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Capitolo 37 • Confraternita Oscura

C A P I T O L O  X X X V I I
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• C o n f r a t e r n i t a  O s c u r a •

Ancora una volta mi ritrovai completamente e assolutamente presa da lui, senza riuscire a pensare a nient'altro. Le sue labbra morbide erano sicure, mentre si posavano sulle mie che, d'altro canto, tremavano come se quello fosse stato il primo bacio che avessi mai dato in vita mia. Non mi ero resa conto di quanto mi fosse mancato stargli così vicino, nonostante fossero passate solo poche ore.

Mentre non poteva fare a meno di sorridere al contatto con le mie labbra, rotolò in modo da avermi sopra di lui. I nostri corpi aderivano perfettamente l'uno all'altro e, mentre Will rendeva il bacio più profondo e passionale, le mie mani si mossero sui suoi muscoli, accarezzandoli in tutta la loro lunghezza.

Mentre le sue mani si allacciavano dietro alla mia schiena, stringendomi ancora di più a sé, sentii che cominciava a baciarmi con più foga e bisogno di come avesse mai fatto. Di colpo ribaltò la situazione, sovrastandomi e prendendo le mie mani nelle sue, portandole ai lati della mia testa.

Le mie labbra si mossero bisognose sulle sue, prima che lui staccasse la sua bocca dalla mia e cominciasse a lasciarmi baci sulla mascella e sul collo. Avrei voluto tanto affondare le mie mani nei suoi capelli scompigliati, ma lui le teneva prigioniere fra le mie. Le staccò solamente quando le sue mani percorsero tutte le mie braccia e tutto il mio torace, lentamente.
Allora potei accarezzargli i capelli morbidi mentre lui non la smetteva di lasciarmi baci sul collo. Le sue mani cominciarono a muoversi sull'orlo della mia maglietta, che lasciava una striscia di pelle scoperta; dopo, abbandonando il mio collo, riprese a baciarmi sulla bocca.

Dopo che sfilò la maglia di Rose, io portai automaticamente le mie mani ai suoi pantaloni. Fosse quella volta saremmo finalmente arrivati in fondo, forse finalmente nessuno ci avrebbe interrotti... Ma non appena pensai quelle cose, sentii la porta d'ingresso sbattere; mi irrigidii subito e Will, sentendolo, si staccò da me e mi guardò con occhi interrogativi.

«C'è qualcuno...» dissi sussurrando, mentre mi alzavo sui gomiti.

Will alzò automaticamente lo sguardo e capii che stava fissando la porta, che avevo lasciata spalancata.

«Shaun? Mamma?» la voce squillante di Bella si fece sentire mentre sentivo che stava salendo le scale; questa volta, ci irrigidimmo entrambi.

«Merda...» sussurrò, per poi staccarsi subito da me.

Lo sapeva tanto quanto me che non sarebbe riuscito a scappare dalla finestra prima che Bella apparisse sulla soglia della mia camera; così fece la prima cosa che gli venne in mente: fiondarsi di scatto sotto il mio letto. I suoi piedi sparirono appena in tempo sotto le coperte, prima che Bella apparisse dalla porta. Scattando a sedere, mi girai verso di lei, cercando di avere un'espressione normale in volto.

«Che cosa stai facendo?» chiese subito, con voce acida.

Sicuramente, vedermi così, in reggiseno, con la faccia rossa e i capelli scompigliati più che mai, le aveva fatto venire in mente qualche cosa. Ma Bella la conoscevo bene per la sua stupidaggine.

«Mi sto spogliando, non è chiaro?» le dissi. «Sono appena tornata da fare jogging, ho davvero bisogno di una doccia...»

Bella mi squadrò da capo a piedi e io seppi già di averla convinta.

«E tu? Perché sei ritornata tardi da scuola? Non avevi il pomeriggio, giusto?» cambiare discorso era il metodo migliore per sviare l'attenzione via da me.

«William mi ha trattenuta.» disse gonfiando il petto di orgoglio.

Subito sentii agitarsi qualcosa sotto di me e io, trattenendomi dall'alzare gli occhi al cielo, feci in modo di non farmi vedere mentre gli davo un calcio sotto al letto.

