10. La misura su scala Richter di un sisma prevedibile
Sisma: terremoto, scossa tellurica. In geologia si indica con questo termine un insieme di oscillazioni o vibrazioni improvvise, rapide e più o meno potenti della crosta terrestre, causate dallo spostamento di massa rocciosa nel sottosuolo. L'energia liberata da una scossa nell'ipocentro, chiamata magnitudo, si misura sulla scala Richter da un valore di zero fino a valori superiori al dieci, in cui si affrontano fenomeni di totale distruzione.
CAPITOLO 10.
Prima avvistiamo la Willis Tower. Chiedo a Shad come pensa che si possa descriverla utilizzando metafore o similitudini, ma lei è convinta che sia del tutto inutile provarci. Si limita ad elencarne le caratteristiche principali: centodieci piani e nove strutture tubolari di varie altezze che si rincorrono fino al tetto, a mezzo chilometro da terra; superfici di nero lucido, vetrate di bronzo e antenne che perforano il cielo. La Willis Tower è questo, ed è anche tutto ciò che mi sia mai capitato di vedere da un aereo senza che avesse le dimensioni di un puntino sfuocato. Almeno fino a quando non sorvoliamo la skyline, e decine e decine e forse centinaia di grattacieli non si tendono verso l'aereo, fissando l'azzurro denso del lago Michigan. Dicono che se sei stato a New York prima della Rottura, non ti lasci togliere il fiato da Chicago, eppure un panorama del genere mi manda fuori di testa. Forse è perché vengo dal Minnesota, e là di metropoli non si può parlare.
In Minnesota, sì, dove abbiamo lasciato Alphy. Pensare a lui è più destabilizzante che sopportare i vuoti d'aria dell'atterraggio, ma le vibrazioni del sedile non mi mettono nella condizione di rilassarmi e svuotare la mente. Sua zia l'ha trovato riverso sul pavimento prima che Xanders potesse anche solo pensare mettersi in viaggio verso Marshall: non era ferito, come se nella caduta qualcuno gli avesse tenuto delicatamente le spalle e lo avesse adagiato per terra.
Quando ho potuto chiamarlo per la prima volta, però, Alphy non ricordava un solo particolare che fosse collegato agli appunti di Lilith o alla presenza di un estraneo in casa sua. "Appunti, quali appunti?"
Secondo Xanders un'amnesia così specifica non può che essere stata indotta dall'utilizzo dell'Uo126, o pillola dell'oblio. Ho provato a capirne il funzionamento, ma è stato chiaro fin da subito che non possiedo le conoscenze basilari per riuscirci. Mettiamola in questo modo: la pillola agisce su un enzima del nostro cervello, il PKM-zeta - o PMK-zeta?- e intacca ricordi altamente specifici in base alla sua concentrazione. I Novi lo crearono per la cura di traumi psicologici, ma si tratta solo di un altro buon proposito fallito. Quello che importa è che è un tipo di molecola che solo loro sanno far funzionare.
L'aereo tocca la pista d'atterraggio con un tonfo leggero, e quando il pilota frena il mio corpo preme contro la cintura di sicurezza fino a farmi male. Stringo i denti e cerco di ignorare il fischio alle orecchie.
- Andrà tutto bene, - dice Shad, e so a che cosa si riferisce. Alphy è in viaggio verso la Villa: la copertura è quella di un centro invernale per studenti meritevoli, con tanto di documentazione in regola per tenere a bada la sua famiglia. Deamon, uno dei tre adulti della Villa, è rimasto in Minnesota a indagare sull'accaduto, e noi siamo appena arrivati in città per dare inizio alla fine di questa storia. Adesso so che mia sorella è viva, e che sta bene, e che non vuole tornare a casa. Ma io ce la riporterò comunque, e lei andrà in prigione. Semplice.
Non c'è nemmeno spazio per i brutti presentimenti.
L'aereo privato preso in affitto da Xanders si ferma del tutto e un annuncio ci informa delle condizioni meteo della città e degli spostamenti che effettueremo per arrivare alla sede dell'Esposizione. Ci saranno una breve cerimonia di benvenuto, dodici conferenze attive in giornata, settanta mostre da visitare e un gala a chiusura del primo giorno.
Prima ancora che il segnale delle cinture di sicurezza si spenga, Maria si infila degli occhiali da sole neri e si sporge oltre il suo sedile. Nicholas, la guancia di Beatrice appoggiata sulla sua spalla, non sembra sorpreso di vederla, e si lascia sfuggire una lamentela quando Maria comincia a canticchiare.
- "Come on, baby don't you want to go..."
Maria fa scoccare le dita e dondola la testa.
- "Hidehey, baby don't you want to go back to that same old place..."
- "Oh sweet home Chicago," - completa Nicholas, sbuffando. Maria prova a dargli il cinque, ma non ottiene alcun risultato, e allora lo insulta in italiano.
Chissà: forse tra una caccia ai terroristi e l'altra potrei riuscire a divertirmi.
***
Il Palazzo di Cristallo assomiglia alla Hancock Tower. Quella di Boston, però, con le superfici riflettenti che rispecchiano il cielo e mimetizzano il grattacielo fino a quando le saldature non si fondono con le nuvole. Le suole delle mie scarpe toccano l'asfalto di Chicago per una manciata di minuti, dopo essere scesa da una delle grandi automobili che ci hanno portato fin qui. Le persone sfrecciano sull'altro lato della strada a una velocità impressionante, senza nemmeno guardare dove mettono i piedi. Le strade sono affollate, e si accavallano le sirene della polizia, lo strombettio dei clacson e il vociare della gente. I turisti vengono tenuti lontano dall'edificio con la scusa che l'Esposizione sia un evento privato di beneficienza, ma non esitano a puntare la fotocamera verso il tetto dell'edificio. Seguo il loro sguardo, con la mano davanti agli occhi per proteggerli dal sole, e quello che vedo è travolgente. Il cielo è stretto tra due file di giganti d'acciaio e vetro. Non riesco a scorgere la fine dei grattacieli, come se le strutture si tuffassero tutte nell'atmosfera, fino a scomparire. Vorrei sorridere, ma ho la bocca spalancata.
- È fantascientifico, non è vero? Aspetta di vedere i palazzi sul fiume.
- Mi sento come se facessi la comparsa in un film, - dico a Shad, e scuoto la testa perché non riesco a credere alla maestosità dell'insieme: della vivacità dei suoni, delle immagini, delle dimensioni. L'Illinois non è mai stato raso al suolo dalla Rottura, ma chi si aspettava una ricchezza del genere?
- Tipo Blade Runner, - continuo, e il collo mi fa male perché non voglio guardare giù.
- Abbiamo gli androidi, - commenta Shad, e realizzo che sta parlando di sé stessa. La spingo perché è una pessima battuta, ma alla fine ridiamo insieme.
Quando tutti i ragazzi della Villa ci raggiungono, Xanders ci fa cenno di entrare e di rimanere uniti. Sarà difficile, data la quantità di partecipanti all'Esposizione, ma dobbiamo provarci. Io non sto più nella pelle, perché sento che sono vicina ad una soluzione. Due Novi ci invitano dentro a coppie di tre, fino a condurci davanti ad una lunga reception. Una ragazza minuscola, con una fila di anellini sull'orecchio destro, si occupa di noi mentre le sue colleghe accolgono tutti quelli che non appartengono al nostro gruppo.
- Buongiorno, Signor Seymour. Istituto del Minnesota, se non mi sbaglio.
- Non si sbaglia.
- Sedici partecipanti incluso Lei, Signor Seymour.
- Esattamente, - Xanders annuisce e mi rivolge un'occhiatina nervosa. Arrossisco violentemente perché non sopporto che sia lui ad avere bisogno di rassicurazioni.
- Questi badge magnetici sono da portare intorno al collo: funzionano come chiavi d'accesso a qualunque mostra o conferenza tranne quelle per cui è richiesta prenotazione, e come segno di riconoscimento. Se qualcuno dei suoi ragazzi dovesse perderli, siete pregati di contattarci immediatamente.
Le dita della ragazza si muovono sulla superficie di uno schermo piatto a velocità sovrumana.
- Inoltre è severamente vietato indossarli all'infuori di questo edificio.
- Capisco, grazie.
Xanders passa la scatola in cui sono contenuti ad Amelia e ce li fa distribuire, tornando a compilare un modulo e ad apporre qualche firma. Infilo il mio badge e lo leggo di sfuggita. Sopra ci sono il mio nome, un lungo codice e la scritta "ospite dell'Istituto del Minnesota - nata a Marshall, MN".
- I bagagli verranno spediti nelle vostre camere, il cui numero, come potrete constatare, è scritto dietro al badge che vi è stato consegnato. Prima di recarvi nei vostri appartamenti siete pregati di partecipare alla cerimonia di apertura: notate bene che per entrare nella Hall passerete sotto uno scanner ad onde radio, per la salvaguardia della sicurezza generale.
- Non c'è alcun bisogno di rimuovere articoli metallici dal vostro equipaggiamento, comunque.
Shad sospira e Toni le stringe una spalla. Aspetto che Xanders abbia finito con i controlli alla reception prima di chiederle che cosa c'è che non va.
Dopo che si è fatto fotografare l'iride, la donna ci augura buon divertimento.
- Oh, quasi dimenticavo!
- Signor Reichenbach, c'è un regalo per lei da parte della FeEBS.
Nicholas simula una certa sorpresa e si fa avanti.
- Signorina Green, può recapitare al professor Michel i miei più sinceri ringraziamenti?
- Certamente. Mi è stato anche indicato di confermare la presenza di tutti i rappresentati della FeEBS alle sue conferenze, Signore.
- Sarà meglio che tenga ben stretto il loro regalo, allora.
La ragazza ridacchia, e Nicholas apre il piccolo pacchetto di velluto con uno scatto leggero. Perfino a Xanders scappa un "oooh" piuttosto infantile.
- Ditemi che è uno scherzo: è uno scherzo, vero?
Maria si anima parecchio, mordicchiandosi il pugno chiuso. Anche io mi sporgo in avanti per vedere che cosa è stato regalato a Nicholas, e per un po' cerco di convincermi che si tratta di un articolo di bigiotteria. E invece no. È una spilla a forma di doppia elica - una molecola di DNA, almeno questo l'ho studiato - in cui decine di pietre preziose si avvolgono attorno a due fili argentati.
- Per piacere, dimmi che è di plastica, - sbotta Maria.
- Platino, crisoprasio e adularia.
