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Capitolo 43: GLI UOMINI FANNO SOFFRIRE

In questo periodo dell'anno la spiaggia riprende a popolarsi. Alcuni ragazzi fanno surf, altri, invece, assaporano l'inizio della primavera leggendo un libro distesi sulla sabbia. Ian mi tiene tra le sue braccia. Entrambi guardiamo verso l'oceano, seguendo le onde che si infrangono a riva. Non riesco a togliermi dalla testa come Penn sia cambiato così all'improvviso, allontanando Ashley da un momento all'altro e senza alcun motivo apparente. Non riesco a non pensare a quanto quella povera ragazza sia rimasta confusa e amareggiata. Il più delle volte, in una storia, sono le donne che chiedono una pausa di riflessione, ma quando lo fanno gli uomini è sicuramente qualcosa di importante.
O, come in questo caso, di assolutamente indecifrabile. Questa momentanea rottura mi ha distolto dal mio guaio amoroso, se così può essere chiamato ciò che sta succedendo tra me e Ian, anzi, ciò che non sta succedendo. L'attesa della mia prima volta si carica di enormi aspettative. Cosa avrà in mente? Starà aspettando davvero il momento adatto? Le domande sfumano insieme al sole che tramonta, lasciando posto al leggero venticello della sera.

"Ti vanno due patatine e qualcosa da bere?" mi chiede Ian, prendendomi per mano e facendomi alzare.

Qualche granello di sabbia resta attaccato al retro dei miei jeans, lo scuoto con il palmo e seguo il mio ragazzo dentro al locale.
Il Siren è ancora vuoto, Ian attaccherà il turno tra un'oretta. Jamie mi fa un cenno di saluto, entrando nella sala. Ricambio il gesto, arrossendo appena sulle guance. Ogni volta che lo vedo mi viene in mente la scena al Motel. Dakota con il frustino e lui a quattro zampe.

"Ecco qua" Ian posa sul piano un piattino con i salatini e poi va a prendere due bicchieri di succo di frutta.

"A te, piccola Holland" mi sorride, sbattendo il suo vetro contro il mio. "E al nostro secondo viaggio a New York". 

Lascio andare il salatino che stavo per addentare e lo scruto attentamente. "Hai già messo da parte i soldi per il volo?" gli chiedo, ansiosa di conoscere la sua risposta.

Ian si appoggia con la schiena alla spalliera della sedia e stende avanti le gambe, incrociando un piede sull'altro. "Molto di più" sorride, facendomi occhiolino.

"Abbiamo i biglietti!". La voce di Dakota si alza alle mie spalle, mentre il suo braccio posa sul nostro tavolo quattro cartoncini freschi di stampa.

Guardo stordita Ian e poi la donna che si piazza tra noi con un grandissimo sorriso.

"La festa dell'altra sera mi ha fatto guadagnare un bel gruzzolo e poi Dakota è un genio con il computer" dice Ian, facendo un cenno verso la ragazza.

"Ho soltanto cercato le offerte migliori" precisa lei soddisfatta.

Focalizzo l'attenzione sui biglietti aerei. "Perché sono quattro?" chiedo, confusa.

Jamie viene ad unirsi al tavolo, abbraccia le spalle della moglie e annuncia: "Verremo anche io e Dakota, non siamo mai stati a New York".

Guardo Ian smarrita e cerco capire se la cosa mi faccia o meno piacere.

"Non ci imbucheremo al matrimonio di tua sorella, stai tranquilla, condivideremo soltanto il viaggio con voi e poi io e Dakota faremo i turisti. E' così tanto tempo che non ci prendiamo una vacanza" spiega ancora Jamie, con il tentativo di rispondere a tutti i miei dubbi.

Ian si sporge sul tavolo, posando le sue mani sulle mie. "Non è fantastico?" sorride.

Annuisco. Dakota e Jamie in viaggio con noi. Fantastico. Decisamente fantastico.
***

Il mattino seguente mi sveglio con la voglia di confrontarmi ancora una volta con Ashley, so che sta passando un brutto periodo e non voglio assillarla con le mie fisime, il viaggio a New York da condividere con Dakota e Jamie non è niente in confronto alla sua pausa di riflessione con Penn, ma parlare con lei è l'unico modo per fare chiarezza dentro di me. Mi fa davvero piacere che quei due vengano con noi? O la sto vivendo come un intralcio alla mia relazione con Ian? Sono infastidita dalla loro presenza o semplicemente dal non essere stata interpellata per un parere in merito al viaggio di gruppo?
In fondo Ian ha agito in buona fede, voleva farmi una sorpresa, facendomi trovare i biglietti già pronti, mentre i due desideravano da tanto prendersi una meritata vacanza, niente di più.

Mi stiro, allungandomi sul letto e gettando via le lenzuola.

"Ashley, sei sveglia?"

L'alba fa capolino dalla finestra, restando intrappolata tra le tendine a vetro.

"Ehi?" la chiamo ancora. Punto i gomiti sul materasso e mi tiro a sedere. Mi stropiccio gli occhi. Il letto della mia compagna è vuoto.
Ma dove è andata?

La stanza è più o meno in ordine, ad eccezione del suo pigiama arrotolato in un angolo insieme alle coperte sfatte.

