Capodanno
Hola!
Vi chiedo scusa per il ritardo, ma credo che la lunghezza del capitolo servirà per farmi perdonare.
Inoltre ho deciso che, se vi comporterete bene (e quindi mi bombarderete di commenti e stelline) il prossimo ve lo posterò domenica ⭐️⭐️⭐️
Adesso tenevi forte, perché iniziano le scintille!
Ps: la canzone che fa da sottofondo è Capodanno di Zic, vi consiglio di ascoltarla perché è davvero molto carina e adatta per il capitolo.
Era un capodanno come tanti
amici e musica.
Tanti sorrisi,
ma anche tanti dubbi,
di ragazzi feriti da un mondo troppo serio.
Erano passati undici giorni da quella maledetta festa di Natale, eppure non era cambiato nulla.
Cole ed Emma continuavano a non parlarsi.
Io e Cheryl continuavamo a non parlarci.
Mentre io ed Emma...
Beh, c'eravamo scambiati giusto qualche messaggio di circostanza nei direct di Instagram, tra auguri di Natale e qualche reazione alle rispettive storie, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di fare riferimento a quella notte e all'equilibrio che aveva irrimediabilmente sconvolto.
Non era stato un bacio come quello della volta precedente, qualcosa di impulsivo e che permettesse ancora di ritornare sui propri passi.
Quello era stato un momento diverso, c'era stata tra noi una complicità che io ero certo di non aver mai avuto con qualcuno che non fosse Cher.
Se non fosse arrivato il tizio del negozio di tatuaggi infatti, non so neppure quanto saremmo riusciti a trattenerci dallo spogliarci lì, in quel parcheggio buio.
Ma c'aveva interrotti, per fortuna.
C'aveva interrotti e c'aveva trascinati dentro, dove io le avevo tenuto la mano per tutto il tempo mentre per la prima volta incideva qualcosa sulla propria pelle.
E, mentre lo faceva, riuscivo a pensare solo a quanto avrei voluto sfiorarla io quella carne così bianca e morbida, accarezzarla in modo molto diverso da come quell'ago stava facendo.
Poi il tatuaggio era finito e l'avevo riaccompagnata a casa, avvolti nel silenzio che sottolineava un'atmosfera diversa, più carica di una tensione che entrambi preferivamo non definire.
Ma, quando eravamo arrivati alla sua porta, lei aveva fatto qualcosa che mi aveva stupito ancora una volta.
Mi aveva baciato di nuovo.
Con delicatezza e con la timidezza di una bambina, aveva stampato le labbra sulle mie e mi aveva detto << Grazie >>
Ed io avevo capito che non era per il tatoo.
Era per la vecchia Emma.
Per la ragazza che quella sera sembrava essere finalmente tornata.
Prima di parlare con lei
l'ho osservata tanto,
ballava da sola.
Ed ora eravamo lì, alla festa di Capodanno a casa di Steph, ed io non avevo il coraggio di andarle a parlare.
A dirla tutta, non ero neppure certo di cosa volessi dirle.
La sera del tatuaggio ero stato incazzato come non mai, eppure mi ero dimenticato di tutto non appena lei aveva messo piede nella mia auto.
Aveva tirato fuori il suo lato spiritoso ed allegro, quello che mi aveva mostrato solo da quando avevamo cominciato ad essere amici ed io non ero riuscito a resisterle.
Ma poi ero tornato a casa.
E a casa c'era Cole, il mio gemello che si struggeva per una ragazza, per la stessa ragazza che avevo appena baciato.
Ed io mi ero sentito una vera merda.
Ecco perché dovevo stroncare ancora una volta quella cosa, qualsiasi cosa fosse tra noi, sul nascere.
Non potevo permettere all'attrazione che provavo di rovinare il rapporto con mio fratello.
Dovevo andare da lei ed essere io, stavolta, a dirle di no.
Ma prima che potessi, fu un'altra la figura che si piazzò proprio di fronte a me.
Un diavolo dai capelli rossi.
Ma era evidente
che tutti e due
avevamo qualcosa da dirci.
<< Sono incazzata con te >> esordì Cheryl senza alcun convenevole.
La guardai e, quando mi resi conto che non lo facevo da giorni, un po' mi dispiacque.
Ma la mancanza che provavo non era abbastanza per perdonarle ciò che aveva fatto.
Stavo iniziando a provare qualcosa per lei, forse un giorno sarei perfino riuscito a dirglielo, e invece Cher aveva pensato bene di baciare mio fratello, l'unica persona al mondo che non avrebbe mai dovuto sfiorare.
No, non potevo tornare indietro.
E non poteva neppure lei, per quanto qualsiasi cellula del mio corpo mi stesse implorando di mandare a fanculo quello stupido litigio e portarla dritto in camera di Steph.
<< Ma credo anche di essere la più matura tra i due >> continuò << Quindi ti chiedo, è possibile chiarire questa situazione? >>
Si.
Basterebbe che mi urlassi che non t'interessa Cole, che non t'interessa nessuno e nient'altro se non quello che avevamo io e te.
