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Capitolo 39 • Forse è meglio così

La testa mi stava scoppiando.

Stavo per crollare, stavo per avere una crisi isterica.

Troppe informazioni, troppe persone e troppe scoperte.

Mi chiesi come potessi essere ancora sana di mente. Con tutto quello che era successo quell'ultima settimana, mi sarei aspettata di perdere il senno, come minimo.

La mia vita era cambiata così velocemente che non avevo ancora realizzato per niente. Non avevo avuto il tempo di metabolizzare: quando mi guardavo allo specchio vedevo la stessa persona che era arrivata a Boston priva di aspettative.

A cena rimasi totalmente in silenzio, ascoltando a sprazzi la conversazione degli Spencer. Fu davvero strano sentire parlare Shaun come se niente fosse.

Sembrava che non fosse successo nulla, che lui fosse ancora il figlio di Brian e Katherine Spencer.

Ogni due minuti cadevo in uno stato di trance strano, cominciando a guardare nel vuoto e a ripercorrere con il pensiero tutto ciò che avevo scoperto. E, ogni volta che mi capitava, dentro di me sentivo l'incolmabile vuoto che Will aveva lasciato quel pomeriggio quando se ne era andato.

Quando feci per salire le scale e raggiungere la mia camera, dopo aver sparecchiato, mi sentii trattenere per un braccio.

«Lo so che vorresti rimanere da sola e che, soprattutto, non vorresti parlare con me.»

Mi voltai verso Shaun, notando che teneva in mano una busta abbastanza pesante.

«Anche se gli Spencer non vorrebbero dartela, io penso che sia giusto fartela avere» disse sventolandomi la lettera davanti agli occhi. «Nonostante probabilmente non potrai farci nulla.»

L'afferrai senza pensare, ringraziando Shaun velocemente e scappando su per le scale.

Mi chiusi la porta della mia camera alle spalle, vedendo con un tuffo al cuore Harry Potter e il Principe Mezzosangue a terra. Lanciando la lettera sul letto, mi catapultai a raccogliere quel tomo sacro, provando l'incredibile voglia di andare in camera di Shaun per tirargli una sedia in testa.

Lo riposi sullo scaffale, dopo aver appurato la sua integrità e non prima di averlo accarezzato con fare materno.

Quando mi buttai sul letto, afferrai di nuovo la lettera. Il sigillo mi provocò una fitta al petto.

Era chiaramente lo stemma del college privato della città.

«Merda» mormorai, non riuscendo a trattenermi.

Aprii con mano tremanti la lettera, estraendo il primo foglio credendo di morire.

Signorina Lewis,

con la presente siamo lieti d'informarla che le abbiamo riservato una borsa di studio al Boston Major College per la facoltà di Medicina e Chirurgia. Le sue conoscenze in ambito medico, oltre che a una spiccata personalità e a dei bei modi di fare, le sono state d'aiuto. Crediamo che lei abbia davvero una grande potenzialità e saremmo onorati di poter investire denaro nella sua formazione.

Allegati troverà tutti i documenti per accettare la borsa di studio.

Con la speranza che lei accetti,

Rettore Gerard Evans.

Spalancai gli occhi per lo stupore, sfogliando velocemente gli altri fogli.

Mi sgonfiai come un palloncino quando mi resi conto che ormai la mia vita non era più in quel mondo.

Appartenevo a un'altra realtà, che lo volessi ammettere o meno.

Trattenni le lacrime: per quel giorno ne avevo già versate abbastanza. Con le mani ancora tremanti, misi i fogli all'interno della busta e la riposi nel comodino.

Forse fu in quel momento che mi resi conto davvero di quanto fosse cambiata la mia vita. La consapevolezza che non avrei conseguito il diploma e che non mi sarei potuta iscrivere alla facoltà dei miei sogni mi fecero capire che l'Evelyn ambiziosa e studiosa che ero fino a qualche giorno era cambiata.

Mi addormentai tardi quella sera, pensando alla vita che avrei dovuto avere e che non sarebbe mai stata mia.


***


La mattina dopo, entrare a scuola fu la cosa più difficile che avessi fatto nelle ultime settimane. Forse era esagerato pensare così, ma in quel momento lo sembrò davvero.

Sapevo che i ragazzi della mia vecchia scuola di Seattle sarebbero rimasti a fare lezione con gli studenti della Mayer's e solo gli dei sapevano quanto pregai quella mattina di non ritrovarmi in classe con qualche vecchia conoscenza.

Rose, in macchina, mi aveva raccontato di come avesse convinto Chantal a uscire da camera sua per andare a scuola, quella mattina.

