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Prologo




Emma era la bambina più bella che io avessi mai visto. So che potrete pensare che, essendo la madre, io sia di parte, ma no. Non è così.

I suoi occhi erano unici ed il suo viso splendeva di luce propria. Ogni secondo in più che passavo con lei mi sentivo la donna più fortunata del mondo.

Certo, la sua nascita è stato un miracolo e, se conosci la mia storia, sai benissimo di cosa parlo. Ne abbiamo passate tante per poter portare alla luce questa piccola bimba, ma ne è valsa la pena.

Qualche anno dopo la sua nascita siamo stati costretti ad allontanarci da lei per cause di forza maggiore. So cosa direte: "Quali genitori abbandonano la figlia..." Lo so. L'ho pensato anche io. Più e più volte. Ne ho sofferto tanto e tanto ancora ne soffro.

Per questo ora sono qui, a guardare ogni suo movimento ed essere sicura che non le capiti niente. Nonostante ormai sia diventata maggiorenne, è pur sempre mia figlia, ed è mio dovere proteggerla.

Era il 22.06.2039 il suo ultimo giorno di liceo. Da quando era nata, tutto era cambiato.

I cellulari erano quasi fuori moda, piccoli orologi da polso e auricolari quasi invisibili presero il loro posto. Le macchine erano ormai tutte elettriche, la benzina era quasi vietata. Per strada si respirava aria pulita come mai prima d'allora. Anche la moda, ahimè, era cambiata molto.

La medicina aveva fatto passi da gigante, visto le malattie che dilagarono negli anni. Non furono pochi i periodi di quarantena in cui le persone si ricordarono davvero cosa volesse dire affetto.

Forse vi sto annoiando, ma non avrei mai pensato che il mondo potesse essere cambiato tanto in così poco tempo.

La seguii mentre usciva da scuola, non poteva vedermi. Era emozionata, emozionata come non mai per aver finito quel lungo percorso. Era bellissima. Dei lunghi capelli neri le percorrevano tutta la schiena, le labbra rosee e carnose risaltavano sul suo viso dolce e delicato. Gli occhi viola, gentile concessione del nonno, risplendevano grazie alla luce del sole.

Lei era forse una delle poche che ancora indossava i blue jeans e, come la madre, una maglietta di un nuovo gruppo rock che, purtroppo, non mi era dato conoscere. Certo, ai nostri tempi si indossavano larghe e lunghe fino alle ginocchia. La sua arrivava a malapena a coprirle il seno, mostrando la sua silhouette perfetta. In questo non aveva preso da me.

Io non ho mai avuto un fisico da modella, tutt'altro. I miei si erano dimenticati le forme e, sopratutto, l'altezza. Fortunatamente lei aveva preso dal padre e sapevo che, anche grazie al suo fisico invidiabile, faceva strage di cuori.

Non era certo il suo carattere, infatti, l'attrazione principale. Sono consapevole che sia a causa nostra, me ne assumo tutte le responsabilità. Aveva l'abitudine di allontanare chiunque cercasse di volerle bene. Da quando cominciai a seguirla, non aveva mai avuto amici. L'unica persona con cui riusciva ad essere sé stessa era Vinz.

Vinz era il mio migliore amico. Lo era diventato dopo la nascita di Emma.

Mi aiutò molto, prima del parto. Erano successe una serie di vicissitudini che, purtroppo, scoprirete nell'arco della storia. Purtroppo non per voi. Non lo direi mai, ma con il senno del poi avrei preferito che Emma non scoprisse niente.

La persona di cui ci fidavamo di più era Vinz. Sapevamo che la sua iperprotettività e le sue capacità sarebbero bastate per tenere al sicuro nostra figlia. Tutt'oggi lui è l'unico con cui posso confrontarmi e avere un rapporto.

E' da lui che si diresse Emma, appena uscita da scuola, con il sorriso stampato sul volto.

Vivevano a Edimburgo adesso, capitale scozzese. Fu un miracolo, infatti, quell'incredibile giornata di sole. Lei sollevò il viso, per poterne gustare ogni particella di calore.

Scrutò la strada verso casa, lo faceva sempre. Amava quella città, era magica.

***

Spalancando la porta di casa trovò Vinz sul divano, gli occhi erano persi.

Chiunque non lo conoscesse avrebbe pensato che stesse ricordando qualcosa, che era immerso nei pensieri. Emma sapeva, però, che era sperduto da qualche parte del mondo.

La sua anima vagava mentre il suo corpo restava a casa.

Lei non se ne preoccupò, poggiò lo zaino in un angolo della casa e andò in cucina a preparare la cena, al rientro dal suo viaggio Vinz sarebbe stato affamato.

Durante la preparazione successe qualcosa che reputai strano, ma ditemi voi cosa ne pensate.

Tra un pezzo di carota e un altro il coltello le scivolò, andando a tagliare parte del polpastrello.

Il suo viso espresse dolore, fin qui tutto normale, ma la sua emozione non era di paura.

Il sangue colava e lei lo fissava affascinata. Ammirava quel colore, quella densità e quel calore.

Chiunque si sarebbe spaventato, magari disgustato. Avrebbe messo la mano sotto lo scorrere deciso del rubinetto per fermare l'emorragia. Ma lei no, lasciava che scorresse. E lo amava.

Non parlo dell'amore che provano anche i medici, nel vedere l'interno dei pazienti pronti per essere operati.

Un amore più profondo, viscerale. Non poteva farne a meno.

Un pensiero mi balenò nella mente: questo poteva portare solo a due risultanti, la cura o la distruzione.

Non conoscevo abbastanza mia figlia, purtroppo, per capire quale strada avrebbe scelto. La preoccupazione mi assalì ancor di più quando, con lo stesso coltello ancora gocciolante, percorse l'intera mano nello scopo di prolungare la ferita. La pelle si divise seguendo la lama, e il sangue si estese in una pozza.

Vinz la fermò, abbracciandola forte. Il sangue scivolò ovunque.

Ammetto di essere stata io a svegliarlo.

Le regole imponevano che non ci fossero intromissioni, ne ero consapevole, ma non potevo essere una spettatrice passiva in quella scena.

Quando si spogliò, qualche ora dopo, notai che non era quello l'unico graffio del suo corpo. Si estendevano lungo le braccia, le gambe e la schiena. Il suo corpo era un campo minato.

In quel momento capii.

Emma aveva un estremo bisogno di sangue.


#SPAZIO AUTORE

Piccolo prologo.

Non sono ancora molto convinta,

a maggior ragione spero nelle vostre critiche costruttive

o positive.

Ditemi un po' voi

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