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When you let her go

Buon San Valentino, amori miei! ❤️
Siccome io non ho nessuno con cui festeggiare (tranne la mia migliore amica, quella dell'audio di dieci minuti che vi ha scioccato tutti ahahhaha) ho pensato di fare un regalo a voi.
Diciamo che questo capitolo è romantico solo a tratti, ma sono comunque curiosissima di leggere le vostre reazioni!

Ps: ebbene sì, il prossimo capitolo sarà l'ultimo...chi piange con me?

È un fatto ben noto che
noi riconosciamo sempre la nostra patria
quando siamo sul punto di perderla.
(Albert Camus)

<< E quindi, cosa le hai detto? >>
Stephen lasciò a me l'ultimo tiro, passandomi la canna con la curiosità di uno spettatore che non vede l'ora di ricevere uno spoiler sulla sua ship preferita.
Sollevai le spalle.
<< La verità >>
Avevo scelto, ero uscito da quell'ignavia che mi aveva portato a sperare che qualcun altro lo facesse al posto mio.
E, una volta scagliata la prima pietra contro quel muro di paure, non era stato neppure così difficile.
I mattoni erano caduti uno ad uno e i raggi del sole erano entrati tutti insieme, illuminando qualsiasi cosa.
La consapevolezza di ciò che volessi mi era esplosa dentro, così come il senso di colpa per averci messo tanto e aver ferito così altre persone nel mentre.
Volevo lei.
Volevo lei e rendermene conto era stato così semplice che non riuscivo davvero a capire come avessi potuto dubitarne.
Lei m'incasinava la testa, mi affollava i pensieri.
La volevo.
L'avevo voluta sempre.
Dalla prima all'ultima volta che avevamo fatto sesso, da quel sei bella non programmato alle volte in cui l'avevo baciata senza motivo, dalla gelosia per Cole alla rabbia verso i ragazzi che la guardavano troppo.
Era sempre stata lei, sempre Cheryl.
La mia migliore amica, la persona che mi conoscesse meglio, quella più simile a me in tutto il mondo.
Lei con i suoi modi di fare sempre sopra le righe, con i suoi atteggiamenti da maschiaccio e la sua femminilità, con le sue parolacce e i suoi occhi grandi, il suo fisico da paura e la capacità di farsi notare tra mille.
<< Le ho detto che ha ragione, che sono innamorato di Cheryl >>
Stephen sorrise, avvalorando la mia tesi per la quale si sentisse come uno spettatore davanti alla sua serie tv preferita.
<< Quanto cazzo è strano sentirtelo dire! >> commentò divertito, facendo ridere anche me.
Ma poi il mio pensiero tornò ad Emma e non potei che sentirmi nuovamente in colpa.
Dopo la mia risposta non aveva avuto alcuna reazione prevedibile.
Si era alzata e, con aria dignitosamente tranquilla, si era limitata ad augurarmi il meglio, avviandosi poi subito verso la porta.
Non l'avevo fermata, non avrei saputo cosa dirle.
E mi ero ripromesso che prima o poi avrei trovato il modo di chiederle scusa come si doveva, ma sicuramente non subito.
Dovevo darle il tempo di sbollire, di lasciar andare l'idea che si era fatta di me e accettare invece che ciò che ero, in fin dei conti, non le piaceva neppure così tanto.
Ero infatti sempre più convinto che Emma si fosse innamorata di un Mike diverso, una versione di me che aveva disperatamente voluto portare fuori ma che, alla fine dei giochi, si era rivelata soltanto una forzatura.
Capivo solo adesso il discorso di mia madre, quello che mi aveva fatto poco dopo l'inizio della nostra storia.
Quando aveva provato a spiegarmi quel concetto io non avevo voluto ascoltarla, convinto che fosse l'ennesimo commento di una persona estranea alla cosa.
Ma, come sempre, c'aveva preso lei.
Emma si era innamorata del Mike profondo e serio che le avevo mostrato, della versione migliore di me.
