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13. La trasposizione di elementi virali endogeni


Elementi virali endogeni: si definiscono trasposoni alcune sequenze di DNA presenti negli esseri viventi, capaci di spostarsi da una posizione all'altra del genoma. Vengono generalmente considerati come elementi di un DNA parassita, probabilmente di origine virale, assimilabili a mine vaganti tra i nostri cromosomi. Il loro imprevedibile spostamento all'interno del DNA è alla base di patologie come la schizofrenia e, soprattutto, il cancro.


Posso ignorare Maria.

Posso ignorare Xanders.

Se mi impegnassi abbastanza da isolare il parlottio che serpeggia tra le scalinate, potrei ignorare tutti i Novi che si fanno educatamente largo a sgomitate pur di guadagnarsi un posto speciale alla conferenza di Malcom. Basterebbe inchiodare lo sguardo sul parquet e aspettare.

Il punto è che non posso far finta che Sharazad non esista: non quando la metà bronzea e naturale del suo viso arrotondato è così felice di incontrarmi; non quando alcune delle sue sorelle – se ne sono aggiunte altre due all'appello, – non desiderano altro che fare la mia conoscenza.

In situazioni come questa l'unica alternativa praticabile rimane tenere le labbra arcuate tutto il tempo e cucirle più in su che si può con ago e fil di ferro, fino alla paralisi facciale: non so che cosa mi dia la forza di stringere loro le mani mentre tutto quello che vorrei fare è nascondermi sotto una montagna di coperte; di seguire Shad fino alla fila che Xanders ha occupato per noi, mentre scappare dalla parte opposta sembra indispensabile come lo è il bere; di rispondere alla domanda "va tutto bene?" con la risposta "una meraviglia, davvero", mentre il mio petto sospira e singhiozza e urla di star vivendo in un incubo.

Immagino di tradurre i miei pensieri ad alta voce per prevederne il suono: "L'unico amico di Nicholas Reichenbach, mi ha stretto le dita attorno al collo fino a quando non ho pensato che sarei morta. Credevo che mi avrebbe ucciso. Che sarebbe finita in questo modo, in assenza d'ossigeno, senza nemmeno poter prendere un altro respiro."

Avrebbero un suono raccapricciante.

Quello che dico allora è scontato: - Ci sono parecchie persone.

Poi rimango in silenzio e stringo i denti.

È come se mi fosse venuto sonno. Un sonno tremendo, da dondolarsi sul posto e cadere. Sono sveglia, ma intorpidita. Riesco a pensare, ma con la lentezza di chi vaga in un brutto sogno. Ci sono del cemento nella mia testa, calce nella mia bocca e ovatta nelle mie orecchie.

Per un istante mi convinco che gli occhi di tutti siano puntati sulla fibra di lana blu che mi circonda le spalle, arricciandosi dal collo fin sotto il mio mento. Ma è una bugia. È un pensiero sconnesso. Di quelli che se non riesci a respingere c'è da preoccuparsene.

È l'ansia che suona il campanello per lasciarti un volantino.

Mi pizzico la coscia da sopra i pantaloni e la breve scarica di dolore registrata dal mio corpo serve a riscuotermi. Questo è davvero sbagliato: il rispetto per la propria persona è alla base di qualunque terapia mi sia mai stata consigliata.

La sporca verità, però, è che il fastidio mi schiarisce le idee. Riesco a guardarmi intorno e a scoprire che l'interesse dei Novi è concentrato altrove: sul palco allestito per la conferenza, sui tablet dei divulgatori scientifici a caccia di talenti, sullo staff dell'evento.

Nessuno mi sta osservando.

Se mi sento come un corpo in attesa di un'autopsia, è colpa dell'agitazione ossessiva che mi stringe lo stomaco. Se tutto scorre come se il tempo si fosse appiattito sul muro è perché la mia schiena è stata spinta contro una parete meno di due ore fa.

Quando qualcuno mi sfiora la spalla mi scanso in uno scatto.

La mia pelle sfrigola per il contatto inaspettato con una superficie fredda e liscia.

Fredda, liscia e bianca.

Come una perla.

- Sybil?

L'arto meccanico di Shad.

Mi chiede perché non voglia sedermi.

Non sento il bisogno di rimanere in piedi, è solo che non mi ero resa conto di aver raggiunto la nostra fila. Piego le ginocchia perché è quello che ci si aspetta da me e faccio aderire la schiena alla poltroncina contrassegnata dalla placca metallica "E17".

Strizzo nervosamente i braccioli e il velluto mi graffia i polpastrelli.

Toccare superfici ruvide è una benedizione. Il tatto è il giusto mezzo tra l'avere cura del proprio corpo, evitando i pizzicotti, e tenersi ancorati alla realtà come tutti gli altri. Dentro di me, in questo momento, c'è poco spazio per qualcos'altro che non sia panico o umiliazione o incertezza.

L'unica cosa da fare è rimanere fuori.

- Sei arrabbiata perché non ti ho raggiunto a colazione?

Shad sembra così giovane, oggi. I capelli sciolti le donano più di quanto non creda: non indossa il chador come alcune delle sue sorelle, ma di solito tende a raccogliere le sue lunghe ciocche corvine in acconciature troppo complicate per tentare di ricrearle.

Deglutisco e sorrido, grattandomi il collo da sopra la sciarpa.

- Non sono arrabbiata, - le assicuro. La mia voce è così roca che non devo nemmeno inventarmi una scusa per convincerla.

- Ho un brutto mal di gola.

Sfoggio una smorfia di dolore e improvviso un colpo di tosse. Le mie abilità recitative sono rimaste quelle di un albero di cartone.

- Credo di aver preso freddo.

- Freddo? Ci saranno ventisette gradi, qui dentro! – ridacchia.

Vero.

Il caldo nell'auditorium è insopportabile.

- Mm, non mi sono asciugata i capelli dopo la doccia.

E sono stata presa a calci, strozzata e ricattata nel giro di una singola mattinata.

Anche questo non lo dico.

So che dovrei farlo, che coprire un'aggressione è darla vinta all'aggressore e che nessuno potrà mai aiutarmi se non scelgo di parlare.

Ma allora perché, dannazione?

Perché non ci riesco?

Perché, perché, perché, perché tradisco la mia stessa fiducia in questo modo?

Shad appoggia sul palmo della mia mano una caramella alla menta che Ren ha fatto arrivare dall'estrema destra della fila. Lotto a lungo per scartarla, dopo averlo ringraziato. Ren mi fa l'occhiolino, masticando l'elastico del suo nuovo paio di goggles: sono piuttosto ridicoli, di un giallo elettrico che fa a pugni con il colore dei tatuaggi che si arrampicano fuori dalla sua maglietta. Già li adoro.

- Un po' di mentolo e passa tutto, - mi assicura.

