Capitolo 34- Parliamo dei tuoi spettacoli, Andrew
«L'Enigma della Perfezione. Davvero, Wilson?»Mulder camminava veloce, lungo la sala interrogatori.
«Ti dice niente un libro che parla di un uomo ossessionato dalla perfezione, che si chiude in una stanza completamente bianca per sfuggire dai difetti? Vuoi per caso ribattere che non ne eri a conoscenza?» disse, buttando sul tavolo un romanzo dalla copertina candida, come soggetto una semplice lampadina, una sedia e il nome di Thelma Grant scritto in caratteri sottili e minimalisti.
«Che cos'è, una specie di gioco? Volevi vedere quanto tempo ci avremmo messo a scoprirlo?»
«È solo uno spettacolo teatrale» ribatté l'avvocato, teso contro lo schienale della sedia.
«Esistono le coincidenze! Enigma è solo una parola. Non potete accusarmi pr una parola!»Andrew, i palmi sul tavolo, la voglia di ribattere negli occhi, all'improvviso sembrava volersi difendere a tutti i costi.
«Non capisci un cazzo, oppure fai solo finta» gli ringhiò addosso Mulder, lo sguardo lampeggiante di nervosismo.
«Quando hai intenzione di confessare, eh? Non riesci ad accettare che sei nella merda, ormai?»
«Enigma è solo una parola» sibilò Wilson, come un serpente in procinto di azzannare la preda.
«Perché la perfezione, Andrew?»
«E la mitologia?»
Sentì un profumo alla vaniglia, forte e totalizzante, stringergli la gola come un boa.
Poi Andrew si voltò, trovandosi davanti Xavier e Zelda, coi loro sguardi giudicanti e le domande simbiotiche.
«Ecco, sentivo che mancava qualcuno» ironizzò, prima di ricomporsi davanti all'occhiata severa dell'avvocato.
«Non so di cosa stiate parlando, comunque» si voltò di nuovo per guardarli in faccia, serrando la bocca in un gesto spazientito.
«Perché Beryl Wright, allora.»
Xavier si sedette vicino a Mulder, prima di disporre davanti a lui una ad una, con una lentezza metodica, le foto del cadavere della ragazza.
«Perché Rivera, allora.»
Lo imitò Zelda, facendo scivolare una mano sulle spalle del sospettato.
Era un fascio di nervi, come sospettava.
Lui rimase confuso da quel gesto, incurvandosi ancora di più, come se avesse dovuto proteggersi da dei colpi invisibili.
«Non li ho uccisi io.»
«Quando abbiamo trovato il corpo della Wright, era coperto con delle piume e della cera. Perché questa scelta stilistica? Per dare un senso agli omicidi?»
«Oppure per mostrare la tua personalità?»
«Di cosa diamine parlate? Io non ho ucciso nessuno dei due!» sputò lui, facendo come per alzarsi. L'avvocato gli fece gesto di risedersi, prima di dire:
«Detective, comprendo la vostra frenesia nell'accusare il mio cliente, ma come vedete state continuando a insistere sugli stessi punti e mi sembra stiate rivelando dettagli... molto riservati? Per cosa?»
«Per dare fastidio a quelli come lei» rispose pronta Zelda, «il poliziotto. Lui è stato uno sbaglio, vero? Non era programmato...» disse a se stessa, non degnando Andrew di uno sguardo.
Lui la osservò confuso, muto.
Le sue sopracciglia erano incurvate in un'espressione tesa e quasi esagerata, come se stesse recitando l'ennesimo dei suoi spettacoli e anche dall'ultima fila le persone potessero riuscire a vedere il suo disappunto.
«Come facevi a conoscere Marcus Rivera? Come l'hai riconosciuto?» domandò poi Zelda, rimanendo alle spalle di Andrew.
«No, no» lui alzò le mani, come per dissociarsi dalla faccenda, «non provate a incolparmi per Marcus Rivera.»
«Avevate delle conoscenze comuni?» chiese Mulder, «oppure è stata un'altra delle tue coincidenze?»
