23. La sorveglianza elusa da un tumore che cresce
Nei capitoli precedenti:di giorno in giorno la situazione sociopolitica Mondiale diventa sempre più instabile. Gli esperimenti di Nicholas lo conducono troppo vicino a scoprire la verità su ciò che ha reso Lilith Crowford così diversa da sua sorella e Sybil, ossessionata dai sospetti che prova nei confronti di Franz Kopplen, convince Sharazad a invitarlo alla Villa: qualunque cosa stia nascondendo, Sybil dovrà scoprirlo prima della Riunione del Comizio. Il tempo stringe.
Immunosorveglianza: si tratta di un processo avviato dal sistema immunitario dei vertebrati, volto al controllo delle cellule tumorali. L'individuazione del tessuto neoplastico scatenerà una risposta immunitaria tale da inibire la crescita e la diffusione del cancro, a meno che esso non riesca ad eludere la sorveglianza e ad invadere l'organismo da cui si è generato.
Quello che viene dopo è come un intervallo matematico di cui non si conoscono gli estremi: lungo,dilatato, a tratti perfino estenuante.
Aspettiamo che il Comizio si riunisca nell'attico di qualche grattacielo d'acciaio senza concederci la benché minima allusione ai sospetti che Nicholas cova nei confronti della Fazione, stroncando ognuna delle nostre ricerche evoluzionistiche come se non l'avessimo mai neppure incominciata.
Aspettiamo il passare di giornate striminzite dalla mancanza di luce, raccontandoci a vicenda scatoloni di bugie bianche: "Non dovresti essere preoccupata, filerà tutto liscio"e "figurati, io sto bene", le solite frottole stracolme buone intenzioni.
Sybil e Nicholas, spettegola qualcuno, due metalli fusi in una nuova lega.
Ce ne stiamo sempre insieme, riuniti attorno alle scrivanie della biblioteca o per le strade squadrate di Minneapolis, dove con il consenso del Capitano Hodgkin mi è concesso di incontrare mia madre e aiutarla con le scartoffie da compilare per la scomparsa di Lilith.
Poi, quasi per caso, nel bel mezzo di un mercoledì bagnato dal freddo di inizio febbraio, ci annunciano che quello che aspettiamo sarà l'arrivo di Franz Kopplen. Con un volo diretto da Washington DC a Saint Paul, dritto nell'FC-nA-Minnesota, l'ennesimo tedesco dal carattere incorreggibile verrà a stare da noi per la spaventosa durata di settantadue ore, inizio e fine della trasmissione.
Dio solo sa che cosa potrebbe succedere in tre giorni, ho pensato: la caduta di un impero, lo spostamento dell'asse terrestre, un omicidio. Così, si fa per dire.
È da quel momento che in punta di piedi e con le mani premute contro i vetri delle finestre a macchiarli di aloni, mi sono limitata a cucire lo sguardo sulla strada che si snoda attraverso il bosco di conifere, nascondendo la Villa agli occhi dei Sapiens.
Non so per quanto tempo sono andata avanti in questo modo.Ore. Ore intere.
A farmi compagnia rimangono ancora Beatrice e tutti quei ragazzi che si sono lasciati incuriosire dall'arrivo di un ospite confermato come se non avesse accettato l'invito che all'ultimo secondo. Imparo che tra di loro Kopplen è addirittura famoso: per le sue feste indimenticabili e sopra le righe o per il suo talento nel farla franca a fine serata. Non ne sono ancora sicura.
Di tanto in tanto, mi concedo di lanciare un'occhiata sopra le mie spalle, allungando il collo verso le scale, ma è più un riflesso nervoso della testa che una mania di controllo: che mi piaccia o no, di Nicholas Reichenbach non c'è più traccia dalle otto e mezza di questa mattina.
L'ho visto sparire dalla circolazione dopo che al sentir pronunciare il nome del suo migliore amico, i muscoli sotto la pelle del suo viso a spigoli hanno dovuto vedersela con una serie imprevista di emozioni: senso di tradimento per non essere stato coinvolto nei preparativi, gioia commossa e terrore viscerale; ognuna delle cose che ha provato nell'arco di un respiro sono finite sbriciolate tra i suoi denti strettissimi.
Nicholas le ha ricacciate in fondo allo stomaco prima di tirare a indovinare: - È stata Shad.
Risposta affermativa. Che altro avrei potuto inventarmi, arrivati a quel punto?
Ho fatto finta di rifletterci sopra, poi ho sputato il rospo: ero a conoscenza della loro corrispondenza tutta emoticon e risate in stampatello, ma non credevo che Franz avrebbe davvero accettato di raggiungerla alla Villa!
La reazione di Nicholas è stata più o meno quella che mi aspettavo da uno come lui: non è riuscito a tollerarmi ulteriormente, né me né nessun altro, motivo per cui si è volatilizzato. Ha infilato l'ascensore per il piano di sotto, più chiuso in sé stesso di quanto non l'abbia conosciuto nel nostro ultimo mese di convivenza forzata e da quel momento non l'hanno più adocchiato in giro.
Ma questi sono fin troppi preamboli, per uno che non si merita nemmeno l'ossigeno che ci sottrae.
Me ne accorgo nel momento in cui Franz, fratellastro mai riconosciuto da Zelda Hodgkin, arriva sotto il grande portone di accesso alla Villa, sventolando il braccio da una Ford Mustang del 1967 di cui - fortunatamente- non è alla guida.
Affilo la vista per registrarne movimenti: dopo essersi issata verso il tettuccio del veicolo con una presa che ha dello sportivo, una figura longilinea sguscia dall'automobile d'epoca laccata di rosso che l'autista deve aver noleggiato in aeroporto.
Non c'è alcun dubbio che si tratti di lui.
Franz atterra sulla ghiaia con delle scarpe a punta lucidate e un cappotto lungo dal colletto in pelliccia che fa risaltare la stramberia dei suoi accessori alla moda.
Occhiali da sole e tutto, come se fossimo nella dannata Upper East Sideo in California o che so io.
Seguo Beatrice nella sua corsa sgallettata verso il piano disotto, nonostante Shad e Xanders si siano già schierati in prima linea per accogliere Franz.
L'euforia di quelli che rimangono a salutarlo dai balconi del secondo piano dà l'impressione che per la prima volta nella storia, una star del cinema europeo sia appena venuta in vacanza nei dintorni.
Una parte di me smania di raggiungerli, ma il mio copione stavolta è ben diverso.
Non ho alcuna intenzione di starmene nelle retrovie e lasciare che il povero Kopplen si abitui troppo alle basse temperature del confine: voglio che sappia che lo attendevo da un pezzo. Voglio che si chieda se non abbia fatto la scelta sbagliata, a prenotarsi una gita turistica nella tana del lupo.
Scivolo al lato dell'ingresso e lì rimango leggermente in disparte, pestando il ghiaccio rappreso ad ogni passo. Ren si offre di riscaldarmi le mani con le sue, ma io gli tiro una gomitata. Preferisco chiudermele a coppa davanti alla bocca per alitarci sopra e nascondere una punta di gelosia.
Gelosia, certo. Perché Sharazad, oggi, è una vera e propria visione. Indossa un costoso completo invernale, di una sfumatura dorata che fa risaltare il miele nella sua carnagione. Con i capelli raccolti e il trucco elaborato che l'hanno tenuta occupata dalle prime luci dell'alba, la mia amica appare più raggiante e matura che mai.
La vista della sua mano inguantata di bianco che incontra quella di Franz mi stira i tendini intorno alle ossa. Succede prima che lui si pieghi al di sopra della sua guancia per scoccarle un bacio leggerissimo all'altezza dello zigomo.
- Franz, - espira lei, la lingua sul punto di sciogliersi ed è così che ricevo la conferma del secondo vantaggio che Kopplen può sfruttare contro di me. Non bastava Nicholas: Franz sa perfettamente di piacere a Shad. Dovrebbe essere cieco e sordo per non accorgersi di un sentimento che è più chiaro della luce del giorno.
- Sono felice che tu abbia accettato il mio invito, - balbetta lei, - ammetto che non ci speravo più!
Il sorriso di Franz è un fallo da cartellino rosso: - Non crederai davvero che avrei potuto resistere.
Oh, Dio.
La sensazione che mi investe è sgradevole, come una spina nel fianco. O una colica intestinale.
- Passami qualcosa con cui cavarmi gli occhi, - sputo a Ren, ma molto prima che lui possa domandarmi delle spiegazioni, Beatrice fa capolino tra i presenti.
Mette da parte Shad.
Si lascia sfuggire un gridolino da civetta.
Subito dopo butta le braccia intorno al collo di Kopplen per tenerselo stretto.
-Franz?
- Hey, - ridacchia lui, - testa rossa!
Beatrice lo canzona di rimando: - Che razza di idiota. Avresti almeno potuto informarmene, ti pare?
- E che sorpresa sarebbe stata, scusa?
Va bene, va bene, va bene:mi sono persa qualcosa. L'ultima volta che li avevo visti parlare, appena prima di svignarcela da Chicago, Beatrice lo tollerava a fatica. L'insofferenza nei confronti di Franz era praticamente l'unico aspetto che avessimo in comune. E adesso non è rimasto neppure quello!
Franz fa per sistemarle le maniche della giacca, un ghigno infantile disegnato addosso, rispondendo con estrema affabilità a tutti i discorsi di benvenuto che Xanders e gli altri hanno preparato per lui. Quando arriva il momento di scortarlo nella Villa, esaurisco il desiderio che la mia migliore amica ha espresso tutte le sere dalla volta in cui ha spedito a Kopplen il suo primo invito: lo saluto.
Alzo il mento nella sua direzione, sforzandomi di rimanere impassibile.
La mia espressione si corazza di marmo grezzo.
- Chi si rivede, - sibilo, - Adolf Hitler. Hail.
Franz soffoca una risata nell'avambraccio. Lo vedo togliersi gli occhiali da sole e puntarmi contro le sue iridi di un colore così caldo da cadere fuori stagione. Cerco di ricordarmelo per quello che appariva durante l'interrogatorio: arrabbiato, ferito, con le palpebre gonfie e le guance graffiate dalla stoffa con cui se l'era asciugate.
Non ne è rimasto niente oltre quell'aria infantile che si porta dietro come l'ombra di Peter Pan.
Mi sorride.
Da qualche parte, nei suoi lineamenti, c'è qualcosa di veramente cattivo, anche se l'allegria gli dona almeno quanto a Nicholas si addice la malinconia. Le sue dita salgono ad accarezzarsi il labbro superiore, pettinando un rettangolo di baffi invisibili sotto il naso.
- Ma se non mi è mai cresciuta nemmeno la barba, - borbotta. Sto per rispondergli a tono quando una voce proveniente dall'interno dell'edificio ci fa drizzare i capelli sopra la testa.
-Franz.
Gli occhi verdi e castani di Kopplen scattano verso i gradini della scalinata che conduce al piano superiore, come se indipendentemente dall'intensità e dalla purezza del suono, i suoi circuiti nervosi fossero stati addestrati a riconoscere una sola frequenza sonora sopra tutte le altre.
