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Capitolo 29 • Mai abbassare la guardia

C A P I T O L O  X X I X
~
• M a i  a b b a s s a r e  l a  g u a r d i a •

Una fiamma prese vita davanti a me, bruciando il pavimento ignifugo della palestra della Rocca Nera. Cesar ritrasse la mano e incrociò le braccia, aspettando che io cominciassi l'allenamento.

Avrei trovato decisamente più utile allenarmi con la spada fin da subito, invece che farlo solo dopo aver appurato che io e il fuoco non andavamo affatto d'accordo. Ma dovevo riuscirci, prima o poi, per fermare la Caduta.

«Il fuoco è immateriale.» disse Cesar, ripetendo quel concetto per quella che mi parve la milionesima volta. «Devi cercare di immaginarlo come materiale e malleabile, controllandolo come se fosse un'arma che puoi maneggiare concretamente.»

Allungai la mano, mentre una fiammata si avvicinava a me prepotentemente, sicuramente a causa di Cesar. Schizzai all'indietro, abituata a pensare che il fuoco mi ferisse, mentre Cesar parlava: «Cerca di stare ferma e di deviare le fiammate con i tuoi poteri. Devi pensare che tu sia inchiodata al terreno e non sia immune alle fiamme.»

Lanciò un'altra fiammata verso di me, ma ancora io non riuscii rimanere ferma, schizzando all'indietro sentendo aumentare il calore nell'aria. Cesar continuò a lanciarmi fiammate, mentre ripeteva: «Devi stare ferma, Eve.».

«Non è facile.» replicai buttandomi di lato, prima di rialzarmi velocemente per evitare un'altra fiammata. «Soprattutto quando hai vissuto tutta la tua vita con la convinzione che il fuoco ti uccide e quando non hai affatto fiducia nei tuoi poteri.»

E così l'esercizio originale cambiò radicalmente, diventando una specie di inseguimento. Il fuoco che Cesar aveva creato all'inizio venne lasciato dissolversi e il Dominus del Fuoco cominciò a fare un tiro al bersaglio, quasi come se volesse costringermi a difendermi con i miei poteri. Era un comportamento decisamente sleale: io potevo fare solo affidamento sulla mia velocità e lui approfittava della situazione lanciandomi due palle di fuoco contemporaneamente.

Dopo qualche minuto di gloria nel quale non venni colpita da nessuna palla di fuoco, la mia poca delicatezza giocò a mio sfavore: non so come feci ad inciampare nei miei stessi piedi, sta di fatto che mi ritrovai con la schiena a terra e ben quattro palle di fuoco che mi si abbatterono contro.

Fu una sensazione stranissima, alla quale probabilmente non mi sarei mai abituata. Fu come se un'ondata di calore gigantesca si abbattesse sulla mia pelle, che assorbì il fuoco come se fossi una spugna. Il mio corpo si sentì d'un tratto più rinvigorito, ma la mia mente era disorientata.

«Direi che a livello fisico c'è molto da migliorare.»

Non era la voce che mi aspettavo di sentire.

Sentendo un tuffo al cuore, ancora con il fiatone, mi girai verso la porta della palestra. Will era lì, appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, evidentemente impegnato a seguire quel fiasco di allenamento. Deglutii senza rispondergli, rivoltandomi verso il soffitto cercando di trovare il coraggio dentro di me per alzarmi dal pavimento.

«Questo non dovrebbe essere un allenamento fisico.» ribatté Cesar raggiungendomi e allungando una mano per aiutarmi ad alzarmi in piedi.

Con riluttanza l'afferrai, sentendomi imbarazzata per il fatto di essere letteralmente scappata dal fuoco sotto lo sguardo di William. Per fortuna fu Cesar ad interrompere quel silenzio che dominava la stanza: «Hai bisogno di qualcosa?» fece lasciandosi ricadere la mano sul fianco.

«Volevo solo sapere a che punto eravamo con l'addestramento del fuoco. Avete detto che non c'erano miglioramenti e mi sembra chiaro che qui c'è qualche problema.»

«Lo sappiamo anche noi, grazie.» replicò Cesar, mentre Will cominciava ad avanzare nella stanza.

«Hai mai controllato il fuoco, durante questi allenamenti?» Will si rivolse a me, che tentennai subito, cercando di decidere in fretta se dirgli o meno la verità.

