Capitolo 2 • Lingua lunga
«Perchè Colton non è con loro?»
Io e Matt ci trovavamo nel grande atrio della Rocca Nera per aspettare Evelyn. Nel trambusto della partenza, avevo continuato a tenere sott'occhio le scale per vedere se Evelyn sarebbe scesa da sola o se saremmo dovuti andare a chiamarla.
Non mi aspettavo che sarebbe arrivata con William Cole in persona. Non appena lo avevo visto, mi ero ricordata del compito che avrebbe dovuto avere mio cugino nel seguirla in ogni suo singolo movimento.
Non appena ci vide, Evelyn accelerò il passo e lasciò indietro Cole senza rivolgergli un solo sguardo di più.
«Perchè eri con lui?» le chiesi subito, non appena ci raggiunse.
«Rose...» Matt mi guardò prima di alzare gli occhi al cielo.
Non demorsi, continuando a guardare la mia migliore amica. Aveva uno sguardo vagamente colpevole che suggeriva che fra loro fosse successo qualcosa. Qualcosa che non era solo una tregua per il bene del regno.
Sarebbe finita male, dèi se sarebbe finita male...
Matt e io avevamo capito che era proprio William il ragazzo della visione di Evelyn. Lei non ce ne aveva ancora parlato, come non ci aveva ancora riferito che cosa aveva visto quella mattina quando era svenuta.
Da quando ero arrivata, Evelyn aveva passato più tempo con il principe che con noi. Non che fossi gelosa, ma non le faceva bene affezionarsi a quell'idiota più di quanto già non fosse.
Anche se lo consideravo un idiota, non potevo non dispiacermi per la fine che avrebbe fatto.
«Siete stati insieme tutta la sera, vero?» continuai imperterrita.
Matt mi rivolse un'occhiata esasperata.
«Per favore, Rose, adesso non voglio parlarne» rispose Evelyn. «Ti racconterò tutto non appena saremo in carrozza, te lo prometto.»
Non feci in tempo a replicare che la voce del signor Davis rimbombò per tutto l'atrio.
«Siamo pronti per partire» disse ad alta voce per sovrastare la confusione che c'era. «Ci divideremo in due grandi carrozze...»
Mentre il signor Davis continuava a spiegare, Matt si girò per spiegare a Evelyn quello che suo padre intendeva per grandi carrozze.
«Le carrozze dei nobili, sopratutto se parliamo di Reggenti o della famiglia reale, sono come delle piccole case su ruote. Domini dell'Aria la rendono leggera abbastanza per non rallentarci e la velocizzano. Mio padre mi ha detto che il Reggente ha fatto spargere la voce di starsi spostando con la sua famiglia nella casa di Estis per qualche settimana, cosicché possiamo viaggiare senza generare toppo scalpore. La famiglia Blain dovrà rimanere nascosta qua dentro per un po', ma non dovrebbe essere un problema.»
Evelyn non sembrava credere alle proprie orecchie.
«Direi di andare» aggiunse, prima che suo padre si rivolgesse a noi con un urlo.
«Copritevi la faccia. Nessuno deve vedere i nostri volti. Nessuno.»
Tutti noi cominciammo ad avviarci verso l'uscita della Rocca Nera. Mi tirai il cappuccio sul viso e varcai il portone nero.
***
Ci volle un'oretta prima che riuscissimo a uscire dalla città a bordo di quelle ingombranti case su ruote. Io, Matt e Evelyn ci rinchiudemmo in una delle camere al piano di sopra, che aveva due letti singoli.
L'ultimo sole ci stava guardando seduta su una poltrona, vicino alla finestra coperta da una spessa tenda bordeaux. Aveva uno sguardo assorto e stanco.
Ci raccontò tutto quello che era successo negli ultimi giorni. Ci disse che sì, William Cole era il ragazzo di quelle visioni e ci mise al corrente della seconda parte della profezia, spiegando quello che si ricordava di essa. Raccontò quello che era successo quando lei e il principe erano andati sulla Montagna Rossa, di come avesse capito che Joanne era sua nonna e di come avessero assistito alla scomparsa materiale di William.
Parlò di una scritta incisa nel muro di una camera a casa di Joanne, più precisamente di un nome: Altair. Altair Blain era dunque il padre di Evelyn, un pericoloso Dominus dell'Ombra che progettava un'invasione di massa.