Quella di Nicholas.
Per qualche istante non fa che assorbirne l'immagine.
Studia le sue braccia tese lungo i fianchi e la sua maschera indecifrabile con scarso coinvolgimento, quasi i propri movimenti fossero guidati dall'abitudine, più che da un sincero interesse nei confronti dell'amico.
Mi accorgo di stare trattenendo il respiro, il cuore che spara a ripetizione.
Mi domando se Franz percepisca il desiderio struggente di Nicholas di raggiungerlo sul pianerottolo e abbracciarlo fino a ingabbiarlo nei tessuti organici del proprio corpo. Mi domando se io ci riesco perché sto imparando a tradurre i codici nascosti della sua personalità, o se è tutto un'invenzione della mia testa bacata.
Le labbra di Kopplen scoccano nella sua direzione come a prenderlo in giro.
-Vossignoria, - dice.
- Non avevo idea che saresti venuto.
- Forse perché non sei stato tu ad invitarmi, - ribatte Franz in un'alzata di spalle e la rima delle palpebre di Nicholas si sgrana impercettibilmente.
- Ti ho chiamato trecento-ventunovolte, Franz.
- Le hai contate?
La mandibola di Nicholas s'indurisce nel far cenno di sì con il capo.
- Beh, - canticchia Franz, - probabilmente ero occupato.
Qualcuno in sottofondo soffoca delle risatine divertite, ma Shad e Xanders ce la mettono tutta per dissolvere l'imbarazzo, facendo strada agli ospiti oltre l'atrio dell'edificio.
Uno alla volta, i ragazzi che non hanno mai avuto il piaceredi incontrare Franz si mettono in fila per presentarsi. Perfino Amelia intrattiene il suo accompagnatore con una spiegazione prolissa e un po' troppo entusiasta sull'architettura della Villa e le attività che si svolgono al suo interno.
Si sta già facendo pubblicità, sospiro.
- Franz, abbiamo preparato una stanza tutta per te al terzo piano, - assicura Shad, - se vuoi ti aiuto a portare le valige.
Sta per caricarsi in spalla una borsa di pelle graffiata sui bordi, quando Franz le sfiora la spalla per evitare di scomodarla.
- Oh, non ce n'è bisogno, - dice languidamente, - grazie.
Entrambe spalanchiamo la bocca con aria perplessa.
Il bastardo ha già qualcosa in mente.
- Sei un tesoro, davvero, ma dividerò la camera con Nicholas, - annuncia.
Così, senza alcun preavviso. Senza nemmeno chiedere il permesso del diretto interessato, quasi a rievocare con una smorfia pestifera le clausole di un contratto che devono aver firmato da bambini.
- Giusto?
In tre ci rivolgiamo a Nicholas, al suo viso affilato, ai suoi abiti di alta sartoria avvolti addosso a un portamento statuario; al suo essere con chiara evidenza l'unico adulto tra i due e di sicuro quello con il maggiore senso di responsabilità.
Mi aspetto che liquidi i capricci di Franz con una risposta tossica delle sue. Sento di volerlo vedere mentre si riprende il controllo della situazione e gli strappa dalle mani la propria corona.
È un bisogno fisico che mi contrae le budella.
E invece Nicholas mormora solo: - Naturalmente.
Fisso le scarpe per mimetizzare la delusione. Ho cantato troppo presto, ho puntato troppo in alto.
- Abbiamo tante cose di cui parlare, - confessa Franz: - Robe da uomini, credetemi, meglio non scendere nei particolari.
Ridono tutti: Shad lo fa con nervosismo, Beatrice con un accenno saccente di repulsione; solo io e Nicholas ci scambiamo uno sguardo fulmineo. Franz se ne accorge e forse ci vede dell'intesa, quando in realtà non è nient'altro che un distaccato ammonimento: lascialo in pace.
Un genio come quello di Nicholas deve aver capito subito che ci ho messo lo zampino; che Shad è del tutto innocua e che sono io quella da cui deve proteggere il suo migliore amico.
Afferra le due valige che Franz ha portato con sé e gli intima di seguirlo lungo le scale, mentre Shad ansima che non vede l'ora di mostrargli la Villa e il suo labirinto sotterraneo di laboratori.
Franz promette che saranno di ritorno in un battibaleno, ma io lo so che sta mentendo come al solito. Chissà quante cose avranno da dirsi, una volta chiusa la porta della loro stanza.
Chissà se Franz lo prenderà a pugni come ha fatto con me.
***
Shad verte in uno stato vibrante di trepidazione.
In un certo senso la capisco: potrebbe essere successo di tutto, là dentro, da una scenata plateale, a un litigio acceso, passando per spintoni, lanci di oggetti e scontri aperti. Nelle ultime settimane ho acquisito abbastanza familiarità con la lingua biforcuta di Nicholas da dubitare che abbia preferito il guinzaglio sciolto della sua rabbia a un discorso pesato punto per punto. Non è tipo da quelle scazzottate da prima elementare con cui i maschi adolescenti sigillano i loro trattati di pace.
Franz magari sì.
Da quello che ho imparato su di lui, perlomeno.
Quando si degnano di raggiungerci al piano di sotto, l'orologio che sormonta il caminetto della sala da pranzo segna l'una meno un quarto e la mia pancia ha brontolato così a lungo che Maria si è messa a ridere dall'altra sponda della tavolata. Qualcuno avrà pure lo stomaco serrato dall'ansia da prestazione, ma nonostante tutto io sto letteralmentemorendo di fame.
E a quanto pare anche Franz. Lo annuncia con un applauso rumoroso non appena lui e Nicholas fanno capolino nel soggiorno luminosissimo che Xanders e Amelia hanno apparecchiato per l'occasione. Dal giorno in cui sono stata costretta a riunirmi agli altri ospiti per i pasti, ho smesso di fare caso al suo soffitto alto, decorato di rilievi arboriformi e ai lunghi tavoli che occupano le estremità della sala: uno per i più piccoli, che ridacchiano di continuo e macchiano la tovaglia passandosi la spremuta d'arancia, l'altro per i bambini troppo cresciuti, inclusa la sottoscritta.
Franz fa scorrere il suo sguardo giocoso su ogni particolare dell'arredamento, come se lo pennellasse. Non sembra affatto turbato o anche solo provato dalla decisione improvvisa di saltare su un aereo. Devo sorbirmelo mentre scocca a Shad un occhiolino buffo che la manda al tappeto, sedendole di fronte e scusandosi per averci fatto patire la fame nell'ultima ora passata ad aspettarli.
Shad lo rassicura, la mano che sventola dolcemente per far cadere il discorso.
Nicholas dal canto suo non si concede alcun commento sull'intera faccenda. Segue Franz senza troppa convinzione e prende posto al suo fianco, sfiorandomi i piedi con il tessuto che gli circonda le caviglie.
Ci guardiamo perché in questo momento non potremmo evitarlo nemmeno se ci mettessimo dell'impegno: io dichiaro buon appetito a voce abbastanza alta perché tutti mi stiano a sentire e lui risponde con un grazie che non cede ad alcuna inflessione.
Muoio dal bisogno di urlargli a squarciagola: dì qualcosa, alziamoci e parliamone, posso spiegare ma non vuoi mai capire, non ho il coraggio di fare quello che devo fare ma sono troppo cocciuta per lasciar perdere. E soprattutto per favore, per favore, rimani dalla mia parte.
Ma quando schiudo le labbra per chiamarlo quello che ne esce fuori è un'accozzaglia improvvisata di parole.
- Mi passi l'acqua, per favore?
Lui tende una mano nella mia direzione.
Non aggiunge niente.
Dopo un breve discorso di Shad su quanto tutti siano schifosamente felici di avere ospiti alla Villa, Franz brinda alla nostra ospitalità con un succo alla pesca nel bicchiere. Ma per piacere. Come se non fosse il tipo da nascondere una fiaschetta di vodka nella giacca di velluto rosso che ha avuto il fegato di infilarsi.
Durante tutto il pranzo in loro compagnia, si discute di grand'animo: della Capitale, dei suoi monumenti classicheggianti, della Villa e di come Franz trovi sorprendente per un Istituto situato nel Nord America il gusto europeo che ne contraddistingue ogni centimetro di pietra.
Ad un certo punto, tra la prima e la seconda portata, Shad gli chiede quando inizieranno i suoi corsi al Centro di Restauro dalla quale è stato selezionato.
- Franz studierà per otto mesi all'Opificio delle Pietre dure di Firenze, - dice, un po' timida ma piena di orgoglio. I ragazzi si lasciano scappare delle esclamazioni di sorpresa. Perfino Maria si allunga sopra le caraffe di bevande per battergli il cinque. Franz la ringrazia in un perfetto italiano.
- È un posto famoso? – chiedo a nessuno in particolare.
Nicholas mi fulmina con un'occhiata crudele.
- È il Centro di Restauro più famoso del Mondo, Sybil.
Infilzo il mio trancio di salmone con la punta del coltello, sostenendo il suo sguardo. Il modo in cui pronuncia quelle cinque lettere mi fa venire voglia di ridurlo a fettine. Che ne è stato dello stupido nomignolo che mi ha affibbiato dalla prima volta che ci siamo incontrati? Ha paura che il suo migliore amico possa prenderlo in giro?
Franz si pulisce gli angoli della bocca con il tovagliolo.
- Non abbastanza famoso, a quanto pare.
Aha. Da sbellicarsi dalle risate.
È praticamente l'unica volta, fino alle tre in punto del pomeriggio in cui Nicholas pare ricordarsi che negli ultimi tempi sono stata la sua unica amica: provo ad attirare la sua attenzione con ogni mezzo, pestandogli i piedi o chiedendogli di procurarmi della senape, ma Nicholas viene risucchiato in quel suo micro-universo mentale che lo sottrae ai presenti quando deve inseguire troppi ragionamenti per riuscire a contarli.
Potrebbe fingere partecipazione, se lo desiderasse. E invece nemmeno ci prova. Rimane come catturato nell'esecuzione di un compito imprescindibile che ritenga la massima astuzia.
Me ne accorgo solo tracciando la direzione dei suoi sguardi furtivi: osserva il piatto di Franz. Non lo fa con insistenza, ma a intervalli che nel suo cervello matematico devono avere qualche strano significato. Lo studia assaggiare minuscole porzioni di più o meno tutte le pietanze sulla tavola, riducendole in piccoli pezzettini che si disseminano sul piatto, mentre Franz si perde in chiacchiere con ogni singola persona la sua voce infantile riesca a raggiungere. Conta le volte in cui si riempie il bicchiere non appena lo vede svuotato e addirittura si offre di fare lo stesso con le portate di cui Amelia e Xanders rifocillano la tavola.
Percepisco la sua cautela, come se avesse imparato il modo in cui abbordarlo.
Gli sorride piano e si finge distratto: - Ne vuoi ancora?