In un primo momento mi limitai a rimanere zitta, guardandolo negli occhi aurei, ma poi decidi di rispondere sinceramente: «No.». Non so che cosa mi spinse a dire la verità, visto che anche a Matt avevamo detto che un minimo riuscivo a piegarlo alla mia volontà.

Cesar non ebbe reazioni particolari, se non un'occhiata accompagnata da un'alzata di sopracciglia. Mi limitai a rivolgergli un'espressione mortificata. William fece un piccolo sorriso strano, che non mi convinse per niente, prima di dire: «Quindi le volte che lo hai piegato al tuo volere si riducono ad una sola?».

Arrossii di colpo.

Cesar spostò lo sguardo da me a lui, non capendo il perché di quella sua domanda. Io invece lo sapevo benissimo: si trattava di quella volta che gli avevo quasi bruciato le guance, dopo che avevo scoperto la verità su di lui. Cesar mi rivolse un'occhiata confusa: «Che cosa intende?».

Sospirando forte, riservando una lunga occhiata di ghiaccio a William, mi ritrovai a rispondere: «Non ho proprio controllato il fuoco come hai fatto tu in questi allenamenti. Dopo che avevo scoperto la verità su di lui, le mani hanno cominciato a sfrigolare e a bruciare...».

«Allora è davvero qualcosa di emotivo.» replicò Cesar, per fortuna non indagando oltre sulle circostanze in cui era successo. «Il problema è: che cos'è che ti blocca?»

«O meglio, che cos'è che potrebbe sbloccarti?» lo corresse Will, continuando a sorridere in quel modo strano.

Gli lanciai un'occhiataccia. Perché doveva fare così? Ci provava gusto a mettermi in imbarazzo con i miei amici? Che cosa cavolo gli stava prendendo? 'Riabituati ad un William così, Evelyn. Il Cole strafottente sta tornando.'

«Allora, Cole, visto che credi di sapere tanto, dicci che cosa potrebbe aiutarci.» sbottai, calcando sul suo cognome.

«Da quello che so, solitamente i poteri incontrollati arrivano o quando si è in una situazione di pericolo e di urgenza, o quando c'è qualche episodio emotivo particolarmente forte. Come...»

«Shh.» lo azzittii subito, cercando di non arrossire di nuovo.

«Quindi sforzati.» disse lui sorridendo più ampiamente. «Cerca di pensare a che cosa potrebbe bloccarti. Forse, basterebbe una scintilla per sbloccarti definitivamente.»

Lo guardai per un po', non riuscendo davvero a pensare a quello che mi avrebbe potuto aiutare. Forse, la prospettiva di dargli vinta e di ammettere che aveva ragione mi dava più da fare che mettermi a pensare con lui a quelle cose.

«Cesar,» dissi infine, orgogliosamente, «andiamo ad allenarci con la spada.»

***

Cominciai a correre velocemente verso la sala del trono, non potendo ancora credere a quello che mi avevano detto. Nonostante il dolore alla milza e il fiato che cominciava a mancare, corsi giù per le scale, cercando di stare al passo con Matt.

Erano circa le undici e mezza di mattina quando una guardia ce lo aveva annunciato. Matt era arrivato circa mezz'ora prima per seguire il nostro allenamento, ed era presente quando era arrivato il Dominus

Sia lui che Cesar, in quel momento di corsa sfrenata, non sembravano affaticati, nonostante il Dominus del Fuoco si fosse allenato con me per ore.

Quando arrivammo nella sala del trono, Matt si fermò di colpo sulla soglia del grande portone, facendoci frenare a nostra volta. Sinceramente, solo allora realizzai davvero quello che era appena successo.

Non appena sentirono i nostri passi risuonare nell'enorme sala, i due Domini della Terra si girarono verso di noi. Sulla faccia del comandante, apparve subito un grande sorriso sollevato.

Matthew Davis corse subito fra le braccia del padre, che subito lo strinse in un forte abbraccio paterno. Il vecchio, di fianco a loro, aveva un'espressione imperscrutabile come sempre, ma io sapevo che era sollevato anche lui.

Io e Cesar ci avviammo subito verso di loro, io diretta verso il vecchio. Dovevo ammetterlo: mi era mancato. Non appena arrivammo da loro, rimasi sorpresa quando Karlsen mi rivolse uno dei suoi rari sorrisi: «Non credevo che ti avremmo trovata qui, dovevo ammetterlo. Quando Joanne ce lo ha detto, ci ha presi alla sprovvista.».