Per poco non vomito al pensiero di quanto devono essere costate tutte quelle pietre preziose: verdi su una spirale e bianche sull'altra, sposano perfettamente il gusto di Nicholas, il colore dei suoi capelli chiarissimi e dei suoi occhi. L'accessorio è stato disegnato appositamente per lui, non c'è dubbio.
- La eESA non mi ha spedito nemmeno una penna, - ringhia Maria, - ce ne possiamo rendere conto, per favore?
- Chi gli ha fatto un regalo del genere?
- Alcuni dei suoi sponsor, - precisa Shad, - Persone che investono su di lui.
Nicholas si sistema la spilla all'altezza del cuore e ne ripone il contenitore nella tasca interna della giacca, indugiandovi qualche secondo con le dita, come se volesse essere certo di avere tutto quello che cercava. Ha l'aria così soddisfatta che non riesco a sopportare la sua presenza.
Ci facciamo strada tra altri due gruppi per avvicinarci alla Hall, ma poco prima di imboccare l'ultimo corridoio prima dello scanner, Shad si inchioda.
Mi avvicino a lei, seguendo Xanders e Amelia.
- Ci vediamo sopra quando è finita la cerimonia. Salgo con gli ascensori dell'ala sud.
- Perché?
- Non è consigliabile per Shad sottoporsi ad un fascio troppo potente di onde elettromagnetiche. Il sistema computerizzato delle sue protesi potrebbe uscirne compromesso.
- Vengo con te, se vuoi.
- Non perderti il discorso di benvenuto: ne voglio un resoconto preciso, - dice. Pur di non farmi preoccupare ricaccia in gola tutto il dispiacere.
Non è il caso di metterla in imbarazzo insistendo troppo, e allora l'abbraccio stretta prima che lo faccia Xanders. L'attaccatura della sua clavicola destra, quella meccanica, è un po' troppo spigolosa, e rende difficile il contatto fisico. Eppure staccarsi dall'abbraccio è doloroso.
- Forse dovresti consigliarmi di non cacciarmi nei guai.
Lo trova meno divertente di quanto sperassi. La sua mano sana è sul mio braccio, adesso, ed esercita una leggera pressione: il suo sguardo è serio e dolce allo stesso tempo.
- Non cacciarti nei guai, Sybil, - lo dice come se volesse proteggermi a tutti i costi da qualcosa di inevitabile.
Le prometto che non lo farò.
Di solito rispetto la parola data.
Tutti gli altri hanno già proseguito per il corridoio di marmo chiaro, e quando alla fine li raggiungiamo mi rendo conto di non essermi preparata a quello che mi aspetta.
La hall.
Le migliaia di persone che la affollano.
- Niente male, eh? - Maria e Ren mi pizzicano sulla schiena.
Niente male?
Per lo stupore sposto la mano davanti alle labbra. È un gesto involontario, e non posso impedirlo.
Tutto questo mi...confonde, credo. Perdo definitivamente l'ordinarietà della mia vita. La perdo non appena vedo la gigantesca fontana lucida nel centro del piano, e la miriade di tentacoli che illuminano la stanza.
- Si muovono, - mormoro, ma ci sono così tante persone, qui, che la mia voce viene soffocata dal chiacchiericcio.
- Le luci che pendono dal soffitto si muovono!
- Si muovono perché sono ricoperte da sensori, creaturina.
Mi accorgo che Beatrice è dietro di me, e che sventola dolcemente un braccio verso l'alto: i tentacoli luminosi sul soffitto la seguono, ondeggiando avanti e indietro. Posso accettare che sia Nicholas a darmi quel nomignolo, ma lei può anche scordarselo. Perfino lui sembra abbastanza infastidito. Sto per risponderle quando Armand ci sfreccia di fianco a braccia aperte.
- Maman, papa!
Una donna dalle forme sottili, con tanti riccioli biondi sulla testa, lo stringe forte a sé e chiude gli occhi. La somiglianza con Armand è inquietante. Un uomo altrettanto magro e pallido, con i capelli scuri che tutti i suoi figli hanno ereditato, gli bacia la testa e saluta Nicholas con una mano.
Ben presto più o meno tutti incontrano qualcuno di loro conoscenza: ragazzi della nostra età, ma anche genitori e parenti. Vengo circondata da strette di mano, pacche sulla spalla, abbracci e baci. Maria ne dà sempre uno sulla guancia destra e uno sulla guancia sinistra, come faceva mia nonna.
Io rimango immobile e mi faccio forza per superare l'imbarazzo, come se non ci fosse un numero a tre zeri di Novi contro un numero a zero zeri di sapiens in questa hall. Mi ricordo di essere diventata allergica alle grandi folle, soprattutto dal giorno dell'attentato. È a quel punto che sento uno strano calore strisciarmi lungo i resti delle cicatrici sulle braccia.
Non ci devo pensare. Sybil, non ci pensare.
Concentrati sul ragazzo dalla pettinatura cotonata che si sta avvicinando pericolosamente alla tua sinistra.
- Nicholas Gottlieb Reichenbach, l'uomo del giorno!
- Franz non-ho-uno-stupido-secondo-nome Kopplen, dimentichi che sono l'uomo del giorno tutti i giorni.
- Mio carissimo.
- Carissimo.
Si stringono il braccio a vicenda, poco sopra il polso, e per una volta Nicholas appare sinceramente felice di vedere qualcuno. Il suo amico ammicca a Beatrice.
- E lei chi è?
- Franz, sei insopportabile.
- Giusto, carissimo, la tua "ragazza". Sei proprio deciso a non cambiare copertura.
Chiunque capirebbe che Franz Kopplen sta facendo dell'ironia, ma Beatrice sembra assolutamente sconvolta. Gli volta le spalle e raggiunge un gruppo di ragazze che la sta aspettando vicino alla parete. Io mi godo la scena.
- Selina, - strepita Franz, - guarda chi c'è!
Una ragazza dalla pelle olivastra raggiunge Nicholas e gli rivolge un saluto affettuoso. Mi chiedo se questi siano i suoi veri amici, e da dove vengano. A parte che con Armand e Beatrice, Nicholas non sembra aver legato così tanto con altri Novi allievi di Xanders.
Anche io vengo presentata a qualcuno dei più giovani, comunque: Toni e Armand - l'unico a trascinarmi davanti ai suoi genitori, che trovo a dir poco adorabili - mi spiegano che si tratta dei loro vecchi compagni, tutti provenienti da altri Istituti. Sapevo che i Novi viaggiano spesso, ma a quanto pare conoscono persone provenienti da tutto il Globo. All'inizio non è facile individuare chi provenga da dove, perché tutti sanno parlare inglese e alcuni accenti non vengono traditi. Poi, però, mi ricordo che sul badge c'è scritta la nazione di provenienza, e allora faccio la conoscenza di un tibetano, di qualche cinese e di diversi europei. O meglio, ex-membri dell'unione europea. La maggior parte dei presenti, però, è americana.
Mi aspettavo di venire bombardata da domande, e invece non succede. Colgo piuttosto occhiate interrogative miste a tensione non appena rivelo il mio nome: non dico nient'altro su di me, ma se la quasi totalità dei giovani Novi non dà segno di conoscermi, l'atteggiamento di alcuni ne risente a vista. Si schiariscono la gola, fanno finta di aver visto un amico, si congedano. Va avanti in questo modo fino a quando, nel centro della stanza, una copertura piatta e metallica non scivola sopra la fontana circolare, e un uomo sulla trentina non ci sale sopra. Il vociare nella hall si ammortizza quel tanto che basta per attirare la mia attenzione. Perfino il gruppo di persone che si è stretto intorno a Nicholas fissa gli occhi su di lui.
L'uomo è elegantissimo, e il suo completo grigio lo fa più alto di quello che non sia in realtà. Ho come la sensazione che tutte le ragazze nella Hall, compresa la sottoscritta, abbiano perso la testa non appena l'uomo ha alzato i suoi enormi occhi grigi sui presenti. È attraente. E intendo molto attraente.
- Fratelli, bentrovati. Il mio nome è Kornel Szilàrd, primo questore del Comizio. È con un certo dispiacere che vi accolgo.
Kornel Szilàrd arriccia le labbra in una smorfia buffa, e tutti si concedono una risata.
- Scelta di parole piuttosto triste, in effetti. Ciò che voglio dire è che, come avrete notato, mancano ancora qualche migliaio di invitati ritardatari: vorrei che fosse possibile attenderli prima di dare inizio a questa Esposizione, ma il programma dell'evento è così fitto che dovrò recitare la parte del segretario intransigente.
Sento Maria sospirare al mio fianco.
- Se sapessi quanto sono innamorata di lui e delle sue lunghissime ciglia castane.
Ho già una concorrente in amore.
Le sorrido.
- Chi è?
- Il braccio destro del Console Fodel. Ah, sì, il Console è il capo del Comizio. Ce ne sono due, in realtà, ma uno rappresenta l'altra Fazione, quindi a chi importa di lui?
Un uomo ci invita a fare silenzio e Maria strizza gli occhi.
- Sono stato incaricato dal Console Marius Fodel di portare a voi tutti le sue parole di benvenuto, - continua Szilàrd.
- Il Console avrebbe voluto raggiungerci a Chicago, ma vi assicuro che a tenerlo lontano sono questioni irrinunciabili. Prima di iniziare, il mio ringraziamento va a tutti i quelli che, accettando di contribuire a questa Esposizione, hanno messo a nostra disposizione i reagenti necessari all'incontro, al confronto e a tutte le opportunità che da essi nasceranno.
- Grazie.
Scoppia un primo, tiepido applauso, ma l'uomo alza educatamente una mano, in attesa di poter continuare. Non ha alcun cartoncino a portata di mano. Deve ricordarselo a memoria, quel discorso, il che mi fa pensare a mia sorella. Se c'era una cosa che Lilith detestava era guardar parlare politici e figure pubbliche in televisione: trovava assolutamente ridicolo che questi leggessero ad alta voce un copione prestampato, senza nemmeno provare a nasconderlo.
- "Signore e Signori, ventuno anni sono passati, dalla prima volta in cui l'Esposizione fu organizzata: sono successe innumerevoli cose, da quel giorno; molto è andato perduto, e molto altro è stato ritrovato. Mi auguro che siate qui, oggi, con lo stesso entusiasmo che aleggiava a New York tanto tempo addietro. Ma soprattutto il mio auspicio è che tutti sappiate con certezza perché siamo ancora qui, ventuno anni dopo.
Szilàrd passa lo sguardo su tutto il suo pubblico, come se ci stesse giudicando.
- Perché siamo qui?
Fa una pausa.