«Nessuna delle due, perché non l'ho ucciso!»esplose Andrew, alzandosi e sbattendo le mani sul tavolo con una frustrazione tale che anche l'avvocato si scostò.
Xavier alzò le sopracciglia in un'espressione annoiata, mentre rimaneva seduto tranquillo davanti a Wilson.
I suoi occhi e il suo sorriso disprezzante sembravano disapprovare un comportamento che sapeva benissimo essere anche il suo, a volte.
Zelda incrociò le braccia, guardando la scena con sufficienza.
«Cazzo» mormorò poi Andrew, prima di portarsi una mano alla fronte per cercare di calmarsi. Sospirò, e tutti nella stanza si guardarono.
«Scusate.» Liza aprì la porta, facendo due rapidi passi verso Zelda.
Le disse qualcosa di incomprensibile.
«Va bene» disse lei, prima di guardarla e annuire.
«Facciamo una pausa, Andrew» concluse poi, secca, prima di fare un cenno a Xavier e Mulder ed uscire dalla sala.
«Stavo controllando delle cose, mentre seguivo l'interrogatorio» disse Liza, mentre l'ologramma del suo Clearcircle brillava dietro alla sua figura. L'articolo che aveva aperto era proiettato sul muro, immergendo i detective in un mare di lettere e immagini.
L'illustrazione di uno stagno cosparso di narcisi troneggiava sulla pelle del viso di Zelda, mentre Xavier era, grazie a un'illusione casuale, incorniciato da una tela di ragno sottile e distorta.
«In precendenza avevo fatto delle ricerche sugli spettacoli di Andrew, ma comparivano solo i più recenti. Fino a quando non ho trovato questo...»
Liza indicò un elenco di nomi, scritti in grassetto, «Didone, Narciso, Aracne e Prometeo. Tutti soggetti dei suoi spettacoli» fece scorrere l'articolo, mostrando con velocità tutte le foto ritraenti le varie scene teatrali.
«Poi qualcosa è cambiato. Ha smesso con la mitologia e ha iniziato col Jazz. Come se qualcosa lo avesse influenzato a cambiare di colpo.
Questo potrebbe rivelarsi nei suoi omicidi, dove entrambi gli argomenti sembrano lottare per avere il primo posto. Sembra un ossimoro per un individuo come lui, ma inconsciamente il suo è uno stile confuso, anche nelle scene del crimine. Prima la mitologia, poi il Jazz con l'ologramma, poi di nuovo la mitologia... e qui, qui guardate: tra i suoi primi spettacoli del secondo stile ce n'è uno su-»
«Chet Baker» mormorò Zelda, guardando la foto del cantante con velata incredulità.
E più assimilava le informazioni che aveva appena acquisito, più una strana adrenalina iniziava a scorrerle come argento vivo sotto pelle.
Non era certa che fosse una sana agitazione oppure qualcosa di più profondo e meno comprensibile.
Andrew Wilson: una nuova stella nel firmamento teatrale Americano?
«Exact.» Annuì Liza, prima di aggiungere: «Di lui, oltre alle informazioni base che abbiamo nei fascicoli e ai suoi spettacoli, c'è poco e nulla. E prima del 2070 assolutamente niente.»
Andrew Wilson, con i suoi spettacoli innovativi, è riuscito ad affascinare tutte le fortunate città che l'hanno ospitato.
C'è chi lo definisce un Omero moderno, chi un nuovo portatore di surrealismo.
I suoi spettacoli fondono il dadaismo con la mitologia greca, la letteratura moderna e le biografie di grandi personaggi della scena musicale Jazz.
Di certo è una promessa da tenere d'occhio.
Mulder guardò l'ologramma, prima di sbuffare in un sorrisetto amaro.
«Abbiamo ancora qualche dubbio su chi sia Enigma?»
«Parliamo dei tuoi spettacoli, Andrew» iniziò Liza, entrando nella sala interrogatori, rapida.
«Cosa?»
«Hai capito. Mi interessano soprattutto quelli sulla mitologia greca.»
Lo osservò senza espressione, come se i suoi occhi non fossero altro che inanimati gioielli d'ambra.
