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12. Helena's theme

"But I'll love you until the end."

Helena non riesce a mettersi il cuore in pace, non vuole accettare di nuovo l'idea di doversi separare da Ariel.
Piange e strepita, mordendo il cuscino per sfogarvi la rabbia e la frustrazione, batte i pugni sul materasso quando in realtà vorrebbe distruggere il mondo intorno a sé.
«Stupida! Stupida! Ti sei fidata! Di nuovo! Stupida!» esclama furibonda tra le lacrime, rimproverandosi con voce flebile e roca.
Stanca di dimenarsi sul letto, si lascia cadere tra le lenzuola ordinate del suo piccolo giaciglio, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano e tirando su con il naso.
Finto un dolore di stomaco lancinante, si era precipitata nella camerata e aveva cacciato fuori tutte le altre, rassicurandole del fatto che con un po' di riposo sarebbe stata meglio e pregandole di non chiamare nessun medico: in questo modo si era assicurata la più totale solitudine e tranquillità per potersi disperare sul suo amore nuovamente perduto.
Perché l'aveva perdonato? Perché aveva deciso di privarsi della sua virtù con un uomo bugiardo come lui? Perché si era fidata del suo sguardo implorante?
Tanti perché senza risposta si affollano nella sua mente, schiacciandole il cervello e causandole il mal di testa; il suo cuore, in fibrillazione per la sovrapposizione caotica di emozioni e sentimenti, le sembra traffito di mille spade, come quello della Vergine Addolorata.
Sente qualcosa nel suo petto, un calore fastidioso ma meraviglioso, che sembra non volerla abbandonare, nonostante siano i brividi di rabbia a possedere le sue membra per la maggior parte, insieme ad un generale malessere che le fa girare la testa.
Per quanto cerchi di cacciare fuori dalla sua testa il suo pensiero, il viso di Ariel torna sempre a fare capolino con fare indisponente, così come il ricordo dei suoi baci e del tocco delicato delle sue dita ruvide.
Non ce la fa.
Lo maledice in tutti i modi, si infuria, stringe i pugni fino a incidersi i palmi con le unghie, ma non riesce a cancellarlo in alcun modo.
Non riesce.
Non può.
Può sforzarsi quanto vuole, ma non potrà in alcun modo dimenticare Ariel l'alchimista. L'ha capito e l'ha accettato.
L'amore per lui è quanto di più vero Helena abbia mai provato per qualcuno nella sua vita, più dell'amore per i genitori, più dell'amore per il fratello, più di qualunque cosa: è forte, indelebile, e diventerà una ferita così profonda da sanguinare per l'eternità.
"Io non posso farcela con questo dolore, non posso." pensa, chiudendo gli occhi e piangendo le sue ultime lacrime.
"Mi ha distrutta, mi ha bruciata con il suo amore travolgente e mi ha lasciata qui, morente, ad annegare nel suo ricordo."
Helena si mette a sedere e guarda fuori dalla finestra: il tramonto cala sulle montagne velato dalle nuvole permanenti sui picchi innevati, colorando il cielo bianco cenere di un timido rosa.
Si tira indietro i capelli e prende un respiro profondo, il suo petto giovane e roseo, stretto nella semplice veste di lana grezza, si gonfia d'aria fin quasi a scoppiare per poi lasciarla andare, svuotandosi del tutto.
"Eppure ... non riesco a farci niente."
Si alza, sorride debolmente mentre nuove lacrime riprendono a scorrere sulle sue guance, e inizia a spogliarsi lentamente, quasi immaginando che sia lui a sbottonarle il vestito, facendolo poi scivolare con delicatezza a terra, accarezzandole la pelle nuda scossa da brividi di freddo.
Cerca nella cassapanca ai piedi del letto la sottoveste bianca che la madre le ha cucito per il corredo, ovviamente mai usata, e la indossa, poi si avvicina allo specchio nell'angolo, per potersi guardare: la veste, candida come gli abiti di Nostro Signore trasfigurato, sembra splendere di luce propria, spandendo intorno al suo corpo un'aura scintillante di chiarore lunare.