Metto la caramella sotto la lingua, contando i secondi prima che la sua superficie zuccherata venga corrosa fino a scoprire un cuore balsamico. Capisco perché rimango in silenzio nonostante la consapevolezza che sto sbagliando: non è il pensiero di perdere i miei ricordi a paralizzarmi; è la paura di rimanere da sola in tutto questo: è il terrore che la registrazione in possesso di Franz allontanerà da me gli unici Novi che sono dalla mia parte.

Shad.

La mia amica Shad.

Se sapesse quello che ho minacciato di fare, rischierei di perdere anche lei.

E a quel punto sarebbe finita.

Sto cercando le sue dita quando Nicholas appare alla base delle scale, scortato da due hostess impeccabilmente vestite. Lo accompagnano fino alla poltroncina a lui riservata, una fila davanti alla nostra e decisamente non abbastanza lontano da non avercelo sempre sott'occhio.

- Potete andare, - taglia corto. In realtà suona come se le stesse scacciando.

Le due vengono congedate con un gesto rapido della mano prima che Nicholas prenda posto con la ferma intenzione di negare a sé stesso la nostra esistenza.

Da quello che riesco a intendere il piano di Xanders è più o meno lo stesso. Maria si concede al massimo l'indignazione di non averlo ferito più gravemente, visto che tutti i tagli sulle sue guance si sono rimarginati.

Io invece non riesco a smettere di guardarlo.

Lancio occhiate furtive alla sua camicia e mi accorgo che si è cambiato. Ha appuntato la spilla a forma di DNA sul colletto e si è di nuovo pettinato i capelli dietro le orecchie. Una parte di me vuole sporgersi in avanti e chiedergli scusa. L'altra gli dà la colpa di tutto quello che è successo.

Nel complesso la situazione è piuttosto comica.

Imbarazzante.

È come quando Lilith giocava in cucina con le calamite e la limatura di ferro "presa in prestito" dagli attrezzi di papà. La mia attenzione è magnetizzata verso l'unica persona nell'anfiteatro che è allo stesso tempo il polo negativo e il polo positivo della platea. Una metà dei presenti è assolutamente attratta dalla sua presenza; tutti gli altri lo detestano perché sono invidiosi di lui, o hanno questioni in sospeso con lui, o vorrebbero solo essere come lui o essere con lui, anche se non c'è nessuno al Mondo con cui Nicholas sembra aver voglia di parlare.

Non c'è nessuno con cui sembra tollerare di condividere l'aria.

O almeno è quello che credo fino a quando Franz Kopplen non lo raggiunge, salendo su per le scale tre gradini alla volta.

La mia bocca si prosciuga nel tempo di un'ascesa.

Cosa faccio?

Fingo di parlare con Shad.

Me ne vado.

Resto immobile?

Prima ancora che Nicholas dia l'impressione di averlo notato, Franz ruba il posto a un'anziana ricercatrice. Si appollaia con le braccia sullo schienale della poltroncina che fronteggia quella di Nicholas e gonfia le guance. Nicholas si sforza di non sorridere, ma i suoi zigomi affilati vengono letteralmente lanciati verso l'alto da qualcosa che assomiglia al divertimento.

- Credevo che la virologia non fosse di tuo interesse, carissimo, - dice pacatamente. Franz fa finta di non aver sentito e batte il pugno sull'imbottitura dello schienale.

- Allora?

Il suono della sua voce è una violazione di tutti i miei diritti.

Qualcuno lo faccia smettere.

- Allora, - comincia Nicholas, senza preoccuparsi che qualcuno stia origliando la sua conversazione, - pare proprio che dovrò sopportarti per una variabile di tempo tendente all'infinito, Franz.

Che cosa significa?

A qualunque circostanza Nicholas si stia riferendo, Franz Kopplen non è l'unico ad arrivarci. Sento Xanders afflosciarsi su sé stesso non appena Franz si porta le mani sulla testa.

- No, - esclama, - mi prendi in giro.

- Ho accettato il lavoro della FeEBS. Mi trasferisco a Basilea il mese prossimo.

Ah.

Significa questo.

- Maledetto bastardo, non ci credo!

Franz scavalca la fila di poltrone che lo separa da Nicholas e gli butta le braccia attorno al collo, la faccia immersa nella sua giacca e la mano stretta attorno ai ciuffi diafani alla base della sua testa. Ride come farebbe un bambino dopo aver ricevuto un nuovo giocattolo. Nicholas recita la parte di quello che deve mantenere un certo ritegno, ma c'è qualcosa, nel mondo in cui lascia che Franz lo tenga stretto, a far pensare che un privilegio del genere è concesso solo a qualcuno a cui tiene davvero.

Solo a lui in tutto l'Universo.

Non l'ho mai visto così contento.

- Verrai a stare da me. Io cucinerò e tu ti occuperai di fare la lavatrice. Andremo una volta al mese a Venezia e a Firenze e a Londra a vedere "Les Misérables", e la sera ti costringerò a guardare talent show sul divano.

- Dannazione, - sospira Franz, - da quant'è che pianifico di adottarti? Una vita?

- Ma se sono di nove giorni più vecchio di te, - sbuffa Nicholas, come un fratello più grande alle prese con i capricci dell'ultimo arrivato in famiglia.

- E assumeremo un cuoco, comunque. Non ho intenzione di morire di fame.

Nicholas si tira indietro. Non del tutto, giusto un po'.

Le sue mani salgono sulle spalle di Franz.

Osservo tutto, anche la pressione che vi esercita sopra: lo noto da come la giacca di Franz si stropiccia sotto la sua presa.

Franz sgrana i suoi occhi enormi e lucidi che sanno d'Estate. Non ti aspetteresti mai che dietro quel viso da angioletto ci sia qualcuno capace di metterti le mani addosso.

Vorrei potermi alzare e gridare a tutti che sta mentendo e che è un bugiardo, un bugiardo, un maledetto bugiardo. Che non c'è niente di buono in loro due.

O forse è questo, il punto. C'è del buono solo tra loro due. Perché sono migliori amici, come Lilith e Alphy. O ancor di più: due fratelli.

Nicholas non è mai stato così serio nemmeno nelle sue presunzioni più autorevoli.

Quello che bisbiglia a Franz, la voce ridotta a un sussurro, è diverso dal resto.

- Immerhin hatte ich Ihnen versprochen.

È diverso perché è in Tedesco.

Realizzarlo è meno scontato di quanto ci si possa aspettare: non perché sia anomalo o inaspettato; anzi, c'era proprio da aspettarselo. Il messaggio che Franz aveva inviato a Nicholas due sere fa era in tedesco. La loro lingua madre è il tedesco. Franz è ospite dell'Istituto di DC, ma vive ancora in Germania, e Nicholas ci è vissuto fino a pochi anni fa. È naturale che non comunichino in inglese. Quello che non capisco è perché fino a questo momento lo abbiano fatto.