Ma io non ero soltanto quello, mio malgrado.
Ero anche tanti errori e tante cazzate, ero le uscite con gli amici fino a tardi, gli esami bocciati, l'erba, la discoteca, l'immaturità, l'insicurezza.
Ero tante cose che lei non aveva voluto vedere, tant'è che avevo provato a nasconderle.
E, si, stare con qualcuno dovrebbe aiutare a portare fuori il meglio di sé, ma questo non significa poter amare una persona solo per i suoi pregi.
Io ed Emma avevamo fatto questo invece.
Lei amava un Mike a metà, proprio come io adoravo il suo lato timido ed innocente, ma poi non riuscivo a sopportare quella correttezza e quella coerenza che tanto provava a cucirsi addosso.
C'eravamo innamorati dei nostri pregi ma poi, andando avanti con il tempo, ce ne saremmo stancati.
Di Cheryl, invece, io conoscevo i difetti prima di tutto.
Avrei saputo disegnare i suoi modi sboccati e la sua irruenza, ma della sua dolcezza non sapevo quasi nulla.
Eppure la amavo, l'amavo perché quei suoi difetti erano anche i miei, perché non c'era nulla in lei a cui non avrei potuto abituarmi.
L'amavo e mi sembrava così strano formulare quel pensiero che per troppo tempo avevo provato a seppellire senza successo.
<< Quindi adesso tu e Cher diventerete una di quelle coppiette che si tengono per mano e parlano solo al plurale? >>
L'ennesima cazzata di Steph mi risvegliò da quei pensieri così nuovi e sdolcinati.
<< Dio mio bro, non vi ci vedo proprio >> rise.
Aspirai per l'ultima volta, gettando poi la canna fuori dal finestrino.
<< Non so neanche come cazzo dirglielo >>
Aprii la portiera, facendo segno anche a lui di scendere.
<< Insomma, per come l'ho trattata mi meriterei una faccia di schiaffi, un pugno o che so... >>
<< Oh tranquillo, non credo che Cheryl ti risparmierà niente di tutto questo! >> m'interruppe, ghignando e forse pregustando già il momento in cui lei mi avrebbe finalmente menato.
Annuii tra me e me, consapevole che c'era un'alta probabilità che succedesse.
Ma sarebbe comunque stato meglio del suo silenzio: quello non sarei proprio riuscito a reggerlo.
<< Tu parti dicendo che sei un coglione >> mi suggerì il mio migliore amico << Funziona sempre! >>
Nonostante fossi un fascio di nervi, non potei evitare di ridere con lui.
<< Penso che questo lei lo sappia già >>
<< Oh beh, diciamo che dal bilancio degli ultimi mesi non ne esci proprio bene >>
Lo sapevo benissimo, eppure avevo comunque deciso di fare quel disperato tentativo.
Stephen e Kevin avevano organizzato quella serata al Dude per festeggiare il loro primo mese insieme e sapevo che Cheryl non sarebbe mai mancata.
Anche Cole ci sarebbe stato, reduce dall'ennesima delusione del giorno prima e mantenendo nei miei confronti ancora il suo silenzio stampa.
Eppure, per quanto avessi disperatamente bisogno di risolvere le cose con mio fratello, in quel momento la mia priorità era un'altra.
<< Sei pronto, entriamo? >>
Non lo ero affatto eppure, in un modo o nell'altro, sapevo che ce l'avrei fatta.
Adesso che avevo i sentimenti dalla mia parte, non avevo più paura di nulla.

*

Quella sera il Dude era strapieno, centinaia di persone che si affollavano sulla pista, chi per ballare e chi per rimorchiare.
Kevin e Stephen avevano prenotato un privè in un angolo della sala, grande abbastanza da contenere noi soliti e qualche loro collega universitario che non avevo mai incontrato prima, compresa una tipa niente male che non mi toglieva lo sguardo di dosso da quando ero entrato.
In un'altra occasione mi ci sarei avvicinato e sarei sicuramente riuscito a concludere qualcosa di interessante ma, quella sera, non me ne fregava niente.