Se Franz si sia accorto dell'attenzione che Nicholas rivolge suo appetito, non lo dà mica a vedere. Fa cenno di no con la testa e lo ringrazia energicamente, ma Beatrice si intromette quasi in automatico: - L'ho preparato io, quello. Lasagne al sugo di cinghiale, - lo istruisce, - non ci credo che non ti sono piaciute.
Fregato.
Franz acconsente a farsene servire un altro pezzo e si concede una battuta sui suini che fa andare Beatrice su tutte le furie. Nicholas però è contento. Li vedo sorridersi, tutti e tre e Franz tira una leggera spallata contro lo schienale di Nicholas. Avrei dovuto immaginare che Beatrice sapesse tutto di loro: non puoi far parte di una relazione per quasi due anni senza imbatterti in tutti gli scheletri nascosti nell'armadio del tuo ragazzo. Compreso il disturbo alimentare di quello che stava per diventare il suo fratello adottivo.
Pensare al divario senza fondo che mi separa da Beatrice mi toglie la fame che era rimasta per fare spazio al dolce, ma alla fine accetto di buon grado una tazzina di espresso che Maria prepara per i presenti. La sua è una temporanea richiesta di tregua: ce ne vorrà di tempo prima che lei e Nicholas ricomincino a parlare, ma perfino Maria sembra simpatizzare per la personalità carismatica di Franz.
Io e lui siamo gli unici a prendere il caffè amaro e senza nemmeno una punta di zucchero ad addolcirne il sapore, ma non appena la caffeina mi entra in circolo ritrovo idee abbastanza chiare da sferrare il primo colpo.
- Allora, - dico a Shad, sfregandomi i palmi delle mani sulle cosce: - Quali sono i piani per oggi pomeriggio?
- Pensavamo di fare un giro turistico della Villa: laboratori, parco e lago. Domani invece lo accompagneremo a Minneapolis per visitare la città e l'Istituto d'Arte.
- Io e Sharazad, - precisa Nicholas.
Faccio rimbalzare lo sguardo su di lui per segnalare il mio disappunto: tustanne alla larga, è questo che vuole dire.
- Scusami tanto, signor buona-educazione.
-Verdammnt!1– soffia Franz, aggrottando le sopracciglia in un cipiglio spassoso, - Ha ragione, Chol, datti una calmata. Se qualcuno vuole aggiungersi a noi, non può che farmi piacere. E poi sono curioso di conoscere la Sapiensdi cui parlano tutti.
Franz trattiene il cucchiaino del caffè premuto sul corpo della lingua e sulle sue guance si formano delle piccole curve di buonumore.
Sapiens: non lo dice con la nota di superiorità che porta la maggior parte dei suoi simili a squadrarmi dall'alto in basso. Lo fa come se fosse sincero; o il bugiardo più addestrato del secolo.
- Ah sì? – esclamo, - E ne parlano bene o male?
Franz ride di gusto.
Pare che sia venuto al Mondo privo di qualunque pudore.
- Oh, - ammicca, - dipende a chi lo chiedi.
Qualcuno si aspetta che lo trovi simpatico? Perché io lo trovo insolente.
Ed è per quello che mi concentro sulla lista immaginaria delle persone a cui potrebbe averlo domandato: Nicholas, magari. Shad, di sicuro. Voglio sperare che loro abbiano preso le mie difese.
Poi sposto il pensiero verso qualcun altro.
Forse, azzardo, l'ha chiesto a mia sorella Lilith.
Lei sì che avrebbe detto male di me.
Resta solo da capire se lo abbia fatto davvero.
***
Kopplen non ha niente a che spartire con la maggior parte dei miei amici e conoscenti.
Eppure, nello stargli alle calcagna dopo essermi intrufolata a forza tra i suoi ciceroni,mi accorgo che è quanto di più diverso dal resto dei Novi riesca a figurare nei miei pensieri rallenti dal pranzo.
Stravagante e sregolato, con una sigaretta non accesa in bocca e i capelli incollati a disegnargli un ricciolo sopra la testa, Franz si muove attraverso i laboratori della Villa come un pesce fuori dall'acqua.
Ci è voluto un quarto d'ora di capricci prima che Nicholas lo convincesse a coprirsi il completo da modello con un camice sterile e una mascherina intorno al collo. Il vero motivo per cui abbia accettato di infilarseli, comunque, mi è parso chiaro fin da subito: Kopplen lo ha fatto per scherzare.
Solo per vedere come gli stava, solo per scattarsi un selfiein compagnia di Shad e postarlo su uno dei suoi social network da migliaia di followers, ma senza nutrire una reale attenzione per le regole e le norme di sicurezza dell'Istituto.
Non mi stupisce che qualunque tentativo di illustrargli le innovazioni tecnologiche nei sotterranei dell'edificio venga liquidato con nient'altro che un apprezzamento: quella che a me era sembrata una comparsa segreta in un film di fantascienza, per Franz si rivela ben al di sotto della propria soglia di intrattenimento.
Lo odio con una tenacia a dir poco encomiabile, questo si sarà capito da un pezzo. Ci metto il massimo dell'impegno a rimanergli a meno di due metri di distanza, mentre fa finta di complimentarsi con Shad per gli incredibiliesperimenti intrapresi dai suoi colleghi.
Inccccredibili, lo imito tra me e me, arricciando il naso. Detesto il suo accento talmente pronunciato da suonare fatto apposta; e detesto la sua presenza troppo affabile, il suo tono di voce troppo alto e il fatto che non sta mai fermo un minuto, come se volesse riempire ogni ticchettio dell'orologio e ogni centimetro di spazio pur di non cederlo al silenzio.
Succede di rado, ma ogni tanto capita che Franz trovi una frazione di secondo per rivolgere a me le sue attenzioni: della scienza e della tecnica non gliene importa un fico secco. Sono le persone che lo tengono sulle spine; Beatrice, che gli scompiglia i capelli prima di abbandonarci e infilare una porta sulla sinistra del corridoio, Maria, e Shad e me. Soprattutto me, che non la smetto di guardarlo in cagnesco durante tutto il giro turistico.
Solo di Nicholas non vuole saperne un accidente.
E sono piuttosto sicura che lui non si senta affatto rassegnato al riguardo.
Che terreno inesplorato, per il Principe della sua specie. Essere ignorato, evitato, perfino; niente elogi, né moine per tenersi stretto il suo favore. Franz lo interpella solo per domandargli se può fumare senza far scattare qualche allarme antincendio.
Ad un certo punto, lungo il percorso che ci ha condotto nell'aula di biologia, Nicholas comincia a rallentare il passo per sincronizzarlo con il mio. Le noto di sfuggita, le sue lunghe mani che salgono a slacciarsi il camice che si è infilato per convincere Franz a fare lo stesso.
Nicholas si è prodigato nell'atto di non rivolgermi la parola ogni volta che ho cercato di riavvicinarlo e proprio adesso che ho gettato la spugna decide di farsi avanti?
È un po' in ritardo, per i suoi standard da primo della classe.
La tensione nei suoi lineamenti fa sentire l'impulso di tagliarla a metà con l'unico bisturi nel mio raggio d'azione, ma il buon senso prende il sopravvento.
Finisco per afflosciarmi su un bancone da lavoro nell'immenso laboratorio e rimando il proposito.
Piuttosto gli dò l'opportunità di costruire a mente la nostra conversazione, già decisa a mandare all'aria ognuno dei suoi schemi preconfezionati e nel frattempo giocherello con un contagocce di vetro che ho rubato da uno scaffale.
Aspiro un colorante, poi lo rispremo nel contenitore di partenza: aspiro, rispremo, riaspiro di nuovo e al meglio delle mie capacità trattengo lo sguardo lontano da lui.
Sulle piante che penzolano dalle pareti, sulle teche zeppe di insetti che s'incastrano nel perimetro dell'ambiente sterilizzato. Quando non lo guardi, con Nicholas diventa tutto più semplice.
Il rumore dell'acqua che viene filtrata dagli acquari mi provoca un brivido di freddo lungo la schiena: ascolto i ronzii gonfi delle macchine e il chiacchiericcio distante di Shad che si allontana per rincorrere Franz da un lato all'altro della stanza.
E di nuovo spremo il contagocce e riaspiro. È ripetitivo, quasi rilassante.
Alla fine, Nicholas, più vicino di come pensassi, si abbandona ad uno sbuffo desolato.
La sua spalla rimane a filo con la mia, senza mai entrarci in contatto. È una distanza artificiale calcolata al millimetro.
- Se non tocca tutto quello che gli si para davanti non è contento, - si lamenta.
Alzo lo sguardo sul suo amico per constatare il disordine che Franz lascia dietro di sé come una scia. All'inizio ho creduto che Nicholas parlasse di me, ma non c'è speranza che il mio genere di confusione mentale possa competere con l'uragano Kopplen in persona.
La voce di Franz echeggia smorzata dalla distanza: - La pianta di questo edificio è meravigliosa, - esclama, camminando all'indietro per rivolgersi a Shad.
Chicavolosi sposterebbe a quel modo in mezzo a tutti questi strumenti da migliaia di dollari?
- Alcuni la trovano spiazzante, - ammette lei.
- Sospetto che sia stata ispirata dalla Palazzina di Caccia di Stupinigi2, in Italia. Una croce di Sant'Andrea, - spiega, - elegantissima, non ti pare?
- Sul serio? – dice Shad, nascondendosi le labbra con il palmo della mano: - Pensavo fosse un cromosoma.
Franz singhiozza con le braccia tese verso il soffitto: - Ah, questi maledetti scienziati!
E Shad ride. Ride come quando ti piace qualcuno e ogni stupida parola che gli esce dalla bocca ti sembra divertente. Anche se non lo è. Anche se è ridicola e fa calare il gelo nella stanza. Anche se uno come Franz Kopplen flirterebbe perfino con un sacco dell'immondizia.
Strappo un pezzetto di carta assorbente per asciugare il bancone che ho macchiato di liquidi colorati, poi, quando penso di averlo fatto aspettare abbastanza, mi rivolgo a Nicholas con aria impettita: - Tu e lui siete diversi, - dico solo, - agli opposti.
Nicholas annuisce senza pensarci troppo.
- È il motivo per cui andiamo d'accordo, - lo sento commentare. La rabbia nella sua voce ha lasciato spazio a un'emozione senza nome: fa strano, accorgersi che non è più capace di rimanermi ostile come un tempo.
Il giovane favoloso che disimpara qualcosa per colpa di una ragazzina conosciuta per caso.
Zelda ha ragione: ho una terribile influenza su di lui.
Con un movimento fluido che non produce alcun suono, Nicholas si china alla mia destra, appoggiandosi sui gomiti. Sotto la manica riesco a vedere il profilo del localizzatore attraverso cui la Polizia ci monitora ad ogni passo e il mio pensiero rimane fisso sul capitano Hodgkin. Sa già che Franz è qui? È forse vero che vorrebbe tenerlo lontano da Nicholas? O Nicholas lontano da lui?
- Sai, - mormora, - è come una di quelle interazioni biochimiche che tamponano il sangue degli esseri umani: separati creiamo squilibrio nel nostro organismo, ma mescolati raggiungiamo la neutralità, alla pari di un acido e di una base3.
