Capitolo 4 • Beer pong
Due giorni dopo che William Cole era piombato in casa mia, non ero ancora riuscita a dire a Matt e Rose della festa.
Cole non aveva più cercato di parlarmi, né a scuola né autoinvitandosi dagli Spencer come aveva fatto l'ultima volta. Per quel che ne sapevo poteva anche essersi dimenticato di avermi invitata a quella festa.
Sapevo che, se avessi voluto andarci davvero, mi sarei dovuta sbrigare a dire qualcosa ai miei amici. Se non ad entrambi, almeno a Rose, la meno ragionevole dei due.
E sapevo che, almeno in un primo momento, la sua risposta sarebbe stata un apparentemente irremovibile "no". Confidavo che Rose, almeno riguardo all'argomento feste, fosse simile a me. Se così fosse stato davvero, alla fine non sarebbe stata in grado di rifiutare un invito del genere.
Mi si presentò l'occasione per chiederglielo il giovedì, quando io e lei stavamo pranzando da sole, in mensa. Matt si era dovuto trattenere in biblioteca.
«Rose, per caso tu sai di una festa questo fine settimana?» le buttai lì con noncuranza.
Come previsto, Rose si fece subito sull'attenti. Alzò lo sguardo su di me e mi guardò così intensamente che per un attimo dimenticai quello che dovevo dirle.
«Una festa? Dove? Quando?»
Via il dente e via il dolore.
«Sabato sera. Da Adam Fallon...»
«Che cosa?» esclamò con voce acuta, sgonfiandosi come un palloncino per la delusione. «No, non se ne parla proprio...»
Ero consapevole che le stesse costando davvero molto rifiutare un invito del genere, perciò insistetti: «Rose, ci saranno tanti ragazzi... Ci sarà l'alcol, la musica...».
Lei fece una smorfia, come se dentro di sé stesse infervorando una battaglia all'ultimo sangue fra la Rose ragionevole e quella irragionevole.
La guardai speranzosa, prima che mi prendesse alla sprovvista con un fermo e deciso «No!» che sembrò rivolgere più a se stessa che a me.
«Rose!» non riuscii a trattenermi. «Sono passate settimane e vi ho sempre dato ascolto. Sono stata lontana dai guai, da Cole e, per quanto possibile, da Bella. Riguardo a questo, però non posso darvi ascolto. Se non mi accompagnerai tu, a quella dannata festa, ci andrò da sola!»
«Lo so hai ragione» disse piano. «Ti dovremmo spiegare quanto più possibile, ma credimi, è assolutamente, dannatamente complicato. Mi prenderesti per pazza se ti spiegassi perché è meglio evitare gente come quella. Ti chiedo solo di avere pazienza...»
La guardai, nella speranza che stesse per cedere. Solo dopo averla guardata e riguardata senza aver ottenuto nulla, decisi di giocare sporco.
«Bene, bene!» esclamai spazientita, alzandomi dal tavolo e guardandola dritta negli occhi. «Come ho detto, se tu non mi accompagnerai, ci andrò da sola!»
Ottenni il risultato sperato: Rose sembrò allarmata e, quando feci per andarmene di lì, sentii la sua voce profondamente combattuta che mi richiamava. Prima di girarmi per ascoltarla, non riuscii a trattenere un sorrisino.
Mi fermai e mi girai verso di lei, cercando di far scivolare via il sorrisino dalla mia faccia. Con la faccia consapevole di chi stava per fare un gradissimo e stupidissimo errore, la sentii dire piano: «Ci andremo. Ma non dirlo a Matt».
***
Sabato sera arrivò molto presto.
Rovistai in tutti i miei scatoloni nella speranza di trovare qualcosa di decente da mettermi per tutto il pomeriggio.
Alla fine riciclai un vecchio paio di jeans neri a vita alta e un top bianco con le spalline sottili. Abbinai al tutto le mie consunte sneakers, che erano le uniche scarpe decenti che avessi. Non mi lamentai comunque: mettevo sempre le scarpe da ginnastica ed evitavo i tacchi come se ne fossi allergica.
Mentre ero allo specchio per sciogliermi i capelli dalle trecce che avevo fatto per ottenere onde regolari e ordinate, mi squillò il telefono.
Era Matt.
«Matt?» risposi, simulando un tono leggermente sorpreso.
«Ei Eve, programmi per stasera?» mi chiese allegro. «Se non hai nulla da fare potremmo andare al cinema.»