«Ah sì?» chiesi facendo la finta interessata.

«Sì» disse. «Mi ha proprio riaccompagnata qui adesso da casa sua...»

Trattenni a stento una risata e fui quasi sicura che per Will fosse lo stesso.

«Sono felice per te.» dissi cercando di non ridere.

«Sì, come no...» disse. «Ho visto come lo guardavi sta mattina... meno male che lui è troppo sano di mente per andare con una come te!»

Alzai le sopracciglia, non potendo non sorriderle: «Tranquilla Bella.» le dissi e mi trattenni a stento dal non dirle anche: 'Allora Will ha problemi di mente.'.

«Sono tranquilla solo perché lui non proverebbe mai attrazione per una come te!»

«Va bene.» dissi, non arrabbiandomi per quello che mi stava dicendo, visto che avevo appena avuto conferma del contrario. «Ma ora mi devo fare la doccia, potresti chiudermi la porta?»

Bella sbuffò e, visto che non stavo dando troppa importanza a quello che stava dicendo, sbatté la porta della mia camera e si allontanò verso la sua, con i piedi pesanti per la rabbia. Dopo nemmeno venti secondi, William scoppiò in una risata fragorosa ed io, non potei fare a meno di seguirlo. Cominciò a strisciare fuori dal letto, continuando a ridere come uno scemo. Mentre ridevo, udii un grande tonfo e sentii il letto tremare; tutto questo seguito da un verso di dolore misto ad una risata.

«Non ci credo!» dissi subito, mentre mi affacciavo dal letto, vedendo che Will era riuscito a strisciare fuori fino al petto. «Hai sbattuto la testa contro il letto!»

La mia risata fu rinnovata e ben presto mi vennero le lacrime agli occhi. Will rise, mentre usciva del tutto e si portava una mano alla testa.

«Che botta...» ridacchiò.

Continuai a sbellicarmi dalle risate, mentre Will si alzava da terra.

«Che grazia, altezza.» lo presi in giro; rise anche lui, mentre si continuava a tenere la testa con la mano.

«Parla quella delicata in tutto e per tutto, vero?» ricambiò la presa in giro, sedendosi sulla poltrona vicino alla libreria che una volta aveva trascinato fino al letto per starmi vicino mentre mi addormentavo. Sembrava passata un'eternità da quella sera.

Piano piano, le risate si affievolirono ed io e Will ci ritrovammo a guardarci negli occhi, capendo che il fatidico momento era arrivato.

«Che ore sono?» gli chiesi piano.

«Le cinque e venti.» rispose con lo stesso tono di voce, guardandosi l'orologio. «Mi sa che è l'ora di andare...»

Rimasi a guardarlo tristemente mentre si alzava dalla poltrona e raggiungeva la finestra. Prima che la scavalcasse, si girò a guardarmi.

«Avrei voluto essere un'altra persona, Eve.» mi disse piano, mentre non potevo fare a meno di alzarmi e di posizionarmi davanti a lui. «Avrei proprio voluto nascere qualcun altro, magari avremmo potuto...»

Poi si bloccò, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.

«Avremmo potuto approfondire questa cosa...» continuò dopo, riaprendo gli occhi e fissandoli nei miei.

«Anche io sarei volta essere qualcun altro.» dissi sussurrando. «Qualsiasi altra persona...»

«Ma invece gli dei ci hanno voluto mettere contro.» aggiunse dolcemente, sfregandomi la guancia.

Chiusi gli occhi al contatto, sicura che questo sarebbe stato una specie di addio. Un addio a tutto quello che potevamo essere o instaurare... un addio a quei sentimenti che stavamo cercando di sopprimere. E anche un fottutissimo bentornato a quello che invece dovevano fare, a quello che dovevamo provare. Avremmo dovuto fare tante cose, ma in quel momento potevo scommettere che ne io ne lui volevano farle.