- Ma voi non andate d'accordo, - osservo.
Questa volta i soliti paroloni con cui spera di confondermi non funzioneranno.
- Lo facevamo prima che arrivaste voi, - sibila, ammiccando nella mia direzione e poi in quella di Shad e quasi involontariamente io scarico il mio peso sul suo corpo allenato. È un gesto amichevole e familiare; nei giorni scorsi è accaduto spesso, senza che Nicholas se ne lamentasse, ma in questo preciso istante lo sento contrarre i muscoli delle spalle come a volermi respingere.
Mi allontano subito.
Le guance mi vanno a fuoco.
Sto sbagliando tutto?
- Dai, non essere geloso. Prima o poi si ricorderanno che esistiamo. A fine giornata, probabilmente.
-Creaturina, - ringhia, - qualunque mia aspirazione a parlare con te è appena morta di solitudine.
- Beh, da quello che sembra non hai voglia di parlare con nessuno. Tu e Franz vi sarete rivolti si è no una decina di parole, da quando siamo scesi qua sotto. Qualcosa mi dice che te la sei vista brutta, in camera tua.
Questa è stata forte: ho qualche idea su come mi sia venuta sulla punta della lingua, ma qualcosa mi dice che a Nicholas non è piaciuta affatto.
Si assicura che Franz rimanga impegnato con una delle sue bravate e subito dopo schiaffa le dita su una tastiera di vetro incorporata nel banco da lavoro.
Una proiezione luminosa compare proprio davanti alle nostre facce e io faccio un salto all'indietro, gli occhi che si incrociano per la vicinanza eccessiva con lo schermo sospeso a mezz'aria. Sposto uno sguardo accusatorio dalle immagini ingrandite di tessuti animali alla nostra postazione.
E faccio due più due.
Nicholas ci ha appena nascosto alla vista di Franz e Shad.
Lo ha fatto davvero.
- Che stai cercando di fare? – sputo fuori.
- No, Sybil, tuche stai cercando di fare, – domanda, la testa alta e le braccia incrociate davanti al petto.
- Non ho la minima idea di che cosa tu stia parlando, – lo stuzzico, piegando la bocca verso il basso mentre lo squadro con tutto l'astio che mi è rimasto nei suoi confronti. Nicholas chiude le palpebre poi le riapre, come se litigare con me fosse qualcosa di illogico e frustrante, una specie di diagramma scoordinato che non riesce a raddrizzare nonostante gli infiniti tentativi.
- Hai convinto Shad a farlo venire qui, senza nemmeno parlarmene. Dopo quello che ho combinato alla Centrale di Polizia, dopo tutto quello che ti ho rivelato su di lui. Su di me.Ogni volta in cui credo che qualcosa sia cambiato tra di noi capovolgi tutto come...
- Come? – lo incalzo, - Sentiamo!
Disorientamento.
O almeno è quello che sembra, visto addosso a uno che non è mai stato tirato su per rimanere senza parole. Lo vedo guardarsi intorno, avvinghiare le mani attorno alle braccia e per la durata di un respiro gli manca l'equilibrio. Nicholas si scrolla via il fallimento in modo quasi risentito.
- Ti vuoi davvero vendicare di un'accusa per cui non esiste uno straccio di prova?
- Vendicarmi di Kopplen? – sbotto.
- Che tu mi creda o no, se volessi fargliela pagare per quello che ha combinato, dovrei spaccargli la faccia con una mazza da baseball, Nicholas. Ma non sono quel genere di persona, quindi puoi smetterla di stargli dietro come un cane da guardia nel terrore che voglia farlo fuori per avermi picchiata.
Nicholas vomita fuori le parole come se le stesse trattenendo da troppe ore.
- Ha negato tutto.
La sua ammissione mi scava nel petto come un'artigliata violenta. Provo dolore. E vergogna. E sa di qualcosa di sbagliato, come se mi fossi fatta un torto da sola.
- Tu gliel'hai –
Combatto la secchezza che ho in bocca ingoiando ripetutamente.
- Glielo hai chiesto?
- Certo che gliel'ho chiesto. Ci ho provato. Tra un tentativo di convincerlo a non cancellarmi dalla sua vita e l'altro.
- E naturalmente ha dichiarato di essere innocente.
Nicholas si passa una mano tra le ciocche bionde, fissando lo schermo come per non dover rischiare il confronto diretto; come se guardandomi negli occhi rischiasse di leggerci dentro una verità che non potrebbe sopportare.
Adesso lo capisco: non è che creda davvero alle parole di Franz. Lo conosce fin troppo bene per sapere quanti peccati gli devono essere perdonati; semplicemente non vuole accettare che proprio lui mi abbia fatto una cosa del genere.
- Sì, - dice con mestizia.
E io annuisco pianissimo. Con ribrezzo.
- Complimenti per aver ceduto subito, Nicholas.
-Io non –
S'interrompe in automatico, cercando di ricomporsi. Sceglie la prossima mossa prima che abbia il tempo di voltargli le spalle, sbarrandomi la strada con un braccio teso a intrappolarmi tra gli scaffali di utensili catalogati per nome.
- Gli ho anche chiesto del disegno, - confessa, - e di tua sorella, perché so che non è stato lui e non voglio che si senta minacciato da me. Non voglio che pensi di doversi guardare alle spalle, come se tutto questo fosse solo un modo per tenerlo d'occhio.
- Ma questo è un modo per tenerlo d'occhio, - sorrido crudelmente, - per me.
- Franz è la mia famiglia, Sybil: spiegami che cosa dovrei fare.
- Te ne freghi sempre di quello che ho da dire, - sbraito, - di quello che tutti hanno da dire e adesso vuoi un consiglio su come comportarti?
- Franz ti detesta, - dice, - questo lo ha ammesso senza mezzi termini. Sostiene che ho messo a repentaglio il mio futuro per qualcuno che il mese prossimo sarà scomparso dalla mia vita.
- E ha ragione lui, - sussurro, - è questo che intendi.
- Quello che intendo è sapere che cosa ti passa per la testa, creaturina. Ma per quanto mi sforzi, nessuna scienza umana potrebbe darmi una risposta certa sulla neurologia che la fa funzionare. Perché in realtà non lo sai nemmeno tu.
- Questo lo vedremo.
- Non troverai niente su di lui, - alza le spalle e a vederlo in questo momento appare triste e spento, quasi la gioia di essere stato perdonato da Franz si fosse consumata in una fiammata dalla durata troppo breve per tenerlo al caldo.
Sul bacone di plastica e metallo bianco del laboratorio le sue dita orbitano attorno le mie senza cercarle, battendo piano, scandendo i suoi ragionamenti intricati.
- Tutto questo sarà servito solo a farci litigare, - mormora e qualcosa dentro di me si incrina fino a farmi tremare la vista.
Vorrei che parlasse sul serio; ma vorrei anche non essermi affezionata a lui a tal punto da soffrirne.
Tutte e due le cose insieme, fuoco e freddo, luce e buio.
- Allora smettiamo di parlarne, - scuoto la testa, ma Nicholas non ha intenzione di far cadere il discorso.
- Ascolta, creaturina: tu non sai che cosa voglia dire orbitare intorno a Franz.
- E non lo sa nemmeno Shad, - aggiunge, - Quindi non lo fate, per favore.
-Wow, Nicholas, sbaglio o mi stai mettendo in guardia dal tuo adorato amichetto?
Accade per errore: il palmo della mia mano si spiaccica rovinosamente contro la tastiera di vetro circondata da solventi e microscopi ottici dagli enormi obiettivi. Basta poco perché lo schermo che ci separava dagli occhi indiscreti dei nostri accompagnatori si smaterializzi in un risucchio di pixel.
Via, sparito nell'aria filtrata dai condensatori.
Io e Nicholas ci rendiamo conto della vicinanza pericolosa delle nostre teste solo quando realizziamo che Franz e Shad potrebbero starci a guardare. Lo vedo schizzare lontano dal mio orecchio come scalciato dalla forza propulsiva di un missile aerospaziale, gli zigomi taglienti arrosati a tradire la sua calma apparente, la bocca ridotta una fessura.
Io passo in rassegna ogni angolo di laboratorio preparandomi a qualunque battuta sarcastica il suo migliore amico stia per scoccare nella nostra direzione.
Ma come per incanto, Kopplen non c'è più.
E nemmeno Shad.
Rimaniamo a fissare il vuoto lasciato dalla loro assenza come inebetiti, domandandoci a vicenda che fine abbiano fatto, per accertarci che nessuno dei due stia avendo le allucinazioni.
- Dove si sono cacciati? – chiedo ad alta voce. Nicholas copre la distanza che ci separa dal centro della stanza e si guarda intorno con un brutto cipiglio sul muso. Controlla l'orologio, ma non sono passati neppure dieci minuti da quando li abbiamo avvistati nei pressi degli acquari.
Dei due piccioncini però non c'è più alcuna traccia.
- Franz? – chiama Nicholas. Poi ancora.
- Erano qui, - esclamo, - erano qui fino a un attimo fa!
-Franz!
- Shad? – grido a mia volta, affacciandomi sul braccio dell'edificio. Da quello che riesco a scorgere strizzando gli occhi è deserto per tutta la lunghezza del corridoio, ma solo in questo lato della Villa ci saranno almeno una decina di ambienti separati: perlustrarli tutti sarebbe una follia.
- Non possono essere spariti nel nulla, - fremo, ma la mia esasperazione è uno scherzo spinto a confronto del senso di fastidio nei toni minacciosi di Nicholas. Lo vedo precipitarsi fuori dal laboratorio a passo spedito, trafficando nelle tasche posteriori dei pantaloni.
- Chiedi in giro se qualcuno li ha visti, - ringhia, - io provo a contattare Franz sul cellulare: se lo conosco abbastanza, farà finta di niente.
La premessa suona stupida e insensata: - Perché mai dovrebbe –
Oh.
Mi mordo la lingua per trattenere un suono sofferente. L'unica spiegazione plausibile è che volessero un po' di intimità, lontano dai due terzi incomodi che non hanno mai allentato la presa su di loro.
Ma Shad da sola con quel tipo, scuoto la testa, e quel tipo da solo con Shad!
- Assolutamente no, - gonfio le guance, - Proprio no!Se prova anche solo a fare il marpione con lei io –
- A quest'ora non c'è un laboratorio vuoto in tutto l'edificio, creaturina, non troverebbero un luogo appartato nemmeno se volessero. E ti ho già spiegato come stanno le cose: Franz non prova niente per lei.
La mia immaginazione viaggia a ruota libera attraverso sceneggiature da incubo miste a ricordi tutti distorti.
- Il laboratorio di Crichton è libero, - deglutisco, - non credi davvero che loro –
Nicholas non mi lascia nemmeno l'occasione di coprirmi di ridicolo: - A differenza tua non ci metterebbero mai piede, - taglia corto, infilando il corridoio con i polpastrelli che tartassano furiosamente lo schermo dello smartphone. A lui Zelda non l'ha mica sottratto il giorno dell'arresto. Chissà perché.
