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Capitolo 37 • Confraternita Oscura

Ancora una volta mi ritrovai assolutamente e completamente in balia di William.

Le sue labbra morbidi, soffici, si muovevano sicure sulle mie, che, d'altro canto, tremavano come se quello fosse il mio primo bacio.

Sorrise contro la mia bocca, facendo scivolare le sue mani sotto la mia schiena e sollevandomi. Mi ritrovai sopra di lui, con il corpo che aderiva perfettamente al suo.

William rese il bacio più bisognoso, più passionale, e io mi trovai ad accarezzare i muscoli definiti delle sue braccia. Quando mi strinse ancora più a sé, mi lasciai sfuggire un mugolio.

Volevo andare fino in fondo, ne avevo bisogno.

Con uno slancio, Will mi fece sdraiare di nuovo sul materasso, sovrastandomi e cominciando a lasciarmi dei piccoli baci sulla mandibola e sul collo. Avrei voluto affondare le dita nei suoi capelli scompigliati, ma mi teneva prigionare le mani fra le sue.

Le lasciò libere di alzarsi solo quando cominciò ad accarezzarmi i fianchi. Le sue mani arrivarono fino all'orlo della mia felpa, sollevato in modo da lasciare scoperta una striscia di pelle.

Mi sfilò la maglietta e la felpa di Rose, prima di buttarsi di nuovo sulla mia bocca. Istintivamente cominciai a giocherellare con il bordo dei suoi jeans. Stavo per tirare giù la cerniera dei pantaloni, quando nella casa silenziosa risuonò il rumore del portone d'ingresso che sbatteva.

Mi irrigidii di colpo e Will si staccò da me, guardandomi con occhi interrogativi.

«C'è qualcuno» gli dissi agitata, mentre mi raddrizzavo sui gomiti.

Will alzò lo sguardo, posandolo sulla porta della mia camera, che avevo lasciata aperta.

«Shaun? Mamma?»

In tutta la casa rimbombò la voce acuta di Bella, pericolosamente vicina. Stava salendo le scale. Questa volta non fui l'unica a irrigidirsi.

«Merda» imprecò, staccandosi subito da me.

Will sapeva tanto quanto me che non avrebbe fatto in tempo a raggiungere la finestra prima che Bella apparisse sulla soglia della mia camera.

Fece la prima cosa che gli venne in mente: fiondarsi sotto il mio letto.

I suoi piedi sparirono appena in tempo sotto le coperte, prima che Bella passasse davanti alla mia camera, fermandosi e aggrottando la fronte nel notarmi. Mi alzai di scatto a sedere, girandomi verso di lei.

«Che cosa stai facendo?» mi chiese, con voce acida.

In effetti, doveva sembrare compromettente il fatto che fossi lì, in reggiseno, con la faccia rossa e i capelli scompigliati.

«Mi sto spogliando, come puoi vedere» le dissi. «Sono appena tornata a casa dopo aver fatto una corsetta, ho un bisogno disperato di una doccia.»

«Non potevi chiudere la porta?» Storse il naso, squadrandomi da capo a piedi.

Alzai le spalle.

«E tu perchè sei tornata così tardi da scuola?» le domandai cambiando discorso per sviare l'attenzione da me.

«William mi ha trattenuta» disse, sventolando una mano e assumendo un'espressione di superiorità.

Sentii Will agitarsi sotto al letto e, trattenendomi dall'alzare gli occhi al cielo, feci in modo di tirargli un calcio senza farmi vedere da Bella.

«Ah sì?» chiesi alzando le sopracciglia, facendo la finta interessata.

«Sì» rispose. «Mi ha proprio accompagnata adesso qui a casa.»

Cercai in tutti i modi di soffocare la risata che minacciava di uscirmi dalla bocca.

«Sono contenta per te.»

«Sì, come no» replicò. «Sei solo gelosa.»

«Tranquilla, Bella, non è così.»

«Sono tranquilla perchè so che non andrebbe mai con una come te.»

«Va bene» mi limitai a ridacchiare. «Ma ora mi devo proprio fare una doccia, potresti chiudermi la porta?»

Bella sbuffò irritata, allungando la mano e sbattendo la porta di camera mia. Si allontanò facendo risuonare nel corridoio il rumore dei suoi tacchi.

