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Capitolo 12 • Convocazione


«Non puoi salvare tutti, principessa.»

Le sue mani erano piene di sangue, i suoi vestiti pure. Era seduta sull'erba bagnata e infangata, con il cappuccio che avrebbe potuto ripararla dalla pioggia abbassato. Era stremata: era stata una lunghissima notte.

Evelyn si sfregò le mani fra loro, come se volesse liberarsi la pelle da quello strato di sangue che ormai si stava seccando. Sembrava che minuscoli pezzettini di colore rosso scendessero dalle sue piccole mani pallide. Alzò lo sguardo verso il cielo, come se volesse trattenere le lacrime e non volesse farsi vedere piangere.

Aprì la bocca e inspirò, mentre abbandonava il vano tentativo di lavarsi le mani. Mi ritrovai a chinarmi davanti a lei, senza curarmi del fango. Le presi le mani fra le mie.

«È difficile Evelyn, è orribile da dire e da pensare, ma lui è stato solo uno fra quelli che periranno in queste guerre. Non puoi tormentarti per ogni singola persona che perderà la vita.»

Non c'erano mezze misure per dirlo. La guerra era così: la morte, le perdite e le battaglie erano all'ordine del giorno.

Evelyn mi guardò dritta negli occhi.

«Sì, è una cosa orribile da dire» disse con tono di accusa.

Mentre mi spostavo in modo tale da non sporcarla ancora di più, creai un po' di acqua con le mie mani e cominciai a sfregarle il sangue secco con le mie dita.

«Ma è così. La guerra porta sempre con sé la morte. A volte si riescono a salvare delle persone Evelyn, a volte si riesce a fare l'impossibile...» Mi fermai un attimo. «Ma il più delle volte bisogna arrendersi a capire che i nostri poteri sono limitati, che spesso, purtroppo, non si può evitare una perdita. Quella guardia...»

«Waylon. Si chiamava Waylon.»

«Waylon...» ripetei. «Waylon sapeva quello a cui andava incontro quando è arrivato in nostro soccorso. Se non avesse accettato il rischio di non uscire vivo da quella tenuta, non ci sarebbe mai entrato.»

«Non... non è giusto.»

«È vero» concordai. «Non lo sarà mai. Ma non ti puoi incolpare per non essere riuscita a salvarlo. Le sue ferite erano troppo gravi, metà della sua faccia era stata scalfita da una spada affilata...»

«Lo so Will.» Evelyn scosse la testa. «H-Ho sentito ogni suo singolo capillare continuare a perdere quel poco sangue che aveva ancora in circolo, ho... ho sentito le cellule del suo viso morire una dopo l'altra, ho sentito la sua vita scivolare via dal s-suo corpo come se fosse l'acqua che stai creando sulle mie mani...»

Mi costrinsi a non dire altro. Non sapevo cosa volesse dire compiere un incantesimo di cura su una persona, come fosse sentire ogni cosa che succedeva in un corpo come se stesse succedendo a te. Rimasi in silenzio mentre asciugavo le sue mani facendo scomparire nell'aria l'acqua che le bagnava la pelle.

A quel punto mi sedetti di fianco a lei. Qualche metro più in là gli altri stavano seppellendo la guardia che era morta. Rimanemmo in silenzio a osservarli.

Elwyn Davis, allungando una mano, estrasse tutto d'un colpo una grossa massa di terra, che lasciò ricadere poco più in là. L'altra guardia, che era arrivata con loro, e Joanne presero il corpo di Waylon e lo lasciarono cadere in fondo la fossa appena creata.

Dopo che la buca fu ricoperta e dopo che Joanne appiccò un piccolo fuoco controllato che prese a bruciare tutto quel piccolo rettangolo di terra, tutti i Domini presenti si radunarono lì attorno.

Vedendo che Evelyn non accennava ad alzarsi da terra, rimasi lì con lei, allungando una mano e posandola sul suo gomito.

Dalla pira funebre improvvisata da Joanne proveniva odore di terra bruciata. Le parole che i Domini lì riuniti stavano pronunciando ci raggiungevano solo come lievi brusii. Tutto il bosco dietro di loro cominciò a illuminarsi del bagliore rossastro dell'alba.