Gli corro dietro finché non punta i piedi di scatto, serrando gli occhi dalle ciglia bianchissime come se il suo cervello avesse scaricato un nuovo aggiornamento.
Quando li riapre, il verde d'erba delle sue iridi brucia abbastanza da rubare la scena a tutti i colori nei dintorni.
- So dove si sono nascosti, - dice, indignato più del solito. E io mi mordicchio le unghie pur di rimanere calma.
Ho perso il mio sospettato, continuo a pensare, non sono riuscita a stargli dietro per più di qualche ora. L'ho perso l'ho perso l'ho perso.
- Quello sguardo non mi piace, - deglutisco, - Nemmeno un po'. Mi fa accapponare la pelle, Nicholas.
Lui fa dietrofront, diretto verso l'ascensore che collega i rami della Villa disegnando un rettangolo sotterraneo. Mi sono concessa di spiarlo abbastanza a lungo, ormai, da aver capito che non c'è niente che abbia il potere di stillargli veleno dal sangue più del sentirsi portare via qualcosa che ritiene di appartenergli.
Franz, per cominciare.
E soprattutto le proprie ricerche scientifiche.
- Il CyberHelp, - inspira, ma è evidente che pensa di non dovermi delle spiegazioni.
- Perché, perché non mi posso fidare propriodi nessuno?
- Parla con me, - lo rimprovero, - non con te stesso.
Ci precipitiamo nell'ascensore.
Nicholas inserisce la nostra destinazione. Non appena reclina la testa contro la superficie riflettente della parete, un senso inquietante di déjà-vu mi costringe a rivivere una scena che lo ha già visto protagonista prima d'ora: esaurita la parte del genio misantropo e orgoglioso, Nicholas ripiega le spalle sul petto e lascia che la stanchezza gli risalga sulla pelle, nell'espressione, nel modo in cui respira. Pensavo che detestasse farsi vedere in questo stato.
Mi domando se sia allo stremo o se abbia imparato a fidarsi abbastanza di me da concedermi una sbirciata alle sue fratture più profonde.
- C'è un laboratorio privato, sul braccio a Sud-Ovest della Villa: io e Shad lo abbiamo affittato nove mesi fa per lavorare a uno dei suoi progetti. Siamo gli unici ad avere accesso al suo interno.
Me lo ricordo: è stato Ren a parlarmene, la prima volta che ho messo piede qui sotto, ma da quel giorno me ne ero completamente dimenticata.
- Lei non mi ha mai rivelato nulla, - ammetto con tono offeso, - e a dirla tutta nemmeno tu.
- Era il prezzo della nostra collaborazione, Creaturina: non parlarne con nessuno, neppure con te. Solo Xanders è a conoscenza del nostro esperimento; l'unico modo per farci assegnare una stanza tutta per noi era dirgli la verità.
Accarezzo la placchetta d'acciaio che mi penzola dal collo, un peso leggero e familiare che allontana la preoccupazione. Dopo avermi rimproverato di quanto poco sia igienico ficcarmela in bocca per scacciare il nervosismo, Nicholas si è dovuto arrendere all'effetto calmante che il ciondolo di famiglia esercita sul mio sistema nervoso. Sposto il peso da un piede all'altro, pronta a corrergli dietro non appena le porte dell'ascensore si riapriranno nel nuovo corridoio.
- Un progetto segreto? – domando.
- Nicholas mi devo preoccupare?
- Tu no, - si lascia sfuggire ed è sottointeso che per lui si tratti dell'ennesimo problema da aggiungere alla sua collezione.
- Franz non è mai stato bravo a tenere la bocca chiusa e quello che combiniamo là dentro non deve uscire da questo posto per niente al Mondo. Mi hai capito, creaturina? Nessuna parola, - mi fa giurare.
Le mie sopracciglia schizzano così in alto da sfiorare il soffitto. Faccio una lista degli esperimenti impossibili che Nicholas Reichenbach potrebbe portare avanti se gli venisse data l'occasione di lavorare lontano dagli ordini recapitati dalla Fazione: farmaci miracolosi per la cura dell'insonnia, macchinari capaci di far chiudere il becco a tutti quelli che osano contestare la sua sacrosanta opinione da so-tutto-io; modi di riportare in vita lo zombie di Niccolò Machiavelli in persona.
- Ti prego, - sospiro, - dimmi che non interpreti il Dottor Frankenstein in un teen-drama americano o che so io.
Il suono di un campanello leggero preannuncia l'arrivo a destinazione. Quando l'ascensore ci scarica nel corridoio che ospita il laboratorio di Shad e Nicholas, lui si concede qualche secondo per metabolizzare il significato delle mie parole; come se il traduttore incorporato nella sua materia grigia dal valore inestimabile non fosse stato programmato per parlare la mia lingua. Sembra un paradosso, ma le sue labbra si arcuano verso l'alto in una reazione divertita. La reprime subito.
- Diciamo solo che la Fazione non ci ha mai dato l'Approvazione che serviva per portare avanti il nostro progetto alla luce del sole.
Gli trotterello dietro per stare al passo: - Perché è illegale?
- No, - dice lui, facendomi segno di seguirlo, prima di infilare la strada con un'urgenza che s'irradia dal suo corpo al mio: - perché è pericoloso, - dice solo.
E a me non serve tradurre le sue parole per comprenderne la gravità.
Nicholas non è mai stato più sincero.
***
Riesco a sentirla parlare dolcemente.
Il suono è poco più che un'eco distante e ripescata dal passato, il ricordo di una voce morbida quanto il burro. Prima di avvistare le due metà di Shad che si stagliano sotto un arco di cemento e tubi d'acciaio, la prima persona che mi torna in mente è proprio Lilith; il modo in cui la delicatezza dei suoi sorrisi dava una bella nota a qualunque lettera si librasse dalle sue labbra identiche alle mie; il buon'umore di chi la stava a sentire.
Quando ci affacciamo oltre l'ingresso del laboratorio a cui Nicholas ha avuto il permesso di accedere grazie alla propria impronta digitale, trovare Shad al posto della mia gemella perduta è un vero e proprio risveglio da un sogno che stavo facendo ad occhi aperti.
Mi sento annebbiata, come se avessi girato in tondo su me stessa e non sapessi dove mettere i piedi per non generare troppo rumore. Lo smarrimento dura un istante, ma è abbastanza da strappare a Nicholas un paragone con un certo "loxodonta cyclotis" o che so io.
- È una specie di pachiderma, - specifica, in risposta al punto interrogativo che mi tatuo sulla fronte. I Novi avranno anche degli organi di senso più sviluppati rispetto a quelli dei loro antenati, ma c'è da ammettere che differentemente del mio, il passo di Nicholas è leggero come una foglia. Scommetto che ha calcolato la distanza minima da mantenere per non essere individuato dai nostri bersagli.
- Credevo che fossimo qui per impedire a quei due di essere felici, - sussurro.
Nicholas risponde che non è ancora arrivato il momento di entrare in gioco.
Si sporge di nuovo, poi torna alla posizione di partenza e mi fa cenno di aspettare. Che cosa di preciso, non saprei dirlo con esattezza.
Rimaniamo nascosti a una quindicina di metri dalla scrivania su cui Kopplen se ne sta tutto appollaiato. La spiegazione affannata di Shad sta funzionando nell'impresa di tenerlo occupato: per adesso, lei si limita a guardarlo con un misto di adorazione e timidezza e lui ha ancora tutti i vestiti addosso.
Buon segno, espiro, ottimo segno.
Da quello che riesco a vedere, intrufolandomi sotto il gomito piegato di Nicholas, l'arto bionico di Shad è in movimento: la mia amica non fa che prodigarsi in gesti pacati che indicano il muro, ma il suo corpo sembra quasi teso nel tentativo maldestro di sfiorare il ragazzo al suo fianco. Proprio lei, che ha passato serate intere a confessarmi di voler sgusciare fuori dalla sua pelle ambrata; di sentirsi praticamente soffocare, in quel contenitore spezzato nella quale dice di essere rimasta intrappolata da ragazzina.
La mia amica troppo grande per le sue stesse ossa, mi ripeto. Era quello che pensavo di Lilith, dopotutto: che tra tutti quei pensieri altissimi e quei talenti da perderne il conto e quella bontà così incrollabile da sospettare che fosse finta, non ci fosse alcuno spazio per i ragazzi. Niente cotte adolescenziali, niente grilli per la testa.
Non penso di essermi sbagliata su mia sorella; di sicuro, però, l'ho fatto con Shad. E dalla ruffianeria con cui Kopplen risponde alle attenzioni che gli vengono rivolte, direi che lui deve esserci arrivato prima di me e Reichenbach messi insieme.
Nicholas percepisce la mia insofferenza all'istante: mi para un braccio all'altezza del petto e subito ci riconduce al silenzio assoluto.
- Hai sempre una ramanzina da farmi, - soffio, - e adesso vuoi startene zitto finché questa scenetta non diventerà vietata a un pubblico minorile?
Mi stringo la milza con le dita, ricacciando una fitta di dolore lontano dal fianco. Abbiamo corso dall'ascensore fino a qui, senza mai prendere fiato: è stato Nicholas ad insistere che dovessimo raggiungere Franz il prima possibile, eppure, adesso che lo abbiamo colto in fragrante, se ne sta con le palpebre assottigliate come un felino che ha agganciato la sua prossima preda.
So che vuole dargli una strigliata che non dimenticherà per il resto dei suoi giorni, ma allora che cosa sta aspettando?
Glielo faccio notare con colpo nello stinco.
Lui si ritrae per impedirsi di farci scoprire e appoggia la schiena contro il muro gelido, imitando la mia posa irrigidita. Credo che voglia rivolgermi lo sguardo, ma la sua abitudine a mantenere un'estrema razionalità gli impedisce di distrarsi troppo da quello che sta succedendo a poca distanza.
Nicholas si sgranchisce le spalle.
Poi, di punto in bianco ammette: - Solo perché tu lo sappia, io non sono così.
Non c'è insicurezza, nel modo in cui lo dice, ma nemmeno spavalderia. Nicholas appare concentrato, come se darmi una spiegazione fosse diventata un'autentica priorità nella sua tabella di marcia.
Confondere Sybil Crowford, check.
Mi spingo da un lato e qualche filo dei miei capelli sciolti gli rimane attaccato come a una carica elettrica.
Posso ancora sentire Shad che si cimenta nella spiegazione del progetto a cui lei e Nicholas hanno lavorato negli ultimi quattro mesi, ritagliandosi uno spazio nell'agenda fittissima a cui la Fazione ha costretto il suo pupillo prediletto.
Tecnologia intelligente, cibernetica, replica delle connessioni cortico-corticali.
Perdo il senso del discorso per costringere Nicholas a ricambiare la mia attenzione. Dovermi appoggiare lo sguardo addosso è una complicanza che sapeva di dover affrontare: lui sa sempre come riuscirci senza perdere il sangue freddo. Io mi metto in lista per una trasfusione ogni volta che dobbiamo parlare a quattr'occhi. Per sicurezza, non si sa mai.
