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Once upon a time

Questo capitolo è lunghissimo, ma fidatevi che vale la pena arrivare fino in fondo.
Voglio vedervi sclerare nei commenti, mi raccomando!
E soprattutto votate, votate, votate ⭐️⭐️⭐️

<< Mikey, ci pensi tu a prendere le ordinazioni? Io devo fermarmi un attimo >>
Mia madre allungò le mani alla nuca per togliersi la retina dai capelli, lasciandoli poi scivolare lungo le spalle.
Il sudore le imperlava la pelle della fronte, perfettamente tesa nonostante avesse ormai quasi cinquant'anni, l'uniforme da lavoro con le maniche sporche di ketchup.
La famiglia e il lavoro erano sempre state le uniche cose importanti della sua vita, quelle per cui si sacrificava e delle quali riempiva ogni sua giornata.
Un tempo avrebbe infatti voluto diventare una professoressa, ma poi l'arrivo mio e di mio fratello aveva cambiato ogni cosa: lei e papà non avevano abbastanza soldi per comprare casa e crescere due figli a San Francisco, così si erano trasferiti più in là sulla costa e avevano aperto uno chalet sulla spiaggia, dimenticando tutti i sogni di carriera che un tempo avevano avuto.
E forse la mia scelta universitaria era stata proprio un omaggio a lei, alla donna che fin da piccolo mi aveva raccontato di quei filosofi che un tempo l'avevano affascinata.
<< Si mà, figurati >> le sorrisi, schioccandole un bacio sulla guancia morbida.
Mi allontanai quindi dalla piastra su cui stavo controllando gli hamburger, lasciandole il posto a sedere ed indossando il tipico grembiule da cameriere.
<< Io ti consiglierei di andare prima al tavolo 4 >> esclamò lei quando ero quasi già sulla porta << Ci sono un paio di ragazze davvero carine >>
Ridacchiai.
<< Adesso mi organizzi anche gli appuntamenti al buio? >>
Avevo sempre avuto un buon rapporto con lei anche più che con mio padre, una confidenza tale da poterle raccontare perfino delle ragazze con cui uscivo, particolari sessuali a parte.
<< Oh andiamo, adesso che Coley è fidanzato devi trovartene una anche tu! >> ribattè, come se il suo ragionamento non facesse una piega.
E poi, con fare vagamente malizioso aggiunse: << A meno che tu e Cheryl... >>
<< Ciao mamma! >>
Lasciai subito il retro del locale, avviandomi verso l'esterno.
Preferivo di gran lunga lavorare piuttosto che affrontare l'ennesimo discorso sulla mia migliore amica e sul perché non ci fosse qualcosa in più tra noi.
Soprattutto considerando quello che era successo due giorni prima, quella strana sensazione che si era presa gioco di me quando l'avevo vista parlare con mio fratello.
Scossi la testa: dovevo smettere di pensarci.
E così camminai verso il famigerato tavolo 4, intravedendo già che vi erano sedute un paio di ragazze, ad occhio e croce, mie coetanee.
<< Salve ragazze >> sorrisi gentilmente ma, quando i miei occhi registrarono per bene le loro figure, il tono divenne vagamente malizioso << Cosa posso fare per voi? >>
La tipa seduta a capo tavola colse il doppio senso della frase prima ancora che potessi formularlo, lanciandomi quindi un'occhiata lasciva.
<< Tu cosa suggerisci? >>
Aveva due labbra piene e un seno prosperoso, due elementi per i quali avrei avuto davvero tanti suggerimenti da offrire...
<< Sei tremenda, Lisa >> ridacchiò un'altra ragazza, l'unica che non riuscivo a vedere in viso, poiché di spalle rispetto alla mia posizione.
La mora di prima, Lisa, si mordicchiò il labbro divertita.
<< Facciamo che ci porti quattro birre e poi mi dici a che ora stacchi? >> la sua intraprendenza mi lasciò così stupito che non ebbi neppure il tempo di trovarlo eccitante.
Le sue amiche alzarono gli occhi al cielo, forse abituati a quell'atteggiamento: solo quella di spalle sembrava un po' contrariata, tanto che sbuffò con aria quasi melodrammatica.
Ed io riconobbi qualcosa di familiare in quel modo di fare e in quei capelli rosso scarlatto, eppure ero troppo preso dalla mia prossima preda per poter fare due più due.
Sollevai quindi il labbro in un sorriso appena accennato, avvicinandomi poi a lei.
E, mentre con un'esasperante lentezza le sfilavo il menù dalle mani, sussurrai: << Ci vediamo alle undici >>

