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9. A feast for the Vain

"All the wrongs seem to be right drowned in ecstasy."

La folla si divide in due davanti ad Ariel, sollevando i calici per lui; alcuni esclamano sorpresi; le ballerine in fondo alla sala si fermano, voltandosi a guardarlo, così come i musicanti che le accompagnano.
Ma il silenzio non dura neanche un secondo: la musica infatti riprende, ma vengono suonate altre melodie più adatte ad accompagnare il passo di Ariel, che si guarda intorno spaesato.
La sala, pavimentata di piastrelle quadrate di marmo nere e bianche, è lunga, lunghissima, ma anche abbastanza larga da non sembrare un immenso corridoio; alle pareti stuccate, illuminate dalle fiaccole, sono appesi arazzi preziosi, i cui ricami in oro e argento scintillano alla luce tremula delle fiamme, creando giochi di luce instabili e per questo ipnotici e affascinanti, mentre dal soffitto, affrescato e con laboriosi stucchi in oro tipicamente barocchi, pendono immensi lampadari di cristalli sfavillanti; due tavolate imbandite con ogni genere di pietanza esistente si estendono per tutta la lunghezza della sala, una per lato, affollate di uomini e donne intenti a brindare e a fare bagordi nella promiscuità più assoluta.
In fondo alla sala, su un piano rialzato rispetto al pavimento, un trono dalla forma semplice e lineare domina la scena, permettendo a colui che vi siede sopra di poter osservare comodamente l'intera sala.
Ariel si avvicina, non riesce a vedere bene chi è il padrone di casa accomodato sul seggio di legno preziosamente intagliato e intarsiato in oro e smalti.
«Ariel! Amico mio! Sono contento che sia riuscito a venire alla mia festa in tuo onore!» esclama la voce dell'uomo sul trono.
«Mi sarebbe dispiaciuto molto se non ci fossi stato ...»
Ad Ariel, nonostante il caldo a tratti soffocante della sala, vengono i brividi.
«Mephisto? Cosa ci fai qui? Io ... io ti ...»
Non riesce a finire la frase, balbetta in preda al panico: come ha fatto Mephisto ad arrivare lì camminando dalla parte opposta alla sua? E perché una festa in suo onore? Sarà un altro trucco per fargli firmare il contratto, non c'è altra spiegazione.
Che gran confusione.
«Amico mio, rilassati! Smettila di farti domande inutili e goditi la festa!» esclama Mephisto, apparso misteriosamente al suo fianco, cingendogli le spalle con un braccio e indicandogli con l'altro tutto il ben di Dio che li circonda.
Ariel non risponde, sopraffatto dallo splendore e dalla gloria che pervadono e sprizzano da tutti i pori di quella sala immensa; nei suoi occhi si riflettono gli sfavillii delle luci e degli ori, accecandolo; nelle sue orecchie si riversano le voci allegre dei convitati e la musica gioviale dei musicanti.
«Però così non puoi stare, hai bisogno di abiti più adatti.» mormora tra sé e sé l'angelo splendente di tutta la gloria dei cieli, squadrando l'alchimista dalla testa ai piedi e scuotendo il capo con disappunto.
L'interessato però non ascolta, concentrandosi invece sulle parole della canzone che uomini e donne ebbri di vino e di eccessi intonano a gran voce.

"Celebriam la vanità,
dei peccati il prediletto!
Oro, argento, belle donne,
puoi averne in quantità!
Nessun freno al desiderio,
ordina e ti daremo!
Nessun freno al desiderio,
puoi goderne in libertà!
A gran voce canteranno
le meraviglie in tuo possesso!
A gran voce loderanno
le ricchezze in mano tua!
Grande sarai,
grande più di un re!
Grande sarai,
alla destra del Redentor!"