Passò solo qualche secondo prima che Will scoppiasse in una risata fragorosa. Non potei fare a meno di imitarlo, mentre strisciava fuori dal letto, continuando a ridere a crepapelle.

Sentii un tonfo, il letto tremare, e Will che si lasciava scappare un verso di dolore misto a un'altra risata.

«Non ci credo» quasi urlai divertita, mentre mi affacciavo e notavo Will che era riuscito a strisciare fuori fino al petto. «Hai davvero sbattuto la testa contro il letto!»

«Che botta.»

Continuai a sbellicarmi dalle risate, mentre Will si alzava da terra.

«Che grazia, altezza» lo presi in giro, mentre si portava una mano alla testa.

Si sedette sulla poltrona vicino alla libreria. Quella stessa poltrona che aveva trascinato fino al letto per starmi vicino mentre mi addormentavo. Sembrava passata un'eternità da quella serata.

Piano piano le risate si affievolirono e io e Will ci ritrovammo a guardarci negli occhi.

«Che ore sono?» domandai con un sospiro.

«Le sei meno venti» rispose. «Credo che sia arrivato il momento che io me ne vada.»

Rimasi a guardarlo tristemente, mentre si alzava e raggiungeva la finestra spalancata. Si issò sul davanzale, girandosi a guardarmi mentre metteva un piede sul tetto.

Lo raggiunsi, mettendomi in piedi davanti a lui.

«Avrei voluto essere un'altra persona» ammise lentamente, scuotendo la testa. «Chiunque altro.»

«Anche io» sussurrai, sentendo gli occhi pungere.

«Ma gli dei ci hanno voluto riservare questo. Ci hanno resi nemici» aggiunse dolcemente, alzando una mano e sfregandomi la guancia.

Chiusi gli occhi al contatto.

Non ero brava negli addii, di solito scomparivo e basta senza salutare nessuno.

E quello era un addio. Un addio a tutto quello che potevamo essere, a quello che potevamo instaurare e un addio ai sentimenti che stavamo cercando di sopprimere.

Ma era anche un bentornato a tutte le nostre missioni, ai nostri obiettivi che cozzavano l'uno contro l'altro irrimediabilmente.

Le nostre labbra si incontrarono di nuovo, in un bacio lento, dolce e maledettamente malinconico. Quel bacio portava con sé una tristezza infinita e un gran dolore. Stavamo abbandonando definitivamente quegli attimi che ci eravamo concessi da persone normali.

Lentamente le sue labbra si staccarono dalle mie, così come la mano si ritrasse dalla mia guancia. Non mi azzardai ad aprire gli occhi: dovevo memorizzare quell'ultimo bacio nel modo migliore possibile.

Mi resi conto delle lacrime che rigavano il viso solo quando capii che se ne era andato.

Aprii gli occhi dopo un po', trovandomi davanti solamente la finestra aperta, con le tende che si muovevano leggermente per la brezza di aria umida che il temporale aveva lasciato.

Mi asciugai subito gli occhi, girandomi di scatto e costringendomi a dare la schiena a ciò che era appena successo.

Però, non potei fare a meno di cominciare a singhiozzare, completamente vittima della rabbia e del senso di abbandono.

Solo dopo un po' mi costrinsi a sbattere la finestra e a spogliarmi in fretta e furia, prima di correre sotto la doccia.


***


Non mi ero mai sentita più condannata di così.

Sembrava che, nelle ultime settimane, il mondo intero si fosse coalizzato contro di me, per impedirmi di essere un minimo tranquilla o felice.

Sospirai, uscendo dalla doccia e ripensando a tutto quello che era successo in quel dannatissimo giorno. Capii in fretta che da un momento all'altro sarei potuta crollare.

Il telefono, appoggiato sul lavandino, vibrò.

Tutto bene?, scriveva Rose. Qui in casa c'è un'atmosfera particolarmente tesa. Chantal si è chiusa in camera sua e non ne vuole sapere di uscire.

Non mi sembrò il caso, né ebbi le forze, di approfondire riguardo alla cugina.

Anche io sono tesa, è stata una giornata lunga e non vedo l'ora di buttarmi nel letto.

Cerca di dormire, ci aggiorniamo più tardi.

Presi un respiro profondo, cercando di trattenere le lacrime.

Mi dispiace, Rose.

Dispiace anche a me, Eve.