Fra tronchi degli alti alberi secchi tipici della regione del fuoco, cominciò a insinuarsi la luce mattutina. Tutti i funerali avvenivano all'alba, dopo una lunga notte di veglia per augurare fortuna al defunto nella sua vita ultraterrena.

Per Waylon la veglia non c'era stata, non ne avevamo avuto la possibilità. Ma almeno aveva ricevuto la sepoltura degna di un Dominus, quella sepoltura che purtroppo la maggior parte di quelli morti in guerra non riceveva.

Nel caso fosse andata così anche a me, avrei voluto che mi riserbassero una sepoltura come si deve. Nessuno poteva sapere che cosa ci avrebbe riservato la morte, nessuno aveva la certezza che nell'aldilà esistesse una vita dell'anima. Gli dèi non lo avevano mai detto a nessuno.

«Che Waylon possa cominciare la sua nuova vita sotto il buon auspicio dell'alba.» Le ultime parole di Joanne risuonarono in tutta la collina. «Che il Sole possa proteggerlo nel cammino che gli aspetta.»


***


Non potevamo tornare nella grotta, non in pieno giorno. Joanne e Davis avevano detto che erano riusciti a sconfiggere tutte le guardie sopraggiunte per catturarli. Ci avevano anche riferito che il sacerdote era perito per mano di Davis.

Ci eravamo allontanati da Volcus per essere più al sicuro, addentrandoci in quel bosco fino al suo cuore, dove si trovava l'Albero Guardiano. Ogni bosco di Elyria ne aveva uno: si trattava di un albero gigantesco che piantava le proprie radici nel punto centrale di quella foresta. Gli Alberi Guardiani si diceva fossero così potenti da poter proteggere da qualsiasi cosa o persona chiunque compisse un sacrificio commensurabile al motivo per cui si chiedeva protezione.

Se per Evelyn, che non aveva commesso crimini e che era sostanzialmente una vittima di quello che le stava succedendo, poteva bastare una piccola goccia del suo sangue, per uno come me, ribelle, responsabile di più morti di quante ne volessi ammettere, il sacrificio poteva essere fuori dall'immaginabile.

Ci limitammo a sedervici attorno, concordando che almeno, in caso di necessità, Evelyn sarebbe stata protetta. Quando entrammo nella radura, rimasi senza fiato. Non era la prima volta che ne vedevo uno, molti rituali civili e reali venivano compiuti nei pressi di un Albero Guardiano, ma lì la natura raggiungeva livelli di bellezza che difficilmente si potevano trovare da qualche altra parte.

Era una radura grande, il cui suolo era caratterizzato da tantissime radici, grandi e piccole, che si diramavano dallo scuro tronco che dominava tutto l'ambiente. Era strano vedere dei fiori così accesi e belli nel bel mezzo di un bosco arido di Pyros, ma lì dentro pulsava tanta di quella vita che tutto era rigoglioso, come se fossimo stati nella regione della terra, Telyn.

Sul tronco dell'Albero Guardiano risaliva un bellissimo fiore color magenta, che sembrava risplendere di vita propria, come se tutta l'energia che era contenuta nei suoi petali potesse essere visibile. I lunghi pistilli gialli uscivano dai fiori e si piegavano verso terra. Il tronco, come ogni altro Albero Guardiano, ospitava al suo centro la sfera dell'energia vitale che lo caratterizzava: ogni albero aveva quella sorta di cuore del potere di un colore diverso.

Quella era color porpora e il suo bagliore esplodeva dalla corteccia, che era tagliata nella zona centrale come per rendere visibile quella magia. Sembrava una gabbia, una gabbia che teneva imprigionata quella forza ancestrale. Nessuno sapeva che cosa sarebbe successo nel caso fosse stata liberata: non era mai successo, e tanto meno chi aveva provato ad attaccare quella zona centrale non era mai sopravvissuto per raccontare.

I Domini della Terra, con i loro culti, erano convinti che fossero quei magici alberi a dare vita a Elyria. Credevano che senza di quelli tutto sarebbe morto, tutta la forza degli elementi che gli dèi ci avevano concesso si sarebbe dissolta nell'aria, ritornando alle divinità, che non ce l'avrebbero più restituita. Riguardo a questo io non mi pronunciavo: poteva essere vero tanto quanto lo poteva non essere.

