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14. The mourning after (Carry on)

"Carry on, carry on, just carry on, till the mourning is over."

Ariel perde un battito, poi due, poi tre; il respiro gli si mozza in gola, mentre l'aria rimanente si arpiona ai polmoni per non muoversi.
Il banditore ripete più volte la notizia, allontanandosi man mano dalla locanda per farla giungere al resto degli abitanti.
L'alchimista cade a sedere a terra, poggiando le mani sul pavimento per non perdere l'equilibrio che gli sta venendo a mancare. Lotta per non svenire seduta stante, mentre davanti ai suoi occhi appaiono, come saette, le immagini profetiche del sogno.
Mormora parole incomprensibili, balbetta il nome di Helena incredulo e preghiere disperate.
La sua mente è vuota, la sua testa fluttua in cieli neri imperscrutabili e in essa rimbombano le parole del banditore con la severità di un'accusa.
Trema, Ariel, suda freddo, il corpo è percorso da spasmi, sbatte le palpebre troppo in fretta e nello stesso modo respira, o almeno tenta.
Helena è morta.
Helena è morta.
Helena è morta.
Non sente le voci che si innalzano dalla strada, non sente i passi delle persone che si avviano verso il fiume, luogo del misfatto, non vuole sentirle.
Si preme le mani sulle orecchie, scuote la testa e chiude gli occhi, cercando di cancellare quelle parole, ripetendosi:«Sarà un'altra Helena, è un nome comune nell'est, non è lei, non è lei ...»
Al piano di sotto, molti passi si affrettano, molte voci piangono.
Le speranze di Ariel si sgretolano con una lentezza angosciante per quanto lui tenti di credere alle sue stesse menzogne consolatrici.
Si alza, appoggiandosi al muro per non cadere nuovamente; afferra il cappotto e gli stivali e li indossa, fregandosene del fatto che sotto indossa soltanto la veste da notte, e si precipita fuori, accolto dall'abbraccio tagliente del vento invernale, che affonda le sue unghie incorporee nella sua carne debole.
Corre a più non posso, facendosi largo tra la folla a suon di gomitate e spintoni. Non guarda in faccia nessuno e per questo non si accorge degli sguardi sospettosi che gli abitanti del villaggio gli rivolgono, né dei loro bisbigli circospetti.
«È quell'uomo che girava sempre con lei.»
«Che sia stato lui ad ucciderla?»
«Certo è che sia morta per colpa sua. È chiaro come il sole.»
Le sentenze delle persone non giungono alle sue orecchie, piene solo del sibilo del vento sferzante sul suo viso, e se anche ne sente qualche parola, le ignora.
Arriva al fiume prima del resto della folla, senza più fiato né forze.
Sulla riva c'è solo il cerusico del villaggio, Dariusz Nowak, inginocchiato al fianco del bel cadavere bianco vestito, intento a fare i suoi esami del caso.
La pugnalata al cuore è definitiva e dolorosissima, a tal punto che le torture infernali sarebbero da lui accolte come lievi carezze.
«Helena ...»
Ariel si avvicina a piccoli passi incerti all'uomo, le mani tremanti si tendono verso la donna stesa a terra, immobile.
Cade, le gambe si piegano come fuscelli; cade come un sacco vuoto sulla terra dura e pietrosa, graffiandosi le ginocchia fino a sanguinare; le braccia giacciono inerti lungo i suoi fianchi, le mani poggiano a terra senza vita; la sua bocca vorrebbe pronunciare parole, ma da essa escono solo suoni strozzati, mentre le lacrime scendono copiose sulle sue guance livide, sulla pelle tesa e secca per il freddo.
Dariusz si volta, colto di sorpresa dall'alchimista, che sta ormai piangendo a dirotto anche se in silenzio, fermandosi dal passare ad analisi più approfondite.
«Dove ... dove l'avete ... trovata?» articola Ariel a fatica, annaspando tra le lacrime in cerca d'aria per i suoi polmoni in fiamme.
L'uomo si gira del tutto verso di lui, schiarendosi la voce e spiegandogli che dei contadini di passaggio l'avevano trovata sul fondo del fiume nelle primissime ore del giorno, con due pietre di grosse dimensioni tra le mani e indosso solo quella sottoveste bianca.
«Il ghiaccio si è riformato durante la notte e ha ricoperto le acque, chiudendosi sopra di lei. Per tirarla fuori abbiamo dovuto romperlo a suon di picconate.» conclude il medico, apprestandosi a sondare il cadavere della giovane.
L'alchimista gli artiglia la spalla con una mano, costringendolo a voltarsi nuovamente.