*

Lisa e le sue amiche si erano dirette in spiaggia subito dopo aver pagato il conto, assicurandomi che sarebbero rimaste lì con un altro po' di gente per un improvvisato festino.
Il termine in sé, per qualcun altro, sarebbe potuto sembrare pericoloso, gente ubriaca a ballare intorno ad un falò fumando erba, ragazze seminude che si lanciavano in acqua, coppie sulle sabbia in atteggiamenti molto poco equivocabili. 
Eppure, quella sera, era tutto quello di cui avevo bisogno.
Dimenticare i pensieri che mi stavano mangiando i neuroni, la gelosia per Cheryl e l'attrazione verso Emma, la sensazione di stare mentendo a Cole.
Era arrivato il momento di scaricarmi, bere qualcosa e farmi consolare dalle belle labbra di quella ragazza, possibilmente non sulle mie ma un po' più giù.
<< Ehi tu >> squittì proprio lei non appena fu entrata nel mio campo visivo << Sei venuto! >>
La maglietta che le avevo visto poco prima addosso era già stata dimenticata, così che adesso il suo prosperoso seno restava coperto soltanto da un leggero reggiseno di pizzo.
È la tua sera, Mike.
<<  Ciao >> le sussurrai infatti lascivamente, avvicinandomi quel poco che bastava per poterle posare una mano sul fianco.
Prima regola dell'approccio fisico: tastare quanto l'altra persona sia propensa al contatto.
E Lisa...beh, lei era decisamente molto propensa.
<< Balliamo? >> mi chiese quindi, respirandomi nell'incavo del collo e lasciandovi poi un bacio davvero poco casto.
Ero arrivato da due minuti e già sentivo che stavamo per lasciare quel posto.
Ma poi, proprio quando stavo per lasciare che la mia mano scendesse a stringerle il sedere, Lisa si staccò da me ridacchiando, annunciandomi che doveva fare urgentemente pipì altrimenti ne sarebbe morta.
Ed io mi sforzai di sorridere a mia volta, quando in realtà sia io che il mio amico lí sotto eravamo stati parecchio irritati da quell'interruzione.
Ma quell'irritazione non era nulla rispetto a ciò che avrei provato pochi minuti dopo.
Non appena Lisa si era allontanata infatti, i miei occhi si erano subito posati sulla ragazza rossa che prima allo chalet non avevo considerato, quella dall'aria familiare e dall'atteggiamento sempre annoiato.
E, adesso che finalmente riuscivo a vederla in viso, non avevo più dubbi su chi fosse.
La stronza con cui Steph ci aveva provato al club, la barista, l'amica di...
Cazzo.
Tutto, ma non quello.
Tutto, ma non Emma che indossava quel vestitino così corto e leggero da esser quasi trasparente, i capelli biondi che le si erano quasi incollati al viso per il caldo, le goccioline di sudore che le accarezzavano il petto ed andavano poi a nascondersi nell'incavo tra i suoi seni.
Tutto, ma non lei che si muoveva in quel modo, ondeggiando i fianchi ed alzando le braccia al cielo come se niente e nessuno potesse turbarla.
Potevo sopportare che mi evitasse, che si comportasse come una psicopatica, che prima mi odiasse e poi sembrasse sul punto di finire nel mio letto.
Potevo sopportare tutto, ma non potevo starle lontano, non se lei era così dannatamente eccitante anche ad un metro di distanza.
E così feci tutto quello che non avrei dovuto fare.
Presi a ballare anch'io, ma dietro di lei, beandomi della vista del suo corpo che ondeggiava a ritmo di quella musica che neppure riuscivo a percepire, tanto ero inebriato dallo spettacolo davanti a me.
E forse mi sarebbe anche bastato.
Forse non l'avrei neppure sfiorata.
Ma poi Emma, con una disinvoltura che non avrebbe mai avuto se avesse saputo che ero lì, indietreggiò appena, facendo aderire perfettamente il suo corpo al mio.
<< Ma che...? >> fece per domandare, ma si zittì subito quando le portai un dito alle labbra.
<< Ssssh >> sussurrai con cautela, trattandola come un uccellino spaventato pronto a volar via in qualsiasi momento << Lasciati andare >>
E forse sarà stato l'alcol che doveva aver bevuto, o forse semplicemente perfino lei era stanca di fingere, ma lo fece.
Riprese a ballare come aveva fatto poco prima, ma sentendo chiaramente le mie mani sui suoi fianchi e il mio respiro sul collo.
Per una volta, per un momento, sembravamo semplicemente due ragazzi conosciuti per caso in discoteca, ossia quello che - a pensarci - effettivamente avremmo potuto essere se Cole non si fosse mai trovato tra noi.
Ma poi, improvvisamente, Emma sembrò ritornare in sé e non fu difficile comprenderne il motivo.
Lo sentivo tra le mie gambe e, molto probabilmente, lo aveva sentito anche lei, proprio contro il suo perfetto fondoschiena.
Ecco quindi che si allontanò di scatto, prendendo a camminare sulla spiaggia per interporre quanta più distanza possibile tra noi.
Ma quella era la mia sera.
Era la mia sera e avevo sbagliato a fare i conti: non volevo una qualsiasi, una come Lisa.
Io, quella sera, volevo solo e soltanto lei.
Emma.
Ecco perché la seguii fino a quando non si fermò in una sorta di conca che ci nascondeva allo sguardo di chiunque fosse al festino.
Sapeva che fossi dietro di lei, ecco perché non sussultò quando le presi i fianchi per farla voltare.
Non sussultò eppure evitò il mio sguardo, quasi come se ancora pensasse di potersi nascondere.
Ma il modo in cui si era lasciata andare mentre ballavamo era stato inequivocabile.
Non ero io ad aver fantasticato su quella situazione: lei mi voleva.
Ed io ero stanco di fingere di non essermene accorto.
<< Perché continui a scappare da me? >>
Deglutì pesantemente, ma non rispose.
Non lo faceva mai.
<< Emma... >> le soffiai quindi sul viso, accarezzandole una guancia per convincerla a ritrovare quella spensieratezza di poco prima.
Ma quella che ritrovò, invece, fu solo la voglia di giustificarsi ancora.
<< Io sto con Cole e...>>
Non la lasciai finire.
<< E tu mi vuoi >>
Fu allora che sussultò come prima non si era concessa di fare, come se le mie parole avessero mosso qualcosa sento di lei che non credeva neppure di avere.
<< No >>
<< Si >>
<< N...no >>
<< Si... >>
E ad ogni battuta il mio viso si avvicinava un po' di più al suo.
E ad ogni battuta, per lei, diventava sempre più difficile resistere.
Ma continuò a negare.
Negò fino all'ultimo no, quello che portò le sue labbra finalmente sulle mie.
Quello che diede inizio a tutta questa storia.

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