«Ho fatto degli spettacoli sui miti greci molto tempo fa, ma questo non mi rende colpevole!»
«No, certo che no. Ma i tuoi non sono spettacoli normali-»
«Sono spettacoli normalissimi!»
«Predicono degli omicidi, Andrew» esclamò Liza, alzando leggermente il tono per non essere interrotta una seconda volta.
Rimase qualche secondo così, con le braccia distese davanti a lei, lo sguardo alto e un sorriso bloccato prima che potesse incurvarle le labbra.
«Sono solo idee. Non potete accusarmi solo perché i miei spettacoli parlano di mitologia! Sapete quanti artisti prendono spunto dal mondo classico?»
«Di certo pochi assassini» lo punse Zelda, cogliendo un attimo di silenzio per incastrarsi nella discussione.
«Ma io faccio parte degli artisti. Non degli omicida!» Andrew sembrò sull'orlo di una seconda sfuriata, prima di espirare, alzare le mani in segno di resa e dire:
«Sentite, so che tutte le prove portano a me, ma c'è di fondo una semplice serie di sfortunate coincidenze. Non è una mia colpa se mi sono trovato ad esibirmi al Dionysus con uno spettacolo così equivoco in un momento del genere. E non è una mia colpa che io sia appassionato di cultura greca. Non è un crimine.»
«No, certo, non è una tua colpa. Lo è aver testimoniato il falso e rifiutarti di collaborare.»Mulder tirò su col naso, visibilmente irritato.
«Su questo argomento ci siamo già passati.»
Sbottò l'avvocato con durezza, guardando con sdegno gli investigatori.
«Assolutamente no. Hai cercato di crearti un alibi, vero? Come hai fatto a non pensarne uno migliore?» domandò Xavier, le parole quasi scandite dal battere della sua scarpa contro le mattonelle del pavimento.
«C'è un alibi migliore della verità, perché?» Andrew lo guardò con odio, prima di cambiare espressione e accennare un sorrisetto sghembo.
«So che è un caso difficile e che volete chiuderlo il prima possibile, ma dovreste controllare meglio in giro. Se Enigma è davvero come lo descrivete dovreste cercare qualcuno di molto vicino a voi. Avete controllato tra i vostri?» chiese, per poi scuotere la testa e spostarsi con un soffio una ciocca che aveva davanti agli occhi, «solo perché è già successo una volta non significa che non possa riaccadere.»
Xavier lo guardò come se davanti ai suoi occhi non ci fosse più Andrew Wilson, ma semplicemente Enigma. Era impossibile il contrario.
Rimase qualche secondo immobile, come cristallizzato a pensare, mentre avvicinava le nocche della mano fasciata alle labbra.
Poi si alzò, uscendo dalla sala sotto lo sguardo confuso di tutti.
Zelda lo seguì, attratta come una falena dalla luce proveniente dai suoi pensieri.
«Dobbiamo fare il Whitetest» disse Xavier, voltandosi verso di lei.
Zelda si scompose in una risata sommessa e preoccupata, «no. Possiamo fare il test del poligrafo.»
«Mentirebbe.»
«Non acconsentiranno mai, Xavier» lei si passò le mani sui fianchi della gonna, «è illegalizzato da due anni, se non per i casi estremi.»
Gli ricordò, come se servisse ricordare perché il test di quella stanza bianca, senza alcun rumore percepibile e utile per portare alla follia chiunque, fosse stato considerato troppo poco umano per degli interrogatori.
«Questo è un caso estremo. Si tratta di Enigma. è già un fenomeno mediatico, se la stampa verrà a sapere che non possiamo arrestare nessuno per via di questioni legislative, Detroit impazzirà.»
C'era della sana convinzione nelle sue parole, una sicurezza e soprattutto una verità incontrastabile.
Zelda guardò oltre il vetro.
Osservò Andrew e Andrew osservò lei, anche se non poteva vederla.
Ma fissava lo specchio riflettente come se sapesse esattamente dove fosse la sua figura, ne era certa.
«Stiamo chiedendo troppo.»