Quando Elwyn Davis si staccò dal figlio, subito si ricompose, allungando la mano per stringere quella di Cesar, prima di rivolgersi a me, appoggiandomi una mano sulla spalla: «Sono fiero di voi, ma anche arrabbiato, devo ammetterlo. Siete stati azzardati e incoscienti, ma siete arrivati qui...».

«Stiamo bene papà.» disse Matt, non riuscendo a non sorridere.

Quell'annuncio era stato completamente inaspettato. Non avevo indagato su come si sentisse Matt riguardo al padre, sinceramente non avevo avuto abbastanza coraggio per chiederlo. Ma mi ero chiesta molte volte come stessero il Comandante Davis, la famiglia di Rose... Vederlo qui, vivo e vegeto, al fianco di Karlsen, mi rassicurava molto, dovevo ammetterlo.

«Come hai fatto a scappare da Brennan?» chiese subito Matt al padre, ansioso di sapere come fosse arrivato a Fyreris.

«Non appena il falò si è spento, ho capito che qualcosa non andava. Non ho aspettato altro, sono subito andato da Elias per controllare Evelyn e per farla scappare in tempo. Non appena sono arrivato davanti alla porta della sua casa, lui è uscito dicendo subito che lei non era nella sua stanza.»

Mi strinsi nelle spalle, imbarazzata. Non mi ero ancora perdonata di essere uscita senza permesso, quella sera: per colpa mia Rose era stata catturata e portata ad Ilyros, nella prigione più impenetrabile di tutte. L'unica cosa che mi consolava era il fatto che fosse riuscita a scappare.

«È stata la tua fortuna, Evelyn.» replicò lui, vedendo il mio imbarazzo. «In questo modo sei riuscita a scappare più facilmente.»

La cicatrice che ormai segnava irrimediabilmente la gamba mi diede una scarica strana al ricordo del dolore che quel morso mi aveva provocato.

«Elias ed io ci siamo divisi per cercarti e lui ti ha trovata per primo, portandoti in salvo fuori dal paese assieme al giovane Wilson.» continuò. «Entrambi avevamo accordato di muoverci in qualsiasi caso verso Pyros. Alla fine ci siamo ritrovati presso le due città gemelle di Athos e abbiamo proseguito il viaggio insieme verso Fyreris, non appena siamo venuti a conoscenza della...»

«... della caduta di Rocys, sì.» continuò Matt, che ricevette subito una stretta sulla spalla da parte del padre.

«Mi dispiace Matt.» disse subito lui, con voce solidale e grave.

«L'importante è che stiamo tutti bene. Noi, voi, Rose...»

«Rose Ward è stata miracolata.» fu il commento di Karlsen. «È stata la prima persona che è riuscita ad uscire dalla Caserma Superiore di Ilyros. Io so come sono strutturate quelle prigioni, è sempre stato considerato impossibile scappare da lì...»

«Dobbiamo solo ritrovarla.» dissi piano, sperando con tutta me stessa che non fosse da sola, che fosse con qualcuno che avrebbe saputo aiutarla. «Non possiamo rimanere con le mani in mano: qualcuno dovrebbe andarla a cercare, dovrebbe aiutarla...»

«Sai anche tu che nessuno si offrirebbe di cercare una persona così ricercata e nessuno di noi potrebbe raggiungere Kylien e trovarla.» rispose il Comandante Davis. «Rose se la caverà, vedrai.»

«Continuate a ripeterlo tutti.» risposi talmente piano che nessuno mi sentì.

«Ora, direi che abbiamo bisogno di qualche aggiornamento...»

***

Non mi era mai piaciuto veramente il box. Almeno fino ad allora.

Non avevo mai capito quanto potesse essere appagante sfogare i propri timori e la propria rabbia su un qualcosa così simile ad un uomo vero. Dopo aver pranzato con Karlsen e il Comandante Davis, per fortuna senza la presenza di Will e della ragazza bionda, e dopo averli aggiornati su tutto, mi ero andata a riposare un po' prima di farmi trovare in palestra per il primo allenamento con l'elemento dell'acqua.

Il Comandante Davis e il vecchio erano stati accolti nella Rocca Nera secondo il volere di Edvard il Cieco,che sembrava stesse creando una sorta di casa di accoglienza per latitanti. Sospettavo che avesse qualcosa di ben pianificato in mente, qualcosa che non centrava solo con la mia Caduta. Dopo pranzo, i due Domini della Terra avevano passato ore ed ore dentro la sala del consiglio a parlare con il sacerdote di chissà che cosa.