Ad Ariel sembra che quelle parole siano rivolte a lui, così come gli sguardi scintillanti d'ubriachezza di chi le canta tra un sorso di vino e l'altro.
«Adesso sei perfetto!» annuncia Mephisto scandendo le parole una ad una e allontanandosi per poter ammirare il suo capolavoro: Ariel è ora vestito di un prezioso abito alla moda rosso sangue, con merletti candidi sugli orli delle maniche gonfie della giacca e dei pantaloni alla zuava; il colletto è ampio e il ricamo ha una trama fine e ricercata, il bavero della camicia e le calze quasi brillano di un bianco accecante, i bottoni e le fibbie di cintura e scarpe eleganti sono d'oro; i suoi capelli ricci sono pettinati e legati in una coda da un nastro nero, la sua barba profuma ed è in ordine.
Notato uno specchio appoggiato al muro, prima passato stranamente inosservato nonostante la sua mole considerevole, l'alchimista, rimesso a nuovo dai poteri di Mephisto, si rimira con orgoglio, rivolgendo al suo riflesso sguardi e sorrisi compiaciuti.
L'angelo lo prende per un braccio, accompagnandolo alle tavolate festanti ad incontrare gli altri invitati: gli uomini si presentano stringendogli la mano con foga, i visi bonari arrossati dall'alcool gli rivolgono sorrisi amichevoli; le donne, dalle forme prosperose e gli abiti preziosi e succinti, si lasciano baciare la mano senza però trattenere le grasse e stridule risate causate dalla sbornia, lasciandosi scappare con i vicini di sedia commenti poco signorili e atteggiamenti altrettanto.
La mano di un grasso uomo con una parrucca riccioluta messa alla rovescia sulla pelata lo trascina sulla prima sedia che trova, dove, una volta seduto, viene assalito dagli altri commensali che, parlando a voce alta e a bocca piena, gli offrono calici di vino a oltranza e i pezzi migliori delle pietanze servite.
Ariel si lascia andare, tuffandosi a capofitto nel caos di quella festa e trovandosi, dopo non molto, ad intonare a braccetto con altri il canto che aveva sentito prima.
«Oro, argento, belle donne, posso averne in quantità!» canta a squarciagola, ignorando il tempo dato dal battere dei calici sul tavolo e brindando alla goduria e al bel vivere.
L'alchimista ride e scherza tra un gruppo di commensali e un altro, bevendo fiumi di vino da calici preziosi sotto l'occhio attento di Mephisto, che tutto osserva dall'alto del suo trono terreno con un sorriso vittorioso sulle labbra.
«Tutto quel che vedi è tuo, Ariel! Tutto!» esclama l'angelo allargando le braccia.
«Veramente, Mephisto?» biascica Ariel barcollando verso di lui, i suoi occhi verdi sono lucidi, il viso arrossato e sudato e la camicia macchiata.
"Ci ha messo poco a mettersi a suo agio ..." pensa Mephisto guardandolo un po' disgustato, per poi tornare a sorridere, rassicurando il suo ospite d'onore sulla veridicità delle sue parole.
Ariel si sente bene, sereno e leggero: nessun pensiero lo tormenta, nessuna preoccupazione lo assilla; è come se finalmente riuscisse a respirare di nuovo a pieni polmoni, senza oppressioni di alcun genere.
«Alzate i calici e brindate al nostro ospite!» ordina Mephisto con voce di festa, alzando il suo bicchiere, più splendente degli altri.
«Ad Ariel!»
«Ad Ariel!» ripetono i convitati a piena voce, facendo scontrare i calici in modo beneaugurante e rovesciando diverso vino sulle tovaglie candide, ridendo della loro sbadataggine e bevendo d'un fiato.
Mephisto si porta il calice alla bocca con grazia, assaporando lentamente ogni goccia di quella deliziosa bevanda terrena e respirandone a fondo il forte profumo. Sorride.
Il suo piano procede alla perfezione.
«La mia vita è stata sprecata fino ad ora!» esclama Ariel, ormai ubriaco, mentre afferra dal piatto di portata una coscia di anatra arrosto e la addenta voracemente, masticando in modo tutt'altro che discreto e composto.
Se questa è la vita che Mephisto gli permetterà di fare, Ariel non vuole rinunciarci per nulla al mondo: avere tutto e al contempo portare avanti la sua ricerca ... cosa potrebbe esserci di meglio? Già immagina il suo futuro dispiegarsi radioso davanti ai suoi occhi, annebbiati dai fumi dell'alcool.
Ma un pensiero piccolo piccolo lo turba: e se non fosse soddisfatto da quella vita? Dovrebbe concedere lo stesso la sua anima all'angelo pur non avendone tratto alcun vantaggio, alcun piacere durevole e indelebile?
Con quel poco di lucidità che gli resta, Ariel decide di andare da Mephisto per discutere le clausole del contratto.
Si alza a fatica dalla sedia, reggendosi al tavolo e tirando un poco la tovaglia nel movimento; fa un passo, ma inciampa nei suoi stessi piedi, facendo cadere la sedia con un tonfo secco di legno e cadendo in ginocchio sul duro pavimento di marmo.
«Non lo reggo il vino, eh ragazzi?» esclama con voce incerta ai suoi compagni di tavola, che ridono della sua caduta senza badare alle sue parole. Ride anche lui, mentre si alza da terra cercando un appiglio nelle camicie dei convitati, volenti o nolenti.