Vado in bagno, apro l'acqua della vasca e vi butto dentro una manciata di sali. Evito di guardare la mia faccia riflessa nello specchio, di primo mattino non è mai una bella visione. Passo una buona mezzora immersa nell'acqua calda e profumata. La cosa mi rigenera e mi permette di uscire rinvigorita. Oltrepasso i dormitori, alla ricerca di una macchinetta per un buon caffè. Quando raggiungo il corridoio che porta alle aule, vedo Ashley.
Mi sento il respiro soffocare in gola.
Non riesco a chiamarla e nemmeno a fare un passo verso di lei. Si trova con Ed. Più esattamente, tra le braccia di Ed.
Impiego un paio di minuti per riprendermi dalla visione poi, incamero una buona quantità di ossigeno e mi dirigo verso di loro.

"Che diavolo state facendo?". La mia voce è aspra e fa girare i passanti. La mia mano si attacca alla giacca del ragazzo, tirandolo via.

Ashley tiene alcuni volumi tra le mani e mi guarda con i occhi da cerbiatta ferita.

"Holly" sussurra.

Ed mi rivolge uno sguardo sfrontato e nasconde un sorrisetto per niente piacevole da vedere.

"Ti sei alzata presto questa mattina, credevo che venissimo insieme a lezione, invece ti trovo qui con... con questo..."

"Ed mi stava soltanto dando un po' di conforto" si giustifica la bionda, abbassando lo sguardo a terra. "Non riuscivo più a stare chiusa in camera e allora sono uscita, scusami per non averti aspettata".

"Non fa niente, adesso però vogliamo andare?".

Ashley annuisce e Ed le lancia un bacio, soffiando sull'indice.

"Possibile che non riesci a evitarlo? Ed è fidanzato con Felicity, lui si sta prendendo gioco di te!" sbraito, fuggendo verso il laboratorio.

Ashley cammina a passi lenti, quasi strascicati. Sta zitta.

"Quel ragazzo ti ha fatta soffrire!" le ricordo.

Lei si decide a guardarmi in faccia. Il suo volto è più pallido del solito, le sue guance appena incavate.

"Anche Penn mi sta facendo soffrire" constata, facendo spallucce. "Se conosci un uomo che non sarà capace di farlo, fammi un fischio!". 

La seguo sul corridoio, rinunciando alla mia idea di sfogarmi sul viaggio a New York in compagnia dei proprietari del Siren. I guai di Ashley sono davvero più ingombranti dei miei.

Quando arriviamo fuori dalla porta del laboratorio c'è proprio lui: Penn.
Non appena ci vede arrivare entra dentro l'aula e si mette ad uno dei tavolini in fondo.
Occupa la postazione libera tra altri due studenti, evitando così che io o Ashley possiamo sederci al suo fianco. 

La mia compagna posa i libri su una delle postazioni ancora vuote, evitando ulteriori commenti sul comportamento del ragazzo.
La storia della pausa di riflessione stride quanto stridono due ruote sgonfie sull'asfalto.

Il professore non è ancora arrivato e io decido di rimboccarmi le maniche e agire. Lascio Ashley seduta davanti al microscopio e mi dirigo da Penn come una furia.

"Adesso mi spieghi perché lo fai!" sibilo, afferrando il moro per il colletto della camicia.

Penn mi guarda sconcertato e anche i due ragazzi che gli stanno vicino mi studiano allarmati, chiedendosi se sia o meno centrata di testa. Mollo la mia presa, non voglio che qualcuno mi allontani pensando che stia per scatenare una rissa. Io ho solo la necessità di parlare con Penn. Soltanto questo. Voglio capire perchè si sta comportando in questo modo. Lui deve darmi una spiegazione e la deve anche ad Ashley.

"Perché stai lontano da noi? Perchè hai chiesto una pausa ad Ashley? Io so che tu la ami ancora, te lo leggo negli occhi! Non c'è alcun motivo in ciò che stai facendo!".

Penn boccheggia, schivando il mio sguardo.

"E' per Westwick? Sei geloso di lui?".

Penn fissa ancora il tavolino che ha davanti. Improvvisamente pipette e vetrini sembrano essere divenuti la cosa più interessante del mondo.

"Guarda che è comprensibile, quel ragazzo sta davvero addosso ad Ashley, ma tu non puoi arrenderti così. Se la ami devi lottare per lei, devi dimostrarle il tuo amore. Se ti arrendi al primo che le fa una moina e lasci che finisca nelle sue braccia, allora non sei un uomo. Non sei niente. E non ci tieni davvero". 

Penn alza finalmente lo sguardo nel mio. Le sue mascelle sono contratte e la sua fronte una serie di piccole rughe soprammesse. Poi i suoi occhi scuri si sganciano dai miei, in breve tempo le sue mani radunano i libri e i suoi piedi lo portano a fuggire via. Penn abbandona l'aula pochi istanti prima dell'arrivo dell'insegnante. Lascia il banco vuoto e le mie domande ancora non risposte.

Ashley mi guarda sconsolata. "È finita" sussurra, in labiale.

Torno da lei e le cingo un braccio attorno al collo. "No, non è finita. C'è qualcosa che non quadra in questa storia. Penn ti ama, ne sono sicura".

Lei scuote la testa e i suoi occhi si gonfiano.

"Non arrenderti, non farlo. Per favore" la supplico.

"Okay" annuisce.

Una lacrima scende sulle sue guance. La nasconde prontamente dentro alla manica della camicetta. Il dolore è incomprensibile. Non si può capire, non si può spiegare. Soltanto vivere. E superare. Prima o poi.

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