Tutto quello che mi disse mi lasciò senza parole. Non riuscii nemmeno a commentare, nemmeno ad esprimere il mio sollievo nel sapere che nessuno dei miei amici sarebbe dovuto morire per mano sua.
Dopo che lei ci spiegò cosa avesse visto quella mattina quando era svenuta, rimanemmo in silenzio. Evelyn era convinta che quella visione fosse collegata con un'altra che aveva avuto prima di incontrare Matt e che non centrasse nulla con le crisi.
Matt era confuso, non sembrava essere in grado di spiegarci alcunché.
Dopo parecchi minuti si congedò.
«Evelyn, se non ti dispiace prenderei i diari di Edvard il Cieco e andrei a leggermeli. Dobbiamo cominciare a informarci se vogliamo capire il significato di queste visioni. E sarebbe meglio leggerli prima di dire agli altri della loro esistenza. Non credo che per il momento sarebbe vantaggioso per noi che mio padre e gli altri sappiano di questa faccenda. Non riescono a fidarsi di noi completamente.»
Ci salutò e ci assicurò che ci saremmo rivisti di lì a poche ore.
Stavo cercando con tutta me stessa di non stressarla con la storia di William. Con il suo racconto avevo capito quanto stesse soffrendo per quello che aveva scoperto.
Era difficile lasciarla in pace quando mi sentivo in dovere, come migliore amica, di tenerla al sicuro da qualsiasi cosa. Compreso ciò che innamorarsi di lui sarebbe significato.
Ma era già troppo tardi.
Anche solo guardandola si capiva che William, con la sua sfacciataggine e il suo fascino, era riuscita a conquistarla come aveva fatto con moltissime altre ragazze prima di lei. Me compresa.
Era l'errore più grave che potesse commettere, lasciarsi andare a questi sentimenti, ma ormai non ci potevo fare nulla. Era troppo tardi.
Non sapevo quello che provava William, se provava qualcosa. Non era senza sentimenti, questo lo avevo sempre saputo, ma ero così diffidente nei suoi confronti che non ero convinta dal ruolo che giocava in questa situazione.
Era un principe, un principe cresciuto a immagine e somiglianza del padre, il re più dispotico e pericoloso che Elyria avesse mai visto. Un principe a cui avevano imposto l'idea che la corona e il proprio sangue venissero prima di qualsiasi altra cosa.
Evelyn chiuse gli occhi sulla poltrona, vinta dalla stanchezza. Io, completamente sveglia, mi alzai dal letto.
Vedendo che Evelyn era entrata nel mondo dei sogni, sfinita, uscii senza rischiare che facesse domande.
Da quando eravamo arrivati a Fyreris, non ero riuscita a parlare di nuovo con Shaun, che era dovuto rimanere rinchiuso in infermeria per le ferite riportate durante l'attacco al covo della città nera.
Uscii chiudendomi delicata la porta alle spalle. Il corridoio dalle chiare pareti di legno era deserto e la porta della camera di Shaun, davanti alla nostra, era chiaramente visibile anche nella penombra dell'ambiente illuminato solamente dalla luce delle Tre Lune.
Bussai alla porta del confratello, che rispose subito invitandomi ad entrare. Afferrai la maniglia e entrai nella stanza.
Shaun era seduto sull'unico letto che c'era in quella stanza minuscola. Era a torso nudo e fra le mani stava tenendo una ciotola contenente un unguento biancastro. Alzò lo sguardo su di me, senza sembrare sorpreso, come se si aspettasse di trovarmi lì.
«Che cosa stai facendo?» gli chiesi, facendo un passo avanti e chiudendo la porta alle mie spalle.
«Sto cercando di mettermi questa.»
Con una mano alzò la ciotola di pietra per farmela vedere.
«I guaritori di corte pensano che se la applico sulle cicatrici per un po' di volte, le cicatrici si vedranno di meno.»
«Sta funzionando per ora?»
«Non lo so, non mi sembra di aver notato miglioramenti. Ma tanto vale provarci.»
Avanzai fino a dove si trovava, guardando dispiaciuta tutte le sottilissime linee bianche che gli percorrevano il petto e la spalla sinistra come la ragnatela di un ragno.
«Dammi, faccio io» dissi, allungando una mano per farmi dare l'unguento.
Shaun mi porse la ciotola. L'afferrai e mi misi alle sue spalle, appoggiando un ginocchio sul letto e ritrovandomi davanti la sua schiena nuda.
