando è sempre stata solo mia.
Tu non hai niente di cui pentirti.
Solo dell'aver amato uno come me.

Anno Domini 1602, 19 gennaio

Che giorno sia questo che sorge non è affar mio.
Mi accontento di sapere di essere ancora vivo.
Io non avevo idea di cosa avresti portato, i segni non mi hanno mai detto nulla che potessi sicuramente conoscere ... oggi non so cosa sono per te.
Cosa sono per te, Helena?
Forse mi hai dimenticato e forse è meglio così.
Le mie parole gridate al vento vengono inghiottite dalla neve, spariscono e non c'è ritorno.
Io perché sono qui?
Dove mi portano i miei passi?
Niente è certo, neanche il timido sole che sorge su questa neve.
Tutto svanisce nel gelo, i momenti passati insieme di dissolvono come la vergogna ... come la neve.
Dovrei contare sui giorni passati?
Il passato può essere cambiato, così come cambia il futuro.
Chissà se tu mi ricordi ancora come io ricordo te.
Dimentica, dimentichiamo entrambi per il nostro bene.
Io la mia vittima, tu il tuo carnefice.
Smettiamo di farci del male, Helena.

Anno Domini 1602, 20 gennaio

Sono stremato, le mie mani tremano mentre scrivo queste parole, i miei occhi minacciano di chiudersi per non aprirsi (spero) mai più.
Dopo giorni di cammino quasi ininterrotto, con la neve che mi ha congelato le ossa e il ricordo di te che mi picchiava in testa, sono finalmente giunto al confine, l'ho superato e vi ho trovato, a poca distanza, una locanda piccola e malandata, ma dotata di quel minimo di cui necessito per ristorarmi un poco.
Sono in una camera, ora, con ancora la giacca fredda addosso, seduto sul lettuccio di legno vecchio con il mio piccolo quaderno e una penna tra le dita intirizzite.
Ho avvertito questo bisogno urgente di scriverti, di parlarti, e l'ho subito soddisfatto, senza dare tregua al mio corpo distrutto.
Soddisfare, sfamare, saziare all'istante, al primo accenno, al primo imperioso ordine: questo è il mio dannato problema, che ritorna anche in gesti puri, come il parlare al tuo ricordo, sempre vivo in me, sempre ardente, fatto di materia concreta e non di mere immagini sbiadite.
Tu mi bruci dentro, come bruciò a suo tempo la fame di conoscenza, ma non mi consumi come lei, che non è ancora sazia della mia anima corrotta, che ne strappa ancora piccoli brani un po' per volta, prolungando la mia sofferenza, il suo piacere (il mio?).
Vorrei poterti parlare per davvero, un'ultima volta, averti davanti a me e guardarti negli occhi, brillanti di vita, stringerti tra le mie braccia, baciarti, un'ultima volta, per cancellare così la terribile immagine del tuo bellissimo volto immobile.
Che cosa ho fatto?
Come ho potuto essere così cieco nella mia vorace corsa alla ricerca della Verità?
Accecato dall'orgoglio, non ho visto che già avevo tra le mie mani indegne il tesoro più prezioso di questo mondo ...
La mia cupidigia e la mia vanità mi hanno fatto buttare tutto alle ortiche ed ora non possiedo alcunché, se non la certezza che gli uomini, nati nella passione devastante, sono destinati a distruggersi con le loro stesse mani.

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