- Avete raggiunto Chicago dall'Asia, dall'Europa, dall'Africa, dal Sud America, e credo che a una riflessione più approfondita il senso del vostro viaggio sia questo: da qualunque parte veniate, avete ormai constatato che il Mondo non è un posto sicuro, né un posto felice. Mentre scrivo questo messaggio, da ogni angolo del Pianeta ricevo dati aggiornati di quello che sta succedendo sulla Terra. Sono le ore quattordici e trentasette a Washington DC, e novantasettemilatrecentosettantanove sono le persone morte nell'arco della giornata. Tre milioni e novecentoventicinquemilaottocentoundici sono gli ettari di foresta rasi al suolo quest'anno. Nove milioni e cinquantottomila quelli intaccati dalla desertificazione. Le tonnellate di anidride carbonica emesse negli ultimi dodici mesi sono state ventisette miliardi, quattrocentosessantasei milioni e quattrocentotredici migliaia, con l'impossibilità di calcolare il valore alle centinaia. Perché il valore cresce. Ininterrottamente. Sempre.
Wow.
Se il Console voleva averci in pugno, il suo piano ha funzionato. Nella hall si è alzato un silenzio così fitto che mi fischiano le orecchie. Vorrei riuscire a staccare gli occhi da Szilàrd, ma la sua voce è ipnotica. Quei numeri, così colpevoli e insopportabili sulla linea perfetta della sua bocca, sono una provocazione indecente.
- Questo è quello che sta accadendo sul nostro Pianeta, - continua.
- Settecentoottantadue milioni e settecentodiciannovemilanovecentoquarantacinque persone denutrite nel mondo, e più del doppio di persone sovrappeso. Ironico, non è vero? Oggi sono morte di fame diciottomilatrecentoventi persone, e seicentomilioni ottocentounomila esseri umani non hanno avuto accesso ad acqua potabile. Non è tutto: ci sono sei milioni e duecentomila persone morte per cancro, quest'anno, e un milione e duecentosessantanovemilanovecentonovantuno morti per AIDS.
Deglutisco a vuoto.
Szilàrd fa qualche passo avanti, fino a raggiungere il bordo della fontana. Guarda giù, su di noi.
- Mi auguro che sia presente qualcuno, tra il pubblico, che abbia in serbo per l'Esposizione un nuovo programma sulla spesa di energia, perché quella consumata nel Mondo nelle ultime ventiquattro ore da fonti non rinnovabili è quasi il quintuplo di quella proveniente da fonti pulite.
Alza un braccio, e quando tutti ne seguiamo la direzione mi accorgo che il suo dito indica la madre di Armand, con le braccia ancora strette attorno a lui. Nessuno osa fiatare.
- Mi rivolgo a chiunque abbia un figlio da crescere: lasciate che sappia che mancano solo tredicimilanovecentoquarantuno giorni alla fine del petrolio. Sessantamila alla fine del metano. Centocinquantamilacinquecentotrentasette a quella del carbone. E poi, che cosa faremo? Dove andremo, se l'unico pianeta abitabile dall'uomo è a millequattrocento anni luce di distanza?
- Ebbene, il Mondo non è un posto sicuro, ma il Mondo può essere cambiato. Chiunque altro, là, fuori, vi dica che non c'è nulla che si possa fare, e che va tutto bene finché si sopravvive, non sa che a sopravvivere è il più forte, e non chi si crede tale, anestetizzando le proprie paure davanti allo schermo di una televisione, ben attento a evitare i notiziari. Chi è convinto che la battaglia sia persa, e si accontenta, non ha mai conosciuto voi: voi, i nostri ragazzi, le nostre giovani menti, le nostre grandi speranze. Riprendete a combattere quella battaglia: se siete qui, avete già impugnato le armi. Confidate che se gli uomini non imparano dai propri errori, voi siete più che uomini. Non cercate la gloria, né la lode, né i riflettori. Se siete qui per la fama, uscite da quella porta. Se siete qui per offrire al Mondo qualcosa di Nuovo, qualcosa che possa renderlo un posto per cui vale la pena sopravvivere, aprite a noi tutte le porte che danno sul futuro. Ne avete le chiavi, e di questo potete esserne certi, come dei principi della termodinamica e delle leggi di Keplero. Non ho altre parole per voi: la virtù parla da sola.
Szilàrd socchiude le labbra e piega la testa di lato. È un attimo, poi tutti stanno applaudendo. Maria batte le mani così forte da darmi fastidio, e anche Armand e la sua famiglia sembrano stregati dal discorso del Console. Erano belle parole, almeno quelle a cui ho prestato attenzione, nonostante la crudezza di certi particolari. Mi chiedo se quella lista di valori fosse inventata o meno; quei numeri di persone decedute e foreste rase al suolo, e quei conti alla rovescia sulla fine delle nostre risorse. Non lo chiedo ai ragazzi perché l'applauso non si è ancora esaurito e perché non voglio conoscere la loro risposta. Una preoccupazione in meno.
Szilàrd e gli altri organizzatori recuperano il controllo della folla: l'uomo elenca alcune attività del giorno e insiste sul gala di questa sera, dove sarà possibile sostenere alcuni importanti progetti attraverso delle donazioni. Capisco che sarà un evento d'affari, più che una vera e propria festa, e in effetti Maria mi spiega che il Console e il suo Pupillo sono due dei migliori economisti del Pianeta. Forse è meglio che le cose stiano così: anche io ho degli affari da trattare.
Xanders si sistema la camicia sulla pancia e ci fa segno di riunirci in un unico punto. L'ho visto salutare i genitori di alcuni ragazzi, ma sembrava a disagio. Ci stringiamo al centro della Sala mano a mano che la folla defluisce verso gli ascensori.
- Quell'uomo ha carisma, - dice, espirando come se stesse cercando di buttar fuori il nervosismo.
- Allora, ragazzi, da adesso in poi siete liberi di fare quello che volete, ma ci sono degli eventi a cui gradirei partecipaste. Charles, non sarebbe una cattiva idea attirare l'attenzione di Nat Gibbs durante la sua conferenza mattutina. Toni, stessa cosa per la professoressa Delgado. Nicholas, Maria e Ivan, sapete cosa dovete fare e quando. Non esitate a chiedere di Amelia ogni volta che ne avrete bisogno. Potete andare.
- Xanders, c'è qualcosa in particolare che io dovrei fare? - gli chiedo. Non mi piace recitare la parte della rompiscatole, ma il punto è che sto cercando di togliere il disturbo dalla vita di queste persone il più velocemente possibile. Solo che ho bisogno di una mano.
- Uhm, direi di no. Insomma, sai già che ho ottenuto una convocazione da parte di tre membri del Comizio.
È vero.
Annuisco e faccio un tentativo.
- Posso venire?
- Non è un'idea esageratamente saggia, Sybil, ma a questo punto non penso di poterti dire di no. La riunione è alle cinque del pomeriggio. Ti manderò a chiamare: mi basterà digitare il codice del tuo badge per sapere a che mostra sei andata. Nel frattempo evita di girare da sola, intesi? Credo che Shad non sia ancora stata raggiunta dalla sua famiglia, ma dividerà comunque la stanza con te.
- Va bene, grazie.
Mi appoggio ad una parete per lasciare libero il passaggio, e gioco con i tentacoli in movimento sul soffitto. Di tanto in tanto lancio un'occhiata alla fila di Novi che si dirige agli otto ascensori dell'ala nord. Mi basterebbe seguirla, svoltare l'angolo, e aspettare il mio turno per raggiungere Shad, ma proprio non resisterei in un ambiente chiuso con tutta quella gente. Claustrofobia. Peggiora quando ci sono decine di persone a respirare il mio ossigeno.
Non sono l'unica a lasciar defluire la folla: sono diversi i Novi rimasti a stringersi le mani e a fare delle presentazioni. Osservo di sottecchi quanto incredibilmente appaiano umani e simili a noi, ma poi mi ricordo che non c'è niente di strano. Sono umani.
- Prime impressioni?
Poche persone hanno un passo così leggero da prendermi alla sprovvista. Non mi ero accorta che Nicholas si stava avvicinando, come non mi ero accorta della presenza del sicario la notte che provarono a tagliarmi la gola. Forse è un'abilità innata dei Novi, o che so io.
- Prime impressioni, vediamo...Kornel Szilàrd è davvero un gran figo, - butto lì.
- Mi riferivo a Chicago, alla sede dell'Esposizione e a tutto il resto tranne che al fascino di Szilàrd, ma almeno adesso hai capito perché il Console non ha registrato un video messaggio. C'è una bella differenza quando a parlare è un uomo dalla presenza di Szilàrd, o della mia.
Ah-ah.
- Sei perfino vanitoso.
- Anche tu lo sei, o non metteresti in mostra il badge.
Nicholas afferra il cordoncino di tessuto che lo tiene appeso e lo tira delicatamente verso di sé. Io non cedo di un millimetro.
- Perché chiariamoci, non dovesti mettere in mostra il badge.
- E tu non dovresti toccarlo, perché è mio.
- Oh, siamo già passati all'utilizzo del possessivo. Sei decisa ad andare a quella riunione nonostante sia un'idea così pessima che su una scala da uno a "sganciamo una bomba atomica" si colloca sullo "sganciamo due bombe atomiche", non è vero?
- Faccio fatica a seguirti, ma sì, ci andrò.
E adesso vorrei andare a cambiarmi, se non ti dispiace.
- Sono deciso a strapparti una rinuncia. Per il tuo bene, creaturina.
- Scusami? Finalmente siamo giunti a un punto di svolta e tu vuoi che lasci perdere?
- Sto cercando di aiutarti.
- Stai cercando di aiutare te stesso, Nicholas.
Ma certo. Me ne rendo conto solo dopo averlo detto: non c'è un'altra ragione per cui Nicholas sarebbe venuto a parlarmi.
Ha la solita espressione addosso, come se stesse facendo dei calcoli a mente prima di rispondere. Mi guarda, ma è come se stesse fissando uno schermo. Sbatte le palpebre e so che è giunto al risultato migliore.
- Hai ragione, - ammette.
- La nuda verità è che non posso permettermi che la Villa cada in rovina. Non fino a quando ci vivrò dentro, ed è per questo che voglio farti cambiare idea.
Nicholas infila una mano nella tasca interna della giacca, proprio dietro la spilla a doppia elica che gli è stata fatta recapitare a mo' di benvenuto. La forma della molecola fa pensare a una scala a chiocciola che si avvolge in salita. La guardo e non posso farea meno di pensare che è l'immagine che più si associa a Nicholas: un'ascesa ricca di opportunità. Se Xanders si rendesse protagonista di uno scandalo come quello in cui sono implicata, il suo protetto più famoso potrebbe pagarne un prezzo altissimo.