Quel reticolo di cicatrici proseguiva anche sulla schiena, fin sotto alla scapola. Deglutii alla vista della sua pelle deturpata, bagnandomi le dita della mano con la crema fredda e portandola poi sulla spalla di Shaun.
Era probabile che la sua pelle sarebbe rimasta per sempre così. Mi sembrava impossibile che lui, Dominus del Fuoco, si fosse ustionato. Si era trattato di una scarica elettrica, sì, ma l'immagine delle ustioni che aveva avuto non avrebbe mai abbandonato la mia mente.
«Non hai ancora parlato con Evelyn» esordii, non trovando altro di cui parlare.
«Non mi sembra il momento adatto» rispose.
«Ora che la profezia è stata tradotta non hai più niente in mano per convincerla a seguirti, dopo che supererà la Caduta.»
«Non hai capito?» replicò quasi divertito. «Ormai siamo tutti dalla stessa parte.»
«No, non capisco...» aggrottai la fronte, fermandomi con la mano.
«Ormai non si tratta più di portare Evelyn nella confraternita. Mylene sa che rimarrà con gli Albini e per il momento pensa che sia vantaggioso per noi supportare questa causa. Da quello che posso capire non hai letto la dichiarazione d'alleanza, vero?»
«No» risposi di nuovo.
Shaun si sottrasse per pochi secondi dal mio tocco, allungandosi e afferrando un foglio di pergamena adagiato sul comodino lì vicino. Me lo porse da sopra la sua spalla e io, senza curarmi delle mie dita unte, lo presi, cominciando a leggere.
21 Novembre, 237° Anno della Quinta Era.
Rocca Nera, Fyreris, Pyros.
Noi tutti oggi siamo testimoni della nascita di un'alleanza. Una giusta e onorevole alleanza che mira a riportare nella Grande Patria i valori umani e nobili perduti da tempo.
Le imminenti guerre che stanno per incombere sul Regno di Elyria ci costringono a riunirci per combattere uniti contro l'oscurità che sta per abbattersi su tutti noi.
Oggi, Reali, Ribelli, Confratelli e Soldati si riuniscono tutti quanti insieme nell'Alleanza dell'Alba Bianca. Noi, fratelli riuniti sotto un unico grido di battaglia verremo chiamati Albini e saremo pronti a sacrificare noi stessi per la salvezza di Elyria.
Sotto la giurisdizione di un quadrumvirato verremo guidati per salvare l'ultimo sole e per restituire la pace perduta nella Grande Patria. Riporteremo al trono i veri eredi, salvandoci dalla più terribile delle sorti.
Oggi, faremo risorgere il vero sole.
Quando finii di leggere sottovoce, Shaun mi prese la pergamena dalla mani.
«Confratelli?» ripetei dopo qualche secondo.
Mi sembrava così strano che la Confraternita Oscura, che non aveva mai preso posizione durante l'intera storia di Elyria - almeno per quanto mi ricordassi - si alleasse con qualcuno, si schierasse.
La confraternita era sempre stata un'organizzazione che prima di mobilitarsi guardava bene dove tirasse il vento.
«Questo non me l'aspettavo» aggiunsi.
«Le cose cambiano. I tempi sono cambiati.»
Mi ridestai e ricominciai a spalmare l'unguento sulla sua pelle. Era strano: con i miei polpastrelli sentivo come se la sua pelle fosse stata incisa con un piccolo coltello.
«Deve avvertire davvero il pericolo se è scesa al compromesso di allearsi con qualcuno, visto che tutti i suoi predecessori hanno sempre considerato disonorevole la sola prospettiva. Correggimi se sbaglio.»
«Mylene ha potuto parlare tramite lettere con il sacerdote» rispose. «Le ha spiegato la situazione e Mylene ha decretato che se non contribuiamo alla salvezza del regno, Elyria morirà e noi con lei.»
«Per tutta la vita ho vissuto con la consapevolezza che ci sarebbe stata una guerra, ma due?» Scossi la testa. «Due insieme, oltretutto... Hai visto anche tu quegli esseri Shaun, la tua pelle ne è testimone. Stanno tornando, sono tornati...»
Rabbrividii e Shaun si girò verso di me, prendendomi la crema dalle mani.
«Davanti posso riuscirci da solo, grazie.»
Con un sospiro mi sedetti sul letto di fianco a lui, lasciandomi cadere sul materasso.
«Non credo che quelli fossero Domini dell'Ombra» disse, facendomi aprire la bocca per protestare. «I libri, le raffigurazioni su di loro, le ballate e le storie... Tutti descrivono la stessa cosa, una cosa decisamente peggiore di quello che abbiamo affrontato.»