- Ja, du hast es versprochen, - risponde Franz. Il suo sguardo si abbassa, mentre lo dice. La sua risposta affermativa è tutto quello che riesco a comprendere dal loro breve scambio di battute. Che cosa si siano appena sussurrati rimane un mistero capace di far deglutire entrambi.- La conferenza sta per iniziare, - continua Nicholas.- Va' a prendere posto, fannullone, prima che ti richiamino pubblicamente.

Franz annuisce e spinge Nicholas all'indietro sullo schienale della poltroncina. In tutto questo tempo non fa mai caso a me. Lo vedo allontanarsi e le mie mani si rilassano a coprire le ginocchia. Se mi avesse rivolto anche solo uno sguardo non so come avrei reagito.

Probabilmente avrei vomitato.

Rimango immobile per un po', poi giro la testa dall'altra parte: - Lo sapevi? – chiedo a Xanders.

Scuote la testa con amarezza.

I suoi lineamenti sembrano invecchiati nel giro di pochi minuti. Quando si sbilancia in avanti per richiamare l'attenzione di Nicholas lo fa con la delusione di chi ha perso la battaglia in partenza e sta solo cercando di affrontare la sconfitta nel più dignitoso dei modi.

- Congratulazioni, Nicholas.

Congratulazioni: questo è tutto quello che ha da dire? Perché se è vero che Nicholas non l'ha consultato prima di prendere una decisione del genere, significa che l'opinione di Xanders, tra queste persone, vale meno di niente. Nicholas lo ha tenuto all'oscuro perfino della scelta da cui potrebbe dipendere il suo futuro, quella che lo porterà lontano dal Minnesota, dalla Villa e dai suoi guai. Che sono in parte i miei guai, per inciso. Ma non posso credere che abbia scelto di andarsene a causa mia.

Meglio svignarsela prima che la storia di Lilith Crowford diventi troppo pericolosa per poter essere affrontata, è questo che ha pensato? Alla sua carriera, come sempre? Osservo il modo in cui il suo profilo ruota impercettibilmente in direzione di Xanders, con il mento un po' alzato al suo solito e le sopracciglia aggrottate.

- Grazie, - dice solo, ed è una beffa bella e buona, l'ennesimo affronto e l'ennesima sfida. Chiedetemi perché l'ho fatto; perché vi lascio qui, perché non siete nessuno per me: chiedetemelo e io non vi risponderò, perché nemmeno valete una risposta. Xanders rimane aggrappato al velluto fino a farmi sperare che non si tiri indietro anche stavolta. Ma del resto il futuro di Nicholas Reichenbach non ha niente a che vedere con il mio. Siamo su due rette parallele, noi due. Quando ci incontriamo alla matematica non piace e tutto comincia ad andare storto.

- Se ne va, - mormora Shad. Non è la sola a commentare la notizia, ma è l'unica a farlo con la sottoscritta. La sua espressione ferita mi punge il cuore e mi fa venire voglia di essere quella che per una volta sa esattamente cosa è giusto rispondere.

- Non è quello che volevamo tutti?

Dire "volevamo" è ben diverso dal dire "volevate". Prego in silenzio che non me lo faccia notare, perché non so se lo intendevo davvero. Non so come mi sento nei confronti di Nicholas.

Mi ero ripromessa che non mi sarebbe importato.

Shad si massaggia la mandibola a livello delle inserzioni metalliche che scivolano sotto la sua pelle. Le sue unghie perfettamente ovali incorniciano una smorfia tremante di indecisione.

- Bisogna stare attenti a quello che si desidera, - sussurra.

- Non si sa mai che diventi reale solo per farci scoprire di aver sbagliato tutto.

***

Malcom è diverso da come me l'ero immaginato.

Mi costa ammettere che Maria e Toni erano così entusiaste di assistere alla sua conferenza da aver alzato irreparabilmente le mie aspettative. La figura che si presenta sul palco con un microfono spillato sul taschino, infatti, non ha niente a che vedere con la sensualità mozzafiato di Kornel Szilàrd.

Quest'uomo potrebbe al massimo passare per suo padre.

Adottivo, però.

Malcom è un signore di mezza età con le basette brizzolate e degli occhiali dalla montatura troppo spessa per le sue guance piatte. Il suo fascino, mi rivelano, sta piuttosto nel brivido dell'inatteso che lo accompagna ogni anno, visto che è lo scienziato delle sorprese improvvise e delle innovazioni che non ti aspetti da un campo complesso come quello della virologia.

Che è lo studio dei virus, tra parentesi.

Ci ero arrivata senza che Maria si sentisse in dovere di darmi una lezione a riguardo e a voce troppo alta per non essere fatto apposta. Su una cosa Nicholas aveva ragione: Maria adora essere al centro dell'attenzione di tutti.

Soprattutto di quella dei ragazzi seduti alla nostra sinistra.

- Ad ogni esposizione apriamo un giro di scommesse su quello che è riuscito a inventarsi per l'occasione, - dice.

- Vuoi partecipare?

Non ho soldi da puntare alle scommesse. Non ho soldi in generale. Se li avessi, comunque, non avrei la minima idea di che cosa si potrebbe scoprire studiando delle "informazioni biologiche parassitarie". Nel dubbio faccio cenno di no con la testa.

- Oh, okay. Tanto la maggior parte delle volte non vince nessuno.

Nonostante questo Maria sfila dalla tasca banconote da cinquanta verdoni come se mia madre non dovesse lavorare due giorni interi per guadagnarsene una.

Stilo mentalmente un elenco del contenuto del mio portafoglio: due fototessere, un documento stropicciato, qualche scontrino dell'anno scorso, quattro biglietti dell'autobus e diciannove dollari. Non è vuoto come avevo pensato, ma nemmeno contiene una somma che possa considerarsi utile.

Diciannove dollari riuscirebbero a riportarmi a casa?

Non è nostalgia quella che provo.

Io le detesto, quelle quattro pareti.

È che mi manca la sensazione di trovarmi in un posto e sapere esattamente dove mi trovo. Che cosa si nasconderà dietro l'angolo. Chi ci sarà dietro la porta di camera mia.

- Che te ne pare?

Da come il pubblico reagisce alla presentazione di Malcom immagino che abbia appena descritto qualcosa di interessante, nonostante la sua esse sia un po' troppo sibilante per non distrarre chi lo ascolta.

Onestamente avrei dovuto concentrarmi sulle sue parole, visto lo sguardo adorante di tutti e i colori sgargianti dello schermo alle sue spalle. Il problema è che non riesco a staccare gli occhi da Franz Kopplen senza pensare che potrei perderlo di vista e ritrovarmelo di nuovo vicino.

Affondo il naso nella sciarpa.

