Capitolo 33 • Vendetta
Attorno a me tutto girava.
Mentre correvamo dentro la scuola, per raggiungere l'unica persona che mi ero ripromessa di non cercare più, provai in tutti i modi a rimanere in piedi.
Quando entrammo, notai con sollievo che tutti gli studenti erano già rientrati nelle aule. Il corridoio era completamente vuoto, e per fortuna. Se mi avessero vista così, barcollante e fradicia, avrebbero sicuramente pensato che mi fossi fatta un bel bagno in qualche superalcolico.
Guidai i miei amici verso i bagni, sicura che Wynter si fosse diretta lì grazie a quello che aveva sentito. Non potei fare altro che sperare che si trovassero in quelle toilette e non in altre, magari dall'altra parte della scuola.
«Dove stiamo andando? Evelyn?» La voce di Rose mi risultò lontana.
Cercai di risponderle, di dirle di usare i suoi poteri per trovarli, ma non ne trovai la forza.
«Wynter ha trovato William Cole» rispose Matt al mio posto.
«E dove sono?»
«Non ne ho idea.»
Raggiunsi il bagno più vicino e, andando quasi a tentoni, spalancai la porta del bagno maschile. Di Wynter e Will non c'era nemmeno l'ora.
Mi ritrovai davanti un ragazzo biondo, che sapevo essere della squadra di basket. Si stava lavando le mani e si era girato a guardarmi non appena avevo spalancato la porta.
«È il bagno dei maschi, Lewis» ridacchiò con un sorriso storto. «Puoi rimanere solo se ti abbassi i pantaloni e ci divertiamo un po' insieme.»
Non riuscii a rispondere a tono, limitandomi a lanciargli un'occhiata di fuoco e a uscire dalla porta, rischiando di cadere ancora una volta.
«Sono in un bagno?» mi chiese Matt non appena la porta si richiuse alle mie spalle.
«Sempre che la tua amica sappia il vero concetto di toilette» ribattei con un filo di voce, allungando un braccio verso il muro per non finire per terra.
Non riuscii a non chiudere gli occhi, consapevole che gli ultimi brandelli di forza mi stavano abbandonando sul serio. Non vidi Rose aprire le mani in avanti e cominciare a cercarli con i suoi poteri.
Mi ritrovai inconsapevolmente ad assorbire l'aria come Rose mi aveva insegnato durante i primi allenamenti, sperando di recuperare un po' di energie.
«Sono fuori nel cortile» disse Rose dopo qualche secondo, con voce allarmata. «Devono essersi spostati...»
Costrinsi il mio corpo a fare un ultimo sforzo. Continuando a tenere il muro al mio fianco, per paura di cadere, cominciai a seguire Matt e Rose di nuovo fuori. Mi girava così tanto la testa che mi accorsi a stento di essere tornata in mezzo alla tempesta.
Rose e Matt cominciarono a correre troppo velocemente perché io potessi starci dietro. Provai a stargli dietro, cercando di non scivolare nel fango.
Sentii Matt e Rose urlare, chiamare Wynter e dirle di fermarsi.
Il terreno tremò per la prima volta, con una lievissima scossa, mentre nell'aria cominciavano a risuonare gli inconfondibili rumori di una lotta.
Mi fermai a pochi passi da dove pensavo ci fosse lo scontro, nel tentativo di capirci qualcosa. Vidi Wynter, poco più in là: si muoveva velocemente e sferrava colpii uno dietro l'altro, come una furia. Attorno a lei risplendeva una luce verdastra che non avevo mai visto e dentro la quale non riuscivo a distinguere praticamente nulla.
Qualche secondo dopo la vidi alzare un pugno in aria, prendere uno slancio e chinarsi di colpo per colpire il terreno con tutta la forza che le fosse possibile.
Non riuscii a capire cosa stesse per succedere prima di finire sbalzata all'indietro. Dopo che sentii i miei piedi staccarsi dal terreno, cercai in aria di trovare un qualcosa a cui aggrapparmi.
Era stato come se la terra che avevo sotto ai piedi mi avesse lanciata all'indietro.
Vidi con la coda dell'occhio altre tre sagome schizzare come avevo fatto io, mentre l'impatto con il terreno mi toglieva il respiro. Scivolai all'indietro sul fango.