- Così come? – domando, pettinandomi con una mano. La mia mia reazione è spontanea, ma l'intera situazione finisce per smorzare la curiosità. A giudicare dall'impazienza con cui mi impedisce di sbirciare aldilà del muro, credo che Nicholas voglia essere preso sul serio.
- Così, - ripete, piegando la testa a destra per permettermi di sentirlo meglio.
- Iperprotettivo, soffocante, come se non fossi capace di lasciare alle persone i propri spazi. Quasi le ritenessi una mia proprietà.
Nicholas raddrizza il collo in una smorfia intrisa di amarezza e all'improvviso veniamo ricapultati nel simulatore di assenza di gravità: soli in un edificio pieno di gente, senza peso, perché le sue parole ne hanno sempre troppo.
- So che lo detesti, - mormora: - riesco a leggertelo in faccia.
-Io non –
Io non so che cosa dire. Non so nemmeno se ci avevo mai pensato prima che fosse Nicholas a farmelo notare. E di certo non mi spiego perché abbia voluto mettere in chiaro una cosa del genere. In questo momento. Con me.So bene che in fondo gli importa quello che la gente pensa di lui, ma questo è diverso. Intimo.
Beatrice dovrebbe essere la ragazza al suo fianco in questo momento.
- Hai il De Eloquentiascritto sul viso, creaturina, non so se te lo ha mai detto nessuno. Sei un libro aperto, - sospira, - nel vero senso del termine.
Mi stropiccio le punte di una ciocca ondulata, incerta sulle carte da sfoderare per non starmene qui impalata, ma le mie guance sono calde e sento la testa leggera leggera.
No che non me l'ha mai detto nessuno,rifletto. Chi mai se ne uscirebbe con una confessione del genere in una normale conversazione? Chi paragonerebbe la faccia di una persona a un titolo in latino che neppure si studia a scuola?
Vorrei che il nostro orizzonte fosse capovolto; che fossi io a saperlo leggere con gli stessi movimenti esperti di quando Nicholas sfoglia pagine su pagine, perché a differenza mia sa sempre che cosa cercare tra la carta. Ma stare insieme a lui è come soffrire dislessia: tutte le lettere incise nella sua espressione si accavallano fino a criptare il vero significato di quello che prova. Un indizio, un'emozione: a volte è tutto quello che Nicholas mi lascia intravedere.
E invece, se potessi, io divorerei l'intera bibliografia.
Quando mi sforzo di articolare una frase di senso compiuto senza il rischio di mordermi la lingua, Nicholas non si è ancora mosso di un millimetro.
- Lo detesto, - ingoio, - perché riesco a vedere l'effetto che tutto questo ha su di te. Non ti rende felice, Nicholas. Magari ti fa sentire apposto con te stesso, ma non ti rende felice.
Lui tira indietro la testa: - A volte lo fa, - risponde.
- Immagino che sia difficile da credere, ma con Franz non esiste unità di misura a segnarne il limite: è come una cellula fuori controllo che va sorvegliata di continuo. Sempre, Sybil, sempre, o ce la metterà tutta per farti fare i conti con la propria presenza.
- Da che ho memoria, Franz è stato come una massa in espansione, - conclude.
- E io mi comporto in questo modo perché è quello di cui lui ha bisogno: un guardiano.
Faccio fatica a concepirlo, figurarsi ad accettarlo. Accettare che esiste una persona per la quale il più grande prodigio del Mondo diventa anche quello più irrazionale.
- Sai chi altro fa una cosa del genere? – gli chiedo, anticipando la sua risposta esatta nel modo in cui sono sicura di riuscire a punzecchiarlo.
-Il cancro.
Cresce e divora e consuma il corpo da cui dipende la propria sopravvivenza. Esattamente come fanno alcune persone. Prendono e prendono e prendono, ma proprio non riesci a mandarle via. Perché fanno parte di te, come una cellula impazzita.
Nicholas nemmeno si scompone: - Franz è un tumore benigno.
- Ah, davvero? E questo che cosa fa di te, me lo spieghi?
- Il sistema immunitario che lo tiene a bada, - dice. Ed è spocchioso, insolente e sicuro di sé.
- Mettiamo che qualcosa sfugga al tuo controllo. Perché potrebbe succedere, Nicholas e accade ogni giorno in milioni di ammalati. Che cosa ne sarebbe di voi due?
Nicholas alza l'indice e il medio a mezz'aria, tenendoli uniti, poi mi batte ripetutamente il centro della fronte. Toc toc, chi c'è?
Le rima della sua bocca si stiracchia impercettibilmente: - È la differenza tra un misero linfocita T4e il sottoscritto, creaturina: io non posso essere eluso.
Schiocco i denti per far finta di prenderlo a morsi e Nicholas si ritrae come un lampo.
- Pensavo fossi cambiato, - borbotto, - ma la realtà è che tu non cambi mai.
Sistemata al colletto della camicia e Nicholas è pronto alla lavata di capo che attendevamo con ansia. La complicità con cui chiude il nostro discorso mi dà la carica per schierarmi dalla sua parte: - Tu lo hai fatto, creaturina. E lo devo ammettere, - sorride, - da quando sei diventata così arguta è aumentato il divertimento.
Subito dopo aggiunge: - E a quanto pare anche il numero di stimoli stressogeni per il mio surrene5.
Gli do una spinta per costringerlo a darsi una mossa.
Quando balziamo fuori dalla nostra postazione, sembriamo come sincronizzati. Nicholas s'introduce nell'ambiente buio e anonimo che ci separa dalla coppia mal assortita con un applauso denigratorio. Io mimo la sua smorfia raccapricciata fino a farmi pizzicare l'attaccatura del naso.
- Bene bene bene, - esordisce Nicholas, incrociando le braccia.
Basta un'occhiata spietata in direzione della mia amica per prosciugarle le parole dalla bocca.
- Vi lascio da soli per cinque minuti e vedo violati i termini del nostro contratto.
-Oh,- intervengo in perfetto tempismo, - non fare l'offeso, Nicholas: sono sicura che non si fossero accorti di averci scaricato in un altro emisfero.
Franz viene piegato a metà da una risata cristallina.
- Questa ve la siete preparata prima di entrare? Bel duetto, - esclama, tenendosi la pancia, - da prima alla Scala.
Glielo devo riconoscere: Shad si difende al meglio delle proprie possibilità. Il problema è che una come lei non è mai stata brava a gestire l'imbarazzo: comincia a strofinarsi le maniche, tentando di giustificarsi e un po' riesce a convincermi e un po' mi fa arrabbiare.
La mia reazione di certo non le è di alcun aiuto.
Anche se la versione ufficiale è che io l'abbia spinta a farsi avanti con Kopplen, non potevo mica starmene con le mani in mano mentre la mia migliore amica si appartava con uno squilibrato totale!
Franz gonfia le guance per sbuffare violentemente.
- Sono stato io a convincerla a portarmi qui, - dice.
- Chol, tu non mi coinvolgi mai in nessuno dei tuoi progetti. A volte nemmeno me ne parli! Scusa se volevo sapere perché diavolo sei ancora in questo posto dimenticato da Dio dopo mesi in cui ti supplico di trasferirti.
- La ragione per cui ti risparmio il mio lavoro, - ringhia Nicholas, d'un tratto scocciato e risentito, - è perché non te ne importa. Della biochimica, della genetica, di tutta la materia scientifica che non abbia ispirato qualche scultore o pittore che ti piace. Non devi fingere che ti interessi solo per far colpo su qualcun altro, - sbotta.
Dopo una pausa ad effetto aggiunge: - Almeno non con me.
Questa era una frecciatina bella e buona. Nicholas non ci prova nemmeno a mascherare l'astio che cova nei confronti di Sharazad: avanza impettito verso di loro e fa per iniziare una delle sue prediche incontestabili, quando Franz si aggrappa alla sua spalla.
Lo scuote come un bambino che supplica per un giocattolo, si alza sulle punte nonostante lui e Nicholas abbiano quasi la stessa altezza e ad ogni movimento, la catenella dorata che collega i gemelli della sua giacca produce un tintinnio acuto.
- Questa volta è diverso, - gli assicura, - lo sai. Voglio vederla.
- No, - dice Nicholas, ma suona meno categorico di quanto avrei sperato. Franz si disegna un broncio ridicolo sui lineamenti morbidi, ci riprova, viene sgridato. E mentre i tre di loro discutono su chi abbia ragione, anche io divento curiosa di sapere perché Shad pensava che avrebbe fatto colpo su Kopplen, portandolo in questo posto.
Il laboratorio non è né uno dei più ampi, né uno dei più moderni ed è molto probabile che Xanders glielo abbia concesso solo perché sarebbe rimasto inoccupato se Shad e Nicholas non avessero proposto di prenderlo in carico. Ci sono pile di attrezzi che ricordano quelli di un meccanico e protesi colorate di diverse misure, tre computer e una lavagna interattiva piena di collegamenti che somigliano a quelli di un circuito elettrico. Solo che s'incontrano tutti a indicare le aree colorate di una corteccia cerebrale. Come una mappa della materia grigia.
Lilith la conosceva a memoria.
- Lasciamolo perdere, - singhiozza Franz, allontanando il discorso con un gesto della mano.
- La ragione per cui non vuole farcela vedere è perché è insicuro del risultato: pensa di aver sbagliato qualcosa e non vuole che qualcuno se ne accorga.
Tutti ci voltiamo all'unisono verso la faccia tosta di Franz Kopplen, mentre estrae il telefonino dalla tasca di velluto e comincia a tappettare sullo schermo come a chiudere il discorso.
Ma il suo intento è fare esattamente il contrario.
Me ne rendo conto perché è la stessa trappola che ho teso a Nicholas durante l'Esposizione di Chicago, quella volta in cui mi serviva il suo aiuto per intrufolarmi nell'attico del questore Szilàrd: se c'è qualcosa per cui quella testa dura è sempre disposta a farsi in quattro, si tratta del proprio orgoglio. E Franz deve averlo imparato meglio di chiunque altro.
- Non c'è niente che io abbia sbagliato.
Nicholas suona affilato come una lastra di ghiaccio.
- L'esperimento funziona perché iomi sono accertato che lo facesse.
Franz gli massaggia una scapola per alleviarne la contrattura e indica un enorme cassa grigia che si staglia dall'altra parte della stanza. Se il suo braccio teso non mi avesse guidato verso il blocco di acciaio che ne tappezza le superfici, dubito che me ne sarei accorta.
A pochi centimetri da me, Shad trattiene il respiro: entrambe riusciamo a vedere la sfida aperta che Kopplen ha lanciato a un ego che le accetterebbe tutte quante, pur di dimostrarsi all'altezza delle persone che lo circondano.
Soprattutto di lui.
- Dimostracelo, carissimo.
Nicholas alza il mento con fare quasi regale, come se gli avessero ricordato di avere tutto sotto controllo. Mi guarda di sfuggita, mi scopre in un tentativo fallimentare di nascondere l'interesse.