In quel momento, io stavo solo aspettando l'ora in cui il bel principe si sarebbe deciso a presentarsi in quella specie di allenamento. Mi ero chiesta più volte durante il corso della giornata se non si potesse avere la sua amica bionda come insegnante, ma dopo mi ero resa conto che non sarebbe stato molto meglio.

Sferrai un pugno sulla mascella del manichino, che subito oscillò all'indietro, e poi un calcio nel costato, poco sotto al petto. I ciuffi di capelli più corti, liberi da quella veloce coda di cavallo che mi ero fatta, mi ricadevano davanti agli occhi ed io ero costretta a soffiare e a passarmi una mano sulla testa per sgomberare il mio campo visivo.

«Se continui così non ti rimarranno forze per allenarti.» non riuscii a non sobbalzare al sentire la sua voce rimbombare in tutta la palestra.

Subito mi lasciai ricadere le mani lungo i fianchi, girandomi verso di lui cercando di mettere in pratica tutti i castelli mentali che mi ero fatta per sembrare tutt'altro che a disagio. Lui si era cambiato rispetto a quella mattina, sembrava quasi fossimo tornati a Boston: portava dei corti pantaloni neri da ginnastica e una maglia attillata dello stesso colore. Per un attimo non potei fare a meno di tornare con la mente a quella partita di pallavolo che avevamo disputato una contro l'altro. Per qualche secondo di troppo, dimenticai di dover far finta di non essere condizionata dalla sua presenza.

«Allora, hai provato a pensare quale possa essere il tuo problema con il fuoco?» chiese, raggirando il mio silenzio con una domanda, avvicinandosi a me e al manichino. «Non servirà a nulla rimanere in silenzio, principessa...»

Mi voltai, dandogli la schiena, come se il ritorno all'uso di quel soprannome non mi turbasse. Mi limitai a rispondere cercando di sembrare distaccata, ricordando a me stessa che eravamo comunque alleati: «Sì, ci ho pensato.» risposi. «Ma ogni singola soluzione a questo problema mi sembra più impossibile da realizzare delle altre.»

«Sentiamo queste idee allora.» disse lasciando ricadere a terra il borsone che si era portato dietro.

«Beh, una soluzione potrebbe essere che a qualcuno di noi succedesse qualcosa di brutto, in modo da turbarmi particolarmente. Oppure servirebbe che le tue truppe reali assediassero questo posto, mettendomi in una situazione di emergenza e di urgenza. Oppure potremmo...» mi fermai a metà, non riuscendo a continuare.

Quello, più che un'idea suicida per sbloccare il potere del fuoco, era un desiderio che mi rendeva inquieta più di ogni altra cosa: andare in cima alla Montagna Rossa per visitare la tomba di mia madre. Anche solo a proporla, mi veniva dal ridere per aver anche solo pensato all'eventualità di farlo davvero.

«Potremmo...?» fece Will invitandomi a continuare, mentre si chinava sul borsone per prendere qualcosa.

«No, lascia stare.» cambiai subito idea: non potevo proporlo, era davvero impossibile da realizzare. «È folle, è stupido. Dimentica che io abbia pensato ad un'altra opzione.»

«Evelyn, forse quell'idea è quella giusta.» fece alzandosi in piedi, estraendo due spade di legno dal borsone, alla vista delle quali non potei fare a meno di alzare le sopracciglia. «Non preoccuparti, non riderò di te.»

«Perché dovresti ridere di me?» chiesi presa alla sprovvista, arrivando subito a pensare che lui avesse immaginato qualcosa riguardante noi due. «Non essere egocentrico, William. Non ruota sempre tutto attorno a te.»

«Sono meno egocentrico di come pensi, principessa.» replicò porgendomi una delle due spade dalla parte dell'elsa. «Non ho pensato davvero a quello che tu hai pensato che io pensassi.»

«Eh?»

«Dai Evelyn dimmi quell'idea.»

Mi ritrovai a parlare, mentre il desiderio prendeva sopravvento su di me e la speranza che lui potesse in qualche modo esaudirlo mi pervadeva improvvisamente: «Beh, io ho pensato che, magari, visitare la tomba di mia madre potrebbe smuovermi emotivamente in modo particolare.» ammisi rigirandomi la spada di legno fra le mani. «Ma lo so, è un'idea assurda e impossibile da realizzare.».