<< No >>
E allora, per quanto fosse arrabbiata, mi poggiò una mano sulla spalla e mi sussurrò: << Mike, per favore... >>
Scossi il braccio, rifiutando quel contatto.
È troppo tardi.
Se già prima non ero convinto di ciò che sentivo per lei, adesso non l'avrei mai più potuto capire, perché avrei per sempre avuto l'immagine di loro due insieme nelle pupille.
<< È per Emma? >> mi chiese d'un tratto ed io non ne capii il perché almeno fino a quando non sentii il mio nome pronunciato dalla ragazza in questione.
<< Mike >>
Era alle mie spalle, aveva smesso di ballare per venire a parlarmi.
Ed intanto Cheryl continuava a tenere lo sguardo nel mio, implorandomi di dirle qualcosa, qualsiasi cosa.
Bruciato da due fuochi al contempo, l'unica cosa che volevo era andare via.
Non potevo pendere verso Cher, perché mi aveva ferito nell'orgoglio e, forse, anche un po' più in profondità.
Ma non potevo neppure pendere verso Emma, perché era tra noi era tutto tremendamente sbagliato.
Così decisi di farlo capire ad entrambe nel modo più semplice possibile.
A Cheryl diedi le spalle, perché non avrei potuto spiegarle a parole ciò che mi teneva lontano da lei.
E ad Emma, invece, lo dissi chiaramente.
Più o meno.
<< Dimmi >>
<< Credo che dovremmo parlare di quello che è successo: io... >>
Era nervosa, lo capii subito vedendo come si torturava le dita le une con le altre.
Ma non potevo calmarla.
Non potevo fare niente che potesse aprire fraintendimenti tra le mie parole.
<< Emma, l'unica cosa che dobbiamo fare è dimenticare >> fu deciso e tagliente, perché non ne potevo più di quei passi falsi.
Cheryl, nel frattempo, mi aveva urlato di andare a farmi fottere, allontanandosi ancora più arrabbiata di quanto non fosse già.
<< Mike, io penso che... >>
Ma non la feci parlare neppure stavolta.
<< Non possiamo, Emma >>
E poi decisi di spingermi oltre, di ferirla nello stesso modo in cui lei, settimane prima, aveva fatto con me.
<< Non ne vale la pena >>
*
Emma se n'era andata subito dopo aver ascoltato quelle parole, lasciandomi da solo in mezzo alla pista con un peso in meno e tanti rimpianti in più.
Il rimpianto di non aver detto la verità a Cheryl, quello di non essere arrivato dove avrei voluto con Emma, quello di aver mentito a Cole.
Ecco perché avevo pensato che la cosa migliore da fare fosse fumare una canna con Steph, l'unico modo che conoscevo per mettere a tacere i pensieri.
Ma l'effetto dell'erba combinato all'alcol che avevo bevuto in precedenza non era stato quello che mi aspettavo, mi aveva anzi provocato un mal di testa atroce.
Ecco perché ero salito al piano di sopra, cercando rifugio in bagno perché era l'unico luogo dove ancora nessuna coppietta (e non solo) si era appartata.
Ma non immaginavo che qualcuno mi avesse seguito.
A dirla tutta, credevo che dopo le mie parole lei neppure volesse più vedermi.
<< Emma >> esclamai quindi, stupito, vedendola entrare dopo di me e chiudere la porta a chiave senza troppi preamboli.
La prima cosa che pensai era che volesse continuare a parlare per costringermi a rimangiare quelle parole, ma lei fece esattamente l'opposto.
<< Non dirmi mai più che non ne valgo la pena >> sentenziò e poi, con una sicurezza che non era da lei, si avventò famelica sulle mie labbra.
In un primo momento fui così stupito che quasi non ricambiai.
Ma poi lei mi spinse contro la parete, facendo aderire completamente il suo corpo al mio.
E mi piacerebbe dire che riuscii a resistere, che il suo seno schiacciato sul mio petto non mi fece alcun effetto, che le sue mani tra i capelli non mi eccitarono e che non lo fece neppure sentirla proprio lì, contro la mia intimità.
Ma sarebbe una cazzata, perché invece bastò meno di un secondo per farmi mandare a puttane qualsiasi cosa.
Perché, per la prima volta, eravamo in un luogo chiuso e appartato, un poso dove tutto era concesso perché non ci sarebbero state interruzioni nè occhi indiscreti.
E soprattutto perché, per la prima volta, era lei a volermi.
Disperatamente.
Glielo si leggeva negli occhi e, se non fosse stato abbastanza, a farmelo capire ci pensava il modo in cui mi succhiava la pelle del collo, avida.
Aveva sicuramente bevuto qualcosa e lo avevo fatto anch'io, ma sarebbe ipocrita dire che perdemmo il controllo soltanto per quel motivo.
Lo facemmo perché erano mesi che lo volevamo, perché il bacio dell'altra sera era stato così intenso che non riuscivamo più a pensare ad altro.
E quindi presi a sbottonarle la camicetta con una lentezza quasi esasperante: un bottone alla volta, ogni carezza sempre un po' più vicina al suo seno.
Ero attento nei movimenti, calibrato come non lo ero mai stato.
Perché io non volevo soltanto farla mia quella notte, no.