Ma la mia faccia è un libro aperto, certo.
Nicholas armeggia con l'orologio che porta al polso e alla fine scandisce chiaramente: -Wadad6, intraprendere il protocollo di attivazione.
Il resto non sarei riuscita ad aspettarmelo nemmeno se avessi tirato i numeri a caso, come faccio nei momenti in cui non ho la minima idea di quello che mi succede tutto intorno: rivelazioni casuali, tentativi inattesi di tirarmi le cuoia e adesso questo.
Un corpo umano.
Umanoide, per essere precisi.
Che si alza da una bara di metallo e materiale isolante e prende vita davanti a questi stessi occhi.
Si solleva, stira le dita, schiude la bocca in uno scatto secco, mentre il follicolo di ogni singolo pelo del mio corpo punge per la paura. E la meraviglia. E l'incapacità di dare un significato plausibile alla composizione d'immagini che s'intrufolano attraverso l'apertura dilatata delle mie pupille.
Sento i bulbi oculari uscirmi dalle orbite. La lingua sciogliersi. E Nicholas parlare.
- Wadad, - dice fermo, con la mano alzata in segno di saluto: - Ho bisogno di te.
È la chiave: due occhi di un castano chiaro si spalancano all'improvviso, fissando il vuoto e la mia schiena urta contro una delle parti di ricambio impilate sul tavolo.
Un suono inarticolato abbandona la mia bocca, dotato di volontà propria.
Come quella cosa. Quella creatura.
È. Un. Androide?
-Um Himmels willen!7
Franz soffoca nelle sue stesse parole. Le lettere gli si affannano sulla bocca, rimanendo intrappolate all'altezza delle corde vocali. Credo che si sia coperto le labbra nascondendole nel camice di Nicholas. È una reazione istintiva, come rintanarsi dietro le sue spalle dritte e aggrapparsi al suo polso piegato, con lo sguardo puntato sulla sagoma bianca e grigia che avanza verso di lui.
Io non ho il fiato nemmeno per urlare.
- Protocollo eseguito, - dice la macchina, muovendo le guance nella brutta copia di un sorriso.
- Buongiorno Nicholas: il mio nome è Wadad. Per favore, forniscimi nuove istruzioni.
- Porca miseria, - ansimo.
Un robot, ecco che cos'è. Una macchina dalle sembianze vagamente umane: il viso rotondo e dai lineamenti familiari, il corpo da donna e l'espressione artificiale. La sua pelle è di un materiale perlaceo, simile a quello che costituisce le componenti ingegneristiche di Shad e sulla sua testa lucida non c'è alcuna traccia di capelli.
La guardiamo con un misto di ammirazione e terrore. Si sta muovendo. Parla. Ci osserva.
- Quella cosa, - balbetto, - è –
-È viva?– esclama Franz, scuotendo forte il braccio di Nicholas, prima di balzare in avanti per guardarla meglio. L'androide non ci fa troppo caso: è come se ognuno dei suoi ingranaggi complessi fosse impegnato nel dedicare a Nicholas le proprie attenzioni.
Mi strofino le palpebre per assicurarmi di non avere una visione.
- Per favore, - dice l'androide, piegando il capo in direzione di Nicholas, - forniscimi nuove istruzioni. Sarò lieta di aiutarti.
Shad rimane incerta sul da farsi. Qualcosa mi dice che si sta pentendo di averci condotto qui; che non è più sicura di riuscire a gestire la situazione sotto lo sguardo implacabile di Nicholas a farla sentire tanto impotente. Prima che possa intervenire, Franz si rivolge alla macchina personalmente.
- Wadad, - dice ed è curioso, eccitato in un modo in cui non l'avevo ancora visto. Scivola via da Nicholas e comincia a camminare intorno all'androide come uno scultore intorno a un blocco di marmo. Gira e gira, un passo alla volta, squadrandola dall'alto in basso, poi daccapo.
- Che cosa sei? – domanda.
Nicholas si tende tutto, carne e tendini.
- Franz, - mormora, - torna qui.
Sarà pure iperprotettivo ed esagerato, ma l'ha detto lui stesso che questo laboratorio è un posto pericoloso. Che la Fazione non ne ha mai voluto sapere niente, del loro esperimento, non importa per quanto geniale.
L'androide fissa il nulla per un istante, poi sbatte le ciglia una volta sola. Ruota il capo in un gesto innaturale che spinge Kopplen a indietreggiare.
- Buon pomeriggio, Franz, - dice: - il mio sistema operativo è stato progettato per supportare esclusivamente le richieste dei miei creatori. Per favore, suggerisci loro di fornirmi nuove istruzioni o di porre domande sul mio modello di realizzazione.
- È impossibile, - balbetto, - questo non può essere vero.
Sento un solido duro sulla pelle.
È Shad, si è fatta più vicina: mi sfiora il fianco per cercare di tranquillizzarmi, sorridendo solo con la metà inferiore del viso. "Va tutto bene", continua a ripetere, "non c'è nessun pericolo". Ma ormai ho imparato ad aspettarmelo in ogni occasione.
C'è sempre un pericolo, voglio ribattere, eppure ho la gola immobilizzata da fili spessi di alta tensione. Vorrei che Nicholas si allontanasse da quella cosa. Vorrei che qualcuno le spegnesse l'interruttore che le permette di parlare; di fingere di respirare.
- Wadad, - dice Franz. Parla con lo stesso interesse incosciente di come si muove verso l'androide, allungando l'indice e il medio a toccarne l'abbozzo di clavicola e di sterno, ricalcando le linee delle saldature e i pannelli di circuiti elettrici di cui solo in due conoscono la soluzione. Il robot dalle sembianze di una ragazza si lascia esaminare da Franz come se non percepisse la pressione esercitata dai suoi polpastrelli sul materiale che la ricopre interamente.
Riesce a pensare? Sa di non essere umana?
Nicholas abbandona la propria postazione in una falcata che copre tre gradini alla volta, fino in cima al piano rialzato che ci separa dall'esperimento. Lo vedo tentare di riacciuffare Franz per la manica del camice troppo largo per il suo giro vita.
- Scendi da qui, Franz. È collaudata per rispondere solo a noi due, - dice gravemente, ammiccando in direzione di Shad: - non ti darà ascolto. Volevi vederla e ti ho accontentato, adesso torniamo di sopra.
Prova a tirarlo verso di sé, ignorando le sue lamentele stizzite e i suoi tentativi di puntare i piedi contro il pavimento.
Non gli importa che Shad si sia intromessa nella discussione: - Coraggio, Nicholas, lascialo divertire: Wadad è innocua.
- Wadad è una macchina, - ringhia lui e il disprezzo con cui le si rivolge la ferisce visibilmente. A qualunque scopo l'abbiano creata, è chiaro che l'idea sia stata di Shad. Mi domando come sia riuscita a convincere Nicholas a dedicare il proprio tempo limitato a un progetto privo di garanzie. Poi mi rispondo da sola: il primo motore dell'organismo di Nicholas Reichenbach, dopotutto, è l'ambizione.
Desiderava esserne parte, diventarne l'artefice. Almeno fino a quando non ha visto l'androide prendere vita in una copia distorta di quella umana.
- Ehi, Kopplen, - sputo fuori, - allontanati da quella cosa, okay? Ti sei divertito abbastanza per oggi.
Franz mi guarda con aria di dispetto: quando ho deciso che l'avrei avuto sotto tiro, non ero sicura di come ci saremmo comportati, ritrovandoci faccia a faccia per la prima volta dopo l'incidente del Palazzo di Cristallo.
Far finta di niente deve essere sembrata a entrambi la strada più breve da seguire. La meno dolorosa per me, nell'attesa di incastrarlo, la più comoda per lui che di sicuro non se n'è pentito.
L'intesa colpevole che abbiamo mantenuto fino a questo momento, però, si frantuma sotto la smorfia innocente che Franz si pittura sopra prima di rivolersi a Nicholas.
- Che succede se io, - azzarda, - non lo so, faccio finta di tirarti un pugno nello stomaco?
Le sue parole anticipano un crampo alla pancia che mi fa venire la nausea.
- Figlio di –
Biascico, i denti affondati nella carne, ma neppure Shad fa lo sforzo di starmi ad ascoltare.
La stretta di Nicholas nel frattempo si è fatta più decisa: le sue le dita si chiudono attorno al polso sottile di Franz con un'energia pesata dall'esperienza; non vuole fargli male, ma è cosciente che la sua autorità implacabile debba tornare nostro soccorso.
- Non fare il bambino - intima, - scendi da qui.
Per Franz non c'è neppure bisogno di sprecare il fiato.
A rispondere è l'androide: - Il signor Reichenbach è pregato di ripetere la sua richiesta, per favore.
È difficile ricostruire gli attimi successivi alla richiesta del robot.
Le voci di tutti cominciano a sovrapporsi fino a perdere le redini del discorso e io non riesco più a capire chi sti dicendo cosa, o a chi si stia rivolgendo e perché.
-Lasciami, così mi blocchi la circolazione!
- Nicholas, stai esagerando!
- Perché non fai mai quello che ti dico?
- Io non faccio quello che mi dici? Mi stai prendendo in giro, per caso?
Riconosco un ordine che mi trema nel petto quando mi intrometto di prepotenza nella discussione e strepito: - Fatelo scendere da quel dannato palco!
Ma nessuno vuole darmi ascolto. E quello che succede allora è come una catena rovinosa di eventi tutti sbagliati. Come un domino. Cade una pedina, crolla tutta la fila.
Basta che Nicholas tiri Franz verso di sé per costringerlo ad andarsene. Basta che Kopplen serri le dita sul palmo e gli sganci un pugno con una violenza e una rapidità tali che Nicholas non ha nemmeno il tempo di difendersi.
Homo Novuso no, nessun essere umano potrebbe riuscirci senza aver mantenuto alta la guardia per l'intera durata del loro litigio. Ma un'androide sì.
Mi è rimasta giusto lucidità per sentire Shad urlare: - NO!
Poi Wadad prende Kopplen per la collottola della camicia, lo solleva per darsi una spinta e lo fracassa per terra come una bambola di pezza.
Giù.
Quasi la pressione delle sue giunture artificiali potesse spezzargli le costole. E la colonna vertebrale. Fino a ricongiungersi con il pavimento.
Nicholas si avventa contro di lei dopo il millisecondo che serve ai suoi riflessi per reagire.
-FRANZ! – strilla qualcuno. Di nuovo Shad.
È disperata: -WADAD LASCIALO STARE!
Nicholas colpisce così forte il gomito dell'androide che il suo braccio si spezza a metà. Franz coglie al volo l'occasione per rotolare di lato e mettersi al sicuro.
L'androide guizza sotto i resti del proprio arto per cercare di riacciuffarlo, ma Nicholas le si para davanti e ne arresta l'avanzata.
- Sta' indietro, - ringhia, - Wadad, sta' lontana da lui, è un ordine!
L'umanoide rimane pietrificata nel bel mezzo di un gesto incompiuto. Le sue orbite scavate, l'unico particolare spaventosamente umano del suo intero aspetto, si focalizzano verso la figura del suo creatore con qualcosa dentro che ricorda la sorpresa.