"Dannazione, non lo reggo proprio ..." pensa, portandosi una mano alla testa e strizzando gli occhi. Non è il vino a cui deve pensare, ma il contratto: deve dirglielo prima di dimenticarsene.
«Mephisto!» esclama, alzando un braccio per attirare la sua attenzione. L'angelo si volta appena, ridendo con gli ospiti che ha intorno e giocando con il calice ormai vuoto che stringe tra le dita.
«Mephisto! Dobbiamo ... parlare! Sì, parlare ...» continua, facendo lunghe pause alla ricerca delle parole necessarie per creare delle frasi di senso compiuto.
L'angelo fa per congedarsi un momento dai suoi ospiti, ma vede che l'alchimista è stato amorevolmente circondato dalle ballerine, vestite di esotici abiti di veli che poco spazio lasciano all'immaginazione.
«Dove vai così di fretta?» chiede una di loro, prendendogli con delicatezza il viso tra le mani e lasciandogli piccoli baci con le sue labbra rosse e piene sugli occhi socchiusi, sulle guance arrossate e sulle labbra al sapore di vino. Un'altra ragazza, dalla lucente pelle olivastra e gli occhi di fuoco nero ammaliatore, lo prende per un braccio, sottraendolo alle labbra della sua compagna per farlo danzare con lei.
«Già, dove vai? Resta un po' con noi.» dice, tirandolo a sé e, dopo avergli fatto fare qualche stentato passo in tondo a tempo di musica, levandogli la giacca e aprendogli la camicia, accarezzando a fior di polpastrelli il suo petto e la leggera peluria su di esso. Ariel rabbrividisce al suo tocco, lasciandosi manovrare dalle sue mani e da quelle delle altre ragazze, che lo accarezzano e lo baciano dolcemente, trascinandolo in un luogo più appartato e buttandolo con poca grazia su di un letto di cuscini dai ricami esotici ed i colori sgargianti.
Ariel si lascia coccolare dalle giovani senza obbiettare, partecipando anzi attivamente con carezze e baci lussuriosi da loro molto graditi.
Non sa quanto tempo passa in loro compagnia, ma il pensiero del contratto lo desta da quell'ebrezza d'amore e piacere, facendolo alzare bruscamente dal soffice letto di cuscini. Le ragazze non lo lasciano andare, stringendosi alle sue braccia e distraendolo con carezze e baci, ma lui, con parole e gesti gentili e confusi, riesce ad allontanarsi, abbandonando la dolce alcova profumata e le sue abitanti.
Deve raggiungere Mephisto, niente distrazioni.
Cade in ginocchio ai piedi del trono, la testa gli gira e pulsa, è perso nel caos, controproducente per discutere seriamente della sua proposta. Allunga una mano verso il seggio, sperando di afferrare il lungo mantello dell'angelo e attirare così la sua attenzione.
«Mephisto! Dobbiamo parlare ... il contratto ...» esclama, tirando il mantello scarlatto del re della festa, che abbassa immediatamente la testa per guardarlo con un sorriso a metà tra il disgustato e il compiaciuto.
«Dimmi pure, Ariel. Cosa c'è?» risponde dolcemente, come se stesse parlando con un bambino, tirandolo su per il bavero della camicia. Ariel è ora al suo stesso livello.
«Il contratto ... accetto, ma ...» mormora, il tono di voce che scema nel silenzio.
Un lampo di preoccupazione irrompe come un fulmine a ciel sereno sul volto splendente di Mephisto, il sorriso scompare.
«Ma cosa, Ariel? Avanti, parla!» ordina, scuotendolo per destarlo.
L'alchimista sbatte più volte le palpebre, cercando di non appisolarsi nel bel mezzo del discorso, e continua dicendo:«Vorrei aggiungere ... una condizione.»
Mephisto deglutisce, temendo il peggio.
«Tu otterrai la mia anima ... solo ... se anche solo per un momento ... sarò così soddisfatto ... da voler restare lì per sempre.» spiega Ariel, facendo appello a tutta la lucidità che gli resta. L'angelo non fa un fiato: l'alchimista è più furbo di quanto pensasse.
«Non ti sembra ... equo? Entrambi otteniamo ... quel che vogliamo, no?» dice Ariel, sorridendo innocentemente.
Mephisto sospira rassegnato, borbottando un "Va bene, come vuoi tu": se vuole l'anima di Ariel deve acconsentire e sperare di soddisfarlo.
"Che tipo difficile." pensa, digrignando i denti per la rabbia e facendo apparire il contratto modificato davanti all'alchimista. Lui si avvicina alla carta, quasi appoggiando il viso sul foglio, per controllare che Mephisto abbia mantenuto la parola appena data, dopodiché si allontana e porge la mano destra all'angelo.
«È un piacere fare affari con te, Mephisto.» dice Ariel sorridendo, senza badare allo stiletto che questo gli ha appena conficcato nella mano.
Mephisto lascia cadere qualche goccia del sangue dell'alchimista sul contratto, quindi lo allontana bruscamente, dandogli una benda con cui medicarsi la mano alla bell'e meglio.
«Non sanguinare sul mio pavimento.» lo avverte con voce dura.

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