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Capitolo 32 • Tragedia

La mattina dell'ultimo giorno dell'anno ricevetti un messaggio da parte di Chloe.

Ciao Peter, so che sei in montagna e non ti disturberei se non fosse importante, ma credo che ci sia bisogno del tuo aiuto qui... La situazione è fuori controllo.

Lessi e rilessi il messaggio più volte, la sagoma dormiente di Flo accanto a me nel letto, coi raggi del sole che le esaltavano i capelli dorati. Tranquilla, serena, una presenza costante. Dall'altro lato, come un diavoletto sulla spalla opposta, Maddie e la sua ingestibile chioma ramata, caotica fin dentro le fibre di ogni capello, lo sguardo spento perso nel vuoto. E sussurrava piano, nella mia testa, un'insidiosa cantilena magnetica.

Vieni a salvarmi...

Ho bisogno di te...

Non mi abbandonare davanti agli ostacoli che non so superare...

Faccio finta di sapermela cavare da sola e poi mi caccio nei guai...

Aiutami...

Solo tu sai come farlo...

Non riuscivo a fermarla. Dove si trovava il pulsante di spegnimento?

Lei aveva reciso il filo che legava la mia vita alla sua, perché avrei dovuto aiutarla dunque?

Pensai a Flo, ignara di ogni mia tacita paturnia.

Mi figurai un miliardo di domande tutte sbrodolate addosso mentre buttavo due effetti personali a casaccio in uno zaino e partivo, già convinto di poter risolvere qualsiasi problema. Perché, dentro di me, sapevo già che sarei partito.

Cercai un volo per New York: non ce n'erano. Gli aerei erano tutti pieni, complici le festività in corso e le precauzioni dovute al meteo, che dava neve.

Salvami, Peter...

Non indugiare ancora...

Le strade diventeranno inagibili, se tarderai troppo a partire...

Peter, ho bisogno del tuo aiuto...

Peter...

Peter...

«Peter?»

Flo gracchiò in mia direzione con gli occhi semichiusi e i capelli arruffati, confusa.

«Buongiorno. Perché stai cercando un volo?»

Alzai gli occhi al cielo. Era troppo tardi per prendere e partire senza dirle niente.

«Buongiorno, vado a preparare il caffè».

Lei si grattò la nuca.

«E ti serviva un sito di linee aeree per deciderti?»

Lasciai perdere e andai effettivamente a preparare il caffè, pensando, nel mentre, a cosa mi sarebbe servito nello zainetto che mi sarei portato dietro. Avrei sfruttato il tempo che Flo avrebbe impiegato a farsi la doccia per buttare tutto alla rinfusa e uscire alla velocità della luce. Cominciai a scrivere un post-it.

"Spero mi potrai perdonare, ma non posso trascorrere questa notte con te, devo andare a casa a risolvere alcune questioni importanti..."

«Stai scrivendo le tue ultime preghiere o vuoi recitarle ad alta voce?» tuonò Flo, comparendo silenziosamente alle mie spalle.

Intelligente, purtroppo, ricordai. Aveva già letto metà del biglietto e ci aveva messo probabilmente un secondo a capire che c'entrava Maddie.

Inghiottii a fatica la mia saliva.

«Peter, che cos'hai di così urgente da risolvere a casa?» domandò ancora Flo.

Mani sui fianchi, piede in avanti che ticchettava nervosamente, sguardo rabbioso dal potere inceneritore: pareva una moglie incazzata col marito.

«Non lo so. Vado a scoprirlo» dissi soltanto.

Non c'era niente di più irritante, per una donna, che ricevere mezza risposta a più quesiti posti di fila. Flo sarebbe potuta esplodere da un momento all'altro. Maddie l'avrebbe fatto, vivace com'era: trattenere le emozioni non era il suo forte; la mia collega universitaria e sottospecie di frequentazione, invece, aveva la diplomazia nel sangue e controllarsi le riusciva spontaneo come respirare. Si limitò ad inspirare a fondo, con calma, più volte.

«C'entra Maddie?» chiese infine, fulcro reale di tutta la carica emotiva del dialogo.

Annuii e andai a preparare lo zainetto, impaziente di fuggire da quella situazione scomoda che mi stava facendo sudare freddo. Da una parte, era proprio per quel motivo che avevo sempre insistito per mantenere segreto l'affair con Flo: non volevo essere costretto a darle spiegazioni legittime riguardo a sentimenti che provavo in maniera non legittima, perché a quel punto sarei dovuto essere innamorato perso di lei e non avrei dovuto udire affatto, melodico come il canto di una sirena, la voce di Maddie attrarmi a sé pur a distanza.

Flo impiegò un attimo a seguirmi, momento in cui si rese conto che sarei partito per davvero.

«Aspetta, tu stai seriamente andando via. Cioè, non è uno scherzo. In che senso?» commentò, con una risatina vagamente isterica.

