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Capitolo 21 • Ricevimento

C A P I T O L O X X I
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• R i c e v i m e n t o •

Il signor Davis mi guardò attentamente, come dispiaciuto.

«Credimi, io soffro ogni giorno per il fatto di stare in questo Istituto.» confessò. «L'Ordine è ancora guidato dalla persona che diede l'ordine di uccidere tua madre.»

Improvvisamente mi venne una gran voglia di vomitare, e sopratutto di scappare da quell'inferno. Forse anche per trovare la persona che aveva rovinato la mia vita per sempre.

«E tu potrai chiederti, perché non sono scappato? Perché ho deciso di rimanere a seguire gli ordini della persona che odio di più al mondo?» parlò anche per me, in effetti. «Le risposte sono semplici e varie. Matthew, come prima. Che vita avrebbe potuto condurre da latitante? E se comunque fossimo riusciti a scappare, saremmo stati visti come traditori da entrambe le parti. Allora mi sono imposto di fare il portavoce degli ideali originali dell'Ordine, diventando Comandante e cercando di dare un freno alle idee estremiste di Hole.»

D'un tratto il mio cuore traboccò d'ammirazione per quell'uomo che avevo davanti. Probabilmente, nonostante avesse quasi quarant'anni ormai, ne aveva passate molte di più dei suoi coetanei. Vidi con occhi diversi anche lui, da quel momento.

«Quindi tu non dirai nulla di me all'Ordine?» chiesi con un filo di voce, immaginando comunque come avrebbe risposto.

«Per gli Dei, no!» disse subito. «Devo rispettare la promessa che ho fatto a tua madre! E poi non permetterei mai che una ragazza diventi uno strumento di guerra.»

Subito mi sentii alleggerita per il sollievo e feci una risata liberatoria, ritrovandomi a dire: «Allora ci sono alcune cose che dovrebbe sapere. Ma credo che avrò bisogno dell'aiuto di Matt e Rose per raccontarle tutto.»

***

La giornata prese una piega inaspettata. Passammo tutto il pomeriggio a parlare con il padre di Matt riguardo a tutto quello che avevamo scoperto in quei giorni. Il signor Davis approvò subito i progetti che aveva fatto il figlio riguardo al mio addestramento e ci ricordò che avremmo dovuto riservare più discrezione possibile all'intera faccenda. Il signor Davis era stato chiaro su questo punto.

«Ci sono poche persone che non sarebbero pronte a consegnarti, se sapessero che stai cadendo...» aveva detto. Scoprimmo anche che, da quando Adam Fallon mi aveva attaccata, il signor Davis aveva avuto numerosi colloqui all'Istituto Zero, riguardo alla mia situazione. Ci aveva rivelato di aver assicurato all'Istituto Zero che io non ero minimamente in grado di affrontare allenamenti e che la Caduta non aveva dato alcun segno.

Il famoso assassino Hole aveva replicato che gli avrebbe dato tempo per addestrarmi a combattere e ad obbedirgli. Perciò potevamo, d'ora in poi, allenarci anche nelle grandi palestre dell'Istituto, ma dovevamo far finta di stare perseguendo gli stessi ordini che arrivavano dal comando dell'Ordine.

«Non ci posso credere che Davis sia praticamente un ribelle dentro i Ribelli!» fece Rose mentre mi riaccompagnava a casa.

«Credo che lui e mia madre fossero stati come fratelli.» dissi, ripensando alla conversazione che avevamo appena concluso. «E mi ha detto anche che praticamente ho conosciuto Matt quando eravamo piccoli!»

«Di certo ha rischiato molto Davis, per nasconderti.» 

«Non posso credere che però l'abbiano uccisa...» dissi con una tristezza infinita. «Quando sono venuta a scoprire tutto, mi avevi detto che i Ribelli facevano quello che facevano perché il re sta trasformando la sua monarchia in una tirannide, no? Mi dissi che era in grado di uccidere per ogni minima cosa... e la stessa cosa che hanno fatto loro alla fine, no? L'hanno uccisa solo perché voleva proteggermi. La domanda è: chi l'ha tradita?»

Rose scosse la testa poi mi guardò attraverso lo specchietto retrovisore. Sul suo volto, alla vista della mia faccia, apparve un'espressione triste.

«Mi dispiace Evelyn.» disse. «Sapere tutta la storia deve essere stato duro per te.»

«Sicuramente.» accordai. «Ma ho ancora tante domande per il signor Davis. Mi sembra solo di aver sfregato la superficie...»