Posai di nuovo il telefono, prima di sfregarmi i capelli con l'asciugamano. Indossai leggings e felpa e uscii dal bagno, cercando di capire che cosa potessi fare per distrarmi da tutti i miei pensieri.

Ripensai a Seattle, a quando scendevo al bar vicino a casa mia per giocare a biliardo e per bere una bella bottiglia di birra irlandese illegalmente venduta dalla barista.

Preferii però il mio caro e vecchio amico Harry Potter all'alcol. Mi sentii un'orribile traditrice quando mi resi conto di averlo trascurato negli ultimi tempi.

Afferrai il Principe Mezzosangue, uno dei miei preferiti. Lo feci senza pensare, prima di ricordarmi che lo leggevo sempre quando c'era qualcosa che non andava, sentimentalmente parlando.

Leggere di come Harry combattesse contro se stesso per cercare di allontanare dalla mente Ginny Weasley, la sorella del suo migliore amico, riusciva a non farmi sentire sola in momenti come quelli.

Come sempre, arrivata a leggere del bacio che Harry si lasciava sfuggire in seguito alla vittoria della Coppa del Quidditch, mi sarei sentita meglio. Per un po', prima che la la lettura procedesse e numerosi altri disastri si abbattessero su Harry, lui e Ginny sarebbero stati felici.

Stavolta ero consapevole che sarebbe stato diverso.

Per me non c'era nessuna possibilità di lieto fine con William.

Feci per girarmi e buttarmi sul letto con il libro in mano, ma con la coda dell'occhio vidi un movimento veloce.

Feci per urlare quando una mano coperta da un fazzoletto si posò sulla mia bocca e sul mio naso. Mi sentii stringere per la pancia e, quando cominciò a girarmi la testa, capii che quel fazzoletto era impregnato di qualche sostanza in grado di mettermi al tappeto.

Feci per urlare di nuovo, ma la voce non uscì dalla mia gola. Le palpebre si fecero pesanti e le mani lasciarono cadere il libro a terra.

Mi afflosciai fra le braccia del mio aggressore prima di svenire.


***


«Ero sicura che ti saresti dimenticata del nostro incontro, mio piccolo sole.»

Una voce sconosciuta mi risvegliò dall'oblio in cui ero caduta. Cercai di aprire le palpebre, ma quelle mi sembravano incollate.

Quando riuscii a sbattere gli occhi, capii di essere bendata. Sentendo il panico arrivare, cominciai a muovere braccia e gambe, scoprendo ben presto di essere legata.

«Sai, ho temuto davvero molte volte che dicessi a qualcuno del nostro incontro» continuò la voce femminile. «Devo ringraziare il fatto che sei stata troppo impegnata per ricordarti di me.»

«Sei M. L.» constatai con un filo di voce.

«Sì sì, e tu sei Evelyn Lewis» replicò con voce impaziente.

«Ma dai» commentai sarcasticamente.

«Mi avevano parlato della tua maleducazione» ridacchiò piano, lentamente. «Tranquilla, nella nostra famiglia è una qualità molto comune.»

«Quale famiglia» le chiesi, ricordando il secondo messaggio che mi aveva inviato, dove parlava della sua famiglia.

«Divertente come possa sembrare ambiguo questo termini, non trovi?»

La sentii muoversi nella stanza, mentre aggrottavo la fronte confusa.

«Potresti togliermi la benda agli occhi» dissi dopo un po', vedendo che rimaneva in silenzio.

«Sì, forse potrei» replicò piano. «Stevens toglile la benda.»

Dei passi risuonarono nella stanza e qualche secondo dopo sentii qualcuno armeggiare con la benda che mi copriva gli occhi. Non potei non riconoscere quelle mani.

«Merda» mi ritrovai a imprecare, mentre finalmente quel pezzo di tessuto nero abbandonava i miei occhi.

Sbattei numerose volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco il posto in cui mi trovavo.

«Perchè improvvisamente tutte le persone che conosco si scoprono essere qualcun altro?» mi ritrovai a chiedere con il battito accelerato.

«Ti riferisci a Stevens?» ridacchiò piano la donna, che non riuscii ancora a mettere a fuoco.

Vedevo solo dei capelli biondi tirati in un'alta e stretta coda di cavallo e la sagoma di un'uniforme nera e bordeaux molto aderente.