Evelyn si fermò non appena mise piede nella radura, cominciando lentamente a girare su se stessa, meravigliata. Gli altri furono costretti ad aggirarla per poter raggiungere il tronco dell'albero e sedervisi contro. Non potendo trattenere un piccolo sorriso, mossi anche io i piedi, dirigendomi lontano dal gruppo. Non riuscivo a sedermi vicino a loro come se fossimo davvero alleati.

Lo eravamo, ma io ero in una posizione che sembrava continuare a ripetermi di mantenere le distanze. Se non riuscivo nemmeno a dare a me stesso una spiegazione riguardo a quello che stavo facendo, come potevo darla a loro che non sapevano nemmeno quale sarebbe stato il mio destino?

Non appena mi sedetti mi sfilai dalle spalle il vecchio e consunto zaino, appoggiandolo di fianco a me mentre arretravo per appoggiarmi contro il tronco. Come ogni giorno prima di quello, estrassi carta e penna, per dare un fittizio aggiornamento della mia missione a mio padre. Lo avrei spedito dopo, quando saremmo stati nei pressi di Volcus.

Questa volta non scrissi solo a mio padre, scrissi anche a mia sorella Cecily.

Mi misi a scrivere mentre con la coda dell'occhio osservavo Evelyn andare verso gli altri e lasciarsi ricadere contro l'albero fra Matt e Rose.

Cercai di trovare dentro la mia testa idee per quello che gli avrei potuto scrivere.


Padre,
sono di nuovo qui ad informarti sulla missione che mi hai affidato, come mi hai chiesto. La missione non sta dando i suoi frutti come speravamo, l'ultimo sole si sta rivelando troppo sfuggevole, nonostante sia costantemente sulle sue tracce. Non credo che il piano stia funzionando, quindi se nel giro di qualche settimana non ci saranno svolte particolari, potrei suggerire di farmi sostituire da qualche guardia, avendo appurato che non sono in grado di avvicinarla.

William.


Appoggiai la penna sullo zaino, rileggendo di nuovo il tutto per capire se fosse potuto andar bene ed essere in linea con tutte gli altri aggiornamenti che gli avevo fatto ricevere. Non fini, ripiegai il foglio di pergamena e lo riposi in una tasca dello zaino.

Subito dopo mi costrinsi a riprendere in mano la penna d'oca, per scrivere pure a mia sorella, che come sempre voleva essere aggiornata su quello che facevo.

Mi mancava, mi mancavano lei e le nostre camminate sul lungomare di Ilyros. Cavolo, mi mancava dannatamente anche la mia città.

Quando ero a Boston non era stata la stessa cosa: in quel periodo mi ero reso conto di come mi fossi arreso al fatto che avrei visto la mia città natale solamente qualche volta all'anno. Ora, che era una mia scelta andare incontro a qualcosa che non mi era stato ordinato da nessuno, i palazzo mi sembrava così lontano e allo stesso tempo così vicino.

Dubitare, in quel momento, era l'ultima cosa che mi sarebbe servita per portare a conclusione la mia missione, la missione che aveva preso una piega molto diversa da quella che avrebbe voluto mio padre.


Cara Cece,
come procede lì alla reggia? Papà non sembra volermi dire niente a riguardo, è come se volesse lasciarmi all'oscuro di quello che succede ad Ilyros per non distrarmi dalla mia missione. Sai, qui non ci sono novità particolari. Sembra letteralmente una caccia al tesoro: qualche volta mi sembra di esserle vicino, altre volte mi convinco che non riuscirò mai a prenderla in questo modo. Forse avevamo frainteso, forse non sono riuscito a conquistarla come avevamo pensato. Sento già le tue proteste a migliaia di chilometri di distanza. Riesco a immaginare pure la tua rabbia per il fatto che forse non sarò lì per il tuo quindicesimo compleanno. Farò il possibile per essere lì il tre gennaio. Mi presenterò con un bel mazzo di fiori di queste terre che sto attraversando, sperando con tutto me stesso di non ritrovarmeli in faccia per averti scritto solo questa unica lettera.

Will.


«Cosa stai facendo?»

Evelyn attirò la mia attenzione. Aveva il tono di voce basso, stanco. Due enormi occhiaie scure le segnavano sotto gli occhi.

Senza aspettare una risposta si sedette di fianco a me, appoggiando a sua volta la schiena contro il grosso albero che mi reggeva. Riposi la penna d'oca e l'inchiostro nello zaino, prima di rispondere.