Rose mi guardò, come se si aspettasse che continuassi; in effetti fu quello che feci: «Perché mia madre non è scappata con noi? Perché non si è difesa con i suoi elementi per respingere i Ribelli?» Rose scosse la testa, mentre si fermava davanti a casa mia.

«E poi ho un'altra domanda. Ho capito che tutti conoscete il mio destino e la mia storia... Ma come conoscevate il mio aspetto?» non era la prima volta che ci pensavo e sicuramente avevo cercato di darmi delle risposte.

«Strano, vero?» fece Rose. «Il fatto è che gli stessi profeti che pronunciarono la profezia, migliaia di anni fa, fecero degli affreschi.»

«Che cosa?» 

Rose rise imbarazzata, dicendo:  «Il tuo viso è su molti muri ad Elyria. E su molti libri, pure...»

«Oddio, non ci credo.» dissi lasciandomi scivolare lungo la portiera della macchina, imbarazzata e sconsolata. «Che imbarazzo...»

«E perché mai!» mi assicurò, credendo di farmi un piacere. «Allora non dovresti sapere delle ballate che cantano su di te nelle taverne...»

Spalancai la bocca, dicendo imbarazzata: «Credo che avrai molte occasioni per parlare con il signor Davis, d'ora in poi. Ci vediamo domattina. Cerca di rilassarti, stasera. Domani mi racconterai. Baci». Scesi dalla macchina e rimasi a guardare Rose che ritornava indietro alla direzione da cui eravamo arrivati. Ballate su di me? Affreschi su di me? Questa cosa mi turbava parecchio.

Dopo, mal volentieri e cercando di scacciare via dalla mia mente quei pensieri, percorsi il vialetto di casa ed entrai dentro. Non mi stupii affatto di vedere Katherine piombarmi addosso.

«Hai esattamente due ore per farti sembrare presentabile.» disse acida, senza darmi il tempo di parlare.

'Che carina!'

«L'ultima mezz'ora Bella si è gentilmente proposta di acconciarti i capelli. Non ti permetterà di farle fare brutta figura davanti agli importanti medici di questa città, che naturalmente stasera ci saranno...»

Mi limitai ad annuire mentre mi spingeva su per le scale, continuando a blaterare cose del tipo: «Giuro su Dio che se le farai fare brutta figura, ti renderemo la vita un'inferno. Ora preparati!».  Mi spinse dentro la mia camera e mi chiuse la porta alle spalle con un tonfo. Appena la porta si richiuse, notai che su letto era appoggiato un bellissimo abito grigio da sera, che si intonava con il colore dei miei occhi.

'Sicuramente lo vorrà Bella dopo questa sera' pensai mentre mi lasciavo scorrere quel costoso abito fra le dita. Dopo che lo appoggiai delicatamente sulla sedia, notai che sotto il vestito c'era anche qualcos'altro.

«Non ci credo.» sussurrai con un sorriso.

L'inconfondibile scatolina di un iPhone era adagiata sul letto, accompagnata da un bigliettino.

Ti è andata bene romperlo in occasione di questa cena. I miei si sono visti costretti a farti avere un bel telefono.

Shaun.

Questa cena era una mano dal cielo; la giornata si era trasformata improvvisamente in una cascata di tesori. Subito, presi in mano il mio nuovo iPhone sette; non ci potevo credere. Forse il karma mi aveva premiato per aver sopportato per quattro mesi le calunnie di quella famiglia!

Felice come una pasqua, mi andai a fare la doccia, decisa a fare una buona impressione ai vecchi Spencer e a non dare dei motivi per punirmi alla mia famiglia affidataria.

***

«Giuro che se domani verrai a scuola con questo miracolo che ti sto facendo in testa, te ne pentirai.» la voce squillante di Bella quasi mi perforò l'orecchio; stava facendo una specie di corona di trecce in testa, molto elegante in effetti.

«Tranquilla.» le risposi di buon umore. «Non succederà.»

«Meglio per te.» rispose. «Non voglio che William ti veda così...»

'Aha!' pensai. 'Centra William allora...'

«Non so che strane idee tu ti sia fatta, Bella, ma fra me e William non potrà mai funzionare.» dissi, non capendo perché trovassi necessario rassicurarla. «Al massimo potremo arrivare ad essere semplici amici. Ne ho già avuto abbastanza di persone come lui nella mia vita.»