Non mi bastava averla finalmente di fronte a me in balia di qualsiasi cosa avessi voluto farle, non era abbastanza vedere quanto doveva trattenersi per non gemere ogni volta che semplicemente la sfioravo.
Io volevo di più.
Volevo osservarla a fondo, disegnare nella mia memoria ogni singola curva della sua pelle.
E poi volevo assaggiarla, tutta, senza perdermi neppure un briciolo di ciò che era.
Volevo che fosse mia quella notte e poi ancora, nei miei pensieri e sotto le mie mani.
Perché nessuna mi aveva mai fatto sentire così, nessuna mi aveva mai assuefatto come il suo odore aveva invece imparato a fare.
E non avevo mai desiderato altro che sesso, ma con lei era diverso.
Con lei era stata quasi un'ossessione, un pensiero tanto costante da poter sembrare idealizzato.
Ma invece era reale: tra le mie mani, sotto le mie labbra.
Era venerazione quella che provavo, la consapevolezza che non potesse esistere al mondo niente di più perfetto se non la ragazza che adesso, coperta solo dall'intimo, gettava la testa all'indietro per permettermi di baciarle il collo.
Ed era sbagliato, tremendamente sbagliato su tutti i fronti.
Sbagliate le sue mani che nervosamente tentavano di sbottonarmi i jeans, sbagliato il fatto che stessimo per farlo su un lavandino, sbagliati i baci lascivi che le stavo lasciando ovunque.
Sbagliato io, perché non avrei dovuto essere il ragazzo che la faceva godere in quel modo, e senza neppure essere ancora arrivato al dunque.
Eppure, per quanto fosse un errore, io non riuscivo a smettere di toccarla.
E non riuscivo a smettere di pensare a lei, ormai da settimane, nonostante avessi disperatamente tentato di non fantasticare in quel modo sull'unica ragazza che mai avrei dovuto desiderare.
Ma la desideravo invece, e in una maniera così potente e così carnale da non avere più scampo.
<< M...Mike >> gemette quando arrivai con le dita proprio dove da troppo tempo immaginavo di essere.
Ed in quel momento seppi che mai e poi mai sarei riuscito a dimenticare quel suono, il modo in cui il mio nome era sembrato la cosa più erotica che avessi sentito in vita mia.
Quasi le strappai le mutandine, eccitato come un ragazzino alle prime armi, al che lei ridacchiò appena, le labbra piene che lasciavano intravedere i suoi denti perfetti.
E allora gliele morsi quelle labbra, le morsi abbastanza forte da soffocare i suoi gemiti quando finalmente iniziai ad entrare in lei, dapprima con un dito e con lentezza, poi aumentando sempre di più velocità e passione.
<< Sei così bagnata... >> mormorai, senza quasi accorgermene, il commento involontario che la mia mente aveva appena partorito.
Lei ridacchiò ancora, avvicinandosi poi al mio orecchio per poterlo leccare sensualmente.
<< Sei tu che mi fai bagnare così >>
E a quel punto non ci vidi più.
Sapevo che era bellissima, che mi eccitava anche solo al guardarla, ma mai avrei immaginato che dietro a quella bambina dal visetto d'angelo si nascondesse in realtà una donna tremendamente sexy e audace.
Mai avrei pensato a lei come provocatrice, come colei che detta le regole.
Avevo lo sguardo innocente e dolce
di una bimba,
ma si muoveva
come una donna.
E mai avrei pensato che alla fine sarebbero state le sue di mani a liberarmi dai boxer, guidandomi lascivamente verso dove le mie dita stavano già lavorando.
Fissò i suoi occhi nei miei, quelle iridi azzurre che avevo creduto appartenessero ad un angelo ma che in realtà si erano rivelate essere quelle del mio diavolo personale.
Era impaziente, proprio come lo ero io.
Ma, per quanto non avessi in mente di aspettare un secondo di più, io non potevo lasciarla trionfare.
Così mi allontanai leggermente dal suo meraviglioso corpo, continuando a tenerle le gambe per far sì che si reggesse sul lavandino, ma spostando il bacino lontano dal suo.
Mi guardò stranita, delusa.
<< Dimmi che mi vuoi >> le dissi allora, il tono provocatore ma in realtà solo bisognoso di una conferma.
Sono pronto a sbagliare, a commettere l'errore più grande della mia vita, le stavo dicendo, però devo essere sicuro che lo voglia anche tu.
Ma forse lei era davvero troppo presa dal piacere per rendersi conto di cosa in realtà le mie parole nascondessero.
Infatti non mi riservò altro che un'occhiata lasciva, afferrandomi poi i fianchi con le mani per potermi riavvicinare a sé.
<< Ti voglio, Mike >> mi sussurrò sulle labbra, leccandone appena l'angolo.
Ed io, da bravo coglione, mi sciolsi come neve al sole.
Sapessi quanto cazzo ti voglio io, Emma.
La baciai subito, intensamente, le mani che si perdevano nei suoi capelli biondi mentre, con un'unica spinta decisa, entravo finalmente dentro di lei.
Ma era evidente
che tutti e due
avevamo qualcuno
da tradire.
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