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Capitolo 16 • Futuro


Stranamente non svenni.

Mi sembrava di doverlo fare da un momento all'altro ma non successe.

Di colpo l'ambiente intorno a me cambiò. Al posto dei muri di pietra chiara del cortile della scuola, ne apparvero alcuni color nero pece. Erano decisamente più alti e imponenti. Su ogni singola pietra correvano dei maestosi bassorilievi dorati.

Dal portone di ebano, che aveva sostituito quello di vetro, uscirono due ragazzi in abito da sera, con i volti sfocati e non distinguibili. Le loro voci risultavano ovattate e difficili da comprendere, ma riuscii comunque a sentire.

«Evelyn, fermati!» urlava una voce maschile.

«Ti rendi conto di come dovrà finire questa storia?» Riconobbi la mia voce, disperata e quasi supplicante.

«Troveremo una soluzione» disse la voce maschile, debole ma sicura, mentre si avvicinava all'altra figura dall'abito rosso.

Quella voce era stranamente familiare, ma c'erano troppe interferenze per capire a chi appartenesse.

«Non esistono soluzioni! Non posso ucciderti... Non posso farlo.»

I muri della mia scuola ritornarono nitidi e le immagini che stavo guardando scomparvero di colpo. Non rimasi nemmeno a prendere fiato: con il cuore a mille mi alzai velocemente e corsi verso la classe di inglese.

Non era possibile. Io che uccidevo qualcuno? Era sicuramente un errore.

Avevo la dannata e tremenda sensazione che quella scena fosse vera. O meglio, che quella scena sarebbe diventata reale nel futuro. Non riuscivo a capire come, ma in quel momento ne ero assolutamente certa.

Raggiunsi l'aula di inglese poco prima che la professoressa chiudesse la porta. Deglutendo e ansimando, mi lasciai ricadere di fianco a Rose.

«Dov'eri finita? Quella era capace di farti rimettere in punizione. E tu non puoi tornare in punizione» mi disse subito sottovoce.

«Ho avuto un'altra crisi» ansimai con il fiatone, mentre la professoressa cominciava a fare l'appello.

Non rimasi affatto stupita quando sentii la mia voce incrinata. La mia amica mi guardò con occhi sorpresi, invitandomi a continuare con un cenno del capo.

«Ho visto delle cose» le sussurrai agitata. «No, non sono svenuta, ma... è possibile che io abbia visto il futuro?»

Rose rivolse subito un'occhiata a Matt, che però non stava ascoltando, proprio nel momento in cui la professoressa chiamava il mio nome.

«Presente» risposi in fretta, prima di rivolgermi nuovamente a Rose. «Rose, è stato orribile. Ho visto me stessa dire di dover uccidere una persona...»

«Sicuramente prima o poi ti capiterà» scrollò le spalle. «Siamo o non siamo in guerra?»

«Sì, Rose, ma...»

«Rose Ward?»

«Presente.»

«Ora la pregerei di non parlare più con la signorina Lewis, potrete farlo non appena uscirete da questa aula.»

Feci per parlare di nuovo con Rose, ma lei mi precedette.

«Ci pensiamo dopo, ok? Matt sicuramente potrà dare più senso a questa faccenda...»


***


«Uccidere qualcuno?» Matt aggrottò la fronte pensieroso. «Non mi sembra una cosa così assurda: siamo in guerra in fin dei conti.»

«Sì, è quello che ho detto anche io.»

«Non state capendo» li interruppi. «Mi sono vista in preda al panico dire al mio interlocutore di non poterlo uccidere. Era un ragazzo della nostra età, circa. Sembravo disperata, non poteva essere un nemico.»

«Dove vi trovavate? Descrivimi il posto» disse Matt mentre uscivamo fuori dall'aula.

«Era una specie di cortile interno, proprio come quello della nostra scuola. Ma le pareti erano di pietra nera, forse ossidiana. Sembravano decorate con un filo d'oro.»

«La Rocca Nera» disse Rose mangiandosi un'unghia nervosa.

«Che cos'è?» chiesi subito.

Prima che Rose e Matt mi rispondessero, giungemmo fuori all'aperto per l'intervallo. Ci sedemmo su una panchina e Matt tirò fuori un libro.

«La Rocca Nera è il castello della famiglia reggente di Pyros, a Fyreris. Le reggenti sono quelle quattro famiglie che governano le regioni di Elyria. Da dopo la caduta dei Figli del Sole, la famiglia reggente di Kylien coincide con la famiglia regnante, che governa tutta Elyria» spiegò Matt sfogliando il libro. «Dovrebbe essere qui... ecco...»

Matt indicò l'immagine di un imponente e gigantesco castello, le cui altissime mura corrispondevano perfettamente a quelle che avevo visto durante la crisi.

«Ma perché mai dovresti trovarti lì?» chiese Rose con un filo di voce.

«Ho visto il futuro?» dissi io nello stesso momento.

«Il futuro è molto lungo» rispose Matt fissando il vuoto. «Potranno e succederanno cose che in questo momento non ci possiamo nemmeno immaginare.»

«Ma in quella visione non ero molto più grande di adesso!» protestai. «Il fisico era lo stesso, la voce uguale. E il vestito che avevo addosso era giovanile!»

«Mettiamo che questo accada veramente. Chi dovresti mai uccidere? Spero non me» fece Matt, alzando le sopracciglia.

«No, Matt. Decisamente non eri tu. Ti avrei riconosciuto.»

«Questa storia si sta incasinando più del dovuto» disse Matt. «Credo che per il momento non dovremmo aggiungere questa visione alla lista delle cose da analizzare. Ce ne occuperemo quando e se torneremo ad Elyria.»

Ma io non sarei riuscita a ignorare quella crisi così facilmente.

«Credo che ogni visione che avrò aggiungerà un interrogativo a tutta questa storia» dissi piano. «Non la finiremo mai di aggiungere problemi.»


***


Dopo l'intervallo, avevo un'ora buca. Così, mentre Rose e Matt andavano a lezione di spagnolo, che io non seguivo, rimasi nel cortile a leggere il libro su Elyria. Non riuscivo a concentrami: la mia mente tornava di continuo, insistentemente, alla crisi di quella mattina.

«Principessa!»

Chiusi il libro il più velocemente possibile e lo fiondai nella borsa. Alzai gli occhi verso William Cole, che mi stava raggiungendo.

«Che vuoi?» Visto quello che era successo quella mattina non riuscii a non essere brusca.

«Non sarebbe dovuta finire così.» Will liquidò la questione con un semplice gesto della mano.

Trattenni a stento una risata incredula.

«So a cosa stai pensando.»

«Ah sì? Al fatto che tu sia un falso doppiogiochista privo di sentimenti?» dissi. «Giusto.»

«No, stai pensando che sono come West. Che ho fatto quello che avrebbe fatto lui.»

Mi limitai a guardarlo e mi chiesi come potesse ricordarsi il nome di Weston.

«Non è così» continuò. «Loro lo sanno chi sono e cosa voglio da loro.»

«Lo hai già fatto questo discorso» gli ricordai, alzando gli occhi al cielo. «Dovresti sapere che la maggior parte di noi ragazze non è così... solo sesso e niente sentimenti.»

Will mi guardò aspettando che continuassi, ma io rimasi in silenzio. Questa conversazione non era nuova e non volevo che diventasse un mio pensiero fisso. Non ne avevo bisogno.

«Allora, quando facciamo la nostra serata?» Will decise di cambiare discorso.

Sedendosi sulla panchina di fronte alla mia, si chinò in avanti.

«Non avresti lezione, adesso?» gli chiesi irritata, evitando la domanda.

«No, ora buca» disse vago, prima di recuperare il discorso. «Allora?»

«Allora cosa?»

«La serata all'insegna dell'alcol» ripetè un po' spazientito.

«Ah già» dissi. «Non lo so... verso il fine settimana.»

«Sabato dopo la partita?» propose.

«Va bene» acconsentii.

«Perfetto. Comunque che cosa stavi leggendo?»

Mentre poneva quest'ultima domanda, allungò lo sguardo sulla mia borsa. Simulai il miglior sorriso del repertorio.

«Niente.»

«Sei una di quelle ragazze che si vergognano a dire cosa stanno leggendo?» chiese ridacchiando, allungando una mano.

Automaticamente presi la borsa con entrambe le mani e la portai a distanza di sicurezza da Will, abbracciandola e appoggiandola sulle mie gambe.

«Può darsi» replicai.

«Allora non insisto.»

Calò un silenzio imbarazzante. Nessuno dei due sembrava sapere cosa dire. Cominciai ben presto a desiderare che se ne andasse di lì, cosicché potessi ricominciare a leggere il mio libro.

Will, però, aveva lo sguardo spento rivolto verso il vuoto. Sembrava pensieroso. Aprii e richiusi la bocca svariate volte.

«C'è qualcosa che non va?» chiesi infine. «Sembri soprappensiero...»

«In effetti lo sono» ammise, senza guardarmi. «Stavo pensando alla mia famiglia.»

«Alla tua famiglia?»

«Sì, ogni tanto capita che mi chieda che fine abbiano fatto i miei genitori.»

«A volte me lo chiedo anche io» sospirai, facendolo girare verso di me. «Non so nemmeno se siano vivi o meno. Quando ci penso però mi chiedo: è giusto pensare a loro e preoccuparmi quando mi hanno abbandonata?»

Questo, in realtà, era ciò che pensavo prima di scoprire che mia madre era morta. Ora che sapevo di più della mia famiglia, non riuscivo a pensare a nulla, liquidavo in fretta la questione dalla mia mente.

«Ti hanno comunque messa al mondo. Non dovremmo essere grati di questo?»

«Alla fine non mi hanno regalato una gran bella vita» ribattei.

«Ma stai comunque vivendo» insistette, guardandomi corrucciato.

Lo guardai attentamente senza replicare, ritrovandomi solamente a sventolare la mano come per dire che non aveva importanza.

«Lo so che non la pensi come me» continuò. «Ma sicuramente i tuoi genitori non ti hanno messa in orfanotrofio a cuor leggero.»

A primo impatto, in realtà, mi era sembrato che quella decisione mia madre l'avesse presa abbastanza velocemente.

«Hai mai pensato di scoprire qualcosa su di loro?» mi chiese dopo un po'.

«No.»

Almeno non fino a questo momento, pensai stancamente.

«Nessuno mi ha mai detto qualcosa su di loro, nemmeno in orfanotrofio. Mi hanno solo detto che mi hanno semplicemente trovata davanti al portone.»

«Mi dispiace» disse piano.

«Me ne sono fatta una ragione» dissi pacata, scrollando le spalle.

«Sì, qui abbiamo proprio bisogno di una serata all'insegna dell'alcol» cercò di sdrammatizzare.

«Vodka» dissi guardandolo e cercando di sorridere. «Non mi interessa il gusto, ma ho bisogno di vodka.»

«Ai suoi ordini, capitano.»


***


«Com'è possibile odiare così tanto una persona?» si lamentò Rose a pranzo.

«Sta parlando della professoressa Torres» mi sussurrò Matt all'orecchio, mentre Rose cominciava a insultare la professoressa. «Le ha praticamente detto che se non si darà un regolata la boccerà. Rose naturalmente da la colpa a lei...»

«Certo che è colpa sua!» sbottò, facendomi ridacchiare. «Maledetta me quando ho scelto questo corso! Come se non ne avessi già abbastanza di sapere il latino, il greco e le lingue antiche di Elyria!»

«Le studiate davvero?»

«Sì» mi rispose Matt. «Fin da piccoli. Moltissime iscrizioni nell'isola sono in greco o in latino.»

«E dovrai impararle anche tu signorina!» fece Rose puntandomi il dito contro. «Non credere di esserne esentata!»

«Okay, non sta dicendo sul serio» disse Matt piano, rivolto a me. «Comunque oggi cominceremo con la spada.»

«Perfetto.»

«Andrai da sola con Rose ad allenarti. Io voglio sfruttare l'assenza di mio padre in casa per cercare altre informazioni su tua madre.»

«Ottima idea» convenni, ripensando alla conversazione avuta prima con Will. «Può darsi che tuo padre tenga dei diari? Forse nell'archivio dell'Istituto Omega ci sono delle informazioni sugli ex membri dell'Ordine, relazioni o roba del genere...»

«Potrei provare.»

«E io stanotte potrei provare a entrare nell'ufficio di mia zia» propose Rose, dimenticando di insultare la professoressa Torres. «Se mi becca nel suo ufficio potrei anche mentire e dire che suo figlio Hector mi ha nascosto la piastra nel suo ufficio.»

«Sì, molto credibile Rose...» ridacchiò Matt.

«Che c'è?» protestò lei. «Mio cugino Hector sarebbe capace di farlo! E potrebbe anche coprirmi se gli prometto qualcosa.»

«Provaci allora.»

«È quello che farò» dichiarò convinta. «Spero solo che Chantal non mi becchi.»

«Chantal?»

«Sarebbe l'altra mia cugina, sorella del piccolo e dolce Hector. Ti basta sapere che non è per nulla simile al fratello. Va a scuola a Los Angeles e ha la nostra età. Gli dei solo sanno quanto ho gioito quando ho saputo che non avrei frequentato la sua stessa scuola. Per di più Matt ha avuto una cotta per lei!» disse in tono d'accusa, voltandosi a guardare l'amico come se gli facesse pena.

«Rose...» disse Matt raddrizzandosi gli occhiali. «Tutti hanno avuto una cotta per tua cugina! È un passaggio fondamentale per tutti gli adolescenti dell'Ordine!»

«Potrà essere bella finché vuoi, ma ha il cervello piccolo quanto una noce.»

«In realtà è anche intelligente. È una brava combattente e...» la contraddisse Matt, fermandosi non appena Rose gli lanciò un'occhiata di fuoco.

«Comunque hai un sacco di parenti, Rose» le dissi cercando di evitare una discussione fra i due.

«Tre cugini e due fratelli» rispose. «Mia zia, il Comandante dell'Istituto Alfa, ha tre figli. Colton, che ha due anni in più di noi ed è stato mandato all'Istituto Zero, Chantal e Hector, che ha compiuto otto anni...»

«E tu Matt?»

«Li avevo» rispose, facendomi pentire di aver fatto quella domanda. «La sorella di mio padre aveva una sua famiglia. Sono stati uccisi a Elyria prima del Grande Esilio dell'Ordine.»

«Mi dispiace.»

«È successo molto tempo fa. Non me li ricordo nemmeno più.»

«Com'è successo?»

«Con il passare degli anni le guardie reali sparse per tutta Elyria sono diventate sempre più incontrollabili. Ogni piccolo villaggio, ogni singola comunità anche solo sospettata di aver infranto una legge o di aver intrattenuto rapporti con i Ribelli rischia di essere cancellata. Come è successo nel paese di mia zia. La gente comune non sa di queste cose. O meglio, fa finta di non saperle.»

«La gente non vuole rischiare di fare la stessa fine» commentò Rose.

«Ma l'Ordine dovrà agire prima o poi, no?»

«È proprio di questo che si sta occupando l'Istituto Zero» mi rispose Matt. «Solo che dobbiamo agire d'astuzia, noi siamo troppi pochi in confronto alle truppe del Re per agire di forza.»

«C'è qualcuno che opera ad Elyria?»

«Certo» mi rispose Rose. «Abbiamo delle spie anche nelle corti, per non parlare di intere comunità dalla nostra parte.»

La campanella di fine pausa pranzo suonò, sovrastando la voce di Rose.

«Beh, avremo il tempo per parlarne...» disse Matt alzandosi dal tavolo e afferrando la sua borsa.

«Oh, puoi scommetterci.»


***


«Non ci posso credere.» Rose parlò lentamente, fermandosi in cima alle scale dell'ingresso della scuola.

D'improvviso era come se si fosse paralizzata.

«Parliamo del diavolo e spuntano le corna» commentò Matt piano, mentre sul suo viso prendeva vita un'espressione strana.

A quel punto anch'io la vidi.

Davanti a noi c'era una ragazza dai capelli ramati raccolti in una treccia. Anche se non erano rossi come quelli di Rose, si poteva capire facilmente che quelle due fossero parenti. Aveva il naso sottile e le labbra carnose; gli occhi erano di un azzurro glaciale.

Era la cugina di cui avevamo parlato a pranzo.

«Che cosa ci fa lei qua?» chiese Rose incredula.

Stava parlando con un ragazzo alto dai capelli biondi, che ci dava le spalle. In un primo momento non seppi riconoscerlo.

Pochi secondi dopo la domanda di Rose, Chantal girò il capo verso di noi e si accorse della cugina.

«Rosie! Eccoti qua!» disse, facendo voltare anche il ragazzo, che riconobbi di colpo.

Che cosa diavolo ci faceva lì Shaun?

«Guarda caso sono proprio le due persone che odio di più al mondo a chiamarmi così» commentò Rose, che contorse la faccia in un sorriso forzato.

Quando Rose, malvolentieri, si mosse, io e Matt la seguimmo.

«Shaun, che cosa ci fai qui?» gli chiesi spostando lo sguardo da lui a Chantal.

«Sono venuto a salutare una vecchia amica» disse facendo un piccolo sorriso verso Chantal.

«Matthew!» nello stesso momento Chantal si rivolse a Matt, che era di colpo ammutolito.

Capii che, evidentemente, la fase cotta c'era ancora, e che questa era pure abbastanza forte.

«Rosie, ho saputo che hai avuto un guasto alla macchina. Sono venuta a prenderti...»

Il suo sguardo si posò su di me. Mentre il suo sorriso si congelava, mi porse la mano e chiese con una domanda retorica: «E tu dovresti essere Evelyn Lewis, giusto?».

Quell'atteggiamento non mi convinse e men che meno lo fece il fatto che lei e Shaun si conoscessero. Però mi costrinsi ad afferrare la mano.

«Piacere» disse con uno strano tono nella voce.

Per fortuna Rose prese parola, guardando in cagnesco la cugina un'altra volta.

«Non torno a casa, oggi. Io ed Evelyn volevamo andare al parco...»

«Non dovevate andare in biblioteca a studiare?» chiese Shaun guardandomi con sguardo calcolatore.

«Abbiamo deciso che fosse meglio studiare all'aperto» dissi subito, inventando qualcosa sul momento. «È una bella giornata ed è un peccato passarla al coperto visto che potrebbe essere uno degli ultimi giorni senza pioggia...»

«Esattamente» disse subito Rose. «E avevamo intenzione di andarci in autobus.»

«E perché mai?» fece Chantal, sorridendole. «Vi ci accompagno io Rosie.»

Sorrisi anch'io, un sorriso privo di felicità. Se c'erano persone che mi davano fastidio, erano quelle che non si facevano gli affari propri.

«Accompagno io Evelyn» disse Shaun d'un tratto. «Dove dovete incontravi?»

«National Park, ingresso principale» disse Rose, lanciandomi un'occhiata titubante.

«Ci vediamo là» le assicurai. «Ci sentiamo dopo, Matt.»

Matt si limitò ad annuire, mentre continuava a guardare la cugina di Rose evidentemente incapace di proferir parola.

«Allora Chantal, spero di rivederti presto» la salutò Shaun, prima di avviarsi verso la sua macchina.

Interdetta, lo seguii, chiedendomi ancora come facesse a conoscere l'orgogliosa cugina di Rose.




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