Tutta la mia concentrazione era puntata su di lei.
Lei che indossava un pantalone di pelle così aderente da farmi girare la testa, lei che si era truccata molto più del solito.
Lei che, stronza come poche, sapeva perfettamente come farmi più male e che, anziché ignorarmi completamente, faceva invece finta che non fosse successo nulla.
Mi aveva salutato con un bacio sulla guancia quando ero arrivato, scambiato qualche commento su quanto Kev e Steph fossero carini insieme, chiesto se volevo qualcosa da bere.
Mi stava trattando esattamente come un conoscente qualsiasi, con un'indifferenza e una nonchalance che facevano molto più male di qualsiasi offesa o silenzio.
Come in quel momento ad esempio, che se ne stava seduta accanto a me a fumare e mi stava passando la canna con tranquillità.
<< Ne vuoi, Mike? >>
Il suo modo di pronunciare il mio nome aveva perso ogni dolcezza, eppure non suonava né arrabbiato né deluso.
Annuii, afferrando la carta tra le dita e sperando che qualche tiro potesse aiutare a rilassarmi.
Ero un fascio di nervi, seduto accanto alla ragazza che avevo capito di volere eppure continuando a non avere il coraggio di dirglielo.
Dall'esterno dovevo apparirle rigido e apatico, ma in realtà dentro mi stavo struggendo per la paura di essere rifiutato.
Anzi, più che altro per la certezza che lo sarei stato.
Guardai il suo profilo e mi resi conto per la prima volta di quanto perfetto fosse.
E mi rimproverai ogni occasione per dirglielo che avevo sprecato, per ogni volta in cui mi ero morso la lingua anziché lasciarmi andare.
Ma, più di tutto, mi odiai per quel suo sguardo che ancora ricordavo, per quegli occhi grandi che mi avevano pregato di non mentire più e che invece si erano visti rifilare l'ennesima cazzata.
E fu in quel momento, mentre continuavo a parlare con me stesso perché incapace di farlo con lei, che un ragazzo si avvicinò al nostro tavolo con un sorriso accattivante.
Nessuno lo notò, tutti presi dalle loro conversazioni e dai loro drink ma io, che avevo occhi solo per lei, non perso neppure uno dei suoi passi.
L'aveva fissata per un po', l'avevo notato, e finalmente aveva avuto il coraggio di avvicinarsi.
<< Ehi rossa >> esclamò, banale << Balli? >>
<< No >>
Cheryl si voltò verso di me stranita e lo stesso fece anche il tipo.
E realizzai solo dopo che non era stata la sua voce a rifiutare quella proposta.
Era stata la mia.
<< Come scusa? >> il ragazzo mi guardò interrogativo e anche vagamente infastidito.
Ed io, ormai, non potevo più tirarmi indietro.
<< Ti ho detto che non balla >> ripetei << Non con te >>
Lui rimase per un attimo interdetto ma poi, proprio quando stava per rispondermi, Cheryl scattò in piedi.
<< E tu chi cazzo sei per dirmi con chi ballo e con chi no? >>
La sua reazione, paradossalmente, mi fece piacere.
Finalmente aveva smesso di comportarsi con fredda formalità, finalmente mi stava mostrando un'emozione, pur negativa che fosse.
<< Sono lo stesso ragazzo che hai detto di amare due giorni fa >>
Scosse la testa, ostentando una risata.
<< Oh, lo stronzo che subito dopo è andato a scoparsi un'altra? >>
Il ragazzo ci guardò entrambi stranito e poi, forse collegando i suoi due unici neuroni, capii che era meglio farsi da parte e tornarsene da dove era arrivato.
Tra me e lei, intanto, era guerra aperta.
<< Io non mi sono scopato proprio nessuna, non dopo di te >> le dissi, ma non riuscendo a mitigare il suo stesso tono aggressivo.
Lei scosse le spalle e si finse indifferente, di nuovo.