Senza accorgermene, le sue labbra si erano riposate un'altra volta sulle mie, lentamente e dolcemente. Fu il bacio più malinconico che io avessi mai dato: racchiudeva una tristezza infinita e un gran dolore nel abbandonare quegli attimi da persone normali che ci eravamo concessi. Piano, le sue labbra si staccarono dalle mie, come la mano; non mi azzardai ad aprire gli occhi, cercando di memorizzare quell'ultimo bacio nel miglior modo possibile. Quando mi resi conto delle lacrime che mi rigavano il viso, ebbi la certezza che ormai lui se ne era andato.

Aprii gli occhi, trovandomi davanti solamente la finestra aperta e le tende che si muovevano per la leggera brezza d'aria umida che il temporale di quella mattina aveva lasciato nell'aria. Asciugandomi subito gli occhi, mi girai di scatto, mentre la rabbia contro tutto il mondo intero si faceva risentire di nuovo. Sbattei la finestra e, spogliandomi in fretta e furia, mi fiondai sotto la doccia.

***

Non mi ero mai sentita più condannata che in quel momento. Tutto il mondo sembrava doversi assicurare che io non potessi avere un minimo di tranquillità e un briciolo di felicita. Quel giorno, era stato il peggiore delle ultime settimane, ma allo stesso tempo, che io volessi ammetterlo o meno, era stato anche il migliore.

Sospirando, mentre uscivo dalla doccia, feci mentalmente una lista di punti a favore e contro quella giornata. Hole, l'aver rischiato di condannare l'Istuto Zero, le verità che mi aveva detto Wynter riguardo a Will, la sua esecuzione, la battaglia e l'essere precipitata e svenuta facevano parte della seconda lista. Beh, della prima avevo un solo punto, che però si ripeteva fino all'infinito: Will, Will, Will...

Probabilmente ero rimasta a rimuginare sotto il getto d'acqua per almeno mezz'ora; inutile dire che psicologicamente ero messa peggio di prima. Il telefono appoggiato di fianco al lavandino vibrò e si illuminò; lo afferrai e vidi un messaggio di Rose.

Tutto bene?, chiedeva. Qui c'è un'atmosfera molto tesa in casa. Chantal si è rinchiusa in camera sua e non vuole uscire.

Non mi sembrò il caso di chiedere perché Chantal fosse così sconvolta. Almeno, non adesso che era appena successo...

Sono tesa anche io Rose. È stata una giornata lunga e non vedo l'ora di buttarmi nel letto.

Ci credo. Cerca di dormire, ci aggiorniamo più tardi.

Mi dispiace Rose.

Non so perché lo scrissi. In fondo non ero la responsabile di quello che era successo; la mia, d'altronde, non si trattava di una scusa. Era un semplice dato di fatto che mi dispiacessi di quello che era successo.

Dispiace anche a me, Eve.

Riappoggiai il telefono di fianco al lavandino, prima di sbuffare e asciugarmi un po' i capelli con l'asciugamano. Quando fui soddisfatta, mi vestii con i leggings e la felpa che mi ero portata in bagno. Uscii da lì, pensando a che cosa potessi fare per distrarmi da tutti i miei pensieri. Sicuramente, se fossi stata ancora a Seattle sarei uscita al bar vicino a casa mia - dove davano anche illegalmente del bere ai minorenni - e mi sarei messa a giocare a biliardo con una bella bottiglia di vodka di fianco. Ma qui era una cosa impossibile da fare, anche se per la testa mi passò vagamente l'idea di usare l'Istituto Omega come passaggio e andarmene a Seattle veramente.

Così ricorsi al mio caro vecchio amico: Harry Potter. Dovevo ammettere che ultimamente lo avevo un po' trascurato e mi sentii traditrice nei miei stessi confronti. Presi il Principe Mezzosangue, uno dei miei preferiti. Lo feci senza pensare, ma era quello che leggevo sempre quando c'era qualcosa che non andava in ambito amoroso. Leggere di come Harry combattesse contro se stesso per cercare di non pensare a Ginny Weasley, la sorella del suo migliore amico, mi aiutava un po' nella mia situazione. Di solito, mi sarei sentita meglio nel leggere che alla fine Harry si lasciava sopraffare dai sentimenti e baciava la ragazza che gli piaceva dopo la vittoria della Coppa del Quidditch. Il bello era che tutto, almeno fino alla morte di Silente, procedeva alla perfezione, con Ron che accettava le cose e con loro che passavo il tempo insieme...