Mi sentii incredibilmente in colpa. Era davvero raro che Matt proponesse di fare qualcosa.
Che tempismo Matt, davvero, pensai sconsolata.
«Matt mi dispiace tanto, questa sera gli Spencer mi impongono di andare con loro a una cena» gli rifilai la prima scusa che mi venne in mente.
Non potei fare a meno di sentirmi ancora più in colpa quando il mio amico sospirò dall'altro capo del telefono.
«L'unica volta che vi invito fuori siete entrambe impegnate. Questa è sfiga. Buona serata Eve.»
«Buona serata Matt.»
Non ebbi il tempo di crogiolarmi ancora sul senso di colpa che il telefono vibrò ancora.
Rose era arrivata.
Infilata la giacca di jeans, avendo poche altre alternative meno opportune di quella, mi diedi un'ultima occhiata allo specchio e uscii dalla camera.
Per poco non finii addosso a qualcosa, o meglio a qualcuno.
Bella stava passando davanti alla porta della mia camera proprio in quel momento.
Mi guardò con superiorità, squadrandomi da capo a piedi, mentre mi raddrizzavo, e continuò a camminare fiera e perfettamente consapevole che non avrebbe avuto concorrenza quella sera. Ovviamente anche lei sarebbe venuta alla festa.
Aveva indosso un vestito di paillettes color oro, estremamente corto. Ci aveva abbinato dei lunghi stivali bianchi con tacco alto che le arrivavano fin sopra il ginocchio. I capelli erano acconciati in perfetti boccoli regolari e il trucco, che riprendeva lo stesso colore del vestito, era perfetto.
La seguii giù per le scale, dove dovetti affrontare i suoi genitori. Se lei, decisamente meno coperta di me, riuscì a cavarsela con un semplice «Io esco!», io dovetti spiegare dove stavo andando, con chi, come e perché.
Quando finalmente riuscii a uscire di lì, corsi verso la macchina di Rose come se avessi paura che gli Spencer potessero cambiare idea da un momento all'altro.
«Beh, mi sa che ti dovrò portare a fare shopping» mi accolse la mia amica non appena fui in macchina.
Mi girai a guardarla.
Rose era total black quella sera. Si era messa un vestito nero corto e aderente, al quale aveva abbinato due stivali simili a quelli di Bella, ma anch'essi neri. Sul viso ben truccato, spiccavano le labbra color ciliegia.
«Non sono così male» protestai indignata, guardandomi allo specchietto retrovisore.
«Non ho mai detto questo» puntualizzò, sorridendomi ancora, prima che sulla sua faccia apparisse un'espressione completamente diversa. «Non ti sei truccata?»
«Non ho trucchi.»
Lei, guardandomi con rimprovero, prese la borsa e cominciò a frugarci dentro. Tirò fuori eyeliner, mascara e rossetto. Cominciò a truccarmi con fare esperto.
«Fatto. Ora datti questo...»
Mentre Rose cominciava a riporre via i trucchi, mi guardai allo specchietto, rimanendo un attimo sorpresa.
Non era un trucco pesante come il suo: mi aveva tracciato una linea sottile di eyeliner, mi aveva messo il mascara e in quel momento mi stava porgendo lo stesso rossetto che aveva lei addosso. Non abituata a vedermi così: anche con quel semplice trucco mi sentivo diversa.
«Figo!» esclamai sorridendo a Rose.
«Le sopracciglia non te le tocco. Sono perfette così» mi diede un'ultima occhiata veloce e mise le mani sopra il volante.
«Kennedy Streeth 34!» esclamai rivolgendo un sorriso radioso alla mia amica.
Rose mise in moto la macchina, sbuffando e sorridendo allo stesso tempo, poi finalmente partì.
***
«Direi che non abbiamo sbagliato indirizzo» commentai non appena ci trovammo davanti all'enorme casa bianca di Adam Fallon, ferme in piedi nel vialetto pieno di bicchieri rossi di plastica e bottiglie di birra mezze rotte e mezze piene.
Mi guardai attorno, disgustata dalla situazione in cui versava il cortile. Sembrava che la festa fosse già iniziata da un pezzo.
Ci muovemmo verso la porta d'ingresso, passando di fianco ad un gruppo di ragazzi intenti a fumare. Storsi il naso: avevo sempre detestato il fumo e il solo odore mi dava la nausea.
Rose bussò alla porta e poco dopo qualcuno aprì la porta.
Ci trovammo davanti un ragazzo alto, con capelli biondi chiari e un filo di barba, appena accennata. Ci sorrise immediatamente e mi stette già simpatico.