Sotto i tre strati di fondotinta che mascherano la mia pelle ci sono quattro segni porpora a sinistra e un graffio più spesso sulla destra: sono le impronte delle sue unghie. Al solo ricordo dell'aggressione il sangue sembra scorrere come plastica sciolta attraverso le mie vene. Si fa pesante e viscoso e non riesce a raggiungere le dita.

- Aggiornami sull'argomento che sta trattando Malcom, - butto fuori.

- Nuovi vettori virali su misura, - dice Shad.

- Riconoscono i polimorfismi genetici di un paziente e si inseriscono nel suo DNA esattamente dove previsto, - continua, poi mi rivolge un'occhiata apprensiva: non sembra convinta del mio stato di salute.

- Sono ancora dei prototipi, comunque. Sei sicura di stare bene?

- No. Cioè, sì, ma rimpiango il tempo in cui nella mia vita erano solo i vestiti ad essere fatti su misura.

Ci scherzo su.

La mia famiglia può permettersi al massimo di fare spesa da Walmart.

- Quello che intendo è che se mi parlassi in arabo avrei più chance di non sentirmi confusa.

- Oh, Sybil, - sorride.

- Sai che cos'è un virus, non è vero? Alcuni lo definiscono un parassita, ma non è esattamente così: non si tratta di un essere vivente, né di un essere non vivente. Un virus è un'informazione, un piccolo filamento di DNA che cerca disperatamente di continuare a esistere, - afferma.

- Il punto è che per farlo è costretto a entrare nelle nostre cellule e, in alcuni casi, nel nostro DNA. E lì si nasconde, a volte per giorni, a volte per anni, e nel frattempo si riproduce fino a quando, saltando allo scoperto, non uccide le nostre strutture biologiche.

Carino.

- Sono a una conferenza scientifica o alla presentazione di un libro di Stephen King?

- La prima, credo. In realtà quelli come Malcom sintetizzano nuovi virus in laboratorio con scopi terapeutici. Li riempiono di DNA utile al nostro organismo e li utilizzano come una specie di portapacchi affinché esso venga inserito in quello delle cellule di una persona malata. Serve a curare le malattie genetiche, Sybil.

- È un procedimento complesso, ma affascinante. Si possono salvare delle vite umane, - aggiunge. Ne va molto fiera.

- Insomma, - roteo gli occhi, - farei meglio a dargli ascolto.

Shad si dice contenta del mio piccolo sforzo.

- Sarà divertente, vedrai. Quando meno te lo aspetti ci lascerà senza parole: l'anno scorso ha simulato la diffusione di un'epidemia virale sui nostri cellulari. Non chiedermi come ci sia riuscito, ma i telefoni di tutti sono rimasti inagibili per un giorno intero.

Le rivolgo un'espressione interrogativa.

- Lo so, - alza le mani, - sembra assurdo, ma alcuni virus informatici funzionano alla stessa maniera di quelli patogeni.

Che forza!

Guardo Grant Malcom con nuovo interesse.

Non può vantare un capolavoro di faccia come il questore Szilàrd, ma per poco non mi viene voglia di partecipare a quella scommessa.

Se solo avessi cinquanta dollari.


***

Drizzo le orecchie per cercare di imparare qualcosa di nuovo, ma all'inizio è una faticaccia. La maggior parte dei termini scientifici che escono dal microfono di Grant Malcom mi tatua un punto interrogativo sulla fronte e basta a farmi venire il mal di testa. Il risultato a cui punto – e Shad è disposta a darmi una mano in questo – è comprendere il senso globale di quello per cui i Novi lavorano nei più importanti laboratori del Mondo.

Per adesso ho concluso che Malcom sta curando persone affette da patologie legate al malfunzionamento del sistema immunitario, inserendo dei virus all'interno delle loro cellule.

Il DNA al loro interno ha rappezzato quello pieno di buchi dei suoi pazienti, portando a miglioramenti immediati del loro stato di salute. Alcuni lo interrogano sulle aspettative di vita dei suoi malati, ma Malcom risponde con la stessa sicurezza di chi ha tutto sotto controllo o non si è posto domande a riguardo.

Ho appena iniziato a seguire senza distrazioni il suo discorso quando, qualche fila sopra la nostra, un giovane medico alza la mano per richiamare l'attenzione del professore. Un'assistente dai fianchi larghi e i tacchi a spillo si precipita a consegnarle il microfono.

La donna sembra pensarci su prima di afferrarlo, ma alla fine stringe le dita attorno al manico e si alza in piedi, schiarendosi la voce. Maria ne approfitta per chiedere una gomma da masticare a Charles.

- Mi scusi, professore, ma nella sua esposizione non ha specificato la sequenza di nucleotidi trasferiti per mezzo del Neo-Virus da lei costruito.

I nucleotidi sono i mattoni di cui è composto il nostro DNA.

E c'è chi ha la faccia tosta di dire che non me la cavo in biologia.

Il collo mi fa troppo male per rimanere girata a guardare la donna, così mi risistemo sulla poltrona e torno a fissare Malcom.

Sta sorridendo.

Non ci sarebbe niente di strano in tutto questo, se il suo non fosse il sorriso di un lupo dei cartoni animati.

Grottesco.

Grigio.

Gelido.

- Qual è l'origine del DNA inserito nei suoi pazienti per aumentare l'efficienza del loro sistema immunitario? I risultati sono abbastanza...mirabili rispetto a quelli auspicabili dal sequenziamento genoma umano.

Tiro la manica di Shad e scuoto la testa. Questo va un po' oltre le mie possibilità.

Non ho mai detto di cavarmela così bene in biologia.

- Traduzione?

- Aspetta, - sussurra Shad.

Aspetta?

La sua risposta non mi piace.

Shad è perplessa almeno quanto me.

Un leggero brusio si diffonde attraverso l'auditorium, ma io so che cosa sta per accadere.

Questo è il momento della sorpresa di Malcom, quello in cui ci lascia tutti a bocca aperta.

Mi metto comoda.

- La sua osservazione è corretta, Mrs. Cole. Il processo di endogenizzazione è avvenuto per mezzo di sequenze costruite in laboratorio dal Professor Nicholas Reichenbach, dell'Istituto del Minnesota, e dalle Professoresse Tu e Mei Lizhi, dell'Istituto di Shangai. I miei vettori virali contenevano DNA di Homo Novus sintetizzato durante i loro ultimi studi condivisi.

La bocca di Shad si spalanca. È la prima cosa che noto, più per il rumore delle sue articolazioni metalliche che si stirano in uno scatto, che per la mia lucidità. Quella ha iniziato a vacillare non appena il nome di Nicholas è spuntato fuori dal nulla. C'è sempre di mezzo lui.

- Shad? – mormoro.

Il suo non è l'unico sguardo sbarrato nell'auditorium. Mi accorgo di quello di Xanders, poi dell'incredulità di Toni e Armand, e infine del silenzio tombale calato sulla stanza come una ghigliottinata.

Zac!

Zitti tutti.