Sbuffai. Sapevo che non l'avrebbe presa bene, ma da lì a farmi una scenata ce ne passava.

«Sì, me ne sto andando, Flo. Niente che tu possa dire o fare mi tratterrà» stabilii.

«Neanche se... Fossi incinta?»

La maglietta che avevo tra le mani mi cadde per terra.

Scavai rapidamente nella mia infallibile memoria e cercai l'ultima volta che ricordavo di averla sentita lamentarsi per i dolori mestruali. Prima degli esami di metà dicembre, sicuramente, ma quanto? Oh, non me lo ricordavo. Inizio mese?

«Hai fatto un test?» domandai, pratico.

Lei vacillò.

«N-no».

«Io faccio schifo a mentire, ma tu mi stai dando del filo da torcere. Risparmiami questo dramma da telenovela, per favore: sarà, nel peggiore dei casi, un lieve ritardo».

Un flash di una sera in cui Sid mi aveva scritto che Flo aveva dimenticato gli assorbenti di ricambio nel nostro bagno mi tornò in mente: soltanto il giorno prima ci era stato assegnato l'elaborato di cui si era lamentato Jason, perché avevamo passato l'intera serata a fare ricerche e mangiare schifezze, un compromesso a cui eravamo giunti dopo un'altra delle nostre discussioni velatamente litigiose. Mi ricordavo di aver insistito nel fare qualcosa di utile perché non potevo dire ad una ragazza con le mestruazioni di tenere a freno la sua fame di cibo spazzatura (era equivalente al suicidio), ma mangiare male e oziare era un connubio insopportabile per me. Una delle due cose doveva escludere l'altra, sullo stesso asse temporale. Il tutto si collocava, comunque, non più tardi della prima settimana di dicembre, ergo Flo non poteva ancora sapere se le sue mestruazioni fossero regolari, irregolari o interrotte per via di una improvvisa gravidanza. In ogni caso, si trattava di un problema che avrei potuto gestire più tardi.

«Io sono stanca di questo tuo comportamento, però. Mi sento presa in giro» si lagnò Flo.

Ammisi a me stesso che, tristemente, era vero. Non potevo contestare i fatti: emotivamente, ero stato più ermetico che mai con lei. La nostra frequentazione era costituita da un'amicizia che attraversava piacevoli momenti erotici e non si discostava mai di molto dalla superficie: non era una relazione in piena regola, non le avevo mai chiesto di costruirne una. Non desideravo investire nulla di così personale nel mio rapporto con lei, non ero intenzionato a rendere conto a lei delle mie scelte né volevo che lei si impegnasse così tanto con me.

Mi diede fastidio la sua insistenza, la preferivo dolce e silenziosa, quando sembrava che facesse le fusa come un gatto.

«Mi dai uno straccio di risposta? Comunicare con te è come piazzarsi davanti ad un muro, cazzo».

Assicuratomi di aver messo tutto, chiusi la cerniera dello zaino e mi avviai verso la porta sbarrata da Flo.

«Ecco, allora scegliti un muro. Io dovrei passare» sibilai.

Cominciò a piangere, fissandomi infuriata.

«Non mi impietosisci. Smettila di fare la bambina e lasciami andare, Flo».

«Non te ne frega proprio niente, eh?» sussurrò lei, ferita.

Sospirai. Perché doveva sempre farmi apparire come un mostro?

«Se è quello che vuoi sentirti dire per toglierti da qui, sì. Non me ne frega niente di te, proprio. Ma sei scema?»

Pianse più forte.

«Certo che tengo a te, che domande! Adesso, però...»

«Dimostramelo. Rimani» s'impuntò, incrociando le braccia al petto.

Le lacrime continuavano a scendere copiose sul suo viso accaldato. Sembrava che l'avesse travolta un tornado: i capelli annodati, le guance arrossate, il pigiama ancora addosso e gli occhi gonfi, l'espressione di chi avrebbe preferito non capire nulla piuttosto che affrontare l'attuale situazione.

«Non posso» feci, quasi senza pensarci.

Emise una sorta di grido trattenuto, ormai in difficoltà persino lei che era la diplomazia fatta a persona.

«Tu mi esaurisci, Peter. E io ti odio per questo. Ma sai cosa odio ancor di più?»

Continuai a fissarla, sperando che mi aprisse la strada e ponesse fine a quella tragedia greca. Uno qualunque fra Euripide, Sofocle ed Eschilo le avrebbe fatto un applauso sincero, se fosse stato realmente spettatore della scena.

«Odio la tua ostinazione nel voler correre sempre da lei, perché ogni volta che te ne vai il mio cuore si spezza un po' di più».

__________

Climax della stronzaggine di Peter. Pat pat per Flo. E un po' di esasperazione verso Maddie, non nascondiamolo.

Al prossimo capitolo!

Baci ✨

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