Rimasi zitta in attesa che continuasse. Avrei dovuto stare più attenta nel corso della mia vita quando ci avevano spiegato queste cose. La mia mente distratta, considerando impossibile e molto lontana l'eventualità che potessero tornare davvero, si era rifiutata di memorizzare quello che, nel corso degli anni, gli istruttori ci avevano detto.
«Erano Domini orribili, raccapriccianti. Avevano occhi neri senza fondo capaci di ipnotizzarti e la pelle pallida che li faceva assomigliare a cadaveri viventi. Erano pieni di energia, il solo passargli di fianco ti faceva rizzare i peli sulla nuca. Erano veloci come nessun altro, erano potenti in modo straordinario. Avevano poteri oscuri che sono al di fuori della nostra immaginazione» spiegò con un che di inquietante nella voce. «Erano capaci di ucciderti assorbendo tutta la tua energia vitale, strappandoti dal corpo l'elemento che ti tiene in vita. Erano in grado di soggiogarti, di entrare nella tua mente e obbligarti a uccidere le persone che amavi di più al mondo, se glielo permettevi...»
Lo guardai con tanto d'occhi. Era una descrizione lugubre, terribile e raccapricciante. Ma era affascinante, terribilmente affascinante.
«Erano capaci di insediarsi come parassiti nella nostra vita quotidiana, riuscivano a confondersi con gli altri Domini» continuò. «Quelli che abbiamo incontrato noi sono spaventosi sì, ma sono prevedibili, stupidi in confronto a loro. I Domini dell'Ombra erano perfidi calcolatori.»
«Non dovresti parlare al passato» mormorai. «Torneranno prima che noi possiamo rendercene conto. Sono già fra noi.»
«Credo che ciò che abbiamo visto noi sia legato ai Domini dell'Ombra, certo. Ma non sono loro.»
«Forse Edvard il Cieco sa qualcosa a riguardo.»
Da qualche parte, in fondo alla mia mente, rilegata in un piccolo cassetto remoto, c'era una piccola voce che mi intimava di non dire una parola di più. Come sempre era così lontana che non feci fatica a ignorarla.
«Non possiamo chiederglielo, comunque» fu la risposta atona di Shaun.
«Forse nei diari che ha lasciato a Evelyn c'è scritto qualcosa.»
Dire quella frase fu il mio grande errore. Non appena le parole uscirono dalla mia bocca, alzai velocemente lo sguardo su Shaun. Matt ed Evelyn mi avrebbero ammazzata. Avevo appena svelato l'esistenza di quei preziosi diari a una persona poco affidabile, vista la sua appartenenza alla Confraternita Oscura.
Shaun ridacchiò, guardandomi dritto negli occhi.
«La tua faccia mi conferma che non avresti dovuto dirlo.»
«Cazzo» imprecai.
Mi alzai di scatto, cercando di dire a me stessa che se fossi rimasta ancora in quella stanza dalla mia bocca sarebbero uscite cose di cui mi sarei pentita amaramente. Cercai di assumere in volto un piccolo sorriso noncurante, allontanando l'espressione colpevole.
«È meglio che vada» dissi, forse con un po' troppo entusiasmo vista la conversazione appena avuta.
Shaun non smise di guardarmi divertito, mentre raggiungevo con due passi la porta della stanza. Quando afferrai la maniglia, mi voltai di scatto, cercando il miglior modo di dirgli quello che sapevo non sarebbe stato rispettato.
«Cerca di non dirlo a nessuno, Spencer. Per quanto possa essere possibile.»
Non potei rimanere in quella stanza un minuto di più, uscendo nel corridoio in fretta. Il mio elemento notò per me un'ombra scura vicino alle scale. Mi girai di colpo, come se fossi stata attirata da una calamita.
Per fortuna o per sfortuna, mi ritrovai davanti Cole, che si era fermato a guardarmi. In mano aveva un tazza fumante, segno che era sceso di sotto per prendersi qualcosa da bere.
«Tu non mi hai mai vista uscire da questa porta» sibilai minacciosa, prima di dare le spalle a William, che mi guardava con un misto di sorpresa e divertimento.
Prima di allontanarmi, mi voltai per un secondo, sorridendogli senza gioia.
«Vostra altezza» aggiunsi, caricando di disprezzo le parole.
Entrai nella stanza mia e di Evelyn, cercando di ignorare Cole. Mi chiusi la porta alle spalle con vigore, rischiando di svegliare la mia amica.