«La prego ... la prego ... mi lasci solo con lei ... la prego ...» implora in tedesco tra i singhiozzi, non facendoci neanche caso. Il cerusico, dopo un primo momento di smarrimento, capisce la richiesta, alzandosi e allontanandosi, accogliendo quindi la folla di cittadini con un invito ad indietreggiare per lasciare un angolo di tranquillità allo straniero disperato.
Strisciando le ginocchia a terra, Ariel si avvicina pian piano a Helena, candida come un angelo precipitato dal Paradiso sulla Terra; i capelli, congelantisi nel vento, le lasciano scoperta la fronte candida e perfettamente piana; gli occhi sono chiusi, le ciglia carezzano delicatamente le guance bluastre; le labbra, viola come i paramenti sacri della Quaresima, sono piegate in un dolce sorriso.
L'alchimista si porta una mano alla bocca, come per trattenersi dall'urlare il suo dolore.
Tutto nel viso di Helena grida morte, della sua antica vitalità non è rimasto nulla, eppure non c'è alcuna traccia di dolore e sofferenza: la sua espressione canta a piena voce serenità e consapevolezza, accettazione.
Una nuova pugnalata, peggiore della precedente; un'intera spada che gli traffige a più riprese il cuore, del quale rimangono pochi brandelli e tanto sangue.
Si è suicidata.
Si è uccisa con il suo amore sulle labbra e con il suo nome nel cuore, proprio come nel sogno di quella notte.
Ed è tutta colpa sua.
La solleva e se la stringe al petto, accarezzandole i capelli e cullandola come faceva con la sua sorellina, purtroppo morta all'età di cinque anni per una polmonite; la stringe forte, sperando in una sua reazione che mai potrà esserci, inspirando il suo profumo distorto dall'odore della morte, che ormai la ricopre come un sudario impregnato di colpe e unguenti di scarso valore.
Piange oramai senza alcun contegno, Ariel, gridando con tutta la voce e l'anima che gli restano il nome della sua amata, che giace inerte tra le sue braccia, intirizzite dal vento che lo frusta per punirlo dell'accaduto.
Ogni cosa intorno a lui sembra gridare con voce velenosa "L'hai uccisa! Assassino!"
«Helena ... amore mio ... cosa ti ho fatto ... Helena ...» mormora a fatica tra le lacrime in cui sta annegando, mentre immagina il corpo di Helena sul fondo del fiume, esattamente come gliel'ha descritto il cerusico, chiuso sotto il ghiaccio come in una teca di cristallo, come se la natura stessa avesse voluto preservare la bellezza di quel corpo per l'eternità, insieme alla purezza del suo animo.
Infine, ennesima ferita che si posa efferata sul suo cuore martoriato, giungono le parole di Mephisto nel sogno.
"Aspettava un figlio, sai? Era tuo figlio, amico mio! Congratulazioni!"
"Il solo pensiero è assurdo ... un bambino nel suo grembo ..." pensa, rendendosi conto che in realtà un simile scenario non è affatto assurdo.
Grida e piange, ignorando la folla di persone che lo guardano da dietro le spalle del cerusico, che si sforza di non piangere anche lui davanti a quella scena straziante.
L'alchimista accarezza il dolce volto della sua amata con dita tremanti e lievi come ali di farfalla; la guarda intensamente, gli occhi verdi appannati dalle lacrime che cercano, dietro le palpebre irrimediabilemente chiuse di lei, quegli occhi azzurri come cieli primaverili che tanto amava, con le loro mille sfumature ogni volta differenti che gli illustravano la via del Paradiso.
Una mano scivola sul ventre della giovane, ma le sue dita prossime al congelamento non osano sfiorare quel sacro tempio della vita, dove una parte di lui dormirà per l'eternità.
«Perdonami ... perdonami ...»
I suoi sussurri si perdono nel vento, tardivi come rose d'inverno.
Ariel carezza di nuovo il volto di Helena e, avvicinatolo al suo, lascia un ultimo, sofferente bacio sulle sue labbra di ghiaccio.
«Ti amerò per sempre, Helena. Per sempre.» pronuncia con rinnovata sicurezza, giurandole così amore eterno.
Una lacrima bollente scivola sul volto magro del cerusico, commosso dal gesto dello straniero.
L'alchimista si alza, prendendo in braccio il corpo esanime della sua amata, la testa di lei appoggiata al petto di lui, il braccio destro penzolante con quella gravezza caratteristica della morte.
Cammina verso la folla, che discute quanto ha visto e fa supposizioni di ogni sorta, cammina a testa alta, le labbra strette e le narici allargate nello sforzo di respirare sopra il pianto e il dolore, cammina a testa alta pur soffrendo indicibilmente.