«Shaun, che cosa cazzo sta succedendo?» mi ritrovai a chiedere in un sussurro.

«Ah, sì...»

Shaun continuò a rimanere zitto.

Era già abbastanza sconvolgente il fatto che lui centrasse in quella situazione, senza che ci mettesse anche una donna misteriosa.

Shaun, Will, Weston molto probabilmente...

Come potevano essere tutti quanti dei Domini? E perchè diavolo non mi ero mai accorta di niente? Mi limitai a darmi della stupida per l'ennesima volta, quel giorno, non riuscendo davvero a scandalizzarmi per quello che avevo appena scoperto.

Capii che il fatto che tutte queste persone mi avessero conosciuta non poteva essere solo una coincidenza. Will e West mi avevano incontrata perchè volevano rapirmi e portarmi al cospetto del Re, questo lo capivo.

Ma Shaun?

Anche lui mi aveva rapita, ma perchè?

Quando la mia vista tornò nitida, potei scorgere il viso divertito della donna che mi aveva fatta legare a una sedia. Aveva i lineamenti morbidi, le labbra carnose e sottili occhi scuri. Ebbi l'impressione di averla già vista da qualche parte, ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a ricordare dove.

«Chi sei tu?»

«Puoi chiamarmi Mylene» rispose, continuando a sorridere. «È l'unica cosa che ti dirò per il momento.»

«Cosa vuoi da me?» le chiesi con un sospiro. «La mia vita è già abbastanza incasinata senza che tu mi aggiunga problemi...»

Mi interruppi quando la vidi scoppiare in una risata fragorosa.

«Mio piccolo sole, io sono qui per risolvere alcuni dei tuoi problemi» replicò con voce leggera.

C'era qualcosa che non andava, avevo una strana sensazione addosso.

«Bene» commentai con sarcasmo.

«Allora, come la trovi Boston?»

La donna schioccò le dita, creando una fiammella che cominciò ad avvolgerle la mano. Una Dominus del Fuoco.

Voleva davvero parlare del tempo?

«Un po' fredda, non credi?» continuò, prima di aprire la mano e creare una sfera di fuoco.

«Chi sei, Mylene?» le chiesi ignorandola, sentendo di nuovo una stretta allo stomaco per il panico.

«Sono una consorella della Confraternita Oscura, mio piccolo sole.»

«Ti devo davvero porre domanda per domanda?» mormorai, cominciando a sentire le mani sudare.

«La Confraternita Oscura è un'organizzazione un po' speciale» cominciò, prendendo a camminare avanti e indietro per quello che mi sembrò essere un magazzino. «Compiamo... un certo tipo di incarichi per conto di qualcun altro.»

Per poco non mi misi a ridere istericamente. Quello che aveva detto suonava incredibilmente inquietante.

«Che cosa siete? Assassini?» quasi le risi in faccia.

«Sei una persona davvero perspicace.»

Dovetti impallidire a quelle parole.

Mi trovavo in una stanza chiusa con due assassini? E Shaun era uno di loro? Quasi piagnucolai: come cavolo ci ero finita in una situazione del genere?

Di colpo ricordai la crisi che avevo avuto la sera del ricevimento a casa degli Spencer. Shaun mi aveva pugnalata. Will, nell'altra visione, si era trasformato in un principe e si era rivelato tale davvero.

Mi venne improvvisamente in mente l'espressione delusa che aveva fatto Matt quando gli avevo mentito riguardo alla crisi su Will. Perchè non mi aveva detto nulla, perchè non mi aveva messo al corrente del fatto che condividessi il tetto con un assassino?

Un assassino con cui mi ero baciata diverse volte e con cui ero finita a letto.

«Puoi stare tranquilla. Non sei un contratto.»

«Contratto?» ripetei con voce stridula.

Lei annuì, con un piccolo sorriso.

«Allora per quale motivo sono qua, se non mi dovete uccidere?» chiesi, lasciandomi sfuggire una piccola risata isterica.

«Per ricongiungerti al sangue del tuo sangue!» annunciò, fermandosi davanti a me e aprendo le braccia con fare teatrale.

«Come?»

«Davvero non mi hai riconosciuta?» Mylene assunse una finta espressione offesa in volto. «Ti credevo più intelligente, cara nipotina.»

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