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Capitolo 15 • Equivoco

Nuovamente, fu Flo a salvarmi. Aveva assistito alla scena e, dopo che Maddie se ne era andata, aveva preso il suo posto in pista. Poco più in là, notai Jason e Steve scherzare con delle ragazze, visibilmente brilli.

Più audace del solito grazie all'unico cocktail che avevo bevuto, decisi di essere schietto con la mia amica.

«Jason ti piace?»

Lei fece finta di non sentire, ma dalla rapidità con cui aveva buttato la testa all'indietro per nascondere l'espressione del viso, intuii che il tema non le era di gradimento. Me ne infischiai, dal momento che gli altri lo facevano sempre con me.

«Parlo con te, Flo. Ti piace Jason?» la bloccai con un braccio.

Lei si infastidì.

«No».

«E allora perché lo illudi? Vi siete travestiti insieme per quale motivo?»

Cominciai ad odiare tutto il fracasso attorno a noi.

«Lui ci teneva... E io... Non so nemmeno io perché l'ho fatto. Jason mi piace come amico, non volevo dirgli di no».

«Sbagliato. Ti piacciono le sue attenzioni» osservai, finalmente padrone di me stesso a sentenziare sugli altri invece che su di me.

Flo alzò gli occhi al cielo.

«Vuoi litigare anche con me stasera?»

Cacciai via la sua aria minacciosa con un abbraccio.

Non seppi nemmeno perché lo feci: forse, ringraziare a voce mi riusciva troppo difficile.

«No, anche con te no. Direi che ho già combinato abbastanza pasticci» sbuffai.

Lei mi sorrise.

«Allora andiamo a prenderci un drink e beviamoci su».

In teoria, sarei dovuto finire a casa del nonno di Chloe, chiarire con Maddie, dormire abbracciato a lei e svegliarmi l'indomani mattina tranquillo e sereno. Invece, mi ritrovai disteso sul mio letto con il braccio di Flo sul torace, il suo corpo aderente al lato del mio. Equivoco, a dir poco. Chissà cosa doveva aver pensato Sid, svegliandosi per andare in biblioteca a studiare. Mi appuntai mentalmente di inviargli un messaggio di scuse per l'eventuale disagio creato.

In quel momento, Flo si stiracchiò e si stropicciò gli occhi.

«Fossi in te, non strofinerei ancora» commentai, accennando un sorriso.

«Mmh... Perché? Buongiorno, comunque» sbadigliò.

Si tirò su a sedere e si guardò intorno, rendendosi probabilmente conto di non essere, come credeva, nella propria camera.

Tuttavia, non si lamentò.

«Buongiorno» ricambiai, piuttosto asciutto.

Mi chiesi cosa stesse pensando Maddie, se mi avesse visto andare via dalla festa con Flo, se avesse abbandonato ogni speranza nella nostra relazione.

Afferrai il cellulare: zero notifiche da parte sua. Feci per chiamarla, quando Flo me lo impedì.

«Si può sapere cosa stai facendo?» domandò.

«Stavo per chiamare la mia ragazza» risposi, seccato.

Lei mi guardò ostile, con le mani sui fianchi.

«Per fare una figura da disperato peggiore di quella di ieri sera?!»

Riflettei.

«Ma io sono disperato».

«Sì, ma lei non lo deve sapere! Voi uomini non capite proprio nulla...»

Assunsi un'aria imbronciata che mi rendeva parecchio infantile.

«Se proprio vuoi parlarle, fatti una doccia e vai di persona» sbuffò Flo, come maledicendosi mentre parlava.

La reputai un'ottima idea. Mi alzai, mi stiracchiai per bene e mi infilai nella doccia, facendomi avvolgere volentieri dal piacevole tepore dell'acqua calda.

Quando tornai in camera, Flo se n'era già andata.

Trascorsi un'infinità di tempo a modellare i capelli davanti allo specchio, a cercare di scegliere l'abbinamento migliore di vestiti e a convincermi che potevo farcela, ma un'opprimente sensazione di inadeguatezza si stava impadronendo di me.

Dovevo fare di più, dovevo spingermi oltre i miei limiti. Non sarei mai arrivato ad una teatrale serenata, ma dovevo seriamente pensare a qualcosa di talmente smielato che neanche la più cocciuta delle ragazze sarebbe potuta rimanere impassibile.

Pensai a fiori, cioccolatini, dolci in generale... E poi feci di meglio: andai al supermercato e comprai il necessario per preparare dei dolci fatti in casa. Rovesciai davvero di tutto sul carrello: preparati per budini, muffin, pancake, waffle, torte varie, farina, uova, latte, burro, cioccolato, panna... Riempii due grandi buste per la spesa e suonai al campanello della casa del nonno di Chloe.

Ad aprirmi fu Blake, perplesso. Senza fare domande, mi fece strada caricandosi del peso di una delle due borse.

In cucina, Chloe stava finendo i suoi biscotti preferiti.

«Ciao...» salutai, impacciato.

«Buongiorno, Peter. Dormito bene?»

Annuii, a disagio. Come avrei voluto tornare a quando ero io a squadrare lei perché aveva dormito con Steve!

In quel momento, Maddie fece la sua comparsa in versione sonnolenta.

«Buongiorno a tutti... E tu che ci fai qui?!» esclamò, accorgendosi della mia presenza.

«Buongiorno. Sono venuto a fare dei dolci con te. Ho preso qualsiasi cosa, letteralmente... Puoi scegliere quello che vuoi» sorrisi.

Lei rimase di stucco per qualche istante, quindi frugò tra le borse.

Scelse il preparato per muffin e gli ingredienti per i cookies al cioccolato.

«Se credi che con questi io dimentichi che te ne sei andato con un'altra ieri sera, ti sbagli di grosso. Ma grazie per la spesa» commentò, acida.

Incassai il colpo.

«Non mi voglio giustificare, ma non me ne sono reso conto fino a stamattina».

«Non peggiorare le cose. Taci e mescola» ordinò, indicando la terrina dove aveva versato uova e zucchero.

«Sissignora. Hai una frusta, Chloe?» scattai.

Maddie mi rivolse un'occhiataccia, cercando tuttavia i pirottini per muffin.

«Non fartela rubare dalle mani» scherzò Chloe.

«Oh, non ti preoccupare. Lui sa perfettamente come tenersi stretto le cose».

«O le persone» aggiunse Blake, ridendo al sarcasmo di Maddie.

La risata gli costò un pugno sul braccio, che lo fece, però, ridere ancor più forte.

Chloe scosse il capo e cercò di aiutarmi e fare da mediatrice per evitare lo scoppio della Terza guerra mondiale.

Maddie rappresentò una costante fonte di pericolo fino a cottura ultimata dei dolci: l'aumento della glicemia diminuì la sua aggressività, ma non l'indice di pericolo, quindi prestai estrema attenzione ad ogni minimo gesto e ad ogni piccola parola che la coinvolgevano.

E, nonostante fossimo arrivati a fine giornata con il buonumore e tante risate a risuonarci nelle orecchie, sapevo benissimo che ero ben lontano dall'aver rimediato a tutto il male che le avevo causato. Mi domandai se mi avrebbe mai perdonato.

In aeroporto, il giorno seguente, si fece abbracciare senza ricambiare con la stessa intensità. E pianse. Non mi ero mai sentito così colpevole in tutta la mia vita.

__________

Comincia la disfatta... O forse stiamo sottovalutando Peter e le sue abilità di persuasione nel farsi perdonare?

Lo scopriremo solo leggendo...

Baci ✨

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