Bella mi guardò attraverso il riflesso dello specchio, come se in effetti non credesse alle proprie orecchie. Quasi risi al pensiero di lei che, prima di andare a letto, si immaginava una specie di battaglia all'ultimo sangue per William.

«Non sto scherzando.» 

«Non che ci fosse bisogno di dirtelo, tanto non sei il suo tipo.» disse ritrovando la sua cattiveria, riscuotendosi dai suoi pensieri.

Scrollai le spalle, come se non mi importasse; e in quel momento era davvero così: avevo troppa grana a cui pensare per preoccuparmi di quello che poteva pensare Will su di me. Bella mi acconciò due ultime ciocche di capelli, che mi ricaddero in due boccoli davanti al viso.

Stavo proprio bene, nessuno poteva negarlo. Bella non scherzava quando diceva che non voleva che nessuno mi vedesse così. Senza darmi il tempo di dire qualcosa, mi intimò secca: «Andiamo. Non possiamo arrivare in ritardo.». Mi alzai dalla sedia e mi guardai allo specchio della camera di Bella: il vestito era della mia giusta misura e mi fasciava bene il corpo, il trucco che Bella mia aveva fatto, era semplice ma elegante e la mia testa non era mai stata acconciata meglio di così.

«Ti vuoi muovere?» disse acida mentre, sulla porta, si aggiustava il vestito bordeaux, tirandoselo un po' più in su.

Mi decisi a muovermi e la seguii giù per le scale; la borsetta nera, dove avevo infilato il telefono nuovo, mi picchiettava contro il fianco, mentre scendevo le scale. Nell'atrio, c'erano già anche Katherine e Shaun, entrambi vestiti elegantemente. Io, automaticamente, evitai lo sguardo di lui: non avevo ancora dimenticato quello che era successo la sera prima.

«Perfetto.» disse Katherine. «Andiamo.»

Uscimmo dalla casa, dove Brian ci stava già aspettando nella sua Lamborghini da tantissimi soldi. Mentre Katherine si sedette davanti, io Shaun e Bella ci sedemmo dietro. Sfortunatamente non mi presi la briga di valutare le mosse necessarie per non sedermi di fianco a lui. Lui si sedette in mezzo a me e alla sorella. Decisi di pensare ad altro, schiacciandomi il più possibile contro la portiera, per non sfiorare Shaun nemmeno con un dito. Succedeva sempre così dopo un avvenimento del genere: mi muovevo troppo meccanicamente.

Come era già successo tantissime volte, mi ritrovai così a chiedermi come fossi finita in una famiglia del genere. Come avevano fatto ad indebitarsi? Mentre Brian partiva, pensai di nuovo a mia madre. Chissà se aveva immaginato questa vita per me quando mi aveva consegnato nelle mani di Elwyn Davis e chissà se aveva voluto nascondermi da Elyria per sempre. 

«Oh Bella cara, stasera dovrai proprio fare una bella figura con il primario Grayson e anche con il rettore del college privato della città, Evans...»

Staccai subito il cervello; naturalmente ero emozionata dalla prospettiva di incontrare esponenti così importanti del mondo della medicina, ma sapevo anche che gli Spencer non gli avrebbero dato nemmeno un'occasione per parlare con me. O comunque, non mi avrebbero mai fatto avvicinare a loro. Avrei avuto così tante domande per quei medici...

Raggiungemmo l'enorme villa degli Spencer in venti minuti e non appena scendemmo, rimasi a bocca aperta: era la villa più maestosa e bella che avessi mai visto, il giardino pieno di piante ben curate e numerosissime fontane. Le luci erano accese e da dentro proveniva un sottofondo di musica classica.

«Non parlare con nessuno, se non vieni interpellata.» mi disse Brian duro, mentre camminavamo verso la villa. «Se non fosse stato per l'insistenza dei miei genitori, tu non saresti affatto qui, chiaro?»

Annuii deglutendo, mentre entravamo nella villa bianca. Non feci in tempo a fare un passo dentro che la voce giovale e allegra del padre di Spencer ci accolse: «Brian, figlio mio!». Era un uomo sulla settantina che stava attraversando a grandi falcate il grande ingresso. Aveva barba e capelli bianchi, ma il suo viso non poteva sembrare così sereno e giovane, nonostante le rughe.

«C'era traffico? O Katherine, sei magnifica stasera...» fece fermandosi davanti a noi, salutando prima la nuora e poi i nipoti; solo dopo, quando il suo sguardo si posò su di me, disse con voce indecifrabile: «E tu dovresti essere Evelyn, giusto?».