Cerco l'espressione agghiacciata di Nicholas e mi rendo conto che è successo qualcosa di brutto.

Mi tiro su con le braccia per studiare la reazione della platea e quello che vedo è un ventaglio di Novi che fissano gli unici due fuochi attorno a cui sembra ruotare tutto quanto.

Il primo è Nicholas.

Il secondo è Grant Malcom che passeggia sul bordo del palco come se volesse dimostrare a sé stesso di sapersi mantenere in equilibrio.

- Shad, - ripeto.

Mi dico che la nota di panico nella mia voce è ingiustificata e deve rimanere tale.

- Perché avete tutti l'aria di chi non ha vinto alla lotteria per un solo numero? In che cosa consiste la sorpresa di Malcom, esattamente?

Pensiero sconnesso.

Sono ossessionata dai brutti presentimenti.

È una compulsione.

Non è reale.

- Non è una sorpresa.

E invece sì.

- È un reato.

Non è vero.

Scruto la folla in attesa di qualcuno che sveli lo scherzo.

- Credo di aver frainteso, - comincio, e Shad mi tocca una gamba.

- Malcom ha appena ammesso di aver compiuto degli esperimenti sugli esseri umani, Sybil.

- Che tipo di esperimenti?

- Ha mischiato i nostri DNA. Quelli di un Novo e quelli di un Sapiens. Non è come se tu avessi un bambino con uno di noi. Questo è diverso, è come voler creare un super-uomo in laboratorio senza il consenso del diretto interessato.

- È totalmente sbagliato, - rantola.

- Non si conoscono gli effetti a lungo termine che un'ibridazione artificiale potrebbe avere sui pazienti. Potrebbero morire, Sybil.

- Cosa?! E perché Nicholas ha acconsentito a una cosa del genere?

Shad scuote la testa.

- Non credo che l'abbia fatto.

Mentre parliamo una ragazza della mia età balza in piedi e inizia a strepitare. Il suo aspetto e la rabbia con cui addita Malcom tradiscono che è una delle ricercatrici dell'istituto di Shangai. La sua grammatica inglese è perfino migliore della mia.

- Tutto questo è inammissibile! Il contratto che ci lega al suo laboratorio non prevedeva che il materiale fornito da me, mia sorella e dal professor Reichenbach venisse utilizzato per condurre esperimenti sugli esseri umani!

- Noi studiamo la struttura del genoma-novo, - sbotta, - non ci occupiamo di eugenetica!

- I tempi sono cambiati, professoressa. Avete sentito tutti le parole del Questore: il Mondo non è al sicuro. La chiave per renderlo un posto migliore è scritta nel nostro migliore DNA.

- Se anche solo uno dei nostri geni riesce ad aumentare le prestazioni dei Sapiens, è giusto dare inizio a una serie di trials su larga scal –

Le uscite di sicurezza dell'auditorium si spalancano di colpo, sbattendo rumorosamente contro le pareti che fiancheggiano il palco. Due squadre di guardie in divisa si fanno largo tra gli strumenti messi a disposizione della conferenza.

Un uomo dall'aria intransigente tiene aperta la porta con un piede.

- Professor Grant Malcom la invito a scendere dal palco. In assenza del Capitano di Polizia mi riservo di darle l'ordine di seguirmi. Lei è accusato di esperimenti non approvati dal codice della Fazione ai danni di esseri umani consenzienti ma non informati sulla reale natura delle sue terapie.

- Come avrei potuto informarli se questa Fazione ci tiene nascosti come lebbrosi? Noi, il gradino più alto della scala evolutiva, costretti a vivere all'ombra delle scimmie.

Il poliziotto alza una mano per metterlo a tacere.

- Professor Malcom, la dichiaro in arresto per violazione della legge 457a. del Trattato. Mi segua. Subito.

- Molto bene, Signori, così sia, ma permettetemi prima di mostrarvi i risultati dei miei esperimenti.

Lo schermo alle spalle di Grant Malcom si riaccende di nuovi colori: la foto di tre ragazzi di diverse età viene proiettata alle spalle di Malcom. Giocano a calcio nel prato che circonda un ospedale: sono bianchi come se avessero passato gli ultimi mesi chiusi in una camera iperbarica e fossero tornati a vedere il Sole dopo tanto tempo.

- I miei pazienti sono tutti in buona salute. Ancora una volta dei Sapiens devono la vita a me, a Nicholas Reichenbach, alle professoresse Lizhi e a voi.

- Forse è arrivato il momento che riconoscano a chi devono lasciare il posto, - sibila.

- Perché limitarsi a Sybil Crowford, fila nove, posto E-diciassette, quando possono saperlo tutti?

- I Sapiens hanno avuto la loro occasione.

- Adesso tocca Noi.

Sybil Crowford.

Sono io.

Ho passato una vita intera a chiamarmi con un nome che in questo momento è come se non mi appartenesse. Come se risalisse le gradinate dell'auditorium, aggirandomi senza sfiorarmi, passando oltre, verso qualcuno alle mie spalle.

Non sono io, non sono io, non sono io.

E invece sono sicuramente io.

Perché Shad si tappa la bocca con le dita e la mia fila emette un'esclamazione di sorpresa e Nicholas mi guarda per la prima volta da quando abbiamo litigato. Pensavo che non mi avrebbe mai più rivolto una singola occhiata.

Mi sbagliavo.

Sybil Crowford è il nome sulle labbra di tutti, ma appartiene solo a me.

Questa volta non chiedo a Shad di spiegarmi il significato delle parole di Macolm.

Lo so bene che cosa vogliono dire.

Vogliono dire che Grant Macolm ha abbandonato la sua Fazione per passare dalla parte dei Novi che hanno fatto saltare in aria un'intera scuola pur di prendersi mia sorella.

Vuol dire che in una storia di supereroi combatte per i cattivi.

È per questo che quando centinaia di persone si alzano in piedi, tutte insieme, a mo' di soldatini, mi aspetto che comincino a insultarlo. Che finalmente la Polizia lo porti via per incitamento all'odio, esperimenti sugli esseri umani e furto di materiale ai danni di tre giovani ricercatori.

E, da quello che so, per essere complice della sparizione di Lilith.

È per questo che quando centinaia di persone si alzano in piedi contro il raccapriccio dei restanti, non sopporto che Grant Malcom sia ancora su quel palco e nessuno venga a tirarlo giù.

Quello che fanno, invece, davanti, dietro, alla mia destra e alla mia sinistra, tutt'intorno, come a teatro, è iniziare ad applaudire.

***

Un attentato non lo dimentichi, se ci sei capitato in mezzo.