Ho fatto qualcosa che non va?
Dopo una fase di stallo in cui Kopplen si è messo a carponi e ha cominciato a tossire, l'androide ritorna alla posizione di partenza e si risvuota di qualunque emozione.
- Il protocollo di difesa a protezione di Nicholas Reichenbach è stato interrotto bruscamente. Impartire nuovi ordini per continuare. Segnalato malfunzionamento al componente dxAr3/3cc.Per favore, sostituirlo per usufruire dei comandi relativi alla porzione lesionata.
Alle mie spalle, riesco a sentire i singhiozzi di Shad che le scoppiano nel petto: - Wadad, interrompi il protocollo, - ansima, - subito.
- Spegniti, maledetta macchina, - abbaia Nicholas, - spegniti subito. Autodistruggiti e sparisci dalla mia vista.
Le palpebre della ragazza si abbassano delicatamente.
- Protocollo di spegnimento avviato. A presto, Nicholas.
E come dal niente si è svegliata, dal niente Wadad si ritrasforma in un agglomerato di materiali inerti che si tiene in piedi da solo. Rimane immobile quando tutti si lanciano in soccorso di Franz per aiutarlo a rialzarsi e non dà segni di vita mentre mi avvicino per sventolare una mano davanti alla faccia.
Non sembra che stia dormendo. Sembra morta. Un manichino dimenticato in un vecchio negozio.
- Franz, va tutto bene?
Shad si infila sotto la sua spalla, sostenendone il peso.
- Mi dispiace così tanto io –
- Sto bene, - sputacchia lui, - sto bene. Ahia.Sto bene.
Con mio estremo dispiacere, Franz non ha subito nessun danno irreparabile. Schiena indolenzita e scene teatrali a parte, l'androide non è riuscito a torcergli un solo capello prima che Nicholas intervenisse per metterlo al sicuro.
I Novi hanno la pelle dura: i suoi lividi ci metteranno poche ore a riassorbirsi.
Sono i miei ad essere durati per settimane.
- Si può sapere che diavolo vi è saltato in mente?
Lo dico con tono funereo, a nessuno in particolare.
I tre si azzittiscono di colpo come se non si aspettassero di venire rimproverati da qualcuno di cui avevano dimenticato la presenza. Dura pochissimo, poi Kopplen getta il braccio attorno al collo di Nicholas e scoppia in una risata inopportuna.
- Ragazzi, - esclama, - è stato magnifico! Quella cosa non mi avrebbe nemmeno permesso di farti il solletico.
Shad è quella a dare le spiegazioni perché il silenzio di Nicholas le mette paura.
Mette paura anche a me.
- È lo scopo per cui abbiamo creato quell'androide, proteggere gli esseri umani che gli vengono affidati, ma c'è un motivo se non l'abbiamo rivelato a nessuno prima d'ora: Wadad non è ancora collaudata, i suoi processori non distinguono l'infinita sfumatura delle dinamiche umane.
Alla fine, aggiunge: - Non c'era speranza che capisse il tuo scherzo, Franz. Avrebbe potuto farti del male.
Si sente in colpa, realizzo, ma se era al corrente del rischio in cui lo stava cacciando, perché l'ha portato qui?
Ammicco nella direzione della carcassa sospesa in verticale e un brivido mi scuote lo scheletro dalla testa ai piedi.
- È cosciente? – deglutisco: - Quella cosa, è capace di pensare? Di sentire?
Shad aiuta Franz a sgrullarsi la polvere dal camice e dai capelli acconciati. Il mento le trema debolmente, come se fosse sul punto di piangere ma alla sua età non potessimo concederglielo.
- Io ne ho solo costruito i circuiti e le componenti anatomiche: darle la vita era compito di Nicholas, - mormora.
Sottointeso:chiedilo a lui.
E lui non aspettava altro che di spillare veleno. Veleno puro e senza antidoto.
-Non è viva, - sibila.
- È un ammasso di plastiche, ingegneria e scienze biologiche. Se è capace di sentire, vuol dire che avevate ragione: devo aver sbagliato qualcosa con lei.
Io e Shad ci saremmo ammutolite per molto meno. Mi faccio da parte mentre Nicholas approfitta della coltre di dispiacere che è calata su di noi per farsi strada verso la porta.
- Andiamocene via, Franz.
Kopplen si strofina la base del collo arrossata dall'urto violento: - Chol, - azzarda, - è stato –
- C'è ancora tutto l'esterno da visitare e se vuoi davvero che ti porti a Minneapolis domani mattina dovrai sforzarti di rimanere in vita per altre dodici ore.
Franz avanza qualche passo nella sua direzione, rimbalzando lo sguardo da Shad al suo migliore amico.
- Dai, non fare il guastafeste. Sono stato un idiota, lo ammetto e ti devo delle scuse. Ma questo, - indica, puntando l'indice contro la carcassa dell'androide.
- Questoè rivoluzionario. Chol, dovresti esserne orgoglioso, non puoi mica prendertela con Shad.
Nicholas compie un giro su sé stesso per ritrovarsi esattamente a confronto con l'espressione rilassata di Franz. Mi era capitato di vederli in questo modo, vicinissimi fino a mescolare i respiri, a condividere tutto quanto senza che niente li accomuni. Due facce della stessa luna, nei colori e nel modo di comportarsi. Sotto certi aspetti, credo che a Nicholas non sia mai stata data una chance di essere come gli altri bambini. Franz, dal canto suo, sembra quasi che non sia ancora cresciuto del tutto.
- Smettila, - gli sussurra Nicholas, gli occhi rimpiccioliti dal modo in cui li tiene bassi a inchiodare Franz, cinque centimetri più in basso di lui.
- Nei hai combinate abbastanza per oggi, - sibila, - adesso ce ne andiamo.
Si dilegua oltre l'ingresso del laboratorio senza accertarsi di essere seguito. Per un po' mi sento male all'idea che Franz possa scoccargli alle spalle una frecciatina delle sue; che possa costringerlo a cacciare il peggio di sé, come è accaduto in passato.
Ma questo equivarrebbe a sottovalutarlo, realizzo, stringendomi a Shad per impedirle di seguirli.
Kopplen è tante cose messe insieme, come una tavolozza piena di tempera che si mischia verso i margini. È infantile, a tratti incosciente ed egocentrico, ma innegabilmente diabolico.
Che non conosca i propri limiti oramai è una certezza, ma credo che abbia ritenuto più utile scolpirsi nella mente quelli di Nicholas.
È la ragione per cui rimane in silenzio fino a saperlo abbastanza lontano. Solo a quel punto Franz si guarda da sopra la spalla e sboccia in un sorriso sghembo rivolto a Shad.
- Sapete com'è fatto, - sdrammatizza.
Fa spallucce come a dire che niente gli importi davvero più del dovuto.
- È solo arrabbiato perché è anche un po' colpa sua.
- No, - rispondo.
Ed è una parola sola, ma mi convinco che la farò valere.
Ho pochissimo tempo per farmi valere e da qualche parte devo pure iniziare.
- Non lo è, - dico.
La colpa è tua.
Franz mi scannerizza dalla punta delle scarpe fino in cima, come se nel corso della mattinata non mi avesse davvero riconosciuto. Fischia d'ammirazione. Un fischio acuto da cartone animato, sbattendo le palpebre per la curiosità.
È come vedere un artista che trova l'ispirazione per un'opera d'arte d'avanguardia.
Quando infila la porta la sua mano sta ancora sventolando a mo' di saluto.
Cellula impazzita, espiro.
- Shad, - chiamo alla fine.
La mia amica si è seduta su uno sgabello con la faccia tra le mani e una guancia bagnata di lacrime.
- Che succede se un cancro attacca il sistema immunitario che lo sorveglia?
- Il corpo si ammala di leucemia, Sybil. Che cosa c'entra la medicina con tutto questo disastro?
Mi siedo anche io. Lontano dall'androide che dorme.
Qualcosa mi dice che questa è stata l'ultima volta in cui gli occhi umani di Wadad si sono posati sul viso pallido del suo creatore.
- Un tumore che invade le difese immunitarie dell'organismo che lo sta ospitando, - dico, più a me stessa che a Shad. Ma lei mi risponde lo stesso.
- Sì, - sussurra, - te l'ho spiegato: è la malattia che ha ucciso il padre di Nicholas.
Angolo dell'autrice: ho appena realizzato che se tutto va come sperato mancano pochi capitoli alla fine di Entropy. Sono sicura che per molti di voi questo capitolo è sembrato un climax discendente, ma non credo che siate preparati per quello che verrà dopo. Nei miei piani rientra il desiderio di farvi rallentare i battiti prima della batosta finale. Troppo malvagia, come affermazione? Ammetto che questo capitolo mi ha tenuta bloccata per mesi: mi serviva assolutamente un modo per introdurre Wadad e per avvicinare Franz alla Villa, ma niente mi convinceva. Kopplen, dal canto suo, non è venuto solo per dare fastidio. E anzi, credo che nel prossimo capitolo alcuni di voi stapperanno lo spumante e brinderanno in suo nome.
E per quanto riguarda Nicholas: che cosa prova, lui, esattamente? Sembra combattuto, non credete? E Sybil che a fine capitolo si espone per difenderlo a che cosa stava pensando?
Come sempre mi scuso per l'attesa a cui costringo tutti quanti, ma non posso fare altrimenti. Scrivo in ogni momento libero che posso e questo dovrebbe rendere un'idea del poco tempo che ho a disposizione. Io però vi voglio ringraziare nonostante tutto. Ci sono lettori fedeli che sono rimasti a sopportarmi e meritano tutto il mio amore. Grazie. Grazie. Grazie.
Vi lascio alle note.
Note:
1. Verdammnt: "dannazione", esclamazione in tedesco.
2. Palazzina di Caccia di Stupinigi: residenza costruita dai Savoia nel diciottesimo secolo, in provincia di Torino. Attualmente, l'intero complesso architettonico è patrimonio dell'UNESCO.
3. Soluzione tampone: si tratta della coesistenza di due sostanze, rispettivamente un acido e di una base deboli che hanno il compito di difendere i nostri liquidi biologici (sangue incluso) dalle variazioni di pH.
4. Linfocita T: una tipologia dille cellule del sistema immunitario; la sottocategoria denominata "linfocita T-CD8+" ha il compito di proteggerci dalle cellule mutate che potrebbero trasformarsi in entità maligne. Quando il sistema di sorveglianza fallisce o il cancro trova il modo per ingannarlo, l'essere umano si ammala di tumore.
5. Ghiandola surrenale: organo posizionato sul polo superiore dei nostri reni, ha il compito di rilasciare diversi ormoni, in particolare l'adrenalina, liberata in condizioni di stress.
6. Wadad: il nome dell'androide si riferisce alla divinità araba (preislamica) dell'Amicizia. Ricordo che Sharazad è a sua volta di origine araba.
7. Um Himmels willen: "Cristo Santo!", esclamazione in tedesco.
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