Quando mi fermai non riuscii a muovermi. Rimasi qualche secondo di troppo a guardare il cielo nero senza capire davvero quello che era appena successo.
Solo dopo, d'improvviso, il mio corpo decise di muoversi da solo. Non vidi nemmeno la lama argentea che trafiggeva il terreno proprio dove un attimo prima si trovava il mio fianco.
Rotolai e mi costrinsi a mettermi in ginocchio. Vidi una figura dai capelli color carota intenta a estrarre il pugnale dal fango.
C'era qualcosa che non andava.
Di colpo aiutata dall'adrenalina che scorreva nelle mie vene, mi ritrovai ad urlare.
«Rose! Wynter non è sola, ce ne sono...»
Non riuscii a finire la frase. Qualcosa si scontrò con la mia guancia, facendomi cadere all'indietro un'altra volta.
«Evelyn!»
Nella confusione non capii chi fosse a chiamarmi. Il pugno in faccia che quel ragazzo mi aveva dato per farmi stare zitta mi aveva tramortita più di quanto già non lo fossi.
Ancora una volta, però, il mio istinto mi salvò. Mi ritrovai ad allungare in fretta le mani e a creare un muro d'aria davanti a me prima che quel pugnale potesse provare a trafiggermi un'altra volta.
Non appena la punta del pugnale lo toccò, il muro di protezione andò in frantumi. Ebbi giusto il tempo di scansarmi un'altra volta e mettermi in piedi. Sentendo un fischio persistente alle orecchie, non molto promettente, cominciai a correre verso il cuore dello scontro.
Vidi Rose, che si muoveva senza problemi in un turbine d'aria che le si era creato attorno
«Cazzo Matt!» la sentii imprecare. «Non avevi detto che era l'unica che sarebbe venuta a Boston?»
Non appena l'ultima parola uscì dalle sue labbra, indirizzò una folata d'aria contro un altro Dominus della Terra, che era appena spuntato dal terreno come un fungo.
Capii in quel momento.
I superstiti di Taward avevano premeditato l'attacco. Quei giovani sopravvissuti stavano cercando vendetta e dentro di me prese piede l'orribile timore che Will centrasse più di quel che pensavo riguardo a quello che era successo.
Scivolai accanto a Rose e raggiunsi Matt, che poco più in là si era accucciato a terra. Arrivai da lui più in fretta che potei, con una paura assurda che potesse essergli successo qualcosa.
Tirai un grandissimo sospiro di sollievo quando vidi i suoi occhi vigili e attenti guardare da una parte all'altra per studiare la situazione.
«Matt, cosa stai facendo?» gli urlai non appena vidi la sua faccia.
Il corpo di Matt tremava per lo sforzo, sopratutto il braccio, percorso da spasmi.
«Sto cercando di co... contenere i terremoti in quest'area» disse, storcendo il viso in una smorfia. «Gli Umani n-non devono accorgersi di nulla.»
Mi inginocchiai immediatamente di fianco a lui. Imitai la sua posizione, appoggiando una mano davanti a me sul terreno fangoso.
«Dimmi quello che devo fare» gli urlai per farmi sentire. «Ti posso aiutare.»
«No Eve, de... devi andartene di qui...»
«Matt, posso...» cercai di protestare ancora, ma un'altra botta, al petto, mi fece volare una terza volta.
«Oh dèi, non ti avevo vista.»
Prima che potessi capire di essere finita di nuovo con la schiena a terra, mi sentii prendere per le spalle e rimettermi in piedi. Aprii gli occhi, che avevo chiuso istintivamente durante la caduta, e mi ritrovai davanti la faccia di Cesar Soler.
«Attenzione!» gridò Matt allarmato.
Cesar si girò appena in tempo.
Mosse in modo straordinariamente veloce una mano, tracciando in aria una lingua di fuoco che disintegrò la sfera di energia verdastra che ci avevano scagliato contro.
«Ricordatemi il perchè stiamo difendendo il principino» disse Cesar, facendomi aggrottare la fronte.
Stetti per chiedergli che cosa intendesse, ma Matt rispose e io dimenticai subito di farlo.