Non è come in tv: dopo qualche settimana se ne scordano i notiziari e dopo qualche mese se ne scordano i programmi di cronaca nera, fino a quando la tragedia successiva non lo sostituisce del tutto. Tu invece non ci riesci. Non lo cancelli. È inciso dietro le tue palpebre chiuse e nel tuo cranio, e quando dormi ti fa compagnia, e quando sei sveglia ti fa venire voglia di tornare a dormire. Anche quando non ci pensi ci stai pensando. Anche quando c'è un gran silenzio intorno riesci a sentirlo. Sempre.

Ma è solo adesso, nel preciso istante che segue quell'applauso, che mi rendo conto di quanto il terrore viscerale provato il giorno dell'attentato abbia intrecciato le proprie radici ai miei nervi. Adesso, quando i Novi iniziano a scagliarsi l'uno contro l'altro: quelli che sostengono Malcom e quelli – spaventosamente pochi, come conchiglie nella sabbia – che sconvolti cercano di reagire. Xanders, Amelia, i genitori di Armand e le sorelle di Shad.

Sono più di quelli che conosco, ma non abbastanza da contrastare chi difende Malcom quando due guardie lo accalappiano per portarlo via.

Un fischio assordante mi fa accapponare la pelle. Mi copro le orecchie, ma non serve a niente: è chiaro che qualcuno abbia strappato di mano il microfono a una delle assistenti e non abbia idea di come farlo funzionare senza assordarci.

Decine di Novi si riversano sulle scale.

Gli schienali delle poltroncine tremano.

Una voce rimbomba contro le pareti della stanza.

- Qual è il suo ruolo in tutta questa storia, Reichenbach?

Un uomo dalla testa rasata salta sul palco e punta un riflettore portatile contro la faccia di Nicholas. Tra l'ondata di suoni che mi investono registro spesso il suo nome, ma lui sembra non rendersene conto: Nicholas è incatenato sul posto, gli occhi verdi e le pupille fessurate e le palpebre che non cedono di un millimetro. Le sue labbra si muovono per parlare, ma Amelia e Xanders si precipitano oltre il bordo della fila per scuoterlo e fargli tenere la bocca chiusa.

- Nicholas, non rispondere per nessun motivo!

- Non dire niente, Nicholas, - strilla Amelia.

- Vieni via da lì!

- Che cosa pensava quando ha venduto i risultati delle sue ricerche a un criminale? – continua l'uomo.

Xanders riesce ad afferrare il colletto della camicia di Nicholas.

Lo strattona.

Basta una volta.

Nicholas si riscuote e in un secondo è in piedi. Quello dopo è sulle scale, mentre io vengo trascinata via da Shad, Ren e Maria. Xanders è l'unico che riesce a raggiungere Nicholas prima che i Novi gli siano addosso.

Nella confusione qualcuno mi tira i capelli e la mia mente ripercorre tutti i momenti che si sono succeduti dopo l'esplosione della mia scuola a Marshall. Tutti, dal primo all'ultimo.

Non c'è fuoco, non c'è fumo, ma tutto il resto è in subbuglio come dopo l'attentato: non c'è cenere, ma le urla provengono da ogni direzione e la pressione di decine di corpi contro il mio mi schiaccia la pelle sulle le ossa.

È uno scontro aperto. Niente discussioni pacate tra Novi di Fazioni diverse, ma spinte e insulti e confusione. C'è chi vuole proteggere quelli come me e chi vuole calpestarli.

E io sono in mezzo al loro campo di battaglia.

Un plico di fogli colpisce la tempia di Nicholas sparpagliandosi sulle nostre teste. Una ragazza afferra il bordo della mia sciarpa e lo tira in basso per farmi cadere.

Per poco non ci riesce.

Quando smetto di barcollare, aggrappandomi al braccio tatuato di Ren e al pesce disegnato sul suo bicipite, un brivido mi percorre la gola. Il mio collo è scoperto. L'ematoma in bella vista.

La ragazza ringhia contro di me: - A quelli come te non resterà che adattarsi o estinguersi.

Mi sputa addosso e la sua saliva mi sfiora la mano.

- Credevi che non sapessimo che c'era un'infiltrata dei Sapiens tra di noi?

- Non avresti mai dovuto venire qui, ragazzina.

E ha ragione, non avrei dovuto.

Troppo tardi, comunque. Quello che posso fare adesso è filarmela.

Devo andarmene da qui.

***

Nicholas è il primo ad essere scortato fuori. Dalla furia con cui i Novi di entrambe le Fazioni cercano la sua approvazione sembra impossibile che riesca a raggiungere l'uscita. Decine di persone gli puntano cellulari sul viso per strappargli una dichiarazione, mentre sgomita per farsi largo. Gli gridano contro di tutto. L'agitazione che circonda le sorelle Lizhi è niente rispetto a quella che sovrasta Nicholas e il suo stremato tentativo di risalire la folla.

- Professor Reichenbach, è arrivato il momento di scegliere!

- Stai sprecando le tue potenzialità, Nicholas!

- Deve condannare pubblicamente l'accaduto!

Un ricercatore gli strappa il badge dal collo per portarselo sotto il naso. Il corpo di Nicholas si fa piccolissimo contro le spalle immense dell'uomo.

- Sai di stare dalla parte sbagliata, Reichenbach. Pensi che a Basilea sarà diverso? Pensi che non verremo a cercarti?

Xanders lo spinge da una parte, forte e con con violenza. Le sue guance vanno a fuoco per lo sforzo.

- Lo lasci, - urla.

- Lo lasci, ho detto!

L'uomo molla la presa e Nicholas riprende a salire. Non riesco a vederlo in volto e nemmeno voglio farlo.

Un passo alla volta riusciamo ad avvicinarci all'uscita, ma la prospettiva da questa parte dell'auditorium è ingannevole; la fa sembrare così lontana che arrivo sul filo di un crollo nervoso e rimango in bilico. Shad mi incita a non fermarmi.

Ren mi parla in un orecchio.

Maria nell'altro.

Rimani con Xanders.

Abbassa la testa.

Occhio ai gradini.

Sguscia attraverso i corpi ammassati dei partecipanti.

Respira. Quello è importante. Quello è uno dei passaggi che non possono essere saltati, perché senza ossigeno le mie gambe non mi porteranno lontano da qui.

Segui Maria.

Continua a tenere bassa la testa.

Ignora gli insulti.

Scrolla il tocco degli sconosciuti.

Sguscia via e respira di nuovo. E io respiro. Guardo per terra senza mai lasciare andare la manica di Shad e continuo a spingere, gradino dopo gradino, il frastuono che mi martella la testa e l'attrito della stoffa dei miei vestiti contro quelli degli altri.

Però respiro. E alla fine ci riesco. Alla fine sono fuori, dove gli ampi corridoi del grattacielo permettono alla fila di defluire e a tutti noi di correre lontano dall'auditorium. Quando riusciamo a occupare il primo ascensore libero del piano, stipati gli uni contro gli altri, sembra passata un'eternità. C'è qualche sconosciuto a bordo, ma dall'espressione sconvolta sul suo viso deve essere qualcuno della nostra Fazione. Se c'è ancora chi le è fedele.