«Smettila di avere paura di tutto, Zelda.»
Lei sembrò non ascoltare nemmeno quelle parole pungenti, perché subito esclamò:
«Però l'ipnosi possiamo usarla.»
«Come?»
«L'ipnosi» Zelda fece scorrere gli occhi da una parte all'altra della stanza, come alla ricerca di qualcosa.
Forse cercava le parole adatte, sfuggenti per via di quella confusione elettrizzata che provava ogni volta che sentiva di essere vicina a una svolta fondamentale, «l'ipnosi regressiva, quella che ha usato su di me Liza. Possiamo utilizzarla per fargli ricordare gli omicidi e confessare.»
Si guardarono per qualche istante, prendendo sempre più consapevolezza di ciò che stava accadendo.
Se davvero l'ipnosi avesse funzionato, forse tutto sarebbe finito.
Era una semplice causa-effetto che avrebbe potuto risanare ogni paura.
Incerti su come reagire, sembrarono in procinto di dimenticare tutto il rancore che c'era tra di loro.
Zelda fu la prima a sorridere, in silenzio, mentre gli occhi luccicavano come a una bambina davanti a una scatola di caramelle.
«Potrebbe funzionare» disse, continuando a distendere le labbra in quello che poteva sembrare un disperato bisogno di essere finalmente libera di dimostrare la sua felicità.
La smania che da quel sorriso potesse sbocciarne anche un altro era talmente consumante da essere più vicina ad una necessità che a un desiderio.
Facendosi contagiare da quel sollievo momentaneo e incredibilmente illusorio anche Xavier distese le labbra, e ai loro volti fu concessa, per qualche prezioso secondo, l'opportunità di essere ancora più simili grazie a quella felicità condivisa.
«Sì» disse, impedendo al calore che gli scaldava il petto di raggiungere il viso, «potrebbe funzionare. Complimenti.»
Liza depose il metronomo davanti al viso impassibile di Andrew.
«Un metronomo» disse lui, come se ci fosse il bisogno di specificarlo.
Non era una domanda, solo una scettica affermazione.
«Sì, Andrew. Sai cos'è l'ipnosi regressiva?»
Liza si sedette di fronte a lui, tenendo lo sguardo irremovibilmente basso e scrivendo qualcosa su un foglio che giaceva vicino a lei.
Il contenuto di quel documento fu coperto dalla manica della sua camicia, che come un'ala pallida ed eterea si era stesa sulla superficie della carta.
«Sì, diciamo» rispose Wilson, incurvando la bocca in un'espressione indecisa.
«Potrà essere usato come prova contro di te, giuridicamente.»
«Una specie di test del poligrafo.»
«Una specie.»
Liza alzò lo sguardo, incontrando quello di Andrew. Un misto di accettazione e sfrontatezza fluttuava nei suoi occhi di cemento.
Lei fece scorrere la mano sul tavolo fino a incontrare il ClearCircle che teneva alla sua destra. Era un modello specializzato nella registrazione degli interrogatori, come le aveva spiegato Mulder. Audio e video di quella che stava per essere la confessione che tutti attendevano, contenuta in un microscopico cerchio trasparente.
Accese il dispositivo, poi esclamò:
«Interrogatorio di Andrew Wilson, sospettato di duplice omicidio. Ipnosi regressiva.»
Con un tocco attivò il metronomo, che prese a ticchettare, nel silenzio sterile della stanza. Incrociò le mani davanti al petto, prima di ispirare. La matita che teneva tra le dita volteggiava senza sosta, in un movimento nervoso e impaziente.
«Adesso farò un conto alla rovescia, ti prego di seguire le mie indicazioni e di non opporre resistenza. Hai ancora l'opportunità di confessare prima che l'ipnosi inizi. Vuoi farlo?» il timbro della voce era fermo, e la screziatura che sentiva da dentro farle tremare le corde vocali sembrava non aver raggiunto le sue parole.
«No» Andrew stirò le labbra in un sorriso teso e al contempo soddisfatto, prima di rilassare i muscoli.
«Cosa c'è di peggio dell'arrendersi?»
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