«Mi sembra così difficile ritenerla una stronza orgogliosa in momenti del genere» aveva detto, scuotendo la testa sconfortata.

«Perchè ha reagito così?» le avevo chiesto.

«È successo molto tempo fa. E sinceramente non so come faccia Chantal a vivere ancora nell'Istituto» aveva raccontato. «Si era innamorata di una guardia dell'Istituto Zero, di qualche anno più grande di noi. Mi sembra che avesse passato delle informazioni alla Confraternita Oscura. Sai che cos'è?»

Le avevo annuito, cercando di nascondere l'espressione di sorpresa sul mio volto, avendo paura che mi tradisse.

«È stato giustiziato, proprio come Wynter» concluse senza troppi giri di parole. «Chantal è caduta in depressione, non è uscita per mesi. È cambiata, è diventata più insopportabile del solito. Per quanto possa starmi antipatica e per quanto la possa insultare è stato orribile vederla così.»

Non avevo indagato oltre. Chantal non mi era mai stata particolarmente simpatica, ma in quel momento avevo provato pena per lei.

Matt era venuto a scuola in pullman. Per schiarirsi le idee, così aveva detto.

In quel momento lo stavamo aspettando agli armadietti. Mi capitò di incrociare lo sguardo di ragazzi e ragazze che conoscevo prima di trasferirmi, ma loro non mi calcolarono nemmeno un po' e io feci altrettanto.

«Mi hanno dato una borsa di studio» annunciai.

«Davvero?» disse Rose vagamente colpita. «Non sapevo che ne avessi fatto domanda.»

Scossi la testa con sconforto.

Rose non disse nulla, come se non avesse parole di conforto per farmi stare meglio.

La campanella suonò proprio mentre Matt c raggiungeva.

«L'autista è riuscito a forare» disse per spiegare il suo ritardo. «Queste pause di riflessione sull'autobus stanno diventando delle corse contro il tempo.»

Rose sobbalzò di colpo.

«Oggi abbiamo l'altra partita di pallavolo!» esclamò portandosi una mano alla fronte. «Me ne ero dimenticata.»

«Stai scherzando?»

«No, dopo l'intervallo» disse. «Proprio come l'altra volta.»

«Non mi presenterò» dichiarai. «Non mi interessa se Kane darà di matto, sicuramente quello stronzo giocherà e io non voglio averci niente a che fare.»

«Ho sentito dire che mischieranno le classi» disse Matt.

«A maggior ragione non mi presenterò» dissi rabbrividendo al pensiero che Will e Weston finissero a giocare insieme.

«Ok, Evelyn» fece Rose, appoggiando le sue mani sulle mie spalle. «Ora prendi un respiro profondo. Con me, forza...»

Mentre seguivo Rose nel suo tentativo di calmarmi, vidi con la coda dell'occhio Will. Ci passò di fianco, ignorandoci completamente invece che cominciare a importunarmi e a stuzzicarmi davanti a Matt e Rose come avrebbe fatto solo il giorno prima.

Mi sentii morire dentro.

Sembrava passata un'eternità da quell'ultimo bacio.

Istintivamente mi girai a guardarlo, vedendo che camminava spedito ignorando Bella e Laura che gli zampettavano dietro e che cercavano di attirare la sua attenzione.

«Evelyn, ci sei?» la voce di Rose mi riportò alla realtà. «Dobbiamo andare a lezione.»

Annuii, cercando di calmarmi e ripetermi che fosse giusto così.

«Andiamo.»


***


Nelle mie condizioni, la lezione di storia mi sembrò ancora più pesante da seguire del solito. E quello era tutto dire. Fortunatamente ospitammo due ragazzi di cui non ricordavo il volto.

Quando suonò l'intervallo, uscimmo nel cortile, approfittando del bel tempo. Ci sedemmo su una panca.

«Pensare che un giorno fa, proprio qui, rischiavamo di romperci l'osso del collo» commentò Matt stravaccandosi sulla panchina.

Aveva due occhiaie violacee e il viso stanco, segni che non aveva chiuso occhio quella notta.

«Tuo padre?» chiese Rose con un sospiro.

«Non ha voluto parlare di nulla» rispose. «Si è rinchiuso nel suo ufficio.»

Mentre cominciavano a parlare, il mio sguardo girò per tutto il cortile, involontariamente. Sapevo chi stavano cercando i miei occhi.

Quando li posai su di lui, vidi che stava rientrando dentro la scuola, con Weston al suo fianco.