Will rimase in silenzio un attimo, guardandomi alzando le sopracciglia sorpreso. Quando aprì la bocca, io mi preparai già mentalmente per un rifiuto categorico dell'idea, ma nel momento in cui cominciò a parlare, rimasi stupita: «È un idea molto azzardata.» esordì parlando lentamente. «Ma potrebbe funzionare, eccome se potrebbe...».

Non riuscii a trattenermi dall'esclamare un sorpreso «Oh.» prima di assicurarmi di non aver sentito male: «Davvero? Credi che possa funzionare?». William annuì, aggrottando di nuovo le sopracciglia in quell'espressione pensante che mi faceva inevitabilmente stringere lo stomaco.

«È molto probabile che questo blocco sia legato a questa città, dove sei nata, e in particolar modo a tua madre.» fece quasi parlando fra sé. «E io sono o non sono il principe di Elyria? Io posso farti arrivare nel luogo in cui è sepolta tua madre, Evelyn.»

«Davvero?» ripetei con un filo di voce, non riuscendo ancora a credere alle mie stesse orecchie.

«Davvero.» confermò, prima di sorridere, recuperando il suo solito sorriso. «Domani notte ti ci porterò. In un modo o nell'altro tu ci devi andare, principessa. Ma non dirlo a nessuno, non ci permetterebbero di andare, nemmeno nel caso io mi imponessi con i miei ordini da principe.»

«Come faccio a sapere che non mi stai ingannando e che non mi porterai da tuo padre?» non riuscii a trattenermi dal chiedergli.

«Dopo tutto quello che è successo, non puoi davvero pensare che io lo farei, Evelyn.» replicò pazientemente, come se si fosse aspettato quella domanda da parte mia. «E per toglierti ogni dubbio, domani farò un patto di sangue con uno di voi, in cui giurerò sugli dei che vi aiuterò finché non avremo fermato la tua Caduta.»

«Ok.» mi limitai a rispondere, non volendo pensare per l'ennesima volta di quel giorno a cosa sarebbe successo quando se ne sarebbe andato di nuovo, questa volta per sempre.

« Ora, direi che possiamo cominciare.» disse sorridendo di nuovo, facendo un passo indietro verso il centro della palestra. «Come ti trovi con l'uso della spada? Come credi di saperla usare?»

«Perché usiamo le spade?» replicai confusa. «Non dovremmo allenarci con l'acqua.»

«Fidati di me, principessa.» fu l'unica risposta che mi diede, continuando a fare passi indietro aspettandosi che anche io lo facessi a mia volta.

«Beh, non sono proprio male.» risposi quasi borbottando, non potendo fare a meno di avanzare per seguirlo al centro della spaziosa stanza. «Non mi viene bene come l'arco ma...»

Senza che lo potessi prevedere, nel momento stesso in cui gli fui a poco più di un metro di distanza, Will mosse la sua spada in un modo straordinariamente veloce, colpendomi violentemente le caviglie e facendomi inevitabilmente cadere all'indietro a peso morto.

Me ne resi conto solo quando sentii pulsare la caviglia sinistra per il dolore e quando mi ritrovai a guardare il soffitto della palestra, chiedendomi disperatamente il perché diavolo lo avesse fatto. Prima che potessi cominciare ad urlare, la faccia beffarda di Will comparve nel mio capo visivo.

«Da un mediocre spadaccino questo errore non sarebbe mai stato commesso.» fu la sua giustificazione, che mi mandò su tutte le furie.

Allungò la mano per aiutarmi ad alzarmi, ma io la rifiutai, ritornando goffamente in piedi da sola e sbottando subito: «E quale errore avrei commesso?» cercai di non urlare, con pochi risultati. «Perché diavolo lo hai fatto? Vuoi mettermi fuorigioco prima ancora che cominciamo?»

«Mai abbassare la guardia.» fu la sua risposta ghignante: non si era smosso di un millimetro alla mia alzata di voce.