«Sì signore...» feci piano, a disagio, sentendomi lo sguardo di tutta la famiglia Spencer addosso. «Le faccio gli auguri per il suo compleanno...»

Il signor Spencer mi guardò con occhi curiosi, poi parlò, e quello che uscì dalla sua bocca mi lasciò senza parole: «Benvenuta in famiglia, ragazza...». Senza darmi il tempo di riflettere, mi stava baciando educato su tutte e due le guance.

«Che educazione, questa ragazza!» esclamò al figlio, che tirò la bocca in un sorriso forzato. «Venite, di là ci sono già alcune persone...»

Ancora sorpresa dal comportamento del signor Spencer, seguii lui e il resto della famiglia in una grandissima sala dove la signora Spencer stava ricevendo gli ospiti. Sorrise nella nostra direzione, ma continuò a parlare con loro, troppo presa dalla conversazione. Ad un tratto sentii Katherine trattenere il fiato; subito mi girai verso di lei e la vidi mentre prendeva e stringeva il braccio della figlia.

«Andiamo Bella, quello è il primario Grayson.» la sentii dire prima che trascinasse la figlia in direzione di un elegante uomo che non doveva avere più di trentacinque anni.

Mi costrinsi a distogliere lo sguardo, ci sarei rimasta solo male. Riuscii a staccarmi dagli altri membri della famiglia con la scusa di andare in bagno. Sentii urlare il signor Spencer: «È su per le scale, terza porta a destra, cara! Ti aspettiamo per l'aperitivo!», prima di uscire dalla sala. Ridacchiando, scappai su per le scale, superando un maggiordomo che mi offriva dei piccoli tramezzini da aperitivo.

«Grazie, molto gentile.» gli dissi afferrandone due, prima di scappare su per l'imponente scalinata della sala d'ingresso.

Trovai fortunatamente il bagno al primo tentativo. Non appena dentro mi chiusi la porta alle spalle e guardai il mio riflesso allo specchio; dopo aver appurato che tutto stava ancora bene, chiusi la tavoletta del water del bagno ben arredato e mi ci sedetti sopra, estraendo dalla borsetta il mio telefono nuovo. La prima cosa che feci, fu mettere la vecchia schedina sim nel nuovo telefono; purtroppo gli Spencer non si erano presi la briga di farmi cambiare numero, mi avrebbero risparmiato la seccatura di aggiungere il famigerato numero di West ai contatti indesiderati.

Appena la inserii, molti messaggi riempirono la bacheca degli avvisi, tutti per lo più risalenti alla giornata precedente; avevo anche sette chiamate perse da quel numero. Raccogliendo tutta la mia dignità, feci quello che mi ero prefissata di fare. Dopo un po', dopo essere rimasta a studiare il mio telefono, sentii qualcuno bussare alla porta.

«Mi scusi, signorina Lewis. Il signor Spencer insiste per farla scendere...»

«Arrivo subito.» replicai, alzandomi dal water e uscendo mal volentieri da quel rifugio che era stato il bagno.

«Evelyn!» la voce giovale del signor Spencer attirò subito la mia attenzione, non appena entrai in quella che avevo battezzato la "Sala del Ricevimento". «Raggiungimi cara!»

Entrata, mi guardai attorno per cercarlo e, quando lo individuai, notai che si trovava di fianco a un uomo della sua stessa età, con una folta barba e occhiali a mezzaluna. Feci per fare quello che mi era stato richiesto, ma mi sentii trattenere per un braccio.

«Che cosa stai facendo?» la voce acida di Katherine mi fece girare verso di lei.

«Il signor Spencer mi stava chiamando...» dissi incerta, indicando verso la sua direzione.

«Non ti avevo detto...» cominciò, ma per fortuna il signor Spencer la interruppe, dicendo con voce allegra: «Katherine, lascia stare la ragazza! Voglio solo conoscerla.».

Riluttante, la mia madre affidataria fu costretta a lasciarmi andare, ma non prima di avermi riservato un sorriso gelido e di avermi stretto un'ultima volta il braccio, in segno di avvertimento.

«Eccola qua!» disse il signor Spencer non appena fui da loro. «Siediti ragazza mia, siediti...»

Mi sentii costretta ad obbedire e così mi sedetti su una poltroncina lì vicino; anche lui e il suo amico si sedettero a loro volta.