«Vuoi finire sul patibolo?» ribatté Matt. «Lo sai benissimo che ferire o uccidere William Cole significherebbe condannare tutto l'Ordine a un'invasione di massa. E noi non siamo affatto pronti per un'invasione di massa.»
«Ma per quale motivo non possono attaccarvi senza che Will venga ferito?»
«Perchè per fortuna c'è un incantesimo di mezzo» rispose Cesar con fare serio. «Te lo spiegheremo dopo.»
Cesar si mosse di scatto, ma io non fui così pronta. Sentii un colpo nelle reni che mi costrinse a fare un passo avanti per non cadere. Questa volta ero sicura che non fosse stato Cesar a colpirmi.
«Vigliacco!» Sentii Wynter urlare.
Attorno a me, in mezzo alla tempesta, il fuoco di Cesar non riusciva a resistere più di tanto, ma capii che il Dominus era riuscito comunque a togliere di mezzo chiunque mi avesse colpito.
«Evelyn, vattene!»
Decisi di seguire il consiglio di Matt. Non perchè volessi lasciarlo da solo, non perchè volessi scappare. Avevo però bisogno di sapere che tutti stessero bene.
Ero sporca di fango dalla testa ai piedi, bagnata fradicia e quasi completamente priva di forze, ma la preoccupazione che potesse succedere qualcosa a qualcuno dei miei amici era un pretesto sufficiente per spingere il mio corpo oltre le sue capacità.
Scivolai accanto a un Dominus sconosciuto, che si stava tenendo il fianco lamentandosi e contorcendosi per terra. Qualche secondo dopo mi scontrai con una ragazza dai capelli rossi che in un primo momento scambiai per Rose.
«Vuoi stare attenta?» La voce carica di astio non era quella della mia amica.
Chantal non sprecò tempo a parlarmi, ignorandomi e cominciando a correre verso un ragazzo con i capelli color topo.
Non me ne potei importare: un urlo di dolore attirò la mia attenzione.
«William» mi ritrovai a sussurrare.
Ripresi a muovermi, il più velocemente possibile. Passai di fianco a Rose, che stava combattendo con Wynter, e individuai subito William, accasciato per terra poco più in là.
«Will!» Questa volta lo chiamai urlando, attirando la sua attenzione.
Vidi le sue labbra muoversi silenziosamente, ma non riuscii a capire che cosa avesse detto per via del diluvio. Si stava tenendo una gamba con entrambe le mani.
Sentii una stretta allo stomaco quando vidi la sua caviglia piegata in un'angolazione innaturale.
«Cazzo...» mi ritrovai a sussurrare, buttandomi in ginocchio di fianco a lui.
«Mi sono fatto male da solo» disse, storcendo la faccia in una smorfia.
«Non posso sapere se mi stai mentendo oppure no» ribattei, mentre mi scoprivo a portare le mie mani tremanti sulle sue.
«Te ne devi andare.»
Will mi afferrò per i polsi, scansandoli senza delicatezza. Rimasi interdetta a guardarlo mentre cercava di alzarsi a fatica. Non appena riuscì a issarsi del piede buono, però, una corrente d'aria lo obbligò ad appoggiarsi sull'altro.
Non riuscii a muovermi prima che Will cadesse di nuovo a terra.
«Fammi vedere» dissi risoluta, non appena recuperai la parola.
Gattonai fino a dove era caduto. Nel momento in cui alzai le mani, vidi con la coda dell'occhio una luce rossastra arrivare dalle mie spalle. Non feci in tempo a girarmi, rimanendo a guardare il viso infangato di Will illuminarsi.
Scorsi nei suoi occhi l'inconfondibile immagine di una fiamma. Una fiamma resistente al diluvio che ci stava per colpire.
Will, spalancando gli occhi, staccò una mano dalla sua caviglia, aprendola davanti a sé, a pochi centimetri dal mio viso.
Le gocce d'acqua attorno a noi sembrarono attirate di colpo in un punto impreciso alle mie spalle. Fu a quel punto che mi girai, vedendo uno scudo d'acqua infrangersi al contatto con il fuoco.
Cesar non si era nemmeno accorto di averci lanciato addosso una sfera di fuoco. Mi girai di nuovo verso Will, vedendo la sua faccia piena di rabbia.