E, di nuovo, non riuscì a cogliere il sentimento che si nascondeva tra le mie parole.
<< Ah, quindi ti ha mandato a fanculo anche Emma? >>
Alzai gli occhi al cielo.
<< Sono io che non voglio più stare con lei >>
Non fece una piega, non mi guardò neppure.
<< E sai perché? >> tentai quindi, ricevendo in risposta un'occhiata furiosa.
<< Non me ne fotte un cazzo >>
Era il momento di dirglielo, lo sapevo, eppure non ci riuscivo.
Stavo facendo inutili giri di parole, immobile di fronte a quella sua diffidenza e quella sua rabbia.
E la stavo perdendo.
Ogni secondo di più, inesorabilmente.
Mi scoccò un altro sguardo di traverso, camminando poi verso la porta del locale.
<< Ma dove vai? Fermati, madonna Santa! >> sbottai, sicuro che mi avesse sentito nonostante la musica alta.
Non si fermò, ovviamente, dandomi le spalle senza neppure rispondere.
Ma io non avevo alcuna intenzione di lasciarla andare, non più.
Così la seguii all'esterno, la fredda aria di Febbraio che si posava sulle sue spalle nude e mi faceva venire voglia di darle la mia giacca, nonostante tutto.
<< Cazzo Cher, ma almeno una volta nella vita mi vuoi stare a sentire? >>
<< No! >> gridò e, ora che non c'era più la musica a farci da elemento disturbante, percepii chiaramente che non era mai stata così incazzata.
<< No Mike, non voglio sentire neppure una delle tue cazzate >> gesticolò e poi, con freddezza, aggiunse << Quindi adesso riprenditi i tuoi discorsi senza senso e vattene a fanculo >>
Il mio orgoglio si ferì un po', ma non era il momento di starci a pensare.
Se volevo davvero averla, dovevo passarci sopra.
Dovevo passare sopra quella rabbia e quelle parole, sopra tutto l'odio che in quel momento sembrava provare.
<< Cher >> allungai una mano verso di lei, poggiandogliela sulla spalla << Io... >>
<< Non mi devi toccare! >>
Si scansò come se si fosse bruciata, rivolgendomi l'ennesimo sguardo arrabbiato.
La sua reazione era di gran lunga peggiore di quella che mi sarei aspettato.
Si, sapevo benissimo che non me l'avrebbe data vinta facilmente, ma non credevo che neppure mi avrebbe voluto ascoltare.
<< Cheryl e che palle, mi ascolti un attimo? Devo dirti una cosa importante >>
Simulò una risatina ironica.
<< Una cosa importante, cioè? >>
E poi, proprio quando stavo finalmente per parlare, m'interruppe ancora.
<< Se stai per dirmi che vuoi tornare ad essere amici o qualche cazzata del genere, sappi che ti prendo a pugni >>
Alzai gli occhi al cielo.
Credevo che ormai avesse capito qualcosa, ma invece eravamo sempre allo stesso dannato punto di partenza.
<< Ma davvero non lo hai capito? >>
Sbuffò, scuotendo appena la testa.
Ed in quell'attimo ricordai com'era affondare le mani tra i suoi capelli, baciarle il collo che si muoveva con la sua diffidenza.
Mi mancava.
Mi mancava da morire ed ero così coglione da non sapere come dirglielo.
Ero paralizzato, spaventato da ciò che dentro premeva per uscire, dalla sua possibile reazione e di ciò che ne sarebbe potuto derivare, sia nel bene che nel male.
Avevo paura di un rifiuto, ma forse avevo ancora più paura di un assenso, perché non sapevo se sarei mai davvero stato in grado di darle ciò di cui aveva bisogno.
Eppure, adesso lo sapevo, desideravo disperatamente esserlo.
<< Che cosa vuoi, Mike? >> mi chiese allora, esasperata dal mio silenzio << Io e Cole siamo fuori dai piedi e finalmente tu ed Emma potete stare insieme >>
Mi guardò negli occhi, ma così di sfuggita che non riuscii neppure a conservarne lo sguardo.