Helena sorride, pensando che il candore della stoffa dovrebbe riflettere il suo.
"Mia madre l'aveva pensato così ... mi dispiace deluderla." pensa, chinando il capo e rivolgendo lo sguardo alle sue dita che stringono senza forza un lembo dell'abito.
Prende un altro respiro e, infilate un paio di scarpette leggere, esce di nascosto da una porta della locanda, utilizzata raramente e solo dai lavoratori.
Corre fuori, vagando a zig zag nei vicoli tra le case, cercando di non farsi vedere da nessuno. Trema per il freddo, i denti battono gli uni contro gli altri facendo un rumore agghiacciante, ma Helena procede senza fermarsi, stringendosi nelle spalle e sfregandosi le braccia con le mani per tenersi un po' al caldo.
Si guarda indietro una volta sola, cercando con lo sguardo la stanza di Ariel. Non la vede, dev'essere dall'altro lato dell'edificio, ma è meglio così: in questo modo non avrà alcun ripensamento.
Esce dal villaggio, i suoi piedini delicati affondano nella neve, infradiciandosi, ma lei resiste e va avanti, finché non raggiunge il fiume.
Si ferma sulla riva e ne osserva le acque cristalline, scintillanti alla luce della luna appena sorta in tutto il suo splendore nel cielo nero. L'acqua è coperta da un sottile strato di ghiaccio, formatosi con il freddo di quei giorni.
Helena afferra un paio di grosse pietre nelle vicinanze e le lancia nell'acqua, liberando il fiume dall'esile prigione; il dolce suono dello scorrere dell'acqua le riempie le orecchie, insieme al canto degli ultimi uccelli che si attardano a rifugiarsi nei loro nidi per la notte.
Chiude gli occhi, inspira l'aria gelida della sera appena giunta, cercando di calmare il battito frenetico del suo cuore, ancora ardente nonostante il freddo che sente penetrare il midollo delle sue ossa.
Si inginocchia nella neve e, con le mani giunte, rivolge una preghiera a Dio perché la perdoni.
Non ha più paura, adesso.
"Questa notte non sono altro che un sussurro nel vento."
Si siede e si avvicina al bordo del fiume con cautela, perdendosi ad osservare lo scintillio ipnotico delle acque trasparenti che scorrono tranquille ai suoi piedi. Tiene in mano due sassi tondeggianti, gelidi al contatto con i suoi palmi.
«Se questo è un addio, io ti lascio andare.» dice, immergendo un piede nell'acqua ghiacciata. Un brivido la attraversa per intero, scuotendole vistosamente le membra.
«Ma sappi che ti amerò fino alla fine.»
Si getta nell'acqua, abbandonandosi alla corrente. Si agita inizialmente, per una fastidiosa reazione involontaria che le suggerisce di salvarsi, ma riesce dopo poco a mettere a tacere il suo istinto di sopravvivenza, chiudendo gli occhi con un sorriso sulle labbra violacee per il freddo e lasciandosi trascinare dalle zavorre nelle sue mani.
Qualche bolla sale, scoppiando una volta toccata la superficie, finché anche loro scompaiono in silenzio, insieme al battito del cuore di Helena.
Intorno a lei, fuori e dentro le acque, giace il silenzio notturno, calato come un sudario sulla natura circostante che piange con discrezione il gesto della giovane.
Una voce inudibile si leva dalle acque, tra i gorgoglii del fiume tra le pietre.
"Se la grazia di Dio è reale e la parola di Cristo può guarire, porta le loro anime nella luce del Paradiso. Benedici il bambino mai nato, stanotte."
Questa preghiera rivolge al cielo lo Spirito del Fiume, che ha accolto tra le sue braccia gelide quella dolce figlia dell'Altissimo, ora giacente sul fondo roccioso, cullata nel sonno eterno dalle lievi onde.
Sorride serena.

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