«Lasciami dare un'occhiata! Ti prego!»
«Vattene Evelyn» ripetè, evitando il mio sguardo.
«Sei proprio uno stupido» sbottai. «Dovresti sapere le mie potenzialità nei poteri di guarigione.»
«Ah già, hai ragione» disse sarcasticamente, obbligandomi a fare un respiro profondo per mantenere la calma. «Infatti tu hai già fatto un incantesimo di guarigione, vero?»
«Sì» risposi, non potendo fare a meno di chiedermi cosa diavolo ci stessi facendo ancora lì.
«E quando? Nei tuoi sogni, per caso?» Will alzò gli occhi in un gesto di impazienza.
Presa da un moto di irritazione per il suo atteggiamento, allungai una mano con fare risoluto e afferrai la sua, spostandogliela dalla caviglia.
«Tu dimmi solo che quello che sto per fare non comporterà un'invasione da parte dell'esercito del re» gli dissi, scoprendo la mia mano tremante mentre l'aprivo contro la sua caviglia.
Lui spalancò gli occhi, come se fosse sorpreso dalle mie parole, ma non disse nulla.
«Non so nemmeno per quale motivo io te lo stia chiedendo» dissi fra me e me, lasciandomi sfuggire una piccola risata isterica. «Sicuramente mi dirai che non c'è rischio anche se non è vero, così che possiate davvero invaderci e imprigionarmi.»
«Non potrei farlo» mormorò, incrociando il mio sguardo per la prima volta da quando lo avevo trovato.
A quelle parole, al mio cuore mancò un battito e la mia mano cominciò a tremare ancora di più.
«Dovresti, invece» ribattei, ricambiando il tuo sguardo. «Dobbiamo ricordarci chi siamo l'uno per l'altra, ricordi?»
Will si mosse appena, ma abbastanza per strappargli dalle labbra un'altra smorfia.
«Lo farò lo stesso» dissi a me stessa, chiudendo gli occhi. «Sempre che funzioni.»
Cercai di isolarmi da tutto quello che mi stava succedendo attorno. Dalle battaglie, dalle urla e dalla pioggia. Mi concentrai solo e unicamente su me stessa e sul potere silente che mi scorreva sotto la pelle. Allo stesso tempo capii di dovermi aggrappare al pensiero di Will, di dovermi fare guidare dal bisogno di guarirlo.
Sentii una stretta al petto quando di colpo il mondo sembrò diventare silenzioso e quando nelle mie palpebre chiuse esplose una luce. Sentii dentro di me, nelle mie vene e nelle mie arterie, qualcosa muoversi e confluire nel palmo della mia mano.
Qualcosa di cui fino a quel momento non ne avevo mai sentito la presenza.
Mi azzardai ad aprire gli occhi.
Dalla mia mano si stava sprigionando una luce dorata, che si avvolgeva come un filo attorno alla caviglia di Will. Lui mi stava guardando stupito e meravigliato allo stesso tempo.
Entrai in contatto con la ferita di Will tramite il filo d'oro che ormai si era avvolto ripetutamente attorno a lui. Sentii il suo osso rotto di netto ripararsi velocemente, raddrizzandosi.
Quando fui sicura di aver finito, lasciai l'incantesimo dissolversi.
Sorrisi raggiante a Will, dimenticandomi delle conseguenze che il mio gesto avrebbe potuto avere.
Lui rise, ancora meravigliato, e io provai l'enorme voglia di ridere insieme a lui.
«Hai sentito qualche incantesimo spezzarsi?» mi ritrovai a chiedere, portandomi una mano alla testa quando la mia stessa voce cominciò a sembrarmi molto lontana. «Oh no...»
Dovevo prevedere che il mio corpo, già provato, non avrebbe retto uno sforzo del genere.
«Evelyn?»
Non riuscii a rispondere, mentre cominciavo a sentire un fischio persistente nelle orecchie. Nel mio campo visivo apparvero gli ormai familiari bordi scuri e la mia testa si rovesciò di lato.
Caddi a terra, svenuta.
***
Avevo perso il conto di quante volte fossi svenuta solo nell'ultima settimana.