- State tutti bene? – ansima Xanders. Preme il tasto ventitré come se fosse sul punto di evaporare. Qualcuno risponde di sì tra un respiro affannato e l'altro. Qualcuno risponde di no.

La maggior parte di noi cerca di riacquistare la facoltà di parola con scarso successo.

Una goccia di sudore scivola nell'incavo del mio collo e per poco non emetto un suono strozzato. Giusto.

I miei lividi sono allo scoperto.

Tiro su la scollatura della maglia e cerco di nascondere le unghiate con i capelli.

O Dio, che cosa è appena successo?

Respira.

Asciugati il sudore freddo dalla fronte.

Tieni il mento basso sul petto per coprire la gola.

Appena le porte dell'ascensore si spalancano, lo fanno su un via vai di Novi frenetici che discutono animatamente nel bel mezzo di un atrio simile a quello del primo piano. La pioggia che frusta contro le vetrate perimetrali dell'edificio non fa che alimentare il rumore a dismisura. All'improvviso sono sul punto di sentirmi male.

Respira.

Mi premo i palmi delle mani sugli occhi.

- Sybil, - inizia Shad.

- Che cos'è questo posto? – annaspo.

- Che cosa ci facciamo qui?

Shad si muove a malapena. Se il mio corpo non è abituato a tutto questo, il suo deve essersi prosciugato; da sotto la sua maglietta si intravede l'accensione di spie che non le avevo mai visto addosso.

- Siamo al centro di assistenza della nostra Fazione, - inizia. È così scossa che non si accorge della mia collana inquietante di macchie violacee.

- Dopo quello che è accaduto dubito che possa essere considerato un posto sicuro, ma credo che a Xanders servisse un punto in cui radunarci tutti e prendere una decisione.

- Bene, prossima domanda: che diavolo è davvero successo là dentro?

- Non lo so, ma credo... C'è stata una...

- Una trasposizione, - dice qualcuno.

La madre di Armand. Il suo corpo da uccellino trema come un fuscello quando torna dalla reception presa in assalto dai Novi: ha l'aria trafelata di un rifugiato politico e stringe le braccia attorno alle braccia sottili di Armand. Suo marito le scansa un ricciolo biondo dalla fronte, mentre Xanders fa la conta per controllare che ci siamo tutti.

- Nello stesso momento in cui Malcom ha esplicitato la sua conversione all'altra Fazione, decine di voltagabbana hanno preso la parola ad altre due conferenze. Non c'è altra spiegazione, Xanders: lo stavano preparando da mesi.

- Non esiste che più di novecento persone scelgano di cambiare Partito da un momento all'altro, - ansima.

- Novecento?

L'esclamazione d'orrore è generale.

- A occhio e croce, ma non c'è modo di sapere chi sia coinvolto in questa storia. Chiunque potrebbe aver tradito la Fazione per passare all'altra.

- Così, dal nulla?

- No, - scuote la testa, - c'è una rivendicazione ufficiale dietro: al Congresso di San Pietroburgo di due settimane fa la Fazione ha rifiutato la richiesta di alcuni membri del Comizio di entrare nel Governo dei Sapiens in Europa. Io e mio marito c'eravamo: si sono fatti avanti Fermi per l'Italia, Raspail per la Francia e Santacilia per la Spagna e il Portogallo.

- La maggioranza ha votato contro di loro, - precisa il padre di Armand.

- Anche io avrei votato contro di loro! Avremmo tutti votato contro di loro. Eravamo d'accordo sul rimanere fuori dalla politica dei Sapiens.

- Non tutti, a quanto pare. Non dopo gli attentati di Marshall, Washington e Istanbul.

Istanbul?

Non ne sapevo niente.

Mi guardo intorno.

Nessuno di noi ne sapeva niente.

La madre di Armand è così agitata da non riuscire a stare ferma. Tormenta la camicia del figlio come se stesse vestendo una bambola di porcellana.

- Xanders, la ragazza non può rimanere qui, - mormora, e so che sta parlando di me.

- Useranno la sua presenza a loro favore, - aggiunge suo marito, e Delphine annuisce.

- Nemmeno il ragazzo può restare.

Il suo sguardo accarezza Nicholas, e il suo intero essere diventa così triste da far pensare che sia sul punto di piangere. La vista non è delle migliori, in effetti. Nicholas è come pietrificato. Il suo petto si alza e si abbassa, ma la sua mente sembra assente.

Distante.

Lontanissima.

Eppure tutti gli stanno alla larga come se potesse mordere.

Come hanno potuto tutte quelle persone prendersela con lui? Non so come ho fatto anche solo pensare che fosse complice di quegli esperimenti. Ogni centimetro del suo corpo grida che è innocente.

- Amelia, - inizia Xanders.

Il suo tono diventa autoritario. Non gli si addice.

- Ce ne andiamo adesso, prima possibile. Considera perduti tutti i contratti che non sono stati firmati fino a questo momento. Quello che conta, ora, è che Nicholas e Sybil salgano sul primo volo diretto a Minneapolis.

- Ho già controllato, Xanders, ma il primo volo parte tra più di sei ore.

- Sei ore sono troppe.

- Lo so, ma come riporteremo il resto dei ragazzi a casa se lasciamo loro il nostro aereo?

- Noi abbiamo un jet a O'Hare, - cinguetta Delphine. Non ci pensa due volte: suo marito le rivolge un'occhiata sorpresa, ma non si sforza di contraddirla. Se qualcuno mi guardasse allo stesso modo in cui il padre di Armand ammira Delphine, come se un angelo si fosse appena affacciato dalle porte del Paradiso, mi sarei sciolta sul pavimento.

- Mio marito li accompagnerà di persona fino all'aeroporto. La nostra auto è nel parcheggio sul fiume, devo solo contattare un autista di fiducia. Edmond?

L'uomo annuisce e Delphine gli stringe la mano.

Xanders soppesa la sua proposta, e qualcosa mi dice che vorrebbe poter venire con noi e scappare da quello che è successo. Se da grandi poteri derivano grandi responsabilità, lui non sembra desiderare nessuna delle due cose.

- Saranno al sicuro, Xanders.

Lo saremo davvero? Sono circondata dai rapitori di mia sorella. Ora come ora sembra impossibile sentirsi al sicuro.

- Va bene, - dice Xanders, e io non mi oppongo: mi fido di Armand, quindi mi fido di sua madre e di suo padre.

- Tutti quelli i cui genitori sono presenti all'esposizione verranno accompagnati da loro. Gli altri filino nelle loro stanze e ci restino fino a quando non vi informerò che è ora di andare in aeroporto. Non rivolgete la parola a nessuno, intesi?

- Nicholas, - continua Xanders, - ti accompagnerò di sopra io stesso. Tra al massimo un'ora devi essere pronto.