Quasi sobbalzai, mentre mi giravo verso Matt e Rose, che non si erano accorti di nulla. Anche se la mia ragione mi imponeva di rimanere ferma, la curiosità insistente prevalse.

Mi alzai improvvisamente, afferrando la mia borsa.

«Devo andare in bagno» annunciai agli altri, che si girarono subito presi alla sprovvista. «Avrò pure la libertà di andare al bagno da sola, giusto?»

Rose fece per replicare ma Matt la precedette.

«Sì, certo» mi disse, guardando Rose prima di chiudere gli occhi stancamente. «Nessuno è mai stato rapito o aggredito mentre andava al bagno.»

Rose mi lanciò un'ultima occhiata, mentre cominciavo a correre verso l'interno della scuola. Sperai di raggiungerli per poter origliare qualcosa della loro conversazione.

Sapevo chi era William e sapevo chi era Shaun. All'appello mi mancava proprio Weston.

Weston e tutte le persone che forse sono dei Domini ma tu non lo sai ancora, disse una vocina nella mia testa, che azzittii mentre superavo il portone.

Riuscii a intravedere di sfuggita una persona scomparire dietro l'angolo. Così, aiutata dall'elemento dell'Aria e camminando con cautela, mi avviai silenziosa verso quella direzione.

Mano a mano che mi avvicinavo a loro, cominciai a sentire le loro voci farsi sempre più forti.

«Hai avuto notizie di Cecily?» Sentii la voce di West.

«Credo che sia con l'ambasciata a Steros» rispose Will. «Nel suo primo viaggio diplomatico.»

«Non ce la vedo così a nord» rise Weston. «È innaturale per lei, sopratutto visto che c'è già la neve, lì.»

«Le farà bene staccarsi un po' da Ilyros. Dovresti mandarle una lettera, sappiamo entrambi quanto possa essere vendicativa e permalosa nonostante abbia già quattordici anni.»

Svoltai l'angolo, vedendoli seduti su una panchina a mangiare patatine confezionate.

«Dovremmo portarle uno di questi, quando torneremo» propose West, sventolando in aria quel sacchetto.

«Ce lo tirerebbe dietro» rise Will. «Prima lei e poi sua madre. Non mi mancano affatto le loro urla.»

«Come se non fosse anche la tua, di madre» commentò West. «Lo hai sempre fatto. Parlare dei parenti come se non fossero anche tuoi, intendo.»

«Ammetto che sono miei parenti solo quando mi fa comodo. Quando si parla di difetti o roba del genere sono solo parenti di altre persone.»

«È appagante?» chiese West, prima di schiarirsi la voce. «Tua madre a volte è isterica. Tuo padre mi vuole obbligare ad andare in missione nel Grande Deserto. Tuo cugino Frederick è un aspirante poeta che fa schifo. Tua sorella è isterica come tua madre.»

Fu l'ennesimo, dannato colpo di grazia.

Lasciai ricadere la borsa a terra per lo stupore, facendoli entrambi girare verso di me. Non nascosero la sorpresa nei loro volti.

Erano fratelli. William e Weston erano fratelli.

Era Weston il fratello della mia età di cui aveva parlato.

«Evelyn...»

Will si era alzato, chiamandomi per nome con tristezza. Weston rimase zitto, guardandomi divertito dalla panchina.

Quando fece un passo in avanti, mi ritrassi automaticamente, spostando frenetica lo sguardo da uno all'altro.

«S-Sarebbe lui il fratello della mia età di cui parlavi?» balbettai, indicando West con un dito. «Lui

Mi veniva da vomitare.

«Avrei voluto dirtelo, ma...»

«Ma cosa?» lo interruppi con foga, mentre rabbia e dolore si impadronivano di me.

«Non mi sembra una tragedia, Evelyn» sospirò Weston, alzandosi e affiancando Will.

Vidi per la prima volta un accenno di somiglianza fra i due.

«Tu stai zitto» strillai. «Non me ne frega niente di te, non voglio sentirti parlare. Mai più.»

Weston alzò le mani al cielo, in segno di resa. Quando notai il ghigno sulla sua faccia, provai la voglia di tirargli un pugno. Will fece un altro passo in avanti e io uno indietro.

«A-Avrei dovuto capirlo» sbottai. «Voi due s-siete uguali. Due orgogliosi, stronzi, idioti, che si credono dio solo perchè...‚

«Quale dio?» mi interruppe Weston, con allegria. «Sinceramente mi trovo molto simile a quel figo di Seran, ma...»

«Weston, chiudi quella cazzo di bocca.» La voce di Will era apparentemente calma, autoritaria. «Vattene via di qui.»