Mentre aprivo gli occhi, non mi stupii affatto di ritrovarmi a fissare un soffitto sconosciuto per l'ennesima volta.
Come sempre quando riuscivo a risvegliarmi, sentii la testa pulsare così forte come se stesse per esplodermi. Con un mugolio mi raddrizzai a sedere e mi appoggiai alla testiera del letto duro in cui mi avevano fatta sdraiare.
«La bella addormentata è tornata dal mondo dei sogni.»
Non era proprio la voce che mi aspettavo di sentire, ma mi costrinsi lo stesso a girare la testa verso Chantal. Era seduta nella poltroncina di fianco al letto e si stava esaminando le unghie come faceva spesso la cugina.
Vidi subito che aveva i capelli asciutti e che non era più sporca di fango. Quello poteva significare solo una cosa: ero rimasta priva di sensi troppo a lungo per i miei gusti.
«Che cos'è successo?» chiesi, buttando da una parte del letto le gambe.
«Siamo riusciti a fermare quella messa in scena di rivolta» disse incrociando le braccia sul petto.
«Rose e Matt? Stanno bene? E Cesar? Quella specie di incantesimo non si è spezzato, vero?»
«Stanno tutti bene» rispose, prima di allargare le braccia con fare teatrale. «E come puoi vedere, per il momento non c'è motivo di temere che l'incantesimo sia stato spezzato.»
La sua voce e il suo viso erano pieni di fastidio e di falsa allegria.
«Ne sono felice» mi limitai a dire, portandomi una mano alla testa.
«Davvero?» disse Chantal con un tono spaventosamente basso.
La guardai aggrottando la fronte, mentre lei si alzava e cominciava a camminare lentamente avanti e indietro per la stanza.
«Perché non sembrava che te ne importasse mentre guarivi William Cole, giusto?»
Ricambiai lo sguardo nei suoi occhi, cercando di mantenere la calma.
«Chantal, si chiama incantesimo di guarigione» replicai calcando sulle ultime parole.
«Tu non ne sapevi e non ne sai nulla» disse con tutto l'astio che poteva mettere nella sua voce. «Per quello che ne sapevi qualsiasi potere su di lui avrebbe potuto rompere l'unica protezione su cui possiamo contare.»
«Non l'ho ferito» insistetti imperterrita, convinta che per nulla al mondo avrei ammesso a Chantal di averlo temuto davvero.
«Non sai nemmeno in cosa consista precisamente, quell'incantesimo» ribatté incredula, come se stesse parlando con una bambina.
«Aveva la caviglia spezzata in due. Non potevo non...»
«E invece sì» mi interruppe con rabbia. «Anche se si fosse trattato di qualcos'altro, credi che non ci fosse nessuno dalla sua parte che potesse guarirlo? Ovviamente, stupida, non ci hai pensato!»
«Senti» dissi a bassa voce, sentendo ribollire nelle vene una profonda rabbia nei suoi confronti. «Io non so cosa ti ho fatto, non so il perchè tu ce l'abbia con me in questo modo. Ma se lo avessi visto anche tu in quelle condizioni...»
«Lo avrei tenuto fermo e in ostaggio! Non lo avrei fatto scappare come gli hai permesso di fare.»
Aprii la bocca per parlare, ma mi scoprii incapace di farlo.
«Cosa credevi?» continuò irrefrenabile. «Che sarebbe rimasto lì a fare da balia al tuo corpo privo di sensi?»
Mi limitai a guardarla, senza riuscire a contraddirla. Non lo sapevo, non mi ero fermata a pensare a quello che avrebbe potuto fare Will dopo che lo avevo guarito.
Mi obbligai a non essere delusa.
«Dieci a zero per William Cole» commentò sarcasticamente, fermandosi davanti a me e portandosi le mani sui fianchi. «E pensare che Matthew mi aveva detto che eri intelligente!»
Rimanemmo ferme a guardarci negli occhi. Non la vedevo davvero, pensavo solo a quanto cavolo fossi stata stupida. Solo dopo un po' scossi la testa, sconsolata e priva di parole riguardo all'argomento.
«Dove siamo?» mi ritrovai a chiedere, con voce stanca.
«All'Istituto Zero, intelligentona.»
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