- Hai paura che ti rovinerei la carriera? - gli chiedo, ma sono meno arrabbiata di quanto credessi. Nicholas pare aver trovato quello che cercava sul fondo della sua tasca, e non si degna di rispondere subito.
- Esatto, - dice, ma solo dopo un po'.
- È per questo che tutti dovrebbero pensarci due o tre o dieci elevato alla ventitreesima volte prima di mettersi nei guai per colpa tua.
- E io che pensavo che stessi cercando di proteggermi.
Lo dico con enfasi, tanto per prenderlo in giro. Tanto per prendermi in giro, e convincermi che avrei dovuto aspettarmelo. Gli dò una pacca sul braccio per scansarlo e passo oltre non appena mi accorgo che Maria e Ren sono gli unici membri del nostro gruppo ancora sul bordo della fontana che occupa il centro della stanza. Ho fatto al massimo due passi quando Nicholas gioca la sua ultima carta.
- Forse ci sto provando, creaturina.
Io mi giro, Nicholas no. Non lo farebbe mai, eppure riesco quasi a sentire il modo in cui la linea sottile del suo mento si fa più affilata quando lo alza con presunzione. Rimango lì, con le labbra strette.
- Se riuscissi a curare i tuoi interessi oltre che i miei, credo che potrei sforzarmi di farlo.
- Se solo me lo concedessi, - aggiunge subito, ed è chiaro che ha una proposta per me. Ingoio l'orgoglio tutto d'un fiato, ed è stopposo e aspro e va giù come un sasso, ma alla fine torno indietro.
- Hai venti secondi prima di annoiarmi del tutto, - dico.
Gli rifaccio la voce, e lui storce la bocca.
- Tanto di più non ti sopporto.
Mi rifà la voce, e io roteo gli occhi.
- Goditi l'Esposizione, partecipa alle mie conferenze, fatti firmare qualche autografo, ma lascia che sia Xanders a occuparsi di Lilith.
- Adesso ne hai quindici, di secondi. Ogni volta che dici qualcosa di stupido ne perdi il doppio, - lo informo.
Nicholas si avvicina con l'aria di chi ha nascosto qualcosa di pericoloso in giro. Apre il palmo della mano all'altezza del mio naso. Dentro c'è un minuscolo dispositivo nero dalla superficie liscia.
- Prendilo.
- Che cos'è?
- Un auricolare. Prendilo, - insiste.
- Visto che non hai alcuna intenzione di fidarti di me, è preferibile che senta tu stessa.
- Sentire che cosa?
- Il motivo per cui faresti meglio a non metterti in mostra, - dice.
La sua mano scende all'altezza della mia. C'è urgenza nel modo in cui mi guarda, ma Nicholas ha ragione: non mi fido di lui. Vuole che prenda l'auricolare e lo nasconda sciogliendomi i capelli, però sono decisa a non indossarlo fino a quando non mi avrà spiegato a che cosa dovrebbe servire.
- Zelda Hodgkin verrà a presentarsi nel giro di qualche minuto, - afferma, e sembra piuttosto sicuro di sé.
Gli rivolgo una smorfia interrogativa. Quel nome dovrebbe suggerirmi qualcosa?
- Zelda Hodgkin è il capo della polizia della nostra Fazione, e tiene sotto controllo alcune forze armate del vostro governo. Diciamo che è diversi gradini sopra la USD, e che ha un posto riservato nel Comizio.
Il mio cambio di espressione lo fa sorridere. Prendo l'auricolare tra il pollice e l'indice: Nicholas dice che conosce Zelda Hodgkin da diversi anni, e che la donna aspira a portarlo con sé a Washington. Ribatto che sarebbe un pessimo sbirro, ma lui non mi dà corda.
- Ho ragione di pensare che Zelda ti tenga d'occhio, sebbene né lei né Szilàrd abbiano intenzione di partecipare alla riunione di Xanders: non si lascerà sfuggire niente in tua presenza, ma quando saremo soli cercherò di farla parlare. Ho un microfono nell'orologio. Appena ti farò capire che è arrivato il momento di lasciarci, trova un angolo meno affollato e accendi l'auricolare.
Lo sistemo nell'orecchio e sciolgo la treccia con cui avevo messo a bada i capelli. Deve essermi andato a male il cervello se sto accettando di collaborare con Reichenbach.
- Se sa qualcosa sulla scomparsa di Lilith devo saperlo, - sibilo.
Nicholas controlla che i gemelli sui polsini della sua camicia siano in ordine, e subito si fa più serio.
- Credimi, se i miei sospetti sono fondati non avrai più voglia di andare alla ricerca di tua sorella.
- Ti detesto.
Prima che Nicholas possa lamentarsi lo vedo scattare sull'attenti e schiarirsi la voce.
- Arriva, - bisbiglia, e io mi volto verso il punto che sta fissando. Ma la persona che si sta avvicinando a noi con passo deciso non può essere il capo della polizia. È troppo giovane, per esserlo; troppo bella, e troppo giovane. All'inizio credo che Nicholas si sia confuso, e che a farsi avanti sia un ragazzo sulla ventina, tanto i suoi capelli sono corti - rasati da un lato, e appiattiti con del gel sull'altro - e la sua espressione determinata. Ma a quanto pare mi sbaglio: è una donna. Abbassa rispettosamente la testa verso Nicholas e stende appena un labbro pieno e senza traccia di rossetto. L'unico filo di trucco che le vedo addosso incornicia i suoi occhi chiari, di un azzurro freddo e senza macchie.
- La FeEBS ha già messo le mani su di lei, Signor Reichenbach.
- Non è come pensi, Zelda. È che mi piaceva la spilla.
Rabbrividisco al solo pensiero che Nicholas l'abbia chiamata per nome. Se non fossi così stordita dall'aspetto della donna, gli lancerei un'occhiataccia: bel modo di iniziare una conversazione.
- Capitano Zelda Jodi Hodgkin.
La donna mi tende una mano. L'altra è rigorosamente nascosta dietro la schiena. Mi sforzo di sembrare calma, ma la sua stretta è d'acciaio.
- Sybil Crowford.
Nicholas fa finta di ripetere tutti i titoli che spettano alla donna, come se fosse la prima volta che parliamo di lei. La Hodgkin lo lascia fare, quasi non volesse sprecare la voce per questioni poco importanti. Quando torno ad annuire verso di lei, la donna non accenna ad un sorriso.
Non ho mai visto qualcuno così sicuro di sé.
- Si parla molto di lei, ai piani alti.
Cerco lo sguardo di Nicholas. Lui dissimula qualunque sorpresa.
Le parole inciampano sulla mia lingua. L'orecchio pulsa contro l'auricolare.
- Davvero? - comincio, - A me sembra che non ne parli nessuno.
Appena lo dico capisco di essere stata presuntuosa. Nicholas rimedia all'istante.
- Allora, non sei curiosa di sapere perché io e il Capitano siamo amici?
- Quante volte è finito in prigione? - domando.
Gli zigomi pronunciati della Hodgkin non si riempiono come speravo. La sua pelle è perfettamente liscia, ad eccezione di una piccola cicatrice sotto l'occhio.
- Non ne sono mai uscito, - dice Nicholas.
Dunque anche lui ha del senso dell'umorismo. Dovrebbe farne uso più spesso.
- Il signor Reichenbach è fonte di alte aspettative, - interviene la donna. Il suo tono di voce è più duro, adesso, ma naturale. Sembra quasi che prima si stesse sforzando di apparire affabile, e ci abbia rinunciato.
- Tendiamo a essere piuttosto protettivi nei suoi confronti.
Non so che cosa fare. Questa donna mi intimidisce: con la sua altezza, con la sua avvenenza particolare, con il suo sguardo fermo, e la sua fama. Prego che Nicholas mi dia quel segnale.
- A tal proposito, Sybil, avrei qualche parola da scambiare con Zelda, se non ti dispiace.
- In privato.
Se potessi tirerei un sospiro di sollievo.
Annuisco, ma non stringo di nuovo la mano delle Hodgkin perché mi conto che la mia è tutta sudata. Saluto anche Nicholas prima di andarmene, ma Zelda Hodgkin mi richiama all'ordine per lasciarmi un biglietto da visita.
- Il mio ufficio è all'ottantasettesimo piano. Potrei voler fare due chiacchiere con lei, signorina Crowford.
Impiego diversi secondi per metabolizzare il colpo. Poi allungo due dita verso la tessera della donna e la afferro.
- Okay, - balbetto, e sparisco dietro l'angolo più vicino, ritrovandomi davanti agli ascensori. Sono andati via quasi tutti.
Appoggio la schiena contro la parete e la mano mi trema quando cerco di accendere l'auricolare.
Faccio un calcolo di quante volte Nicholas non ha avuto ragione.
Le premesse non sono buone.
Le premesse sono pessime.
***
Il respiro regolare di Nicholas è nel mio orecchio destro, come se ce lo avessi dentro alla testa. Riesco a sentirlo chiaramente, nonostante il vociare degli ultimi ospiti rimasti. Alcune persone mi passano vicino con diffidenza: prego che nessuno dei ragazzi della Villa mi veda in questo momento: sola, così vicino agli ascensori. Non riuscirei a impedirgli di disturbarmi. Quando Nicholas inizia a parlare trattengo il fiato e mi premo una mano sull'orecchio.
- "Vorrei fare due chiacchiere con lei"? - drammatizza.
- Non riesco a credere che tu l'abbia detto davvero. Fammi indovinare, il Comizio ti ha chiesto di arrestarla.
Io sgrano gli occhi.
- Non ho indicazioni riguardo alle informazioni che dovrei dividere con te, Nicholas.
- Finalmente: temevo che facessi sul serio, con tutta quella formalità. Mi hai dato del lei o ero in preda ad allucinazioni schizoidi?
- Voglio sperare che tu mi stia trattenendo per un buon motivo: hai preso in considerazione la proposta di completare i tuoi studi nella Capitale?
La Hodgkin è irremovibile: non ho il coraggio di sporgermi oltre la parete per osservare la sua espressione. Non ho il coraggio nemmeno di aprire bocca, come se anche lei possedesse un auricolare come il mio. Come se sapesse che sto origliando.
Nicholas mette in scena una risata. È del tutto calcolata, morbida e seducente, e se riesco a capirlo io, scommetto che Zelda non si farà abbindolare.
- Sono diverse le proposte che sto prendendo in considerazione. Di certo, con quello che sta succedendo, ci sentiamo tutti un po' in vena di condurre indagini come a Washington.
C'è una pausa piuttosto lunga, poi la Hodgkin emette un respiro seccato.
- Nicholas, stanne fuori. Dalla questione di Lilith Crowford e da qualunque altra questione.
- Lilith Crowford, parliamone. E sei tu ad averla nominata.
- Non sei nella condizione di compromettere il tuo futuro con questa storia: hai idea di quanto la Fazione stia investendo su di te?
- Mi sono guadagnato tutte le opportunità che mi state offrendo, Zelda.
- Non lo metto in dubbio: sono sempre stata la prima a crede in te, Nicholas, ed è per questo che ti voglio lontano da questa storia.
- Non posso starne lontano. Sybil Crowford soggiorna alla Villa: sa di Noi, di me.
- Dimenticatelo. Vieni con me a Washington.
- Quindi ha ragione su Lilith, - insiste, - l'hanno presa dei Novi.
- Non c'è nessuna prova concreta che mi permetta di aprire un'inchiesta contro l'altra Fazione. Nessuna, Nicholas. È come se fosse sparita nel nulla: credi che non abbia cercato di dare inizio ad un'indagine?
- Il Comizio ti ha ordinato di chiudere il caso?
- Il caso è stato affidato ai Sapiens: per adesso se ne sta occupando la USD, fine della discussione.
- Ma sappiamo entrambi che la USD sta facendo i capricci.
Che cosa intende?
- Stai ficcando il naso dove non dovresti, ragazzino.
Mi aspetto che Nicholas ribatta con un'altra delle sue affermazioni presuntuose, e invece lo sento abbassare il tono. Zelda Hodgkin non è qualcuno contro cui vuole mettersi contro.
- Lilith Crowford era una Nova in contatto con strani individui da mesi.
- Hanno controllato tutti i tabulati telefonici della ragazza, - risponde Zelda.
- Il suo computer è stato analizzato per giorni. La sua camera è stata perquisita da cima a fondo. Non c'era niente di niente.
- E adesso smettila, non voglio più sentire una sola parola riguardo questa storia.
- La sua scuola è magicamente saltata in aria e qualcuno ha provato ad uccidere sua sorella perché testimone di un rapimento. Sybil Crowford ha visto un gruppo di persone indossare delle tute estremofile che rispondono a quelle utilizzate da noi. E sì, qualcuno ha provato a toglierla di mezzo. Noi c'eravamo, Zelda. Io c'ero: abbiamo visto in volto due dei sicari. E ce n'erano altri nascosti tutt'intorno.
- Sicari che non rispondono a nessun profilo appartenente alle Fazioni e che hanno utilizzato armi da Sapiens. Non c'era nessuna traccia di Novi, a parte le vostre. Perché sì, ne avete lasciate.
- Eravamo troppo impegnati a scappare per preoccuparcene.
- C'è una ragione del perché ti importa tanto di lei, Nicholas?
- Non mi importa di lei.
- Ma le credi. Credi a qullo che Seymour le ha messo in testa.
- Non so se le credo, ma so che non si arrenderà fino a quando non riavrà indietro sua sorella. E so anche che se dovrà rivelare al Mondo della nostra esistenza pur di riuscirci, lo farà.
- Nicholas, ho grande stima di te, ma sono il capo della Polizia. Non ho tempo di occuparmi di una ragazzina di sedici anni che gioca a fare la detective.
- E del suo amico sedato con una dose di molecola dell'oblio che, tra parentesi, viene prodotta solo nei nostri laboratori, - puntualizza lui.
- È un vero peccato che la molecola dell'oblio non lasci traccia nell'organismo e che dunque non costituisca una prova.
- Questa è la prima volta in dodici anni che non ti fidi di me.
Dodici anni.
La Hodgkin deve aver conosciuto Nicholas quando era ancora un bambino; quando erano entrambi dei bambini.
- Non importa che io mi fidi di te, Nicholas. Non mi fido di Sybil Crowford, Szilàrd non si fida di Sybil Crowford, il Comizio non si fida di Sybil Crowford: non accetterò che tutti i piani che la Fazione sta costruendo per te - per il tuo successo - vengano messi a repentaglio dalla sua presenza qui.
- Aspetta, Sybil è sospettata di qualcosa?
- Il punto è che Sybil Crowford è sopravvissuta ad un attentato e ad un omicidio premeditato: piuttosto fortunata, per essere una sapiens.
- Così fortunata che adesso è a Chicago, in possesso del segreto della nostra specie, con le facce di alcuni tra i più importanti Novi del Pianeta ben impresse nella memoria.
- State sospettando di lei.
La voce di Nicholas si alza di mezzo tono.
- Naturalmente, visto che Xanders le sta facendo ficcare il naso ovunque.
- Tutto questo è ridicolo. Vuole solo esporre il suo caso a qualche pezzo grosso! Sua sorella potrebbe aver fatto saltare in aria una scuola, Zelda!
- Nessun pezzo grosso vorrà incontrarla. Nessuno vuole essere riconosciuto quando tornerà nel suo Mondo e sarà pronta a vendere il nostro segreto.
- Siete affetti da qualche disfunzione cerebrale: è innocente, Zelda.
- I fatti sono fatti: è riuscita a farsi strada fino a Noi. Avete violato il Trattato, per lei: Xanders potrebbe finire in Tribunale, per questo, ma Sybil Crowford avrebbe comunque tra le mani informazioni che cambierebbero il corso della storia.
- È per questo che non ti è stato affidato il caso di Lilith Crowford: perché stai tenendo d'occhio sua sorella. Il Comizio ha paura che sia al servizio dei Sapiens.
- Se al mio dipartimento venisse chiesto di aprire un'indagine su questa faccenda, lei sarebbe la prima sospettata, sì.
- Questa suona come una minaccia, Zelda.
- Queste sono le direttive che ho ricevuto dal Comizio.
La severità di Zelda Hodgkin ha una sola falla in tutta la durata della conversazione, ed è quando più che una macchina da guerra si riduce a una sorellona apprensiva.
- Stai lontano da tutto questo. Per favore. Vieni a Washington, Nicholas.
- È innocente. Sta solo cercando di tenere in mano le redini della propria famiglia. Non è colpa sua se è finita in un gioco troppo grande per lei.
- Forse. O forse no. Comunque sia faremo meglio a sperare che sua sorella sia morta sotto un cumulo di macerie e che il suo cadavere venga presto ritrovato. È quello che speriamo tutti.
Fine dell'apprensione.
- Fai in modo che non si metta in mostra, Nicholas, e forse non riceverò l'ordine di contattare i nostri ricercatori a Phoenix. Più il caso di Lilith Crowford volge allo scandalo per colpa sua, più c'è la probabilità che succeda.
- Questa è una minaccia.
- Che vuoi che ti dica, hanno già pronta per lei una fiala su misura di oblio liquido.
- Il Comizio non aspetta altro che infilarle un ago nel collo.
***
Tolgo l'auricolare dall'orecchio.
Stringo le dita a pugno. Lo chiudo dentro.
Non voglio più sentire.
Quando Nicholas sbuca da dietro l'angolo il corridoio è vuoto. Le mie gambe vorrebbero lasciarmi scivolare contro la parete e assorbire il freddo del pavimento. Nicholas si avvicina piano, un passo alla volta. Prima un piede e poi l'altro, le mani in tasca e il "te lo avevo detto" addosso.. E invece mi viene vicino e parla come se per una volta non avesse voglia di rimproverarmi, ma dovesse farlo. Guarda l'orologio.
- Abbiamo una bella notizia e una cattiva notizia, - dice.
Io combatto contro il desidero di tirargli i capelli e di mettermi a urlare.
- Se il Comizio ti sta usando come capro espiatorio è perché qualcuno sospetta che tu possa avere ragione riguardo alla scomparsa di Lilith.
- Ah, questa era la bella notizia, - chiarisce.
- Tutto quello che posso dirti sulla cattiva notizia, creaturina è questo.
Adesso è più vicino. Apre le mie dita con le sue e si rimette il microfono in tasca e adesso è arrabbiato. Fa sul serio.
- Niente scenate, niente accuse, niente dita puntate. Non vuoi metterti in mostra. Ai Novi non piace avere paura di chi gli sta sotto nella scala evolutiva.
La mia schiena abbandona la parete di volontà propria: mi dirigo verso l'ascensore e le dita sono instabili quando premo il tasto del trentasettesimo piano.
- Sybil.
Non m'importa che per una volta mi abbia chiamato per nome. Voglio solo andare via.
- Vieni alla mia conferenza, prima della festa. Lascia perdere quella riunione.
Perché se ci andrò darò ai Novi quello che vogliono.
E quello che vogliono è cancellarmi la memoria, prendersi i miei ricordi, resettare la mia mente.
Quello che vogliono è farmi credere che mia sorella sia morta.
***
Non mi preoccupo di inventare una scusa. Quello che faccio dopo essermi cambiata e aver disfatto le valige è rintracciare Xanders e dirgli che non me la sento di affrontare degli sconosciuti con un quoziente intellettivo troppo alto per me. Per qualche secondo ho paura che i mie occhi arrossati rivelino troppo di quello che è successo, e che Xanders si metta a fare domande: dura poco. Sembra quasi sollevato dalla mia decisione, e non azzarda una contestazione.
Mi tocca in un gesto di conforto che non funziona.
- Va tutto bene, Sybil. Goditi l'Esposizione, - dice, con la promessa che farà tutto il possibile per aiutarmi e che mi aggiornerà dopo il Gala di questa sera.
Me ne vado senza aggiungere altro. Avevo sperato che questa sarebbe stata l'occasione per far sentire ai Novi la mia voce; per fargli sapere che ero qui, e che non gli avrei permesso di insabbiare ogni cosa. Adesso tutto quello che riesco a pensare è che non posso affrontare Alphy e ammettere che ho fallito prima ancora di averci provato; che non ho il coraggio di partecipare a quella riunione e di rischiare di diventare il loro primo sospettato.
Controllo uno degli schermi su cui è proiettato il programma del pomeriggio e cerco qualcosa che mi interessi: la conferenza di Maria è alle quattro e quella di Nicholas alle quattro e quaranta. Forse riesco a partecipare ad entrambe, ma nell'attesa dovrò pur fare qualcosa che non sia rinchiudermi in una camera da cui non riesco a vedere Chicago.
- Quarantatreesimo piano: ricostruzione tridimensionale della città di Petra. Esposizione aperta fino alle ventidue.
Forte.
Shad mi raggiunge di sotto, e con lei c'è la sua versione più adulta e slanciata: stesso naso un po' aquilino, stessi capelli spessi e corvini, ma lineamenti maturi. Una delle sue sorelle maggiori, immagino. Il resto della sua famiglia non è ancora arrivato in città, ma Tahaana vive nell'Illinois, ed è una delle organizzatrici dell'Esposizione. Sono così felici di poter passare del tempo insieme che il loro entusiasmo riesce a contagiarmi. Le seguo dappertutto, perché non me ne intendo di scienza e tecnologia e loro sembrano individuare le mostre più accattivanti. Tahaana sa tutto sulla scomparsa di Lilith: è grazie a lei che Shad e Xanders hanno ottenuto il mio badge, e questo mi rincuora. Ho una famiglia di Novi dalla mia parte; una famiglia di Novi che non ha esitato un secondo ad offrirmi il proprio aiuto.
Dopo essere entrate in confidenza Tahaana mi sussurra un ringraziamento piuttosto stupito: - Sono felice che tu sia qui. Hai dato a Shad una ragione per uscire alla luce del Sole, - sorride.
- È bello che abbia smesso di nascondersi. Non che parteciperà al Gala di questa sera, ma insomma: significa molto per noi che sia venuta a Chicago.
Questo mi dà la forza di comportarmi come se niente fosse accaduto.
Tocchiamo con mano la proiezione di una placca motrice e quella di un wormhole che occupa quasi un piano, poi assistiamo a una lezione in diretta da Ginevra sulla formazione di materia esotica negli acceleratori di particelle. La materia esotica, a detta di Shad, è composta da particelle che decadono in brevissimo tempo e che possono essere osservate esclusivamente con l'utilizzo di raggi cosmici. Io annuisco come se ci avessi capito qualcosa, ma segretamente rimango dell'opinione che il termine "esotico" mi fa pensare alla giungla. Quando è ora di pranzo mangiamo a una mostra sulle nuove diete per astronauti. Il cibo è orribile, ma Tahaana mi spiega che grazie all'ingegneria genetica si è ottenuto il pasto perfetto: il rettangolo verdognolo che infilo in bocca è un puro concentrato di tutte le sostante di cui l'uomo ha bisogno, e basta a raggiungere la completa sazietà.
- È comunque orribile, - commento. Shad e sua sorella ridacchiano, ma una delle guide della mostra mi fulmina con un'occhiata.
Quando arriva il momento di prendere posto alla conferenza di Maria, Tahaana annuncia che abbiamo visto un sessantacinquesimo di tutto quello che l'Esposizione offre ai propri visitatori. A me sembra di aver camminato senza sosta per una settimana, ma che importa? Distrarsi aiuta.
La sala che è stata assegnata a Maria non è grande come quelle delle mostre, e alcuni posti nelle ultime file rimangono liberi fino alla fine della conferenza. Nonostante tutto, però, ci saranno almeno un centinaio di persone: mi scaldo le mani sui pantaloni. Sono nervosa per Maria come se toccasse a me salire su quel palco, ma lei è a proprio agio. Ha un certo carisma, e le piace parlare. Gesticola in maniera un po' buffa, e quando ci vede sventola forte la mano, ma guida la sua lezione splendidamente, in maniera chiara e sicura. Chiara, si fa per dire. Appena inizia a elencare il programma di sviluppo dei droni su cui sta lavorando il mio cervello si rifiuta di collaborare. Colgo qualche parola qua e là - integrale, dinamica dei fluidi, differenza di potenziale. Per il resto del tempo controllo l'orologio.
Passati quaranta minuti sono così agitata che Shad non riesce a tenermi sulla sedia.
Batto il piede per terra a ritmo regolare.
Merda.
La conferenza di Nicholas.
Ci vado oppure no? È appena iniziata.
Beatrice aveva un posto per me.
Anche la riunione di Xanders sta per iniziare.
Non so che cosa fare.
- Quanto manca? - bisbiglio.
- Una ventina di minuti.
Cosa?
Alla fine mi convinco che arrivare in ritardo è meglio che andarsene in anticipo come se non avessi il minimo interesse per la conferenza di Maria, ma appena gli spettatori cominciano ad applaudire, segnando la fine della presentazione, schizzo in piedi.
- Fai le mie congratulazioni a Maria, okay?
- Dove stai andando?
- Alla conferenza di Nicholas: è iniziata quasi mezz'ora fa, e io avevo un posto in seconda fila.
Non aspetto la risposta di Shad: mi faccio strada tra la folla che libera i posti a sedere e si dirige verso la porta, ma non prima di aver lanciato un'ultima occhiata in direzione del palco. Una decina di Novi sono saliti a stringere la mano di Maria, e lei ne è a dir poco lusingata. Mi tratterrei se non fossi già in ritardo. E chi se lo aspettava che una conferenza durasse tutto questo tempo?
Quando arrivo davanti alla porta della sala riservata a Nicholas scopro che ci ho messo sette minuti per trovarla, ma adesso sono qui. Mi avvicino ai due uomini che fanno la guardia all'ingresso e mi schiarisco la voce per rivolgermi a uno di loro.
- Mi scusi, dovrebbe esserci un posto riservato a nome di Sybil Crowford per la conferenza che sta avendo luogo qui dentro.
Una guardia si tratta la testa:, l'altra estrae il telefono dalla tasca e avvicina le labbra allo schermo per pronunciare il mio nome. Dopo qualche secondo scuote la testa.
- Sybil Crowford, settore centrale, seconda fila, posto undici. Una volta che inizia la conferenza non entra più nessuno, però, mi dispiace.
- Non posso rimanere infondo o qualcosa del genere?
- No, niente strappi alla regola. Hai quasi trenta minuti di ritardo, ragazzina.
Beatrice mi ammazzerà, e il senso di colpa mi rimprovera che dovrei lasciarglielo fare. Mi allontano dall'ingresso, prendendomela comoda: Xanders è alla riunione sulla scomparsa di Lilith, Shad e Toni sono ancora con Maria e tutti gli altri stanno supportando Nicholas. Tranne me, a quanto pare.
Decido di tornare in camera mia e di chiamare la mamma, prima di prepararmi alla cerimonia di questa sera.
Cammino piano fino all'ascensore.
Un uomo alto, vestito di tutto punto, tiene la porta aperta per me.
- Grazie, - dico, e premo il pulsante trentasei. Impreco sottovoce.
Era il trentasette.
Premo il pulsante immediatamente sopra.
Il suo è il novantanove.
L'uomo non fa altro caso a me, almeno fino a quando non mi accorgo di stare mordicchiando la placca d'acciaio che porto al collo dove, prima che lo nascondessi nelle tasche, c'era il badge.
- Brutta giornata? - chiede. La sua voce è roca e profonda. Non è americano.
- Dipende da come va a finire, - sospiro, e lui sorride.
Quando è arrivato il momento di scendere lo ringrazio di nuovo e ci salutiamo.
- Bella collana, - dice lui.
E poi è andato.
***
Non ho indossato il vestito che Beatrice aveva scelto per me, e faccio finta che sia questo il motivo per cui non voglio incontrarla questa sera. Come se non avessi dato buca alla conferenza del suo ragazzo, per la quale mi aveva riservato uno dei posti migliori. Ho optato per dei pantaloni eleganti e piuttosto attillati, di un blu scuro e con delle cuciture raffinate in vita. La blusa di seta bianca inclusa nella scatola sposa perfettamente le scarpe alte che Beatrice mi ha regalato. Shad ha fatto il resto non appena ha messo piede nella mia stanza. Le ci sono voluti al massimo dieci minuti per acconciarmi i capelli, ma la sottilissima coroncina argentata con cui li ha intrecciati fa la sua figura. Al trucco ho provveduto io stessa, e sono piuttosto soddisfatta: è leggero, ma impeccabile, e il merito è di serate intere passate su youtube con le mie compagne di scuola.
La sala in cui si svolge la cerimonia è così ampia che potrei riuscire a non dare nell'occhio per tutta la serata: gli invitati indossano abiti molto costosi, ma alcuni sono davvero di cattivo gusto. Io e Maria li commentiamo uno a uno e ridacchiamo sotto i baffi, tenendoci vicino ai tavoli del buffet.
- La NASA, riesci a crederci? - ripete. Ammetto che non la stavo seguendo.
Maria beve un drink tutto d'un fiato. Il suo rossetto scarlatto rimane sul bordo del bicchiere, ma lei non sembra farci caso. Il suo abito nero, stretto in vita e senza spalline, si apre sulle caviglie come la coda di una sirena. Non posso fare a meno di pensare che io inciamperei sullo strascico dopo appena due passi. Su di lei invece è un incanto. Anche i suoi amici sono dello stesso parere: due di loro sono italiani, e applaudono quando pronuncio correttamente il nome del paese natio di mia nonna.
Di tutte gli invitati nessuno fa riferimento alla mia condizione. O meglio, al fatto che non sono una di loro. Prima di scoprire che mettendomi in mostra rischierei di farmi sparaflesciare il cervello, la loro noncuranza mi aveva un pelino infastidito. Adesso sorrido a tutti, stringo meno mani possibili, mi tengo in disparte e rifiuto l'offerta di Ren di ubriacarci insieme. Non sono così disperata, dopotutto.
Blocco Farah, l'unica studentessa africana della Villa. Il mio gesto la urta nel profondo.
- Hai visto Xanders?
Lui e il cibo sono l'unica ragione per cui non raggiungo Shad in camera sua. Farah esita prima di rispondere, poi scuote la testa. Mi rifila un secco no e gira i tacchi. Mi vengono strane idee in testa: che se Xanders sta cercando di evitarmi è perché ha ricevuto brutte notizie. Che i membri del Comizio a cui ha esposto il mio caso sono pronti per iniettarmi quel siero. Che Zelda Hodgkin ha già ricevuto l'ordine di portarmi via. Ma Zelda Hodgkin non c'è. La cerco con lo sguardo per tutta la stanza, là dove i Novi più anziani discutono di politica attorno a tavoli imbanditi e dove la musica è più soffusa. Mi stringo le braccia attorno ai fianchi e sposto l'attenzione all'entrata. Vedo arrivare Armand, la sua famiglia e quella di Toni. Sto per andargli incontro quando mi imbatto nel gruppo di ragazzi che ho adocchiato questa mattina.
Faccio dietrofront. Chiudo gli occhi. Li stringo. Prego che non mi abbiano visto.
Prego che né Nicholas Reichenbach né il suo amico Franz mi abbiano visto.
Mi dico che quella di avere i loro occhi sulla schiena è solo una sensazione.
Torno immediatamente al tavolo e faccio finta di mangiare un chicco d'uva. Schiaccio i semi sotto i denti, ed è fastidioso, ma necessario. E naturalmente non funziona.
Quando mi decido a sbirciarlo Nicholas si è già staccato dal suo gruppo di amici e ha preso a camminare verso di me.
Il lato positivo della sua fama è che non riesce a fare due passi senza che qualcuno non gli stringa la mano o gli offra da bere, e questo mi dà almeno il tempo di mettere a bada il nervosismo. È troppo tardi per pensare a una scusa soddisfacente, ma c'è modo e modo di dire la verità. O forse Nicholas non vorrà nemmeno parlare con la sottoscritta, e il problema sarà risolto. Quando con la coda dell'occhio vedo una figura scivolarmi di fianco, però, so già che si è fatto strada tra i suoi ammiratori. Trattengo lo sguardo lontano dal suo viso il più a lungo possibile.
- Sono riuscito a convincerti delle potenzialità della terapia genica germinale? - chiede, ed è più vicino di quanto mi aspettassi. Dietro l'orecchio, come un soffio, come se avesse inarcato la schiena in avanti per potermi parlare a bassa voce. Non mi muovo fino a quando non si raddrizza e non c'è pericolo di sfiorarlo se mi giro.
- Sono incredibili, - azzardo, e ci guardiamo. Nicholas tiene le mani incrociate dietro la schiena, le spalle dritte e il mento leggermente alzato come al suo solito, almeno finché non si preoccupa di attirare l'attenzione di un cameriere. Non sembra importargli che farsi vedere in compagnia della sottoscritta potrebbe alimentare pettegolezzi pericolosi: si fa riempire due calici di un liquido chiaro e me ne porge uno con noncuranza. E io che pensavo che il piano fosse quello di non farsi riconoscere.
- Vino?
- Direi di no, - scuoto la testa, - sono minorenne.
E anche tu.
Nicholas sorvola sul fatto di avere meno di ventuno anni e sorseggia dal suo bicchiere, poggiando l'altro sul tavolo. Inala il profumo del vino con più convinzione di quanto non ne gusti il sapore, ma ogni giravolta che fa compiere alla bevanda, muovendo il calice, è un'agonia. Mi chiedo cosa stia aspettando prima di rinfacciare la mia assenza.
Mi rivolge un'occhiata di puro divertimento.
- Non fai uso di alcolici ma accetti la manipolazione di cellule germinali.
- Sono in molti a considerarle immorali, - confessa, e per qualche secondo mi illudo che non si sia accorto che non c'ero. Mi sforzo di atteggiarmi in maniera naturale, quasi sorpresa.
- Credevo che mi avresti dato del mostro non appena mi fossi avvicinato, - inizia, - ma dopotutto non hai la minima idea di cosa io stia parlando.
Oh, grandioso.
Come posso aver anche solo sperato che Nicholas non lo sapesse?
L'imbarazzo mi fa formicolare la pelle. Si affacciano sulla punta della mia lingua tutte le parole che avevo ipotizzato di rifilargli; tutte le sentenze agguerrite, tutte le battute, tutte le scuse più convincenti. Poi, però, la mia bocca si serra per la vergogna e quando la riapro tutto quello che riesco a fare è alzare le braccia in un segno di resa assoluta.
- Senti, mi dispiace.
- Sei andata a quella riunione.
- No. Non dopo quello che ho scoperto.
È vero, qualunque altra persona se ne andrebbe all'istante. Il punto è che un gruppo di sconosciuti, cercando di non dare troppo nell'occhio, ci si è fatto intorno, ad appena qualche metro di distanza, in attesa di poter parlare con Nicholas. Non lo lascerebbero andare via. Potrebbe mandarmi a quel paese davanti a tutti, ma sono sicura che doversi sentire in imbarazzo non rientra nei suoi piani. Così, per una volta, mi lascia parlare.
- Dico davvero, Nicholas. Credevo che non avrei dovuto scegliere tra te e Maria, - sospiro. Sono sincera. Avrei voluto esserci. Avrei voluto sapere se quello che si dice su Nicholas Reichenbach è vero, ma non ci sono riuscita.
- E quindi sei finita per scegliere Maria, - dice lui. C'è più che una punta di cattiveria nella sua voce.
- Vuoi litigare in un momento come questo?
- Dovrei trovarmi di fronte qualcuno alla pari, per poter litigare.
Se le parole avessero un corpo, un colpo del genere mi avrebbe fatto cadere. Rimango senza fiato e appoggio una mano sul tavolo. Mi guardo le punte dei piedi e faccio finta di meritarmelo, anche se la verità è che non ho la forza per ferirlo di rimando. Non oggi, non qui. Non ho la forza.
- La sua conferenza iniziava prima della tua, - dico. Il mio tono è piatto. Lavoro parecchio affinché lo sia.
- C'erano decine di posti liberi alla sua, mentre io, per te, per cercare di distrarti dai tuoi problemi, ho dovuto liberarne uno che avevo tenuto per qualcun altro. La conferenza viene pubblicamente dichiarata sold out e cosa scopro? Che c'era un posto vuoto. Uno su tremila.
- In seconda fila, - precisa.
Mio malgrado devo accettare che ha ragione: che è stato terribile e maleducato da parte mia non essermi presentata; ma il modo in cui lo dice, con la mascella indurita dal fastidio e i pugni chiusi, mi innervosisce.
- Ne stai facendo una tragedia, Nicholas. C'era un posto vuoto, e allora? Mi dispiace, sono stata ingiusta, ma c'è di peggio che scoprire che una persona che non consideri alla pari ti abbia dato buca.
Sto per rivelargli che alla mia recita scolastica non c'era nemmeno mio padre, ma appena mi rendo conto di quello che significherebbe per lui mi mordo la lingua. Fa male, ma è meno stupido che ricordare a un orfano che il genitore che si è preso cura di lui è morto. Che non sarà mai lì, in mezzo al pubblico, ad applaudire per lui.
Quello che dico, allora, è: - Spero che la persona a cui ho negato il posto non fosse importante.
La fronte corrugata di Nicholas si rilassa tutto d'un colpo. Distoglie lo sguardo e lo posa sul niente, come se aspettasse la fine di una fitta di dolore. Capisco che ho detto qualcosa di ancora peggiore, ma non so il perché.
- Non sarebbe venuta comunque.
Decido di rimanere in silenzio, e lo guardo. Lo guardo per sentire che effetto fa, essere al corrente che forse c'è qualcosa di friabile sotto quella membrana di orgoglio. Dato che la nostra conversazione sembra finita, due uomini si fanno avanti per agguantarlo. Nicholas deve percepire le loro intenzioni come le percepisco io, perché è a quel punto che gira la testa di scatto e mi porge la mano.
- C'è Chopin, - dice, - Notturno opus nove, numero due.
Si liscia lo smoking, nerissimo a contrasto con la camicia immacolata e i capelli tirati indietro.
Inarca un sopracciglio.
- Ti va di ballare?
Lo chiede come se fosse una naturale continuazione del nostro discorso: si raddrizza tutto e mi rifila una smorfia saccente. Io vado nel panico per due o tre eternità. Io? Ballare? Con lui? Ballare?
- No.
- Perché?
- Perché non mi va di ballare? - lo apostrofo. Mi chiedo se si veda che sto respirando ansia, più che aria.
- E perché non so farlo e non ho un vestito adatto? - aggiungo. Nicholas alza gli occhi al cielo.
- È un lento: possiamo ondeggiare di tanto in tanto e nessuno se ne accorgerà.
Si sporge verso di me. La sua acqua di colonia non mi piace. È troppo forte, per una pelle così chiara all'altezza del collo.
- E siamo nel ventunesimo secolo, ciò significa che le ragazze possono ballare anche se non portano un vestito lungo. E a me piace il tuo completo: si vede che lo ha scelto Beatrice.
Beatrice.
La cerco tra la folla degli invitati, ma non la trovo. Forse mi sta tendendo un agguato per vendicarsi della mia assenza e del fatto che il suo ragazzo sta parlando con la sottoscritta da più di cinque minuti.
- Sono sicura che Beatrice ti sta cercando.
Nicholas sistema il filo d'argento che mi sfiora la fronte: il suo tocco è preciso, quasi chirurgico, ma delicato. Non reagisco, anche se c'è qualcosa sotto.
- Beatrice non c'è: abbiamo avuto una discussione e lei se n'è andata. Fanny mi ha chiamato prima che scendessi di sotto. Sono insieme a Michigan Avenue a fare compere. Shopping terapeutico, - ironizza.
Fanny deve essere una delle amiche con cui Beatrice divide la camera.
Scanso la sua mano dalla mia tempia e lo pungo con un dito sul petto.
- Per solidarietà femminile mi sento in dovere di comunicarti che sei uno stronzo e che hai usato troppa lacca.
Nicholas sbatte le palpebre, ma subito dopo si concede una risata. Lascia che l'aria da adulto scivoli via per qualche istante.
- E non mi piace il dopobarba che porti.
- Non vuoi sapere perché abbiamo litigato, prima di giungere a conclusioni affrettate? Tu mi concedi un ballo e io mi lascio psicoanalizzare.
- Se ti rivelassi che proprio non mi interessa? - lo stuzzico.
Gli ospiti in attesa di presentarsi esitano sul da farsi. Si scambiano occhiate d'indecisione, ma un passo alla volta si fanno più vicini. Sul volto di Nicholas leggo un'espressione di nausea, quando mi porge la mano con più insistenza.
- Ho bisogno che mi lascino in pace per dieci minuti, - dice.
Si riferisce a loro. Tutti loro.
I rappresentanti della Fazione, e i ricercatori, e Xanders e Zelda Hodgkin e Beatrice.
- È il minimo che tu possa fare per non essere venuta alla conferenza.
La pista da ballo è piena di persone. Toni è tra le braccia di un ragazzo dalla pelle bronzea che ha occhi solo per lei; Charles sta trascinando Helen in mezzo alla folla, e Maria non fa in tempo a sedersi che qualcun altro le chiede di ballare.
- Allora, - dico, e grido a me stessa di non sorridere. Non sorridere per nessun motivo.
Sybil, se sorridi abbiamo chiuso.
- Perché avete litigato?
Comincio a camminare verso il centro della sala e mi sento un'idiota e non ho idea di come si balli sulle note del Notturno opus nove numero due di Chopin. Per una volta è Nicholas a venirmi dietro, e sembra perfino soddisfatto.
- Pensavo che non ti interessasse saperlo.
Alzo le mani per toccarlo, ma non so dove metterle e che cosa farci.