«Tengo aggiornato mio padre e cerco di evitare una furia devastatrice quando... e se tornerò ad Ilyros.».

«Tornerai ad Ilyros» ribatté, distendendo le lunghe e snelle gambe davanti a sé.

Non replicai, non volendo di nuovo entrare in argomento. Alla fine fu lei a riprendere di nuovo parola.

«E quale sarebbe questa furia? Tua madre?»

Non potei fare a meno di ridacchiare alla supposizione.

«Mia madre è perfettamente gestibile, e così pure tutta la rabbia che potrebbe esternare dalla sua persona calma ed equilibrata» risposi. «Mia sorella... beh, mia sorella è molto più pericolosa, se così possiamo definirla.»

«Raccontami di lei.» disse dopo qualche momento di silenzio. «Ho bisogno di distrarmi.»

Mi sorrise piano, mentre allungava una mano e la appoggiava sul mio ginocchio. Annuii, mentre sentivo le sue dita sottili e delicate cominciare a giocherellare con un filo tirato dei vecchi pantaloni di lino.

«Cecily è fantastica» esordii. «Devi immaginarti una William femmina, magnifica bellissima e irresistibile come me...»

Evelyn sembrò recepire la battuta ancora prima che io finissi di parlare, schiaffeggiando con la mano che aveva allungata la mia coscia.

«Egocentrico» si limitò a dire, con un sorriso incredulo sul volto.

«A parte gli scherzi, Cece è una ragazza davvero come poche altre. Ha un carattere difficile, che pure io riesco a gestire con poca destrezza qualche volta. Vuole sempre sapere tutto di tutti, è sempre stata così» le raccontai. «Quando ero a Boston dovevo tenerla aggiornata di tutte le singole cose che succedevano per evitare che le sue curiosità si abbattessero su di me tutte di un colpo quando tornavo a casa. Non ne sarei tornato indietro vivo, davvero. Le raccontavo quasi tutto, anche se tralasciavo le mie storielle, tu compresa. Riguardo a te mi giustificavo dicendole che le avrei spiegato tutto a voce, volendo lasciarla un po' sulle spine. Ma la realtà era che non volevo raccontarle quello che succedeva, come se me lo volessi tenere solo per me stesso.»

«Allora quella che gli raccontavi doveva essere una vita davvero noiosa se di me non dicevi nulla...»

«E sarei io l'egocentrico?» ridacchiai. «In questo momento potrei benissimo immaginarmela qui davanti a noi mentre, con in mano un cartellone, ci incita a baciarci. Stessa immagine dei film...»

«Se questa la chiami una battuta per ottenere un bacio da me Will...» fece incredula, ostentando quell'aria vagamente superiore.

«Hai l'abilità eccezionale di fraintendere tutto, Evelyn» fu la mia risposta, prima che aggiungessi sottovoce: «Credi davvero che ti bacerei qui davanti a tutti loro? Davanti a tua nonna?».

Evelyn sbuffò girando la testa per guardare verso gli altri.

«Sei imprevedibile» ribatté. «Non posso escludere certe azioni quando si tratta di te.»

«Scoprirai invece che sono molto prudente.»

«Non pensavo che la parola prudenza potesse rientrare nel tuo dizionario, Will. Dopotutto, quello che stai facendo adesso è tutt'altro che prudente.»


***


Lasciammo la radura e non avemmo problemi durante la giornata. Per evitare di imbatterci di nuovo negli elfies, nonostante in altri casi sarebbe stato decisamente più prudente muoversi in piena notte, ci spostammo verso le cinque di quella sera, calcolando il tempo che ci avremmo messo per uscire dal bosco.

Percorremmo a ritroso il bosco, questa volta seguiti anche dalla nuova guardia, l'unica sopravvissuta del gruppo che era sopraggiunto in nostro soccorso.

Calcolammo bene i tempi, per fortuna, e raggiungemmo il limitare del bosco proprio in tempo per vedere il sole tramontare dietro i tetti della città di Volcus. Lì, nascosti in mezzo agli alberi, inviai le lettere all'ufficio di mio padre e alla camera di mia sorella.

Proprio mentre l'ultimo raggio di luce scompariva sotto il mio sguardo dietro i camini spenti delle case dei Domini del Fuoco, fra le mie mani esplose un bagliore azzurro e il mio viso venne investito da migliaia di piccole goccioline d'acqua.