<< Hai tutto quello che volevi >>
Aveva ragione.
O meglio, aveva ragione a credere che fosse così, perché non le avevo mai dato modo di capire cosa davvero desiderassi.
A dire il vero, fino a poco tempo prima non lo avevo dato neppure a me stesso.
<< No >> dissi allora, recuperando finalmente la faccia da schiaffi che avevo sempre avuto << Non ho tutto quello che volevo >>
Coraggio Mike, puoi farcela.
Tira fuori le palle una volta tanto.
<< Non ho te >>
Pronunciai quelle parole con una tale intensità che mi sarei aspettato mi saltasse addosso.
Ma forse Emma mi aveva fatto guardare troppi film del cazzo.
O forse, semplicemente, Cheryl era molto più tosta di una ragazzina qualsiasi, perché non fu minimamente intenerita da quella frase.
A dirla tutta, infatti, scoppiò a ridermi in faccia.
<< E questo cosa vorrebbe dire? >>
Mi preparai a sferrare un altro colpo.
Quello decisivo, si sperava.
<< Che ti amo >>
Smise di ridere.
Anzi, forse smise perfino di respirare.
Ed allora la colsi, seppur non senza timore: era l'unica chance che avevo.
<< Ti amo Cheryl, in maniera anti-convenzionale e contorta >>
Oh andiamo, non sai fare di meglio?
<< Ti amo perché sei l'unica persona a questo mondo che mi abbia mai capito, perché sei come me anche se non ti piace ammetterlo >>
Non riuscivo a pronunciare più di due frasi di fila, tale era la tensione che mi stava gelando le viscere.
E lei stava lì a guardarmi con quegli occhi grandi, lo sguardo perso tra le parole che non ero mai riuscito a dirle.
Era così bella che avrei voluto soltanto poter smettere di parlare e stringerla a me, ma sapevo che non sarebbe bastato.
Come aveva detto mia madre, non basta provare dei sentimenti e credere che l'altro li capisca: le persone hanno bisogno di sentirsele dire certe cose, hanno bisogno di parole d'amore e di dichiarazioni, di qualcosa a cui potersi aggrappare nei momenti d'incertezza per ricordarsi che, anche di fronte agli errori e alla monotonia, sono comunque sempre amate.
Ed io volevo darle tutte le parole d'amore di cui fossi capace, ma non ero mai stato così in difficoltà.
Con Emma era sempre stato facile, avevo sempre saputo il perché mi piacesse e le parole erano state un fiume in piena che mi aveva attraversato, un viaggio di emozioni nel quale la mia bocca non era altro che una tappa.
Di Emma avevo adorato il modo in cui mi aveva fatto sentire, come era riuscita a sciogliere tutti i miei sentimenti più ghiacciati, la sua bellezza e la maniera che aveva di donarla a me, tutto ciò che era riuscita ad insegnarmi senza neppure che ce ne rendessimo conto entrambi.
Ma con Cheryl era diverso.
Io non sapevo il perchè, eppure sentivo di amarla profondamente.
Senza una ragione, senza parole.
E, mi ritrovai a pensare, forse era questo a fare la differenza.
<< Io ti amo perché non lo so dire, ti amo perché ti ho sempre amata e non me ne sono mai accorto, perché ho perso tanto tempo aspettando qualcosa che in realtà era sempre stata lì >>
Fissai il mio sguardo nel suo e quando lo ritrasse lo cercai ancora, e così fino a quando finalmente potei dirle quella frase guardandola negli occhi.
<< Sei sempre stata tu, Cheryl >>
E non m'aspettavo di essere riuscito a convincerla.
Non credevo di ricevere un bacio, un ti amo anch'io, di poterla finalmente spogliare come desideravo dal primo momento in cui aveva aperto quella porta.
Però ero convinto che, almeno, sorridesse.
O scoppiasse a piangere per la gioia, nel migliore dei casi.