«Rosie, da quanto tempo non ci vediamo!» esordì il ragazzo, posando i suoi occhi scuri sulla mia amica e aprendo le braccia come se volesse abbracciarla.
«Adam» lei replicò pacata.
Guardai curiosa Adam Fallon. Me lo aspettavo diverso, forse un po' più simile a William. Invece aveva un fisico più smilzo di Cole, che sì, era magro ma decisamente più muscoloso di lui.
«E questa dovrebbe essere Evelyn, giusto?» chiese poi, curioso, allungando la mano verso di me, continuando a sorridermi.
«Sì, piacere» dissi stringendogliela, sentendomi addosso lo sguardo di Rose.
«Accomodatevi, il bere è laggiù» ci indicò un lungo tavolo e si fece da parte per farci passare.
Senza darmi il tempo di ringraziarlo, Rose mi afferrò per un braccio e mi trascinò fino al tavolo del bere. Sembrava arrabbiata e ne ebbi la conferma poco dopo.
«Che brutta idea venire qui.»
Cercai di ignorarla, sentendomi in colpa per una frazione di secondo per aver giocato sporco con lei. Per farmi perdonare afferrai una bottiglia di birra e gliela porsi.
Lei però scosse la testa.
Strabuzzai gli occhi, un po' presa alla sprovvista: «Non bevi?».
«Non stasera.»
«Dai Rose!» protestai, sventolandole davanti la bottiglia di birra, invitandola ad afferrarla.
«Bevi te, io prenderò qualcosa dopo» replicò, guardandosi attorno e imprecando sottovoce.
Così rinunciai e, facendo una faccia del tipo se proprio devi, bevvi dalla bottiglia di vetro.
Assaporai bene quel sapore che mi era tanto mancato, sentendo tutto il mio corpo accogliere con piacere il suo vecchio amico alcol.
«Mi era mancata questa roba. Anche se preferisco la vodka.»
Rose non rispose, così, continuando a lanciarle delle occhiate interrogative, la portai a ballare vicino al grande stereo che c'era in soggiorno.
Mentre cominciavo a muovermi a ritmo della musica, sorseggiando ogni tanto dalla bottiglia, ricordai che era stato William ad invitarmi. Non lo avevo ancora visto da nessuna parte e non potei fare a meno di guardarmi intorno per cercarlo con lo sguardo.
Anche Rose cominciò a ballare, ma io sapevo che era distratta da qualcos'altro.
Dopo un po' che ballavamo, vidi qualcuno che si avvicinava a Rose da dietro. Sorrisi ancor prima che la mia amica si accorgesse della sua presenza. Il bel ragazzo dai capelli color caramello e dagli occhi azzurri la prese per la vita e si chinò a sussurrarle qualcosa all'orecchio.
Per via della musica alta non sentii nemmeno una parola, ma potevo immaginare che cosa le stesse dicendo.
Feci l'occhiolino a Rose, invitandola ad allontanarsi con il ragazzo, ma lei sembrava riluttante.
«Dai Rose, non mi può succedere nulla! Stai tranquilla» le dissi per rassicurarla, mentre il ragazzo mi rivolgeva un sorriso carico di gratitudine.
Alla fine Rose cedette alla tentazione.
«Non bere più. Ci vediamo fra un po'» mi disse prima di seguire il ragazzo.
Ora che, mentre Rose si allontanava, pensavo non avesse più senso ballare da sola, decisi di fare un giro per la casa.
Magari avrei incrociato William.
Girovagai un po' e alla fine mi imbattei in cucina, dov'era stato improvvisato un torneo di beer pong.
Io ero una campionessa di beer pong.
Fremendo per l'eccitazione, mi avvicinai al tavolo e mi unii al cerchio. Uno dei due giocatori era Adam Fallon, mentre l'altro non ricordavo di averlo mai visto in giro.
Si stavano provocando a vicenda.
Quando vidi l'avversario di Fallon lanciare la pallina così male che non cadde nemmeno sul tavolo, non riuscii a trattenere una risata, che attirò l'attenzione del proprietario della casa.
«Quel lancio era penoso, ti credo che non può batterti» mi ritrovai costretta a dire sinceramente, accennando al ragazzo che aveva lanciato e ottenendo un'occhiata sorridente da parte di Fallon.
«Pensi di poter fare di meglio? Accomodati. Lasciale il posto Danton.»