Mosse di nuovo la mano con la spada, ma questa volta, visto che lo osservavo talmente attentamente per paura che lo rifacesse, agii per tempo, usando involontariamente l'elemento dell'aria per togliermi dalla traiettoria di quella specie di bastone il più velocemente possibile. Non appena fui di nuovo ferma, riservai uno sguardo incredulo a Will, che mentre scagliava un altro colpo, non poté fare a meno di commentare: «Stiamo già migliorando, anche se hai ancora una grossa tendenza alla fuga...». Riuscii ad evitare i suoi colpi altre due volte prima che il mio controllo sull'elemento dell'aria venisse meno e mi ritrovassi di nuovo con la schiena dolorante sul pavimento.

«Tu stai scherzando.» dissi con il fiatone, prima che vedessi la spada di legno stare per calarsi proprio dove c'era il mio cuore.

Per fortuna, il mio istinto di sopravvivenza ebbe la meglio, facendomi girare su un lato, lontana da quella specie di spada assassina. Non feci in tempo a cominciare ad urlare che subito William tornò all'attacco, con un affondo ben piazzato che mi avrebbe colpito il fianco se non mi fossi spostata velocemente.

Solo quando finii a terra per la terza volta William si placò, notando quanto fossi affaticata. Con il petto che si muoveva velocemente su e giù, mi raddrizzai a sedere, appena in tempo per evitare che una borraccia di legno piena di acqua fresca mi arrivasse sul naso.

«Non puoi fare sul serio.» sbottai, mentre lui afferrava una seconda borraccia di legno e cominciava a bere, con un sorriso soddisfatto in volto. «Sai, adesso trovo molto più difficile non pensare che tu sia qui per uccidermi.»

«Credimi, non sto affatto facendo sul serio.» replicò orgogliosamente e decisamente poco modestamente. «Se avessi fatto sul serio avresti avuto già questa imitazione di spada conficcata nel cuore dalla prima volta che ti avevo atterrato.»

«Rassicurante.» commentai, prima di bere un altro sorso d'acqua. «Ma tutto questo cosa centra con i miei poteri?»

«Consideralo una specie di riscaldamento.» rispose lasciandomi a bocca aperta per lo stupore un'altra volta.

«Riscaldamento?» replicai stupefatta. «Ma io sono stanca morta!»

«Se fossi stanca morta in questo momento non mi staresti fissando come se io fossi fuori di testa, principessa.» replicò. «Dovevo immaginare che quello che loro chiamavano allenamento si trattava solo di una piccola fatica.»

Mi limitai a guardarlo come se fosse seriamente pazzo, mentre lui ributtava nel borsone la borraccia d'acqua e si allungava su di me per strapparmi la mia dalle mani. A quel punto allungò una mano e io, senza pensare, la afferrai, pentendomene non appena il mio corpo entrò in contatto con il suo. Lasciai subito la presa non appena fui in piedi, spolverandomi le mani sulle gambe.

«Ora cominciamo con l'acqua.» dichiarò avvicinandosi a me e affiancandomi, continuando però a brandire la spada. «Puoi considerare delle fruste d'acqua come una spada, quindi come un prolungamento del tuo braccio.»

Poiché avevo perso la mia spada la seconda volta che ero caduta, non cercai nemmeno di imitare gli armoniosi e apparentemente semplici movimenti che William faceva con il suo bastone di legno. Mi limitai ad osservarlo con il timore che quella spada si potesse abbattere su di me un'altra volta.

«Devi richiamare il tuo potere dentro di te: ce l'hai nel sangue, l'acqua è parte di te, l'acqua è te. Beh, dopotutto come lo sono pure gli altri tre elementi, ma per ora mettili da parte.» continuò mentre dall'elsa della spada sembrava cominciare a nascere una piccola frusta d'acqua, che si avvolse progressivamente su tutta la lunghezza della lama di legno. «Devi solo richiamare a te quel potere silente che hai, cercando di concentrarlo tutto sulla tua mano.»

Lasciò dissolvere la frusta d'acqua in migliaia di goccioline di vapore, prima di girarsi ed incrociare le braccia, con ancora la spada in mano. Mi resi conto di quello che si aspettava che facessi solo quando alzò le sopracciglia come per invitarmi a provare. Schiarendomi la voce e sentendomi dannatamente stupida a muovere un braccio nel vuoto davanti al ragazzo che mi mandava in tilt il cervello, chiusi gli occhi e allungai la mano.

Purtroppo per entrambi, la sua presenza in quella stanza era sufficiente ad impedirmi di concentrarmi davvero. Feci comunque uno sforzo, non potendo fare a meno di ritornare con la mente a quel giorno a Brennan, quando il Will-visione mi aveva letteralmente impedito di continuare il mio allenamento.