Peccato che non sarebbe stato il mio caso, perché Will ed io non saremmo mai potuti stare insieme e se comunque lo avessimo fatto, Rose e Matt, gli equivalenti di Ron, non avrebbero mai accettato la cosa; come tutti i Domini di Elyria, del resto. Mentre afferravo il libro, tenuto come se fosse sacro, mi accorsi troppo lentamente di quello che stava succedendo.

Non feci in tempo a muovermi, mentre vedevo con la coda dell'occhio una mano con un fazzoletto avvolgermi. Feci per urlare, ma quella mano si posò sulla mia bocca e sul mio naso ed io, mentre quella persona mi stringeva per la pancia, capii subito che quel fazzoletto era impregnato di una sostanza soporifera. Feci di nuovo per urlare, ma ormai le palpebre si facevano pesanti; le mie mani fecero cadere il libro a terra e ricaddero lungo il mio corpo, mentre l'oscurità mi portava con sé.

***

«Ero quasi certa che ti dimenticassi dell'incontro, piccolo sole.»

Una voce sconosciuta fu la prima cosa che mi risvegliò dall'oblio in cui ero caduta. Cercai di aprire gli occhi, ma le palpebre sembravano essersi incollate; dopo un po' di tentativi, finalmente mi si aprirono. Fu inutile, mi avevano bendata. Cercai di muovere le mani e le gambe ma notai solo adesso che mi avevano legata.

«Sai, ho temuto davvero molte volte che dicessi a qualcuno del nostro incontro.» continuò quella voce, femminile e non troppo giovanile.

«Sei M. L..» lo dissi come dato di fatto, scoprendo che, almeno, non mi avevano imbavagliata.

«E tu sei Evelyn Lewis...» disse con voce impaziente.

«Ma dai...» non potei fare a meno di dire sarcasticamente.

«Mi avevano parlato della tua maleducazione...» disse piano, con una nota di ilarità nella voce. «Ma stai tranquilla, nella nostra famiglia è una cosa molto comune, la maleducazione.»

«Quale famiglia?» le chiesi mentre ricordavo anche il secondo messaggio che mi aveva inviato, dove parlava della sua famiglia.

«Divertente come possa suonare ambiguo questo termine, non trovi?» disse mentre la sentivo muoversi nella stanza.

Non eravamo all'esterno e cercai di usare l'aria per capire quanto fosse grande la stanza. In un primo momento, mi sembrò essere grande l'equivalente di due sgabuzzini. Rimasi zitta, in un primo momento, non capendo quello che intendesse.

«Potresti anche togliermi la benda agli occhi.» dissi vedendo che non parlava.

«Si, forse potrei...» disse piano, come valutando le mie parole. «Stevens, toglile la benda...»

Sentii dei passi rimbombare nella stanza e ben presto sentii qualcuno armeggiare con la mia benda. Non potei non riconoscere quelle mani, così mi ritrovai ad imprecare:  «Cazzo...» dissi piano, mentre tornavo a vedere e cercavo di mettere a fuoco le immagini. «Perché improvvisamente tutte le persone che conosco si scoprono essere qualcun altro?».

«Ti riferisci a Stevens?» disse piano la donna, che non riuscii ancora a mettere a fuoco.

Le uniche cose che notai in un primo momento furono i capelli biondi tirati in una coda di cavallo alta e stretta e un'uniforme nera e bordeaux aderente.

«Shaun, che cosa cazzo sta succedendo?» mi ritrovai a chiedere in un sussurro, mentre la testa mi cominciava a pulsare.

«Ah, sì...»

Shaun continuò a non parlarmi. Era già abbastanza sconvolgente il fatto che lui centrasse con tutto questo mondo senza che si ci mettesse anche la donna misteriosa. Shaun, Will, West... ma stavo impazzendo? Non potevano essere tutti dei Domini... me ne sarei accorta... E gli altri Spencer lo erano anche loro? Ormai ero già stata stupita tante di quelle volte nel giro degli ultimi giorni che non riuscii nemmeno a scandalizzarmi per quello che avevo appena scoperto.