«Ma è così divertente...»

«Weston giuro sulla mia vita che se non te ne vai di qui, appena torniamo a Ilyros ti ficco la testa fra le rapide del fiume Aeros per farti sbranare dai pesci carnivori...»

«Va bene, va bene» fece Weston, allontanandosi nel corridoio. «Hai reso bene il concetto.»

«Tu...» cominciai senza sapere come continuare la frase, non appena West se ne fu andato.

«Non voglio giustificare il mio comportamento, ma...»

«Sei un cretino, William. Solo un cretino» lo interruppi scuotendo la testa, mentre lui continuava a camminare verso di me.

«Lo so, non dovrei essere qua a farti questa scenata. Per amor proprio, mica per altro. Ma non ci posso credere. Lo hai insultato davanti a me, hai detto che non mi merito quello che lui mi ha fatto, prima di dire che provi attrazione verso di me.» Le parole uscirono irrefrenabili dalla mia bocca, senza un filo logico. «Avevo ragione, siete uguali. Quanto posso essere stata stupida?»

«Evelyn...»

«No, ora finisco» urlai. «Non bastava il fatto che tu fossi il figlio dell'uomo che mi vuole imprigionare, non bastava che tu mi dovessi portare a Elyria e non bastava che tu fossi fidanzato. Non bastava il fatto che ci fossimo promessi di allontanarci l'uno dall'altra. Ci mancava questo. Che lui fosse tuo fratello!»

Will aprì la bocca per parlare, visibilmente irritato dal mio comportamento, ma non gliene diedi l'opportunità.

«Mi hai presa per il culo tutto questo tempo?» gli domandai quando ormai era a meno di un metro di distanza da me. «Solo per farti due risate con quell'essere di tuo fratello?»

Will fece una smorfia, rimanendo in silenzio.

«Mi hai mentito in continuazione, anche ieri quando hai omesso questo piccolo particolare» dissi abbassando il tono della voce. «Mi chiedo come tu abbia potuto avere la faccia tosta di fingere che ti importasse qualcosa di me.»

Ormai era abbastanza vicino che avrei potuto dargli uno schiaffo. Forse era meglio così, che io arrivassi a odiarlo per poter soffocare gli altri sentimenti che non volevo provare per lui.

Forse è meglio così, pensai di nuovo, raddrizzandomi.

«Dimmelo William» dissi, quasi supplicante.

Will mi afferrò i polsi, guardandomi con un'espressione indecifrabile

Avevo bisogno di sentirglielo dire. Solo a quel punto avrei potuto archiviare ciò che provavo per lui in un cassettino lontano della mia mente e non pensare più a lui.

Non ero decisamente una persona che rincorreva gli altri.

«Dimmi che mi hai presa in giro fino dall'inizio. Dimmi che non ti importa niente di me.»

Questa volta le lacrime non scesero, anche se minacciavano di farlo. Era ciò che dovevo sentirgli dire, per potere andare avanti.

Forse è meglio così, mi dissi ancora.

«È vero, non posso dirti il contrario» sussurrò, guardandomi dritto negli occhi. «Non posso dirtelo perchè non provo nulla per te, Evelyn. Hai ragione, ho finto per tutto questo tempo, ti ho solamente presa in giro.»

Sentii comunque il mio cuore spezzarsi in migliaia di pezzi.

Con rabbia, cercando di conservare quell'ultimo briciolo di dignità che mi era rimasta, mi districai dalla sua presa e lo spinsi all'indietro per le spalle, con tutte le forze che avevo.

Non volevo piangere, non volevo dargli questa soddisfazione. Non potevo dargliela.

«Vattene» dissi. «Vattene, dannazione, vattene...»

William non diede segno di muoversi.

«William, vattene!» urlai, sentendo che da un momento all'altro sarei crollata per terra a singhiozzare.

Fu in quel momento che Will obbedì. Si girò come se niente fosse, andandosene per il corridoio e lasciandomi lì distrutta e ferita.

«Vaffanculo» mormorai a me stessa, mentre scivolavo contro il muro, non riuscendo più a trattenere i singhiozzi.

Non so per quanto rimasi lì prima di sentire Rose urlare il mio nome.

«Evelyn?! Evelyn...»

Nella mia mente si ripetevano di continuo le parole che erano appena uscite dalla sua bocca.

Non mi accorsi nemmeno che Rose si era chinata e mi stava abbracciando.

Mi resi conto in quel momento di quanto fossi stata ipocrita, di quanto mi fossi presa in giro per prima.

Ero innamorata.

Ed ero fottuta.

Davvero fottuta.

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