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Mi svegliai confusa. Il pavimento era freddo, l'aria era pesante. La nuca era dolorante, ma mai quanto la testa. Aprii lentamente gli occhi. Era buio. Soltanto un raggio di sole penetrava attraverso una piccola finestrella posta in alto. Piano piano riuscii ad accendere anche gli altri sensi. Sentii dei singhiozzi sommessi, il rumore di qualcosa che si muove e diversi cavalli. Mi sollevai massaggiandomi le tempie. Molto probabilmente mi trovavo su qualche mezzo di trasporto. Percepivo il terreno disconnesso della strada. Quando la mia vista di abituò al buio riuscii a scorgere la causa dei singhiozzi. C'erano una decina di ragazzi, mischiati tra maschi e femmine, tutti non sopra i 30 anni. Riconobbi diversi volti. Provenivano dal mio stesso villaggio. Alcuni piangevano sottovoce, altri avevano lo sguardo perso nel vuoto, altri ancora abbracciavano sé stessi tremando.
-Dove siamo?- chiesi sottovoce
-Ah, sei sveglia- disse una voce.
Apparteneva ad una ragazza seduta al mio fianco. Sembrava avere sopra i vent'anni e un volto tranquillo
-Chi sei?-
-Mi chiamo Helen. Ci troviamo su un carro-
-Un... carro?-
La ragazza annuì
-Ricordi cosa è successo?- mi chiese.
Avvertii una fitta alle tempie. Svariate immagini mi passarono per la mente, tutte principalmente composti da sangue, urla e cadaveri.
Trattenni un conato di vomito.
-Ehi ehi, non sarebbe un bene se tu vomitassi qui dentro. Potrebbero punirti-
Incontrai gli occhi della ragazza
-Punirmi? Chi?-
Helen spostò velocemente lo sguardo e tacque.
-I soldati- rispose un'altra voce, stavolta maschile.
Apparteneva ad un ragazzo seduto di fronte a me, anche lui con lo sguardo perso nel vuoto.
-Venisse ci ha invaso- aggiunse.
I miei sospetti erano reali.
Il regno confinante al nostro ci aveva davvero attaccato.
-Rolette confina con Venisse. Tra tutti i paesi ha scelto noi come inizio, un paesino isolato dal resto del regno dalla quale le notizie arrivano lentamente. Astuto, molto astuto- rise con amarezza
-Non voglio, non voglio non voglio non voglio- singhiozzò una ragazza seduta in fondo -Voglio andare a casa!- gemette
-Ehi, sta zitta!- la rimproverò il ragazzo
-No! Voglio i miei genitori! Voglio tornare a casa!- urlò con la voce spezzata dal pianto
-Se non fai silenzio loro...- provò a calmarla Helen.
Ma il carro si fermò improvvisamente. Tutto all'interno si fermò, dai pianti ai tentativi di calmare la ragazza.
Ancora non capivo cosa stesse succedendo.
Poi una delle due ante di ferro si aprì. Un uomo grosso e alto come un armadio ci squadrò con disprezzo e odio. Aveva la stessa divisa dei soldati che ci avevano attaccato, lo stesso sguardo, gli stessi occhi insensibili.
-Chi è che continua a lagnarsi?-
Tutti trattennero il fiato. L'uomo incuteva timore, un terrore che non avevo mai provato in vita mia.
Come un predatore che scorge la sua vittima, puntò gli occhi sulla ragazza che aveva precedentemente strillato.
Produsse un suono di stizza con la bocca e afferrò la ragazza che cominciò a dimenarsi
-No! Lasciami andare! Per favore, mi dispiace! Aiuto, aiutatemi, vi prego!- implorò.
Nessuno osò muoversi, raggelati dalla paura
-Non voglio più sentire un respiro prevenire da qui dentro- ci minacciò mentre teneva la ragazza sulle spalle
-Aiuto! Vi prego, no!-
La sua voce disperata continuava a farsi sentire anche quando le ante furono richiuse.
-Cosa... cosa le faranno?- chiesi facendo il minor rumore possibile.
Né Helen né il ragazzo seduto di fronte a me risposero.
-È già successo due volte- mi rispose uno dei ragazzi con lo sguardo spento e puntato verso il nulla -Nessuno di loro è più tornato-
-Siamo schiavi. Siamo diventati schiavi- enunciò il ragazzo davanti a me, stringendo i pugni
-Solo Dio sa cosa ci faranno- disse con rassegnazione Helen.
E mentre il carro ci conduceva verso una meta ignota, io pensavo a coloro che avevo perso.
Chissà se Caroline ce l'aveva fatta.
Erik si era sacrificato per noi, ma ancora non avevo la certezza che fosse morto.
Thomas e Martha... speravo che stessero bene.
Forse li avrei rivisti tutti quanti. Forse stavano portando anche loro nello stesso posto. Forse stavano tutti bene.
Nonostante le mie speranze dettate dal cuore, infondo al mio cervello sapevo che sperare in tutto ciò era vano.
Il resto del tragitto fu silenzioso.
Arrivati a destinazione, fummo trasportati come animali verso un enorme palazzo bianco.
Ci fecero indossare degli abiti rossi, e ci stiparono in una stanza completamente bianca, con altri ragazzi già al suo interno.
Mi sedetti per terra.
Ero sola. Ero circondata da decine di persone, eppure non mi ero mai sentita così sola. Alla mia destra c'erano due ragazze che conoscevo già, si chiamavano Kelly e Phoebe. Stavano discutendo insieme a due ragazzi che avevo già visto in paese, ma di cui non conoscevo neanche il nome.
-Io non... io non gli permetterò di toccarmi- disse Phoebe
-Come se dovessi dargli il permesso per farlo...- uno dei due ragazzi, avvilito.
-Siamo sotto il loro controllo. Possono farci quello che vogliono- disse l'altro
-E noi non potremmo neanche impedirglielo...-
-Ma li hai sentiti anche tu, Kelly! I loro commenti erano... erano disgustosi. Non mi farò neanche sfiorare da tizi come quelli-
Uno dei ragazzi rise con frustrazione
-Ammiro davvero tanto il tuo coraggio, Phoebe-
Nella stanza si sollevò un'accesa discussione da parte di tutti, con uomini che escogitavano piani di fuga e altri che incitavano le rappresaglie.
Nonostante l'ardore, il silenzio tornò immediatamente quando una porta si aprì.
Ancora una volta si presentò un uomo vestito di nero dallo sguardo stanco ma gelido. La sua voce era bassa e potente, di quelle che non puoi fare a meno di ignorare
-Chi di voi conosce le foreste intorno al vostro villaggio?-
Mi guardai intorno. Nessuno si era fatto avanti o ne aveva il coraggio.
Continuavo a pensare alla ragazza che piangeva sul carro. Che fine aveva fatto? L'avevano punita? Stava bene? Se nessuno avesse risposto, ci avrebbero fatto la stessa cosa?
Sollevai la mano tremante.
Il tempo si fermò ancora una volta, gli sguardi degli altri ragazzi puntati su di me, gli occhi dei soldati che mi scrutavano con sospetto.
-Tu saresti in grado di guidarci?- chiese ancora.
Annuii.
-Bene-
Schioccò le dita e due soldati vennero verso di me a passo svelto.
Ero così concentrata su quell'uomo che non mi ero accorta degli altri quattro al suo seguito.
Erano tutti giovani ragazzi, probabilmente appena uniti all'esercito, eppure ci osservavano allo stesso modo.
I due mi presero dalle braccia e mi sollevarono con forza da terra, trascinandomi con loro, mentre io provai a sincronizzarmi alla loro velocità.
Fui portata all'esterno, al confine coi boschi. Ero praticamente cresciuta lì dentro, perciò li conoscevo come le mie tasche. Insieme a me c'erano altri due ragazzi, probabilmente fratelli data la somiglianza, ed una trentina di uomini in nero.
Uno di loro venne verso di me e mi afferrò per il braccio
-Teneteli stretti. Non osare farveli scappare. Se succedesse, sareste giustiziati all'istante. Lo stesso vale per voi mocciosi. Provate a fuggire o guidarci nei luoghi sbagliati e siete morti- annunciò l'uomo dalla voce possente.
Le truppe cominciarono a muoversi e noi con loro.
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