Ok, sicuramente non erano coincidenze che tutte queste persone mi avessero conosciuta, sarebbe stato troppo strano... Will e West volevano rapirmi, quindi era abbastanza plausibile il fatto che dovessero conoscermi il più possibile per farlo. Ma Shaun? Anche lui mi aveva rapita, in fondo.

Lui continuò a non calcolarmi di striscio e mi venne in mente l'idea che non potesse farlo per via di quella donna. Finalmente la mia vista di rifece nitida ed io potei vedere bene il suo viso: aveva i lineamenti morbidi e le labbra carnose; ebbi la netta impressione di averla già vista da qualche parte. Shaun intanto continuò a rimanere alle mie spalle.

«Chi sei tu?» le chiesi, cercando di dimenticare per un attimo Shaun.

«Puoi chiamarmi Mylene.» disse, sorridendo. «È l'unica cosa che ti dirò, per il momento...»

«E cosa vuoi da me?» non potei fare a meno di dirle. «La mia vita è già abbastanza incasinata senza che tu aggiunga problemi...»

Mi interruppi ad un'altra sua risata: «Mio piccolo sole, io sono qui per risolvere alcuni dei tuoi problemi...» disse con voce leggera. C'era qualcosa che non mi convinceva in quella donna.

«Bene.» dissi sarcasticamente.

«Allora, come la trovi Boston?» disse mentre schioccava le dita.

Da quelle di sprigionò una fiammella ed io capii che lei era una Dominus del fuoco. Mi limitai a guardarla aggrottando le sopracciglia. Ma che razza di scherzo era quello?

«Un po' fredda, non credi?» disse prima di aprire la mano e creare una palla di fiamme.

«Ma tu chi sei, Mylene?» le chiesi invece io, arrivando subito al punto.

«Sono una consorella della Confraternita Oscura, mio piccolo sole.»

«Ti devo davvero fare domanda per domanda?» le dissi mentre le mie mani cominciavano a sudare. «Non puoi fare un discorso di senso compiuto da sola, Mylene?»

Ecco la vera Evelyn! Quella che arrivava subito al punto e sempre un po' scontrosa; quel ritrovamento di me stessa fu come un piccolo toccasana per me.

«La Confraternita Oscura, è un'organizzazione un po' speciale.» cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, senza smettere di sorridere. «Compiamo ehm... un certo tipo d'incarichi per conto di qualcun altro...»

Per poco non mi misi a ridere istericamente. Quella spiegazione sembrava un po'... inquietante. Senza credere alle mie stesse prole, mi ritrovai a chiedere sarcasticamente: «Che cosa siete? Assassini?»

«Sei una persona perspicace...»dovetti impallidire a quelle parole.

Assassini? Shaun era uno di loro? Quasi piagnucolai: come cavolo c'ero finita in mezzo a quelli come loro? Ora percepivo più che mai la presenza di Shaun alle mie spalle.

Di colpo mi ricordai la crisi: Shaun mi aveva pugnalata. Will si era trasformato in un principe e lo era davvero... Avrei dovuto fare prima il collegamento, come aveva fatto Matt, del resto. Di colpo ricordai come mi era sembrato deluso dalla mia bugia, quando gli avevo detto di aver visto trasformarsi Weston invece che William. Perché non me lo aveva detto? Forse credeva che sarei stata al sicuro sotto lo stesso tetto di un assassino? Con un assassino che mi aveva baciata e con cui avevo fatto sesso? Chi sarebbe stato il prossimo a scoprirsi Dominus? Abigail? Il bidello, magari? Forse anche il professor Kane?

«Stai tranquilla, tu non sei un contratto...»

«Contratto?» chiesi istericamente.

«Esatto, chiamiamo così le persone da uccidere.»

«E allora?» chiesi deglutendo, dopo un'altra risata isterica. «Se non mi dovete uccidere perché sono qui?»

«Per ricongiungerti al sangue del tuo sangue!» disse, fermandosi e aprendo le braccia, come per farsi notare.

«Che cosa?» chiesi non capendo.

«Davvero dopo la foto non mi hai riconosciuto?» continuò a sorridere. «Ti credevo più intelligente, nipotina...»

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