«Evelyn, voglio avere il piacere di presentarti un mio grandissimo amico, Gerard Evans, il rettore della facoltà di Medicina di Boston. Gerard, lei è Evelyn Lewis, figlia affidataria di mio figlio...»

Boccheggiando per lo stupore, strinsi la mano che Gerard Evans mi stava porgendo. Stava sorridendo anche lui. Ecco perché Katherine non voleva che andassi lì. Il mio sguardo cadde inevitabilmente lontano, dove Bella intanto stava parlando con il padre e con il primario Grayson. Anche lei stava sorridendo.

«Allora Evelyn, in quattro mesi che sei qui, non ho ancora avuto il piacere di conoscerti!» disse il signor Spencer, accettando volentieri un bicchiere di champagne dal maggiordomo. «Serviti pure, questo è il miglior champagne che io abbia mai bevuto!»

Accettai volentieri il bicchiere che mi veniva offerto, ringraziando il maggiordomo, e rimanendo un po' interdetta quando il signor Spencer mi disse: «Raccontami un po' di te!». Sotto gli occhi curiosi del signor Spencer e di Evans, mi sentii obbligata a rispondere.

«Da quel che so sono figlia unica.» cominciai. «I miei genitori non so che fine abbiano fatto. Ma penso che per adesso la mia vita sia stata abbastanza movimentata...»

«Nel vero senso del termine!» fece Spencer scoppiando a ridere. «Quante città hai girato, ragazza?»

Bevvi un sorso di champagne. Era davvero delizioso.

«Direi nove o dieci, sinceramente ho perso il conto di tutte le volte...» dissi imbarazzata, dopo aver bevuto un'altro sorso.

«Beh, adesso hai smesso di girare, no?» chiese. «Quanti anni hai?»

«Diciassette, quasi diciotto»

«In età da college, allora!» disse Evans, parlando per la prima volta da quando avevamo cominciato a parlare; non riuscii a non arrossire, mentre bevevo altro champagne.

«Che idee hai per il college?» mi chiese Spencer ed io valutai bene se fosse il caso di rispondere sinceramente oppure no: mi sentivo lo sguardo di Katherine e di Brian addosso.

«Non c'è bisogno di fare la timida!» Spencer irruppe in una risata amichevole e fu allora che decisi di non fregarmene più di Katherine e dei suoi avvertimenti.

«Mi interessano molto le discipline scientifiche, signore.» dissi, non riuscendo a dichiarare direttamente quello che davvero volevo fare.

«Biologia? Matematica, Fisica? O addirittura Medicina?» indagò, mentre Evans si sporgeva in avanti, interessato; mi sentivo i loro sguardi addosso, oltre che a quelli dei miei genitori affidatari.

«In effetti la Medicina mi ha sempre affascinata.» dissi facendomi piccola piccola e rimanendo un po' stupita nel vedere Evans sorridere; mi ritrovai a ricambiare imbarazzata.

«Che cosa ti ha affascinato della Medicina?» mi chiese raddrizzandosi sulla sedia.

«La chirurgia, sopratutto.» e fu lì che cominciai a parlare sul serio. «Trovo che sia grandioso come gli uomini possano operare sul corpo umano, salvando una vita. Trovo che sia davvero onorevole farlo... e ultimamente mi sono data alla lettura di molti libri di medicina, leggendo le ultime procedure approvate...»

«Allora conosci anche la procedura Grayson, giusto?» mi chiese Evans, interessato.

«Certo.» risposi e, mentre parlavo, automaticamente il mio sguardo si allungò sul dottore che parlava con Bella. «Finalmente qualcuno è riuscito a trovare un metodo per ridurre i tumori al cervello senza recare troppi danni...»

«Henry!» inaspettatamente il signor Spencer si era alzato e stava chiamando il primario Grayson.

Spalancai la bocca per lo stupore e per il terrore dei miei genitori affidatari. Non ci potevo credere che lo stava chiamando davvero. Presto, troppo presto per i miei gusti,
l'elegante dottor Grayson si girò verso di noi e lo stesso fecero Bella e Brian, che a turno mi fulminarono con lo sguardo.

«Henry, vieni qui!»

Grayson si congedò da Brian e da Bella, che intanto mi stavano guardando come se fossi la causa di tutti i loro problemi. Il giovane dottore arrivò troppo presto ed io non riuscii a prepararmi psicologicamente. Appena arrivato, strinse le mani di Spencer e di Evans e solo dopo mi guardò. Aveva due profondi occhi verdi, un sorriso da favola e i capelli castani chiari; mi ritrovai a chiedermi come un uomo così giovane fosse potuto diventare così famoso e importante nel mondo della Medicina.

«Ti volevo presentare Evelyn Lewis.» Spencer mi prese per un braccio e mi fece alzare a forza, capendo che io non avrei avuto le forze per farlo da sola. «Evelyn, lui è il primario di chirurgia Henry Grayson. Lavora qui a Boston...»

Grayson mi porse la mano e io, stupita da come si era evoluta la situazione, l'afferrai, sentendolo a stento dire galantemente «Lieto di conoscerla...», mentre Spencer prendeva un'altra sedia.

«Il piacere è tutto mio.» boccheggiai imbarazzata, prima di sedermi di nuovo sulla sedia.

«Stavamo proprio parlando della tua procedura, Henry.» fece Evans con un sorriso amichevole e pieno di rispetto.

«La mia miglior conquista.» fece Grayson ridacchiando compiaciuto, afferrando il bicchiere di champagne che Spencer gli stava fiondando in mano.

«La signorina Lewis ha detto che ne è rimasta meravigliata.» disse Evans, prima di accennare a me, che mi sentii sprofondare per l'imbarazzo più di quanto non fossi già, sentendomi praticamente obbligata a parlare.

«Trovo che sia stata una delle migliori scoperte in ambito medico, in effetti...» dissi evitando di guardarlo negli occhi sentendomi in dovere di prendere parola.

«Mi sento molto lusingato.» fece Grayson con un tono ammirato, guardandomi attentamente mentre bevevo di nuovo un altro po' di champagne, tanto per far qualcosa.

«Credo che qui davanti a noi, potremmo avere un futuro medico.» fece Evans, guardandomi e sorridendo piano, mentre le mie guance avvampavano per la milionesima volta.

«Sei interessata alla medicina? Lo sai vero che è un percorso lunghissimo?» fece Grayson.

«Lo so, ma non ho problemi nello studio. Mi piace studiare e credo che sia meraviglioso sul modo in cui si possa salvare una vita umana...» dissi per poi bere di nuovo.

«È proprio la motivazione che ci vuole.» commentò Grayson, girandosi per guardare Bella. «Senza offesa Harold, ma non credo che tua nipote abbia molta passione...»

Inaspettatamente, il signor Spencer scoppiò a ridere con gusto, dicendo: «Non vedo perché lei continui ad ostinarsi a voler intraprendere quel percorso. Sinceramente non mi fiderei mai a farmi mettere le mani addosso da lei...». Feci sicuramente una faccia stupita e incredula.

«Sul serio!» fece lui, notandolo. «L'ho sempre detto! Il massimo che Bella potrà andare a fare sarà fare la commessa di qualche supermercato!»

Grayson ed Evans scoppiarono a ridere e io ci misi tutta me stessa per non farlo a mia volta, cercando di sembrare educata.

«L'ho notato anche io. Quando le ho chiesto che cosa fosse un carcinoma mi ha risposto un neo troppo grosso!»

Questa volta scoppiai a ridere davvero insieme agli altri; non riuscii a trattenermi, fu più forte di me.

«Io ci penserei mille volte prima di ammetterla alla tua università, Evans!» fece Grayson.

Dopo un po' le risate si fecero più rade e io mi ritrovai a sorseggiare di nuovo il calice di champagne in modo meccanico.

«Evelyn, dovresti venire con me...» la voce di Shaun attirò la mia attenzione, facendomi alzare lo sguardo; lo vidi lì in piedi con un sorriso educato sulle labbra.

«Mio caro Shaun!» fece Spencer. «Non abbiamo ancora finito con lei!»

«Te la riporto dopo, nonno...»

Spencer sospirò, acconsentendo a lasciarmi andare. 'No, non mi lasciare da sola con lui' la parte infantile di me protestò.

«Ma dopo ti rivoglio qui!» fece Spencer indicando la sedia. «Prima che Bella possa occupare il tuo posto è riempirci la testa di fesserie...»

Shaun mi guardò alzando le sopracciglia ed io mi limitai ad alzare le spalle. Lo avevano mandato i suoi genitori, o la sorella? O forse stava solo cercando di salvarmi il culo? Con queste domande nella testa, seguii Shaun, rimanendo un po' sorpresa quando lui virò verso l'uscita della sala.

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