Nicholas sembra risvegliarsi tutto d'un tratto.

- Io non vado da nessuna parte.

- Cos – ?

- Non me ne vado senza Beatrice.

Questa, poi!

- Romantico! Solo che l'ho già sentito in, tipo, ogni maledettissimo film, - sbraito.

- Io me ne vado eccome.

Xanders prende un bel respiro e cerca di contenersi.

- Nicholas, questo non è il momento di fare l'adolescente, - sospira. Prima o poi lo faremo impazzire.

- Ho detto che non me ne vado senza di lei.

È incredibile come lotti per riacquistare il controllo di sé con le unghie e con i denti.

Xanders si abbandona a un'imprecazione con il solo risultato di scandalizzare Delphine Navier, passandosi una mano sulla barba arruffata. Gli adulti si scambiano un'espressione piuttosto eloquente prima che Xanders si decida a riprendere il controllo della situazione.

- Va bene, va bene, va bene. Andiamo a cercarla, contento?

- Maria, per sicurezza anche tu vieni con me. Nicholas, non fare storie, infilati la felpa di Ren e tira su il cappuccio. Usiamo gli ascensori del personale, sempre che qualcuno in questo posto sia ancora dalla nostra parte.

Amelia artiglia il piccolo crocifisso che ciondola dalla sua collanina.

- Hai idea di dove possa essersi cacciata? L'aspettavamo alla conferenza di Malcom, ma il suo posto è rimasto vuoto.

Nicholas annuisce.

- Muoviamoci allora. Tutti gli altri preparino le valige e... Shad.

Xanders ammicca nella mia direzione.

- Lei è una tua responsabilità.

Questo è il momento in cui Xanders Samuel si trasforma nel rettore che nessuno di noi credeva esistesse dietro quel viso paffuto: non ammetterà discussioni, perché non c'è discussione che regga davanti alla verità delle cose.

- Nascondete i vostri badge. Soprattutto tu, Sybil: credimi se ti dico che non vuoi essere una Sapiens in questo momento.

No, non voglio.

Infilo il badge sotto la canottiera mentre alcuni ragazzi seguono Amelia in cerca dei loro genitori. Xanders e Maria mi sfrecciano vicino, ed è a quel punto che Nicholas, seguendoli senza troppe storie, punta i piedi e mi attira a sé. Piroetto sul posto e finisco contro il suo petto. Le mie dita si schiudono sulla superficie morbida del cordoncino del badge e rimangono tra di noi, sospese a mezz'aria. Nicholas mi chiude la cerniera della felpa sopra la tessera magnetica e il suono della zip che sale dalla mia pancia al torace è così invadente da farmi arrossire.

Ci guardiamo.

E lui ha paura.

Me ne accorgo perché il suo cuore è come un martello che colpisce l'incudine dei miei avambracci appaiati.

Tumtumtumtum.

Una scarica di proiettili.

E se Nicholas Reichenbach è spaventato è perché la trasposizione di Grant Malcom non ha solo la portata di un'influenza virale: è una pandemia.

Il viso di Nicholas si sposta sopra i miei occhi, come se lo stessi studiando al microscopio. Non ci sono cicatrici, né imperfezioni: le uniche schegge di vetro rimaste sono quelle nella sua voce quando le sue labbra soffiano sui miei capelli.

Mi dico che vedrà l'ematoma sul mio collo.

Lo vedrà.

L'ha già visto.

Sta per dirlo.

E invece quello che fa è prendere le mie dita tra la sua mano, anche se è troppo presto per toccarsi di nuovo e senza preavviso.

Un foglio accuratamente ripiegato passa dal suo palmo al mio senza che nessuno se ne accorga, prima che Nicholas mormori: - Ottantunesimo piano, ala ovest. Lei non c'è.

Quando Maria gli sbraita contro e il mio petto sfila via dal suo, lo osservo sparire dietro l'angolo per constatare che non si volta mai indietro per nessuno.

Non ho alcun bisogno di aprire il biglietto per sapere di che cosa si tratta, quindi rubo tutti i secondi che ho a disposizione per riprendermi dall'accaduto. In ogni caso questo foglio è mio. Lo avevo lasciato nella stanza di Nicholas la notte in cui ci siamo baciati, ma le linee tracciate dalla sua calligrafia sono impresse nella mia memoria quasi come quelle lasciate dalle sue dita sulla mia guancia. Guardo l'orologio sul telefono: un'ora è troppo poco, ma dovrà bastare.

Raggiungo Armand e Shad prima che possano imboccare le porte dell'ascensore per tornare di sopra e fare le valige, ripetendomi che non ho tempo per pensare alle conseguenze di quello che sto per combinare.

"In assenza del Capo di Polizia..."

Dopotutto sono state le parole di quella guardia.

Consegno ad Armand il piano per fare irruzione nell'appartamento della donna che potrebbe sbattermi in galera per il solo fatto di averla incontrata.

- Ottantunesimo piano, ala ovest, - dico.

- Lei non c'è.

- Chi non c'è? – chiedono in coro.

- Zelda Hodgkin.

- È la nostra ultima possibilità.




Angolo autrice: chi non muore si rivede e vi deve delle scuse. Vi ho fatti attendere così a lungo che mi stupirei di sapere che qualcuno segue ancora questa storia. Mi dispiace tanto, ragazzi. Mi rivolgo a chi è ancora qua: grazie. Grazie perché questo capitolo è stato scritto per voi; per il supporto che mi avete dimostrato in questi lunghi mesi. Non c'è mai stato nessuno che abbia perso la gentilezza e mi abbia fatto troppa pressione. Siete i miei primi lettori e siete fantastici e spero di non perdervi mai. Per quanto riguarda il capitolo, forse non sarà dei migliori, e forse verrà editato meglio con il tempo e modificato, ma per adesso eccolo qua. Le cose si fanno serie: quelli che supportano Sybil diventano sempre più rari, soprattutto dopo la conversione di una parte dei Novi all'altra Fazione. Che cosa ci sarà dietro tutto questo? Se resterete con me e sarete pazienti lo scoprirete, promesso. Se qualcuno ha bisogno di chiarimenti riguardo i concetti scientifici che mi hanno ispirato per scrivere questo capitolo, non esiti a chiedermi. Ah, un'altra cosa, ecco la traduzione di quello che Nicholas e Franz si dicono in tedesco:

- Te lo avevo promesso, dopotutto.

- Sì, me lo avevi promesso.

Ho deciso di darvi una piccola anticipazione per ringraziarvi e tenervi un po' sulle spine.

Chi non volesse spoilerarsi questo particolare è pregato di non leggere:

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Zelda Hodking ha un fratellastro. Lo avete giàconosciuto, ma non vi dirò chi è, per adesso. Chissà, magari alcuni di voiindovineranno! Se avete una mezza idea, scrivetela tra i commenti    

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