Raggiunsi subito il posto lasciato vuoto da quel Danton, che non aveva osato replicare quello che gli aveva detto Adam, e guardai il mio avversario sfidandolo con lo sguardo.
«Dolcezza, guarda che questa è roba forte...» Mi rivolse un sorrisetto, accennando ai bicchieri che avevamo davanti.
Solo allora notai che non erano pieni di birra, bensì di un liquido trasparente che supposi essere vodka. Alzai le spalle con noncuranza.
«Niente che non possa sopportare.»
Purtroppo per me, però, non ero più abituata all'alcol come lo ero stata a Seattle e, nonostante avessi stracciato sia Adam che i successivi due sfidanti con facilità, i bicchieri che ero stata costretta a bere mi avevano fatta ubriacare molto in fretta.
Ero ubriaca.
Ero decisamente ubriaca.
E dovevo andare in bagno.
Alla fine cedetti il mio posto al tavolo di beer pong e mi allontanai dalla cucina in cerca del bagno. Riuscii a barcollare con la mente annebbiata fino ai piedi delle scale che portavano al piano superiore, dove individuai Fallon che parlava con una ragazza.
«Adam Fallon» lo chiamai con voce strascicata, raggiungendolo e puntandogli un dito contro il petto.
Si girò verso di me, guardandomi divertito. Diedi un'occhiata veloce alla ragazza che era con lui, che mi stava già guardando adirata come se mi stessi spogliando davanti a loro. Le rivolsi un sorriso.
Per quanto potesse sembrarmi attraente da ubriaca, Adam Fallon non era decisamente il mio tipo.
«Dov'è il bagno?» gli chiesi, sorridendogli e ignorando la ragazza seccata.
«Di sopra, seconda porta a sinistra» mi disse continuando a ridacchiare alla vista di come ero messa.
Lo ringraziai in fretta e andai di sopra, procedendo a zigzag un po' per l'alcol che mi faceva barcollare e un po' per evitare tutta la spazzatura.
Procedetti con difficoltà ed estrema lentezza, cercando di non scivolare, mentre la testa mi girava sempre di più. Ma riuscii ad arrivare sana e salva nel corridoio.
Entrai nel bagno in fretta, ridacchiando quando scoprii di aver beccato la stanza giusta al primo colpo.
Dopo che ebbi scaricato la mia vescica, andai allo specchio e mi guardai nel riflesso per vedere in che condizione fosse il trucco, che trovai un po' colato, ma non troppo.
Feci per aprire il rubinetto e sistemarmi, ma la porta si aprì di scatto. Mi girai in fretta, strabuzzando gli occhi confusa, chiedendomi perché mai qualcuno stesse entrando lì dentro. Di certo non pensai all'eventualità che qualcuno avesse bisogno di andare in bagno.
«Occupato» tentai di dire con voce impastata, cercando di sembrare seccata.
Ma poi vidi di chi si trattava e strillai.
«William!»
Chiusi il rubinetto in fretta e, girandomi verso di lui, aprii le braccia come per dire finalmente.
«Principessa, perché sei qui?» chiese con una nota di stupore nella voce.
«Beh, mi hai invitato tu, non ricordi?» replicai in tono civettuolo saltellandogli incontro, mentre lui entrava nel bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
«Sei ubriaca» constatò mettendosi davanti a me, con un sorriso divertito sulle labbra.
«Forse un pochino» ammisi ridacchiando, alzando una mano e avvicinando pollice e indice come per fargli vedere la quantità di vodka che avevo bevuto. «Ho bevuto solo tanto così, te lo giuro.»
«Sì, va bene» rise. «E allora io sono il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America.»
E solo allora mi accorsi che lui era perfettamente sano.
Incrociando le braccia e guardandolo con rimprovero, corrugai la fronte per fingermi offesa e gli dissi: «Cole, non hai bevuto!».
Lui, alzando le mani in segno di resa, annuì.
«È vero.»
«Vieni, ti offro una birra!» dissi prendendolo per mano e cercando di trascinarlo fuori dal bagno.
«No» replicò, senza muoversi. «A parte il fatto che non mi offriresti nulla visto che il bere è gratis.»
E solo allora notai quando fosse in disordine: i capelli erano tutti spettinati e la camicia era per metà fuori dai jeans e per metà dentro, per non parlare della bottega dei pantaloni aperta.
Lo guardai con l'espressione tipica di chi la sapeva lunga, sorridendogli eloquentemente.
«Ecco dov'eri finito.» Gli rivolsi un sorrisetto complice.