Ma lei non si mosse di un centimetro, continuando a dormire come se non fossi mai uscita di lì. Ringraziai il cielo per la prima volta in quegli ultimi dieci minuti, sospirando. Mi diressi verso l'armadio e presi una coperta, con cui coprii Evelyn.
Dagli spifferi della carrozza di legno stava cominciando a entrare dell'aria fredda, che l'avrebbero sicuramente svegliata. Mi cambiai in fretta e raggiunsi uno dei due lettini, infilandomi sotto le morbide e calde coperte.
Non riuscivo a non pensare a quello che era appena successo, a come mi ero lasciata scappare dei diari a Shaun e di come William mi avesse appena vista uscire dalla sua stanza.
Sapevo che il confratello avrebbe riferito tutto al suo precursore, il che mi faceva arrabbiare ancora di più.
Sbuffai irritata e piena di rabbia nei confronti di me stessa, mentre mi rannicchiavo tutt'altro che rilassata. Se non fosse per la stanchezza che avevo, non mi sarei addormentata. Avrei piuttosto passato passato tutta la notte a pensare e ripensare a quanto avesse ragione Matt con i suoi continui avvertimenti.
Il mio amico mi ripeteva in continuazione che rimanere zitta, spesso e volentieri, era la scelta migliore che potessi fare.
***
Mi svegliai di colpo per le urla e per i lamenti.
Ancora frastornata, mezza addormentata, la prima cosa a cui pensai fu a un'imboscata. Mi sembrò la spiegazione più logica. Solo quando le mie orecchie ricominciarono a funzionare, capii la vera origine di quelle grida.
«Evelyn!»
Mi alzai di scatto e accesi la luce con la mano. Raggiunsi Evelyn, che stava chiaramente avendo un incubo.
Alla fioca luce della lampada potevo vedere il suo pallore, il sudore che le bagnava la fronte e l'espressione corrugata, terrificata.
«Non voglio farlo, non posso farlo...» mormorò prima di lanciare un altro urlo terrorizzato. «No!»
Mi precipitai da lei e le afferrai le spalle. Preoccupata, non volendo fare altro che svegliarla, cominciai a chiamarla concitata. La scrollai senza curarmi di essere delicata, continuando a ripetere il suo nome.
Si svegliò di scatto dopo quella che mi parve un'eternità.
I suoi occhi si spalancarono e cominciarono a vagare disorientati per la stanza. Deglutì un paio di volte, in volto aveva un'espressione carica di terrore.
La guardai confusa. Le visioni erano tornate davvero? La Caduta si stava risvegliando?
Quando si accorse di me, disse il mio nome, con tono quasi sollevato.
«Tutto bene?» le chiesi preoccupata.
«Sì» rispose dopo qualche minuto, annuendo. «Era solo un brutto sogno.»
Prima che potessi replicare, si sottrasse dal mio tocco, alzandosi veloce dalla sedia. Talmente veloce che se non fossi stata un Dominus dell'Aria in grado di percepire l'elemento, avrei pensato che stesse usando i suoi poteri.
«Ho bisogno di bere qualcosa» annunciò agitata, mentre mi raddrizzavo. «Vado di sotto.»
«Vengo con te» le dissi subito, corrugando la fronte e cercando di capire come approcciarmi alla situazione.
Evelyn non era mai stata così agitata come in quel momento.
«No» disse in fretta, guardandomi come se fosse allarmata. «No, ho bisogno di rimanere da sola Rose, per favore...»
Fui presa alla sprovvista. Non volevo lasciarla sola: Evelyn non mi era mai sembrata così spaventata come in quel momento.
«Davvero Rose, non preoccuparti» continuava a ripetere, nonostante io non stessi parlando. «H-Ho bisogno di rimanere sola per un po'...»
Rimasi sorpresa da me stessa quando le dissi «va bene».
«Grazie» replicò come se fosse eternamente riconoscente.
Si guardò attorno per cercare la porta e uscì senza un'altra parola. Ero ancora in piedi, fissando il punto in cui era scomparsa.
Non mi chiamavo di certo Matthew Lewis, ma non ero così stupida.
Sospirai, arrendendomi temporaneamente. Sapevo che quella notte Evelyn non sarebbe ritornata nella nostra stanza, ma che sarebbe rimasta con qualcun altro.
Niente e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea su lui, tantomeno io con i miei continui avvertimenti.
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