13. Interlude IV: Dawn
"Hear ye! Hear ye! Lady Helena has committed a sin!"
Ariel si rigira tra le coperte, come se non riuscisse a trovare una posizione comoda per dormire.
Stringe le labbra e aggrotta le sopracciglia, stritolando tra le dita le lenzuola, avviluppate al suo corpo in disordinate spire di serpente.
Davanti ai suoi occhi chiusi, un'immagine, una visione, lotta per dimostrarsi appieno, portando con sé un'aura di sventura che l'alchimista ben percepisce.
Non vuole vedere, ma ogni sforzo è inutile: il sogno sfonda le sue difese come un ariete le porte in un assedio e si palesa nella sua mente, che chissà perché già teme il peggio.
"Sono in riva ad un piccolo fiume, che si dipana in molte anse tra le campagne innevate. È notte, c'è silenzio, la mia unica compagnia è la luna, infissa nel cielo, che mi osserva silente.
Non sento freddo, nonostante tiri vento in forti raffiche.
Guardandomi intorno, intravedo sull'altra sponda, in lontananza, una figura vestita di bianco, il suo abito svolazza al vento, gonfiandosi come una vela di nave.
La vedo mettere un piede in acqua senza sprofondare: il fiume è coperto dal ghiaccio, ma questo non mi mette affatto il cuore in pace.
Corro nella sua direzione, arrivandogli di fronte: con orrore scopro che si tratta di Helena, della mia amatissima Helena, che è ora con entrambi i piedi sul ghiaccio sottile.
Una crepa. Poi un'altra e un'altra ancora: si ramificano in ogni direzione, qualche pezzo di ghiaccio salta, svelando la rapida corrente sotto di esso.
Helena muove un passo verso di me.
Non so cosa fare. Io non posso andare da lei, cadremmo in acqua entrambi.
Le dico di tornare indietro, ma lei non sembra ascoltarmi.
Fa un altro passo, ogni crepa è una pugnalata al cuore.
Stavolta la imploro di camminare in fretta verso di me, ma lei continua a non ascoltare.
È arrivata al centro del letto, intorno ai suoi piedi il ghiaccio cede secondo dopo secondo e io non posso fare nient'altro che tenderle la mano, nella speranza che la afferri per farsi salvare.
«Resisti!» le dico,«Resisti!», ma lei non si volta nemmeno.
«Afferra la mia mano!» esclamo disperato e terrorizzato, ma ancora non mi dà retta.
Fa un altro paio di passi, è vicinissima alla mia sponda, riesco quasi a sfiorarle un braccio.
Con un colpo secco, il ghiaccio rimanente si spacca sotto i suoi piedi.
Helena precipita davanti ai miei occhi attoniti.
Mi rivolge uno sguardo vacuo, gli occhi colmi di lacrime, ma un sorriso sulle labbra.
«Ti amerò fino alla fine.» sussurra, prima di essere risucchiata dalle acque scure fattesi turbolenti e gorgoglianti.
Crollo in ginocchio sulla sponda, impattando sui sassi, e chiamo il suo nome a squarciagola, sporgendomi nella speranza di intravederla tra i gorghi schiumosi. Provo a immergere le braccia nelle acque gelide per afferrarla, ma sotto le mie dita sento solo le correnti del fiume.
All'improvviso, Helena riemerge dalle acque, salendo in cielo fin davanti alla luna, dove splende come una creatura divina plasmata nella luce.
Precipita e, correndo, riesco a prenderla al volo.
Non respira, il volto è diventato di marmo e le labbra sono viola; i capelli fradici le coprono gli occhi chiusi.
La stringo tra le mie braccia, accarezzandole il viso e piangendo disperato con il cuore in frantumi.
Non può essere morta, non può essere ...
«Ariel ...»
Una voce strana mi chiama. Mi volto e, attraverso gli occhi ottenebrati dalle lacrime, vedo comparire Mephisto, che scende dal cielo illuminato dalla luna come la prima volta. Sorride beffardo.
«Ariel ... cos'hai fatto?» cantilena con quel suo sorriso viscido che non promette nulla di buono.
Si avvicina, mi toglie Helena dalle braccia, cullandola tra le sue con falso affetto. La guarda, ghignando come un cacciatore davanti alla preda ormai spacciata, poi si volta, serbando quella smorfia anche per me.
«L'hai uccisa, Ariel. L'hai uccisa!» esclama, la voce si deforma diventando prima cavernosa poi uno squittio fastidioso.
Le accarezza il viso, come ho fatto fino a poco prima, poi la sua mano scende sul suo ventre e lì si ferma.
«E adesso arriva il bello, amico mio.» esordisce con la solita teatralità.
Il corpo di Helena evapora in fiocchi di neve luminescenti e sale al cielo, portata dal vento verso una luce accecante.
Mephisto mi riappare innanzi, rivolgendomi un sorriso inquietante che gli quasi gli taglia a metà il bel viso.
«Aspettava un figlio, sai? Era tuo figlio, amico mio! Congratulazioni!» esclama, stringendomi la mano con trasporto eccessivo.
Che cos'ha detto?
Smette di scuotermi il braccio e, avvicinandosi ancora, mormora con una voce profonda e spaventosa fatta di mille voci:«Ma l'hai ucciso, Ariel. Hai ucciso tuo figlio.»
Mephisto inizia a ridere in modo sguaiato, brillando sempre di più; continua senza controllo, splende così tanto che non riesco più a guardarlo, quindi esplode in tante piccole fiammelle che muoiono all'istante."
Ariel apre gli occhi di scatto, terrorizzato, mettendosi a sedere; respira affannosamente, ha la fronte sudata e il corpo scosso da brividi freddi.
Non riesce a credere a quanto ha visto e prega con tutto il cuore che niente di tutto ciò succederà mai.
Si porta una mano al petto, cercando di calmare il battito agitato del suo cuore sconvolto con dei respiri lunghi e profondi.
Dietro le tende intravede la luce rosa dell'aurora, che traccia strisce luminose sulle assi del pavimento scuro, e sente giungere del trambusto. Apre quindi le imposte e si sporge, venendo investito da una raffica di vento gelido.
Giù in strada, il banditore del villaggio proclama a gran voce l'ultima eclatante notizia, giunta nottetempo.
«Ascoltate! Ascoltate! Madamigella Helena ha commesso peccato! Adesso la morte giace su di lei come la brina inopportuna sui più dolci fiori dei campi!»
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