Lui non capì subito a cosa mi stessi riferendo, ma dopo poco cominciò a ridacchiare a sua volta, scuotendo la testa e cercando di sistemarsi la camicia.
Ma stava peggiorando la situazione.
«Faccio io» dissi, ringraziando il dio alcol di avermi dato coraggio.
Lui si fermò e alzò le mani in segno di resa, mentre gli afferravo la camicia e cominciavo a infilargliela dentro i pantaloni.
Le mie mani si mossero esperte, mentre con lo sguardo, sostenevo il suo. Anche attraverso la camicia, potevo sentirgli i duri addominali che lo rendevano pressoché perfetto.
«Non vedevi l'ora di mettermi le mani addosso, eh...» ridacchiò quando mi staccai e tirai su la zip dei jeans con un gesto deciso.
Rimasi zitta e lo guardai fisso nei suoi occhi d'oro.
«Chi tace acconsente.»
Feci per replicare, ma una folata di vento mi fece rabbrividire.
La finestra era aperta. Will se ne accorse e si mosse per chiuderla.
Ma quando lui guardò fuori, riuscii a vedere dal riflesso del vetro la sua faccia cambiare repentinamente, trasformandosi in un'espressione allarmata.
Imprecò, sbatté la finestra di colpo e uscì in fretta dal bagno, lasciando la porta spalancata.
Rimasi sbigottita.
Ma cosa diavolo gli è preso?, pensai mentre raggiungevo la finestra e mi sporgevo.
Mi ritrovai a rabbrividire di nuovo: fuori si era alzato il vento.
Abbassai lo sguardo sul cortile nel retro della casa. Non c'era nessuno, a eccezione di Rose e Fallon, in piedi l'uno di fronte all'altra.
«Davvero furbo Rosie, portarla qua» le stava urlando lui. «Ora non c'è nessuno dei tuoi amichetti dell'Ordine che potrebbe impedirmi di prenderla.»
Rose non replicò. Sembrava stranamente calma, dritta in piedi come se il vento non la toccasse nemmeno. Anche quando la corrente aumentò di colpo e io dovetti fare uno sforzo tremendo per tenere ferma la finestra. Giù in cortile doveva essere aumentato di almeno dieci volte in più, perché Adam, improvvisamente, fece fatica a stare in piedi.
Come faceva Rose a stare lì così tranquillamente?
«Vuoi la lotta?» Adam stava comunque ridendo, mentre cercava di tenersi in piedi.
Rose sembrava livida di rabbia, mentre Adam cercava di piantare i piedi nel terreno per non venire sbalzato via dall'improponibile corrente.
Mentre cercava di non cadere, aprì la mano, facendone uscire... dell'acqua?
Strabuzzai gli occhi: non era possibile, non mi era mai successo di avere delle allucinazioni a causa dell'alcol.
Quando tornai a guardare, però, quell'acqua c'era ancora e si era trasformata in una frusta pericolosa che si stava per abbattere su Rose.
«Rose, attenta!» le gridai, ma fu la mossa sbagliata da fare: lei, sorpresa, si girò verso di me.
Aveva la bocca spalancata, inorridita, e si dimenticò della frusta d'acqua che stava per colpirla: non fece in tempo a scansarsi che quella la colpì in pieno petto, sbalzandola violentemente all'indietro.
Il vento cessò di colpo e un'idea stranissima mi passò per la mente.
Era solo l'effetto dell'alcol, lo sapevo.
O era quello o era un sogno davvero fantasioso.
Mentre Rose era a terra, Adam tornò all'attacco: l'avrebbe colpita di nuovo se non fosse stato per un muro di terra alto almeno due metri che si era appena eretto proprio davanti a Rose.
Stavo impazzendo.
Il muro si sgretolò al contatto con l'acqua e dietro quello apparve la figura accucciata di Matt. Sgranai gli occhi, non potendo fare a meno di ridere in preda al panico.
Stavo assolutamente impazzendo.
D'un tratto Adam si girò verso di me, come se mi avesse notato solo allora.
Sorrise in un modo stranissimo, puntò la mano contro di me, ma da quella non ne uscì niente.
Improvvisamente, sentii qualcosa esplodere dietro di me: mi girai di scatto e vidi che si trattava della vasca da bagno.
Allungai le mani per proteggermi dall'acqua e dai frammenti di ceramica, ma non venni risparmiata.
Sentii soltanto i miei piedi che si staccavano da terra prima chel'oscurità mi portasse via con sé.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro