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Capitolo 35 • Insieme

C A P I T O L O  X X X V
~
• I n s i e m e •

«Noi due non abbiamo ancora finito.» la voce apparentemente calma del vecchio mi faceva sentire ancora più in colpa.

Avrei preferito di certo che si mettesse ad urlare, mi ero preparato a quello e non sapevo come affrontare questa rabbia celata dalla calma. Annuendo piano, non sapendo come congedarmi, uscii in fretta dalla stalla, scappando letteralmente da quella situazione.

Matt mi seguì subito, ovviamente. Io, senza assicurarmi che mi seguisse, cominciai a camminare su per le scale.

«Evelyn, Eve, tutto bene?» Matt teneva bene il passo, forse pensava pure che fossi arrabbiata per qualche motivo.

«Sì, sto solo cercando di allontanarmi da quella stanza il più in fretta possibile.» feci voltandomi un momento per guardare se qualcuno stava uscendo dalla stalla. «Ci sono troppe persone che vogliono parlarmi, ma non è il momento.»

«Anche io voglio parlarti.»

«Non avevo dubbi.» replicai subito. «Ma un conto è rispondere a te e un conto è farlo a tuo padre, a Karlsen e a mia nonna.»

«Tua nonna?» presi Matt completamente alla sprovvista. «Come... aspetta lei è...»

«Mia nonna, sì.» risposi accelerando il passo. «È una storia lunga. Eravamo sulla Montagna Rossa per andare a trovare la tomba di mia madre. Credevo... Will credeva che avrebbe provocato una tempesta emotiva sufficiente per sbloccarmi i poteri del fuoco. Ma forse, non è stato quello a sbloccarli... forse è stato quello che ho capito riguardo a lei. Ho visto la stessa polvere che avevo trovato sul giubbotto di Joanne sulla tomba di mia madre. Lì ho capito, sapevo già che aveva o aveva avuto una figlia, la soffitta non lasciava dubbi. Quello, la polvere e ciò che mi aveva detto Mylene riguardo a sua madre mi hanno fatto fare due più due...»

«E scommetto che non sei riuscita a trattenerti dall'andarla a cercare, vero?» fece lui sospirando, come se se lo fosse aspettato.

Alzai le spalle, scuotendo leggermente la testa: «Forse ha ragione Will, sono troppo impulsiva...». Matt rimase in silenzio per qualche minuto, finché non raggiungemmo di nuovo i corridoi della Rocca Nera.

«Cosa c'è fra te e William?»

Mi girai a guardarlo di scatto, dicendo fin troppo in fretta: «Nulla! Ancora con questa domanda? Siamo ritornati a Boston?». Mi ritrovai in fretta a distogliere lo sguardo dal suo, avendo come sempre l'impressione che sapesse trapassarmi da una parte all'altra leggendomi il pensiero.

«Anche se la situazione può sembrare cambiata, Eve, alla fine lui se ne andrà di nuovo...»

«Lo so.» risposi deglutendo. «Infatti ti ripeto che non c'è niente. Lui a marzo si sposerà e saremo di nuovo nemici come prima.»

«Perché hai sottolineato il fatto che si sposerà?»

«Perché ultimamente non ci sto pensando abbastanza.» sussurrai, non potendo farmi sentire da Matt.

«Matt!» la voce di Will rimbombò per il corridoio.

Alzai le sopracciglia, non potendo non sollevare lo sguardo sulla sua faccia. Perché aveva chiamato lui e non me? Non appena lo vidi, rimasi un attimo disorientata: Will sembrava agitato, sembrava che in questi venti minuti in cui se ne era andato gli fosse successo qualcosa.

«Dovete seguirmi subito.» fu quello che disse, non appena ci raggiunse.

«Che cosa è successo?» mentre Will ricominciava a camminare velocemente verso la direzione da cui era arrivato, non potei trattenermi dal chiederlo.

Dovetti accelerare il passo per rimanere dietro ai passi lunghi di Matt e di Will: ero alta, ma non quanto loro. Quando Will parlò di nuovo, quasi non credetti alle mie orecchie: «Sono arrivati, erano loro gli ospiti di cui parlava Karlsen...».

Will cominciò a camminare più forte ed io dovetti improvvisare una corsetta per rimanere al suo fianco. Mentre Matt rimase zitto in attesa che Will si spiegasse, io non riuscii a non parlare: «Chi sono Will? Di chi stai parlando?».

«Rose e Spencer.»

***

Irrompemmo in infermeria correndo come dei pazzi. Sia io che Matt non avevamo fatto altro non appena Will aveva risposto. Dentro, il mio cuore sprizzava di gioia, e non potevo nemmeno soffermarmi a pensare al perché si trovassero proprio in infermeria. Anche per pensare al perché cavolo Shaun, che avevo lasciato a Boston, si trovasse qui a sua volta.

Continuai a correre nel lungo corridoio di degenza, cercando con lo sguardo il letto in cui si trovava la mia migliore amica. Alla fine, la trovai: mi precipitai subito al suo letto.

Era sveglia, lì in mezzo ad una marea di cuscini, e non appena mi vide arrivare alzò il viso pallido e stanco sul mio. Lacrime di gioia cominciarono a sgorgarmi dagli occhi, scivolandomi lungo le guance.

«Evelyn...» la voce di Rose era fortunatamente forte ed estremamente sollevata.

Non potei fare a meno di abbracciarla, ricevendo subito un grosso e stretto abbraccio da parte sua. Quella era una delle poche volte in cui ci eravamo abbracciate, sicuramente. Non appena mi staccai, non feci in tempo a parlarle che Matt si ci buttò addosso proprio come avevo fatto io.

Con il mento sopra la sua spalla, Rose chiuse gli occhi abbracciando Matt, che la stava stringendo a sé come se avesse paura che da un momento all'altro si dissolvesse nell'aria. Non mi girai nemmeno a guardare dove fosse Shaun: ora che avevo ritrovato Rose, dovevo assicurarmi che stesse bene.

«Sei viva...» sussurrai piano sedendomi sul letto quando finalmente Matt si staccò da lei.

A quel punto la vidi bene: Rose non aveva una bella cera come sempre, era bianca, struccata e i capelli erano legati in una crocchia arruffatissima. Per non parlare delle profonde occhiaie che le segnavano gli occhi. Intanto le lacrime non riuscivano a fermarsi: ancora non mi sembrava vero di averla qui con me.

Eravamo di nuovo insieme, tutti e tre insieme.

«È stato merito di Shaun.» Rose sorrise a tutti noi, sicuramente anche lei si stava liberando del pesantissimo pensiero di che fine avessimo fatto. «È stato lui a salvarmi dalla Caserma Superiore, ed è stato grazie a lui che vi abbiamo trovati...»

«Shaun?» chiesi subito, girando lo sguardo per cercarlo.

«La Confraternita Oscura in effetti.» precisò con un gran sorriso. «Qualcuno ha pagato la confraternita perché mi facessero evadere.»

«Non dovevo accettare, Rose, non dovevo accettare di andare a quella festa, è stata la cosa più stupida che abbia fatto...»

«Non dovevamo andarci, Eve. Ma è stata colpa mia, abbiamo rischiato tanto...»

«Non pensiamoci, ragazze.» fece Matt, con un gran sorriso. «Ora siamo di nuovo insieme, tutti vivi e vegeti...»

«Non proprio Matt.» il sorriso scivolò via dalla bocca di Rose. «O almeno, non lo siamo né io né Shaun. Nemmeno Eve se vogliamo proprio essere precisi.»

«Che cosa è successo?» chiesi subito, scambiando uno sguardo veloce con Matt. «Che cos'è successo, Rose?»

Rose si portò dietro l'orecchio una ciocca di capelli ribelli, prima di parlare: «Al covo di Fyreris siamo stati attaccati.».  Aggrottai la fronte non capendo quello che stava dicendo: «Covo?».

«Sì, le basi della confraternita le chiamano così. Eravamo stati convocati dal capo di quel posto, che doveva dirci dove vi avremmo trovato. E lui ha cominciato a dire delle cose...» Rose si fermò un attimo, rabbrividendo al racconto. «Diceva che l'ultima luna avrebbe governato su Elyria, ripulendola da tutti coloro che ha chiamato indegni... Era inquietante e sia io che Shaun abbiamo avvertito il pericolo. Dopo... dopo ho visto la stessa macchia nera che avevamo trovato sul collo di Fallon.»

Non potei fare a meno di spalancare la bocca, sentendo una strana morsa allo stomaco. Non poteva essere vero, come cavolo era possibile?Come se mi ricordassi solo allora di Will, mi girai come una furia a cercarlo, convinta che lo avrei trovato proprio dietro alla mia schiena.

Con un veloce e breve momento di sollievo, vidi che non ci aveva seguito fino al letto di Rose. Non appena mi fui assicurata che Will non c'era, mi rivoltai verso di Rose.

«Come con Adam?» ripeté Matt confuso, preso anche lui alla sprovvista.

«Ma non era l'unico, Matt.» Rose sembrava preoccupata e decisamente tesa. «Tutto il Covo Due sembrava essersi convertito in quelle creature... È stato un miracolo che io e Shaun ne siamo usciti vivi: alla fine lui ha attivato l'autodistruzione del covo.»

«Qualcuno sta davvero resuscitando i morti, allora...» sussurrai piano, confusa.

Rose annuì, posando lo sguardo sul mio: «Hanno dei poteri straordinari, si possono solo mettere fuori gioco ferendoli a quella macchia nera. Matt... possono usare l'elettricità.».

«Che cosa?»

«E con quel potere sono riusciti a prosciugare le mie energie: mi sento da schifo, mi sento  letteralmente svuotata.»

Matt non credeva alle proprie orecchie. Passò lo sguardo confuso, davvero raro per uno come lui, da me a Rose, fissandosi qualche secondo di troppo sul mio viso. Aprì e richiuse la bocca un paio di volte, ma, quando fece per parlare, un'infermiera ci interruppe.

«Voliate scusarmi, ma vorrei informarvi che il vostro amico sta bene, si riprenderà. Rimarranno le cicatrici, ma non ci sono danni permanenti.»

Aggrottai la fronte: che cosa cavolo era successo a Shaun? Girai subito lo sguardo verso Rose, che aveva abbassato le spalle in un gesto di sollievo. Quando l'infermiera si allontanò, Rose rispose alle nostre domande silenziose: «Shaun si è bruciato, o meglio, la scossa di elettricità lo ha bruciato.».

«Ma come è possibile?» feci subito, ottenendo in tempo record una risposta da Matt.

«Non è stato il potere del fuoco a ferirlo, ma quello dell'elettricità. E a quello non è immune... La vera domanda è: come possono esistere esseri capaci di controllare quel potere?»

Rose scosse la testa: «Non ne ho la minima idea.». Matt cominciò a guardare il vuoto, come se stesse cercando di trovare una soluzione al problema. Alla fine, si limitò a dire: «Devo andare in biblioteca.».

Si congedò in fretta da noi, dopo essersi assicurato che Rose stesse davvero bene. Non appena il nostro amico uscì dalla porta dell'infermeria, Rose si sistemò meglio sui cuscini, come se volesse mettersi più comoda per riposare. Notando la sua cera stanca e davvero bisognosa di energie, mi alzai dal letto.

«Hai bisogno di riposare, Rose.» le dissi dolcemente. «Cerca di addormentarti, vado a trovare Shaun e poi tornerò qui.»

«Non ho bisogno che tu mi faccia da balia, Eve.» sorrise piano, sicuramente parlando sul serio.

«Lo so, Rose.» replicai. «Ma lasciami ricambiare il favore di tutti i mesi passati a Boston.»

***

Quando mi affacciai alla stanza riservata in cui si trovava Shaun, lo trovai seduto con la schiena contro la testiera del letto. Era sveglio, decisamente di più di quanto non lo fosse Rose.

Aveva la sua spalla sinistra completamente bendata e le fasce raggiungevano pure il petto. Non appena mi vide, sul suo volto prese vita un piccolo sorriso. Come Rose, anche i suoi occhi erano solcati da profondissime occhiaie blu.

«Di sicuro non mi sarei aspettata di rivederti così.» esordii appoggiando la spalla allo stipite della porta.

«Credimi, io non mi sarei mai aspettato di trovarti nella Rocca Nera in compagnia di Cole.»

«Devo ancora metabolizzare anche io la cosa, Shaun.» mi allontanai dalla porta, andandomi a sedere nella poltrona di fianco al suo letto.

Shaun portava la barba più lunga rispetto all'ultima volta che lo avevo visto: di certo nel viaggio che aveva compiuto non aveva avuto tempo di prendersi cura del suo viso. Ma io dovevo ammettere a me stessa che lo trovavo dieci volte più affascinante così che rasato.

«Ma allora, ti sei bruciato?»

«È il paradosso dell'anno.» Shaun diventò serio tutto d'un tratto. «Sta succedendo qualcosa di grave, Evelyn. Qualcosa che va oltre l'imminente guerra civile.»

«Lo so.» sussurrai piano. «Stanno succedendo troppe cose strane anche per voi.»

Non potei fare a meno di pensare a quello che era successo anche con Will. Di certo, tutti questi avvenimenti non potevano essere una coincidenza. Deglutendo, non potei fare a meno di chiedergli: «Ti rimarranno le cicatrici?». Shaun alzò gli occhi chiari su di me, annuendo: «La saetta di quel Dominus mi ha attraversato tutta la spalla: la pelle della mia spalla sarà percorsa per sempre da lunghe e sottili cicatrici bianche ramificate.».

«Mi dispiace Shaun.»

«Sono ferite di guerra.» liquidò l'argomento con un veloce gesto della mano. «Le ferite di guerra si portano con onore, non con ribrezzo.»

***

«Chi è tutta sta gente? Non è normale tutta questa gente...»

Avevano dimesso Rose la mattina seguente. Dopo una bella dormita stava decisamente meglio. Naturalmente aveva passato tutta la mattina a prendersi cura di se stessa, accettando ben volentieri l'aiuto di Ariadne, che finalmente aveva trovato qualcuna che accettasse i suoi consigli ben volentieri.

Il risultato del tutto era che adesso Rose era vestita come una vera nobile, con un'acconciatura elaborata e con un leggero trucco davvero bello. E io invece, avevo un semplice paio di pantaloni neri e una larga maglietta dello stesso colore che avevo trovato nel più remoto dei cassetti della mia camera quella mattina. I capelli erano raccolti in una crocchia alta e disordinata e non ero minimamente truccata se non per coprire le occhiaie.

Alla fine, era come se fossimo ancora a Boston.

Ormai era quasi ora di pranzo e io avevo notato con preoccupazione che la Rocca Nera non era mai stata così tanto piena di persone: le più disparate categorie di Domini, a partire da guardie e fabbri fino ad arrivare a nobili e medici, continuavano ad entrare nel palazzo.

Rose scosse la testa: «Non ne ho la minima idea.». Ci trovavamo in un corridoio, appoggiate alla parete ad osservare tutte quelle persone. La mia ragione sembrava urlarmi di scappare e di nascondere il mio viso, ma avevo convenuto con Rose e con Matt che Blain e lo stesso Will non avrebbero permesso di far entrare gente se non fossero stati sicuri della loro fedeltà.

D'altro canto, io non ero così ottimista come loro a riguardo.

«Fra poco dobbiamo andare a pranzo.» esordì Rose dopo un paio di minuti, cambiando radicalmente argomento. «Giuro che se ci sarà William non entrerò lì dentro.»

«Will non ci sarà.» le dissi distrattamente, ritornando a pensare a quello che era successo quella notte. «Ma per il momento è dalla nostra parte, Rose...»

«Non sarà mai dalla nostra parte.» ribatté cominciando ad irritarsi. «E meno ci stiamo vicine meglio è.»

«Notò il cambiamento dal "ci stai" al "ci stiamo".» commentai staccando il cervello.

Ormai avevo capito che le ammonizioni di Rose riguardo a Will non avevano autorità su di me: involontariamente e spesso inconsciamente facevo proprio il contrario di quello che mi diceva.

«Andiamo, Matt ci sta aspettando lì.» decise di chiudere l'argomento con un'occhiata di fuoco.

Mi limitai ad annuire, liquidando in fretta la questione dalla mia mente, mentre cominciavamo ad incamminarci verso la sala da pranzo. Per tutto il tragitto Rose continuò a guardarsi in giro, ammirata quasi quanto lo ero io dalla maestosità dei corridoi del palazzo.

Quando arrivammo, mi sentii subito addosso lo sguardo di Karlsen e di Davis. Per fortuna, Joanne non era a tavola. Rose si andò subito a sedere vicino al cugino, al quale si era ricongiunto quella mattina in infermeria e io mi accorsi troppo tardi dell'unico posto che era rimasto libero.

Sentendo una morsa allo stomaco, mi costrinsi a camminare lentamente verso quella sedia, che si trovava proprio di fianco ad Elias Karlsen. Sospirai, intuendo già come sarebbe andata a finire la situazione. Dopotutto, come dovevo ricordare a me stessa, prima o poi quella conversazione sarebbe arrivata: era meglio togliersi il pensiero.

Non appena mi sedetti, non potei fare a meno di lanciare un lungo sguardo irritato a Rose, che però stava parlando animatamente con Colton.

«Ti sei nascosta tutta la mattina.» esordì Karlsen con voce piatta.

«Se devi rimproverarmi fallo senza giri di parole.» sbuffai subito, cercando di regolarizzare il battito del mio cuore.

«Credevo solo che fossi più intelligente.» replicò. «Che cosa ti è saltato in mente? Tu rischiavi tutto, il principe al massimo avrebbe fatto finta di starti consegnando.»

«Ha funzionato.» ribattei debolmente. «Ieri notte sono riuscita ad usare il potere del fuoco...»

Mi trattenni dal dire di più e Karlsen, mentre i servitori portavano i vassoi in tavola, continuò a parlare: «Ogni tua singola azione comporta con sé il peso della vita di ogni singolo Dominus di questo mondo, ragazza.» la sua voce mirava a farmi sentire in colpa e ci stava riuscendo bene in effetti. «Di quella dei tuoi stessi migliori amici, di quella delle persone che ami di più al mondo. Purtroppo sei l'impulsività fatta persona e mi sembra chiaro che non possiamo fidarci di te.»

Alzai le sopracciglia, nonostante concordassi con lui. Perfetto, ora mi avrebbero tenuta sott'occhio ventiquattr'ore su ventiquattro. Ne era davvero valsa la pena bussare alla porta di Joanne e scoprire quelle cose? La risposta era inevitabilmente sì. Abbassai la testa.

«Colton Wilson si è gentilmente offerto di accompagnarti in giro durante la giornata...»

«Che cosa?» esclamai subito non credendo alle mie orecchie. «Ho capito il mio errore... non ho affatto bisogno della balia!»

«Sono le condizioni di Lord Blain per farti rimanere qua dentro.»

«Ma è una pazzia, io non voglio...»

«Non contestare, ragazza.»

Non sapevo che cosa dire. La loro fiducia si era davvero così azzerata? Rimasi in silenzio, voltandomi a guardare il piatto, con la fame che tutta d'un tratto era passata. Sicuramente se mi fossi alzata annunciando che sarei andata  nella mia camera a riposare, Karlsen mi avrebbe fermata o comunque avrebbe convinto Colton ad alzarsi a sua volta.

Mi costrinsi a mangiare un pochetto. Quando Lord Blain si alzò dal suo posto a capotavola e parlò ad alta voce a tutti i presenti, fui contenta di non essere uscita da lì.

«Sono lieto di annunciare che stasera accoglieremo ufficialmente tutte le persone che in questi ultimi due giorni sono giunte a palazzo, nella speranza di potersi alleare alla nostra umile causa.»

Non so per quale strano motivo, cominciai ad avere una brutta sensazione. Eliminai dalla mia testa tutti i pensieri, costringendomi ad ascoltare Lord Blain.

«Questa sera tutto sarà spiegato. Questa sera, alla nostra festa, diventeremo tutti alleati, verremo uniti sotto lo stesso nobile obbiettivo. Stasera, sorgeremo.»

***

Non parlavo da ore. Con tutto quello che era successo non potevo non essermene dimenticata.

Non appena Lord Blain aveva pronunciato la parola festa, la mia mente si era riempita subito di tutti i ricordi e le preoccupazioni riguardo a quella vecchia crisi che avevo avuto. Ricordavo di essermi scambiato uno sguardo veloce con Rose e con Matt, prima di alzarmi da tavola e scappare da quella stanza, venendo accuratamente seguita da Colton.

Non gli avevo dato il tempo di raggiungermi, scomparendo dietro la porta della mia camera e chiudendomici dentro a chiave prima di lasciarmi ricadere con la schiena lungo la parete.

Ero rimasta tramortita a fissare il muro finché due cameriere non avevano bussato alla mia porta.  Non so che cosa mi avesse spinto ad aprirla: dentro di me c'era una strenua battaglia fra la curiosità per ciò che aveva detto Blain e fra la paura che quello che avevo visto sarebbe accaduto davvero.

Così in quel momento, ero nella mia camera, davanti allo specchio, mentre le cameriere mi acconciavano in silenzio i capelli. Mi stavo fissando così intensamente nella speranza di non ricordare qualche particolare del mio aspetto presente pure nella crisi.

Matt e Rose, né tantomeno qualcun altro al di fuori di Colton e delle cameriere, era venuto a cercarmi: sospettavo che ci fosse lo zampino di Karlsen, Rose non avrebbe mai accettato di non venire a parlarmi se non glielo avesse ordinato qualcuno.

Quando ebbero finito di asciugarmi i capelli ancora bagnati dalla doccia che avevo fatto prima di sedermi su quello sgabello, cominciarono ad acconciarli in un'acconciatura estremamente elaborata, composta da trecce che si intrecciavano a loro volta. Mi lasciarono libere due ciocche di capelli ondulati che mi ricaddero ai lati del viso.

Dopo passarono al trucco: non ero mai stata truccata così bene, così regalmente. Quelle cameriere sembravano proprio alcune di quelle makeup artists che si trovavano su YouTube: usarono ombretti scuri, mi sottolinearono la linea dura degli zigomi e mi misero in risalto le sopracciglia con una matita.

Quando ebbero finito, feci fatica a riconoscermi. Talmente assorta dal mio riflesso, non mi accorsi che le cameriere si erano allontanate per andare a prendere l'abito che si erano portate dietro.

Prima non ero riuscita vederlo, poiché era coperto da un telo bianco che ci faceva da pacchetto. Sentii una dolorosa stretta allo stomaco quando nello specchio apparve una delle due cameriere con un lungo ed elaborato vestito rosso. Lacrime rischiarono di sgorgare dai miei occhi, ma mi costrinsi a non farlo, avendo paura di rovinare quel bellissimo trucco.

Mi ritrovai a sospirare in cerca di aria, mentre una delle due cameriere mi diceva di alzarmi dallo sgabello. Obbedii, talmente stralunata che mi sembrava di essere in un altro pianeta.

Non appena mi ebbero messo il vestito addosso, mi voltai di nuovo verso lo specchio: era di certo il vestito più elaborato e principesco che avessi mai visto. Era di colore rosso, percorso da ricami dorati che richiamavano la fantasia dei muri della Rocca Nera, la gonna era voluminosa e la parte le spesse spalline del vestito mi ricadevano sulle spalle, lasciandomele scoperte. La scollatura era giusta, né troppo accentuata né assente.

Quando mi fecero vedere le alternative di scarpe che avrei dovuto mettere, non ebbi dubbio su quella che avrei scelto. Erano entrambe dello stesso colore del vestito, ma indubbiamente non presi i tacchi alti, consapevole che sarei finita per terra in pochi secondi. Presi le scarpe più basse, che avevano un po' di tacchetto, ma con le quali sarei riuscita a rimanere in piedi.

Quando uscii dalla mia stanza, mi allontanai in fretta, venendo raggiunta da Colton in un tempo record di cinque secondi.

«Dovresti almeno darmi il tempo di arrivare.» fece subito lui, affiancando la mia camminata spedita.

Non risposi, girandomi a guardarlo mentre cercava di annodarsi la cravatta nera. Il vestito nero di Colton era composto da pantaloni scuri da smoking, una camicia dello stesso colore e un gilet di un grigio scuro.

Non appena il suo sguardo si posò sul mio viso, fece un'espressione strana, come se fosse quasi colpito dal mio aspetto. Mi rigirai subito, guardando davanti a me cercando di ricordare dove fosse l'immensa sala da ballo che avevo visto il primo giorno che ero arrivata lì.

«Che cosa ti prende?» Colton deglutì cercando di riprendersi.

«Niente.» risposi in fretta chiedendomi se potesse essere lui il ragazzo della visione.

Per quanto mi stessi sforzando non riuscivo proprio a ricordare quella voce ovattata e i particolari di quel ragazzo che era con me nella visione. Di quel ragazzo che forse sarebbe stato con me nel cortile interno della Rocca Nera di lì a poche ore.

Mi stava venendo la nausea.

Per fortuna Colton non parlò più, seguendomi per i corridoi in silenzio. I piedi mi si mossero automaticamente, portandoci nella sala da ballo come se avessero vita propria. Mi accorsi che stavamo per arrivare solo quando sentii il gran trambusto che proveniva dal grande e aperto portone scuro.

Accelerai subito, facendomi strada fra la moltitudine di gente e lasciando inevitabilmente Colton indietro. Sperai vivamente che non mi seguisse per tutta la durata della serata, essendo lì dentro avrebbero dovuto lasciarmi in pace.

Non appena fui sulla soglia dell'immensa sala, trattenni di nuovo il fiato: in quel momento era piena zeppa di persone in abito da ballo. Quando ero piccola, avevo sognato innumerevoli volte il giorno del ballo, quello dell'ultimo anno delle superiori. Di certo, non mi sarei mai aspettata che sarebbe stato così regale e maestoso il mio primo ballo.

Lungo le pareti peculiarmente bianche per al Rocca Nera c'erano tavoli su tavoli, che avevano sopra di loro ogni pietanza possibile ed immaginabile e una marea di bicchieri. In fondo alla sala, nella piattaforma rialzata, c'era l'orchestra, che suonava una leggera e debole musica di sottofondo. Sempre lì vicino, Lord Blain stava parlando con Karlsen, vestito in abito da sera a sua volta.

«Evelyn!» non appena misi piede nell'enorme stanza, venni raggiunta da Rose.

In fretta mi girai verso di lei rimanendo spiazzata nel vederla così: altro che io, vestita così Rose sembrava una principessa, se non la principessa. Aveva i capelli agghindati in una mezzacoda piena di boccoli. Il trucco era bellissimo e il vestito lo era altrettanto: era verde smeraldo, con una cintura color verde bottiglia che divideva il corpetto smanicato e la gonna piena di balze.

«Credi che sia questa la sera?» chiese subito, notando la mia faccia distratta e disorientata.

Annuii: «Avevo questo vestito, Rose. Me lo ricordo.» le dissi, mordendomi il labbro. Rose rimase in silenzio, guardandosi attorno.

«Ho bisogno di bere qualcosa.» annunciai subito.

Rose ridacchiò piano, mentre proprio in quel momento ci passava di fianco un cameriere con un vassoio pieno di calici contenenti una bevanda violacea. Continuando a guardarmi, Rose ne afferrò due, non riuscendo a trattenersi dal commentare: «Vorrei ricordarti che cosa è successo l'ultima volta?».

«Questa volta mi è lecito farlo, ci hanno invitato qui e gli adulti conoscono la nostra posizione.» ribattei piano, prendendo dalle sue mani uno dei due bicchieri e portandomelo subito alle labbra.

Era un sapore strano ma buono, non avevo mai sentito nulla del genere. Mi ricordava vagamente lamponi e mirtilli con un tocco di qualcosa di più forte. La prima cosa che non potei trattenermi dal chiedere fu: «Ma è alcolico?». Rose annuì, ridacchiando, mentre sorseggiava a sua volta la bevanda.

Feci per riportare di nuovo il calice alle labbra ma una mano apparve nel mio campo visivo, afferrando il bicchiere e strappandomelo dalle dita. Disorientata, mi girai subito a vedere chi fosse stato, trovandomi davanti William e Matt subito dietro di lui.

Ma non potei posare lo sguardo sul mio migliore amico: William era troppo, troppo bello. Adesso era esattamente uno di quei principi che mi ero sempre sognata: portava un abito nero, simile a quello di Colton ma visibilmente più lavorato nei dettagli. Il gilet che portava sopra la camicia nera era dello stesso colore e aveva una giacca che portava una lunga fascia azzurra alla quale erano appese una marea di medaglie. Al suo fianco, pendeva un fodero, dentro il quale si trovava sicuramente una spada.

Rimasi senza parole, dimenticandomi del drink e della festa, a guardarlo assorta. Quando Rose parlò, dietro di me, schiarendosi la voce, quasi non la sentii: «Vattene Cole, non me ne frega chi tu sia, non abbiamo bisogno di te.».

«Rose...» la voce di Matt sembrava quasi stanca, come se se lo fosse aspettato da parte della rossa.

«No, sembrate esservi dimenticati chi è davvero! Tempo due settimane e farà finire le nostre teste su un paletto di legno.»

«Rose smettila, non mi sembrano il momento né il luogo adatti.» continuò il bruno, camminando verso Rose e superando Will, che intanto non stava staccando lo sguardo dal mio.

Mi sentivo una stretta al cuore, non avevo idea di come avrei fatto a non cadere nelle sue braccia quella sera: in quel momento avrei fatto tutto quello che mi avrebbe chiesto.

«Stai bene?» mi chiese piano, continuando a guardarmi imperscrutabile negli occhi.

Mi ritrovai ad annuire: «Sì, e tu?». Sorrise piano, alzando una mano e portandomi una delle due ciocche che avevo davanti al viso dietro l'orecchio: «Non sono mai stato meglio.». Arrossii leggermente, trovando la sua mano che mi sfiorava la guancia calda, come avevo pensato non l'avrei più sentita.

«Lord e Lady...» quando la voce di Lord Blain rimbombò in tutto il maestoso salone, io e Will ci girammo verso di lui. «Io e la mia famiglia siamo lieti di accogliervi nel nostro palazzo. Qui, stasera, nascerà una nuova alleanza, la più nobile e giusta di tutte. Ma prima, vi invito a divertirvi un po'.»

Come per magia, quando Lord Blain batté le mani, le luci diventarono più fioche, e tutto il salone si riempì di una musica regale e classica più forte della precedente. Rimasi ferma immobile, disorientata.

Mi scambiai un veloce sguardo con Rose, facendo un passo avanti per raggiungerla. Ma mi sentii trattenere per la mano e dovetti voltarmi di nuovo verso Will, che intanto mi guardava sorridendo, spostando lo sguardo da me a Rose.

«Vuoi concedermi un ballo?»

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