- Un ballo per una seduta freudiana, il patto era questo, - sdrammatizzo.
Lui se la sta spassando un Mondo. Tutti ci guardano sbalorditi e le amiche di Beatrice per poco non vanno a fuoco.
Nicholas mi posa una mano sulla schiena, poco sopra il fianco, e con l'altra prende la mia.
Io ho ancora cinque dita libere che sudano freddo.
Le sue labbra sono all'altezza del mio naso, e l'aria calda che ne esce mi pizzica la pelle.
- Sulla mia spalla, - ridacchia.
Cosa? Dove?
Di che sta parlando?
- L'altra mano, creaturina, - chiarisce.
- Va sulla mia spalla.
Eseguo e rimpiango di non essere mai andata al ballo scolastico in compagnia di un individuo di sesso maschile.
Perché in quel caso saprei come ci si comporta.
E invece non lo so.
E allora dico solo: - Lo odio, il tuo dopobarba.
***
Nicholas aveva ragione anche su questo. La musica è dolce e lenta e fa venire voglia di ondeggiare appena. Fa venire voglia di essere da soli, senza mormorii intorno, né scontri di bicchieri, né troppe parole inutili. Noi facciamo il modo che le nostre siano poche ed essenziali, e non ci guardiamo mai intorno perché non vogliamo sapere quello che succede oltre il nostro spazio propriocettivo. O almeno è così che Nicholas lo definisce. Di tanto in tanto il vestito di qualche ospite mi sfiora le caviglie in uno svolazzo, ma dopo un po' smetto di farci caso.
- Ho ricevuto delle offerte di lavoro, - dice Nicholas. È molto serio e tranquillo, e pallido nonostante la sfumatura rosata delle luci. Non avevo mai notato quanto fosse sottile la sua pelle intorno alle palpebre. Se avessi i nervi saldi per fissarle più a lungo, scommetto che riuscirei a vederne i capillari.
- Diverse offerte di lavoro, in effetti, e alcune sono migliori di altre.
- Forte. Pensi che ne sceglierai una?
- Sì. Ho deciso che accetterò la direzione dei centri di ricerca a Basilea, in Svizzera.
Inciampo sulle sue scarpe.
- Okay, okay, sapevamo che sarebbe successo. Fai finta di niente.
Inizio a blaterare cose strane sui tacchi a spillo.
- Che c'è? - mi chiede, e io devo pensarci su prima di rispondere.
- Niente, è che... la Svizzera è... lontana.
- Lo è. È per questo che io e Beatrice abbiamo litigato. Lei voleva che accettassi la proposta di Zelda o al massimo quella dei laboratori di Emeryville.
- Mi sarei stupida del contrario, Nicholas. Non può venire con te?
- Gliel'ho chiesto, e ho ottenuto perfino un posto per lei nel dipartimento di informatica, ma non è così semplice. Lei ha una famiglia, creaturina. Non può abbandonare tutto per seguirmi.
- E tu invece puoi abbandonare tutto?
- Posso. Lo voglio. E so che qualunque posto sarà meglio di quello in cui mi tengono chiuso adesso.
- Allora è questo. Vuoi andare il più lontano possibile dalla tua Fazione. Non ti pare di starla facendo un po' tragica?
Ancora?
- No. Voglio poter vivere la mia vita senza che sia la Fazione a programmarla per me. Ho del talento, ma non posso usarlo per condurre gli studi che voglio condurre. Ho del denaro, e non posso usarlo come dico io. Ho delle opinioni, ma non posso supportare che le loro. Non è giusto, non ti pare?
- No, non è giusto.
- Però, insomma... Sei disposto a lasciare la Villa come se niente fosse? Xanders...
- Xanders? Se potessi lo schiaccerei come un insetto. È un fantoccio, Sybil.
- Ti vuole bene.
- Vuole bene ai milioni di dollari che il Comizio gli consegna ogni anno grazie a me. Se non fosse per me e Maria nessuno si curerebbe di uno stupido Istituto del Minnesota.
- Non riesco a credere che tu lo stia dicendo. E i tuoi amici, allora? Armand, Beatrice?
- Chi lo dice che siamo amici? Siamo condannati a vivere nello stesso posto, tutto qui. E per quanto riguarda Beatrice...
Ancora quell'espressione di isolamento, come se avesse troppi dati da mettere in colonna per rispondere subito.
- Non posso buttare al vento tutte le mie ambizioni per una ragazza.
- La tua ragazza.
- La mia cosa? Lei non è mia. E io non sono di Beatrice, né della Fazione, né di Xanders. Io mi appartengo, e Beatrice appartiene a sé stessa. E se non vuole venire con me, la capirò.
- Nemmeno io sono sicuro di volere che venga, - ammette.
- Sono ventuno mesi che non ricordo cosa si prova a non stare con lei. Forse è possibile. Adesso non è qui, e io mi sento magnificamente. E qualcosa mi dice che non dovrebbe essere così. Che dovrei chiamarla e cercarla per tutta Michigan Avenue e avere voglia di restare alla Villa, ma non è così.
- Non la ami abbastanza da restare?
- Non cominciare. L'amore non è una grandezza fisica: non si misura, soprattutto alla nostra età.
- Mi paghi per farti da psicoanalista oppure no? Devo dirle, certe cose.
Nicholas fa lo scocciato.
- Vada avanti, dottoressa.
- Bene, perché in un libro ho letto che l'amore è come un terremoto. Puoi usare la scala Richter. Se ti senti cadere a pezzi, forse dovresti ripensarci.
- Cadere a pezzi?
È la prima volta che gli esce un sogghigno tanto amaro.
- Credimi, sono stato fatto per tremare appena.
- Non puoi saperlo. I terremoti non si possono prevedere: forse la scossa arriverà così inaspettatamente e con così tanta violenza che cambierai idea.
- Mi dispiace doverti contraddire tutte le volte, creaturina, ma i terremoti si possono prevedere.
Il brano di Chopin è appena finito quando l'orchestra prende a suonare un valzer. Nicholas mi fa piroettare e per poco non mi ammazzo. Gli artiglio la spalla come se stessi per cadere, e lui mi prende in giro. Se inizia a canticchiare "un due tre" gli faccio lo sgambetto.
- Uno dei pezzi migliori dell'Esposizione di quest'anno è un previsore sismico, - continua.
- Il primo previsore sismico della storia. A dir poco rivoluzionario, non ti par -
- Aspetta, che cosa?
- Tra gli oggetti esposti c'è un prototipo di previsore sismico capace di registrare in anticipo potenziali terremoti.
La mano di Nicholas sale fino al mio avambraccio nudo. La sua mano è freddissima.
Non è più così vicino, adesso: si tira indietro quel che basta per studiare la mia espressione.
- Ti senti bene?
- Chi lo ha esposto? Dove si trova?
- Non l'ho ancora visto. So solo che si trova al trentottesimo piano.
Quello sopra il mio.
- Devo andare.
- Sei pazza? Ci stanno guardando tutti: non puoi andartene in questo modo.
- Mi dispiace. Mi dispiace di non essere venuta alla conferenza, ma domani ci sarò, promesso.
- Vuoi spiegarmi che sta succedendo?
Non posso rischiare che Nicholas venga con me e che qualcuno dei suoi fan ci segua, quindi scuoto forte la testa.
Non dovrei dare nell'occhio, non dovrei abbandonare la cerimonia in questo modo: non dovrei ma devo. Questa è la ragione per cui sono qui, tra queste persone e queste minacce. Per quanto sia affilata la paura che provo in questo momento, non posso dimenticarmelo prima che mi costringano a farlo con la forza. Non mi guardo mai indietro per scoprire nelle mani di chi ho lasciato Nicholas. Una cosa alla volta, un problema alla volta, o il mio cuore rischierà di scoppiare.
Il petto mi fa male. È il panico che vi si espande dentro.
Mi pizzico la gamba per rimanere lucida e cammino. Troppo veloce. Se corro qualcuno mi chiederà spiegazioni.
Rallento ed è terribile. L'ampiezza della sala è una tortura.
E poi sono fuori e l'ascensore è occupato ma non ci sono scale.
Prendo il telefono dalla tasca perché se non faccio qualcosa perdo la testa.
- Shad, sono io. Sybil. Incontriamoci al trentottesimo piano.
- No, non ti posso spiegare adesso. Ti prego, ti prego, ti prego, sbrigati.
L'ascensore si libera e io arrivo prima di Shad.
L'esposizione è ancora aperta, ma sono l'unica visitatrice. Digito le parole "previsore" e "sismico" su uno degli schermi che decorano la parete, come ho visto fare a Shad questa mattina: dopo qualche secondo di ricerca, ricevo le coordinate dell'oggetto. Espositore a-245, ala est. Mi precipito a destra, verso le pareti di vetro che danno sul lago Michigan. La luce è fredda, debole. Niente spreco di energia a quest'ora della sera. Non quando non c'è nessuno. Non quando ci siamo solo io e il previsore.
Ne riconosco la forma perché l'ho tenuto in mano prima di romperlo in mille pezzi nel cortile della scuola. Ne ricordo la sensazione al tatto, il suono prima dell'esplosione, e mi metto le mani tra i capelli. È uno scherzo. Tutto questo deve essere uno scherzo.
Raggiungo l'espositore di vetro e mi fermo proprio lì, davanti ad un tetraedro delle esatte dimensioni di quello costruito da Lilith.
Mi inginocchio fino a quando i miei occhi non sono all'altezza della targa di metallo che indica il donatore del previsore sismico.
Anonimo.
Tiro un pugno contro il vetro con il solo risultato di farmi sanguinare le nocche e mi siedo per terra. O meglio, sono le gambe a non tenermi più in piedi, perché ci sono una bella e una cattiva notizia.
Di nuovo.
La bella notizia è che ho ragione. Che non devo solo affidarmi alle parole di Xanders. Che adesso vedo e credo, una volta per tutte.
La brutta notizia è che i rapitori di mia sorella si stanno prendendo gioco di me.
E sono qui.
E vogliono che io lo sappia.
Angolo Autrice: i dati utilizzati nella stesura del discorso di Fodel sono veri. Potete controllarli su Worldometers. Volevo qualcosa di ancor più inquietante perché reale. Le compagnie scientifiche citate sono anch'esse vere, ma ho preferito non nominarle apertamente ad eccezione della NASA, perché so che quella si può citare senza problemi. Spero mi scuserete per il ritardo, ma il capitolo è il più lungo che abbia mai scritto e ci ho messo tantissimo. Voglio dire grazie a tutti i miei splendidi lettori: ogni volta che vi fate sentire mi si scalda il cuore <3
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