E invece Cheryl, che mai nella vita era stata prevedibile, mi tirò uno schiaffo perfettamente centrato sulla guancia.
<< Vaffanculo, Mike >>
Metà dolorante e metà completamente scioccato dall'accaduto, non potei fare altro che guardarla ad occhi sbarrati.
<< Con quale diritto vieni qui a dirmi queste cose? >> sbottò allora, allontanandosi da me forse solo per non picchiarmi ancora << Eh? >>
Provai ad aprir bocca, ma le sue urla m'interruppero all'istante.
<< Io ti odio Mike, ti odio! >> gridò.
<< Mi hai usata per un anno intero, mi hai parcheggiata quando hai conosciuto Emma... >>
A quel punto fui io ad interromperla.
<< Non ti ho mai usata, Cher! Tu eri d'accordo, la pensavamo allo stesso modo sul sesso e...>>
<< Ero d'accordo perché ti amavo, coglione! >>
Quello fu un colpo pesante.
Ero sempre stato convinto che fossimo sulla stessa lunghezza d'onda: ogni volta che avevo fatto sesso con lei aveva sempre pensato che, come me, provasse semplicemente piacere.
Mai m'aveva sfiorato l'idea che potesse sottostare a quel patto solo per restarmi vicina.
E, se devo essere sincero, non mi piacque sapere d'essere stato preso in giro per tutto quel tempo.
Ma poi vidi la sua faccia furibonda, rossa quasi come se il fumo stesso per uscirle dalle orecchie, alla maniera di cartone animato.
E, ancora una volta, riuscii a guardarla in maniera diversa.
Mi amava così tanto da accettare di avere un rapporto di solo sesso?
Ma poi, io come cazzo avevo fatto a non capirlo?
<< E quando te l'ho detto, Mike >> nel pronunciare il mio nome ritrovò tutta la rabbia che per un attimo l'aveva abbandonata << Quando finalmente ho trovato il coraggio di dirtelo, nonostante mi avessi scaricata per un'altra...>>
Deglutì e potei giurare che gli occhi le si facessero lucidi.
Quella notte non l'aveva ancora superata, glielo si leggeva in viso.
<< ...Tu mi hai detto che amavi Emma >>
Già.
E ho rovinato tutto.
<< E adesso vieni qui, con la tua faccia da schiaffi e mi dici che mi ami >> pronunciò quelle parole con calma, ma era solo la quiete che precede la tempesta.
Fu poco meno di un margine di secondo infatti, il passaggio delle sue mani dai sui capelli al mio petto, che cominciò a colpire ripetutamente.
Non ci metteva neppure troppa forza in quei pugni: la conservava per le lacrime che avevano iniziato a scenderle lungo il viso.
<< Adesso vieni a dirmi che mi ami?! >> urlò << Dopo tutto quello che mi hai fatto passare? >>
Singhiozzava ed io provai ad allungare le braccia verso di lei, ma ricevendo in cambio solo un'altra manciata di pugni.
<< Non mi devi toccare! >> gridò ancora e fu solo in quel momento che mi accorsi che non eravamo soli.
Sentii una mano sulla mia spalla, una mano che conoscevo fin troppo bene.
<< Ti ha detto di lasciarla stare >>
Mi voltai verso di lui, lo sguardo carico di fastidio.
<< Cole, questo non ti riguarda >>
<< Invece si >>
Aveva uno sguardo duro, forse ancor più di quello di lei.
E lo capivo, li capivo entrambi, ma per una volta nella mia vita stavo facendo la cosa giusta e non potevo sopportare che qualcun altro la rovinasse.
<< Non vedi come la fai stare? >> sbottò lui << Devi lasciarla in pace >>
E, proprio quando stavo per rispondergli ancora di farsi i fatti suoi, di lasciarmi il tempo di rimediare ai miei errori e di far si che Cheryl mi credesse, la voce di lei m'interruppe.
Aveva smesso di piangere e, in quel momento, fu più seria e dura che mai.
<< Mike, vattene >>

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