Confuso, abbassai gli occhi, ritrovandomi fra le mani un foglio di pergamena abbastanza corposo. Ottenni subito gli sguardi stupiti di tutti gli altri, a cui risposi con voce quasi aggressiva.

«È solo mia sorella.»

 Non c'era bisogno di spiegazioni, non dovevo spiegargli niente: dovevano fidarsi di me e basta.

Per quanto ne sapevano loro, attenti e dubitanti di tutto, avrei potuto benissimo scrivere a mio padre di quello che stavo facendo davvero. Anche io al loro posto lo avrei pensato. Solo quando Davis annuì, come per dire agli altri di lasciar perdere, spiegai in fretta quel foglio e cominciai a leggere.


Will,
nostro padre mi ha chiesto di inviarti questo messaggio non appena, questa sera, avessi mandato il tuo aggiornamento per trovarti in un momento opportuno. Inutile dire che dovrò rimanere ore dentro questo ufficio ad aspettare che tu ti decida di scrivere.

La pagherai per questo, e anche per il fatto che tu non mi abbia ancora scritto.

La unica cosa che mi dicono è: "Tu non te ne devi preoccupare. Piuttosto, vai ad aiutare Lady Ryan per la preparazione del matrimonio!". Se ti importasse di questo matrimonio saresti qui, è quello che penso io.

Prima di passare all'annuncio che nostro padre vorrebbe ti facessi, vorrei dirti che se non vieni qui in tempo per sposarti, almeno due settimane prima per i preparativi, vengo a prenderti e ti trascino all'altare, dovunque tu sia.

Anche se quello che sto per dirti prevede un tuo rientro a breve a casa, e quindi non me ne preoccupo più di tanto.

Papà ha convocato il Consiglio dei Feudi, e, naturalmente, è richiesta la tua presenza a corte. Fra due settimane esatte da oggi dovrai salpare per la capitale, per essere qui per i primi dell'anno nuovo, e perciò per il mio compleanno.

Mi ha chiesto solo di riferirtelo, non scendendo nei particolari su quello che saranno gli argomenti di cui tratterà il consiglio. Ha solamente ribadito di sottolinearti che questo è un ordine.

Il tuo vestito per il matrimonio sarà bellissimo, l'ho scelto personalmente.

Cicely.


«Merda.»

Non potei trattenermi: questa notizia era davvero inaspettata e... folle. Convocarli adesso significava automaticamente a una dichiarazione di guerra contro i Ribelli, non ci potevano essere altre spiegazioni.

Non avrei dovuto stupirmene più di tanto. Da tempo Elyria era sull'orlo di una Guerra Civile: come avevo fatto a non pensare prima a questa eventualità? Evelyn non riuscì a rimanere zitta.

«Che c'è? Che cos'è successo?»

«Il Consiglio dei Feudi è stato convocato» annunciai a voce più alta, così che potessero sentire anche Davis e gli altri. «È arrivato il momento che ci aspettavamo, presto il Regno di Elyria dichiarerà guerra ai Ribelli.»


***


Quella notizia stava occupando i miei pensieri, non potevo negarlo.

Eravamo da qualche ora sotto al massiccio ponte bianco, nascosti da qualsiasi sguardo indiscreto.

Mentre gli altri cercavano di capire come potessimo attraversare lo Stretto di Lapis per raggiungere l'omonima città, ero appoggiato al marmo dell'enorme pilastro che sorreggeva l'imponente Ponte dell'Immortalità.

Non ci poteva essere emblema più adatto che la fenice, creatura che rinasceva dalle sue ceneri dopo la morte, ricominciando una nuova, lunga vita.

Post fata resurgo, dopo la morte torno ad alzarmi.

Sarebbe stato bello se il "motto" della fenice fosse stato valido anche per noi uomini: nessuno avrebbe dovuto temere la morte, a quel punto. Invece che l'opprimente ed eterna oscurità, la morte sarebbe stata breve, temporanea.

«Attraversare il ponte è troppo pericoloso.»

Per l'ennesima volta questa frase uscì dalle labbra di Davis.

«Questo lo abbiamo già constatato, papà» rispose Matt, che camminava avanti e indietro sulla battigia, pensando a una possibile soluzione.