Guardandoli, Dariusz non può fare a meno di vederli come due sposi nel lieto giorno, nonostante l'immobilità di lei tra le braccia del suo amato.
Con passo cadenzato e veloce, come di una marcia severa, Ariel si allontana, seguito dal cerusico.
Nessuno lo capisce, in quel momento, tutti lo odiano, però.
Capitanati loro malgrado dall'alchimista, gli spettatori si avviano verso la piccola chiesa del villaggio, l'unica struttura costruita interamente in pietra, dalla forma massiccia di una fortezza di modeste dimensioni.
Arrivati davanti al portone, Ariel si trova davanti il prete, che, a differenza di quel che si aspettava, gli impedisce l'ingresso e nega la benedizione della giovane defunta, in quanto suicida. Le preghiere dell'alchimista non gli fanno cambiare idea e neanche le parole buone di Dariusz riescono a scalfirlo, quindi sono costretti ad allontanarsi, trascinandosi appresso una buona parte della folla, più che mai incuriosita dall'evolversi della faccenda.
«Via! Via! Andatevene, avvoltoi!» esclama infastidito il medico, cercando di scrollarsi di dosso quella gente.
Ariel sorride appena, sollevato all'idea di avere un compagno, un sostenitore che lo possa aiutare in quella situazione, che lo possa sostenere nel lutto.
In gran segreto, lontani da tutti, i due decidono di portare Helena al cimitero, in terra consacrata, nonostante il divieto del prete, obbediente all'estremo alle leggi della Chiesa, e di benedirla, anche senza di lui.
Mentre l'alchimista scava la fossa, il cerusico viene mandato in gran segreto alla locanda, per recuperare alcune cose dal corredo di Helena, e poi alla chiesa, per prelevare un po' d'acqua santa.
Una volta tornato, i due preparano il tutto: Ariel asciuga Helena, la pettina e le acconcia i capelli, dividendoli in diverse trecce sottili che raccoglie poi sulla nuca, quindi le fa indossare il velo del matrimonio e le sistema la sottoveste, mettendole al collo una collanina d'oro con una piccola croce pendente. Sta per metterle anche un fermaglio in filigrana d'argento tra i capelli, ma si trattiene e se lo appunta invece all'interno della giacca, dopo averlo baciato con devozione, come fosse una reliquia.
Infine, intinto un dito nell'acqua santa, le fa un segno della croce sulla fronte.
Con l'aiuto di Dariusz, la depone delicatamente in un lenzuolo, sempre parte del corredo, e con lo stesso la ricopre, calandola poi nella fossa.
Entrambi pronunciano una preghiera a bassa voce, stando in ginocchio, quindi ricoprono di terra la tomba e vi infiggono una spoglia croce di legno, che, giura il cerusico, verrà al più presto sostituita da una modesta lapide di pietra su cui inciderà personalmente il nome della giovane.
«Vuoi che scriva qualche cosa in particolare?» chiede l'uomo, alzandosi e togliendosi la terra bagnata e la neve dalle ginocchia.
Ariel rimane senza parole per qualche secondo, sorpreso dalla sua bontà.
«Helena Schröder, moglie e madre ammirabile, splendore del Paradiso.» afferma sicuro, alzandosi anche lui.
Si avviano verso il villaggio a passo veloce, per non farsi scoprire.
«Non sarà un po' eccessivo?» domanda incerto il medico, coprendosi il volto con il colletto del cappotto per proteggersi dal vento.
L'alchimista sorride, rispondendogli:«Assolutamente no. Queste parole indicano ciò che sarebbe stata e ciò che d'ora in poi sarà. Non c'è niente di più vero di questo.»
Il sole, seppur timido e niente affatto caldo, è ormai sorto da qualche ora sul piccolo villaggio, schiarendone le ombre e spegnendone i fuochi.
Arrivati alla locanda, i due si salutano amichevolmente, senza promettersi alcunché tranne la realizzazione di quella lapide, quindi Ariel recupera in fretta le sue cose, paga i suoi conti e se ne va, portandosi dietro il suo fardello impossibile da cancellare. Le lacrime minacciano un nuovo straripamento, ma l'alchimista aspetta di essere abbastanza lontano prima di ricominciare a disperarsi.
"Devo tenere duro e aspettare che il dolore svanisca." si ripete, ma sa perfettamente che il dolore per la morte della sua amata sarà inestinguibile come il suo amore per lei.
«Ti amerò per sempre, Helena, fino alla fine dei tempi.» mormora, lasciando che la sua promessa sia portata dal vento alle vette del Paradiso, dove lei lo attende.

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