«Potremmo usare l'aria!» Evelyn cercò di farsi sentire in mezzo alla discussione.

Gli altri continuarono a tenerla poco in considerazione, come se la sua idea fosse irragionevole. Sarebbe stata una scena divertente, in altri contesti: Evelyn che saltava di qua e di là per ottenere l'attenzione degli altri e loro che continuavano a parlare e a discutere fra loro come se lei fosse un moscerino quasi invisibile.

Alla fine, con un «Ascoltatemi, vi prego!» fermo e deciso, quasi urlato, Evelyn riuscì a far girare verso di lei i due Davis e sua nonna.

«Una volta ho creato una sorta di piattaforme usando il potere dell'aria» spiegò in fretta. «Come se avessi usato l'elemento per sorreggermi i piedi.»

Rimasero in silenzio, come per valutare davvero se la sua proposta potesse essere fattibile. Alla fine, dopo qualche minuto Joanne annuì.

«Credi di poterlo fare di nuovo?» chiese.

«Sì, credo di sì.»

«Bene, Rose potrà venire con te, aiutandoti qualora avessi bisogno. Così pure lei rimarrà nascosta. Noi, invece, passeremo normalmente per il ponte. Qualche obiezione?»

Nessuno ebbe da ridire.

«Benissimo. Allora procediamo.»


***


Percorrere il Ponte dell'Immortalità ti faceva sempre sentire minuscolo, insignificante di fronte all'onnipotenza divina. Tutto il ponte bianco era scalfito da minuscole parole, incise da tutti coloro che pregavano per qualcosa che avrebbero voluto durasse in eterno.

Fosse il motivo un amore, un amicizia, o qualsiasi altra cosa si desiderasse durasse più a lungo possibile, si diceva che inciderlo sul ponte avrebbe posto quel desiderio sotto gli occhi degli dèi.

Evelyn e Rose, asciutte entrambe, ci aspettavano a riva del mare.

Stavano parlando, ma si arrestarono subito quando i nostri piedi cominciarono a camminare sulla spiaggia fine e morbida. Quando fummo tutti a riva, cominciammo a guardarci negli occhi.

«Dobbiamo tuffarci in mare» esordì Joanne. «C'è una sorta di magia che ci porterà in un lago sotterraneo, in una grotta che ospita una delle Vie del Sole.»

Girai appena lo sguardo su Evelyn e vidi che si era irrigidita di colpo. Ammutolita, posò il suo sguardo su di me, spostandolo subito dopo. Sembrava quasi imbarazzata: le sue guance si arrossarono visibilmente.

«L'unica cosa da fare è immergersi completamente, focalizzando il proprio pensiero solo su Eylien e il nostro obbiettivo» disse Joanne. «Se si farà come ho detto, nel momento stesso in cui emergeremo di nuovo ci troveremo nel posto che ho descritto. Evelyn, andrai per prima.»

Evelyn annuì leggermente. Si girò di schiena e fece un passo avanti nella spiaggia.

Evelyn si tolse le scarpe. Chinandosi a raccogliere le scarpe per tenerle nella sua mano destra, raddrizzò la schiena e si mise a guardare in lontananza, come se non avesse davvero intenzione di compiere il passo successivo.

Dopo qualche minuto, mi sentii in dovere di andare da lei, per farle forza.

Prima che l'affiancassi, allungai una mano e le afferrai la sua sinistra, facendola girare di scatto verso di me, come se avesse preso paura. Mi guardò con un misto di confusione e comprensione, un'espressione strana che non ebbi modo di indagare e interpretare.

Quando feci un passo avanti, bagnandomi le scarpe con la fredda, limpida e cristallina acqua dello Stretto di Lapis, lei si ritrovò a farlo a sua volta, rabbrividendo quando i suoi piedi nudi vennero a contatto con l'acqua gelida.

«Se c'è una cosa che odio è l'acqua nelle scarpe» disse atona, sottovoce.

Rimasi in silenzio, sorridendole senza proferir parola. Feci un altro passo avanti, fino a farci bagnare le caviglie.

«Scappa Will» disse urgentemente, scuotendo leggermente la testa. «Scappa di qui, scappa da me...»

La guardai. Vederla così preoccupata e tormentata accendeva in me quella scintilla che mi imponeva di proteggerla, qualunque cosa accadesse.

«Non vado da nessuna parte.»


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