Cercai di richiamare nella mia mano distesa quell'estraneo potere che, a detta sua, si trovava in me e cominciai a muovere il braccio a vuoto sentendomi dannatamente stupida. Solo quando sentii Will ridere di me lasciai ricadere il braccio, girandomi a guardarlo scocciata: «Vedi, mi stai solo prendendo in giro. Sembro un'idiota a fare così.».

«No, sei solo divertente perché stai muovendo il braccio come se stessi gettando dell'acqua santa su una persona indemoniata.» rise di gusto, prima di avvicinarsi pericolosamente a me, che mi girai subito dall'altra parte per cercare di nascondere il mio viso imbarazzato.

Sobbalzai quando sentii la sua mano occupata dalla spada toccare la mia. Senza che lo prevedessi, ormai la mia schiena premeva contro il suo petto e la mia mano si stava alzando seguendo la sua che brandiva contemporaneamente la spada e manteneva il mio braccio in aria con il suo. Quando la sua mano destra si posò sul mio fianco, non potei fare a meno di lasciarmi scappare un «William...» di precauzione.

«Chiudi gli occhi.» rispose però lui, sussurrandomi all'orecchio facendomi rabbrividire.

Decisamente, in quel momento desideravo con tutta me stessa di poter tornare a fare quella sorta di caccia all'ultimo sole che Will aveva chiamato riscaldamento. O almeno, così pensava fermamente la mia mente. D'altro canto, il mio corpo avrebbe voluto agire da solo, girandosi per avere i nostri due visi a pochi millimetri di distanza. Per fortuna, cercando di mantenere la calma, mi aggrappai fortemente a quell'ultimo brandello di razionalità e di autocontrollo che mi rimaneva.

«Cerca l'elemento dentro di te, sentilo tuo come hai fatto con l'aria.» continuò a sussurrare mentre obbedivo alla sua precedente richiesta. «Immagina di far confluire questa tua parte di te nella mano e di farla uscire, per poter avvolgere l'elsa e la lama di questa spada.»

Will cominciò a muovere il braccio lentamente, portandosi dietro anche il mio. Cercando di riportare il battito del mio cuore ad una pulsazione regolare e normale, mi ritrovai a cercare di fare quello che mi stava dicendo, desiderandolo con tutta me stessa. Come non avrei mai pensato che accadesse, dopo pochi secondi mi ritrovai rilassata fra le sue braccia, come se finalmente dopo tanto tempo fossi ritornata in qualche posto familiare.

Mi sentii stranamente a mio agio e questa volta ragione e corpo si trovarono d'accordo: sarei potuta rimanere lì per giorni, o addirittura per settimane e mesi interi. Non so per quale ragione sentii confluire dentro me stessa uno strano potere, fino alla mano, nella quale si concentrò tutto. Senza che me ne accorgessi, stavo creando una frusta d'acqua pura e fresca, proprio come aveva fatto lui poco prima. Sentii Will sorridermi piano contro l'orecchio: mi ero accorta a stento che si trovasse così vicino. A quel punto aprii gli occhi, rimanendo a guardare quella meraviglia avvolgersi attorno alla spada.

«Quando non ci sarà più la spada, sarai tu a comandare i suoi movimenti.» sussurrò piano, facendomi rabbrividire un'altra volta.

Tutta quell'atmosfera rilassante e decisamente compromettente cessò di esistere quando sentii un contatto glaciale alla mano sinistra. Di colpo rinvenni in me e, lasciando cadere a terra la frusta d'acqua, che ci bagnò tutti i piedi, mi staccai da lui, girandomi a guardarlo arrossendo di colpo. Will, che aveva il braccio ancora disteso, strabuzzò gli occhi di colpo, contraendo le dita della mano in modo strano mentre la riabbassava.

«Che... che cos'era?» chiesi con il fiatone, come se avessi fatto chissà quale sforzo, guardandolo continuare a contrarre la mano come se ci fosse qualcosa che non andava.

«Niente.» scosse la testa, cambiando repentinamente espressione e smettendo di muovere le dita della mano. «Sei andata bene Evelyn, impari in fretta.»

Non replicai, in un primo momento, non convinta affatto del suo strano comportamento. Quando feci per chiedergli una cosa, William non mi diede il tempo di parlare, tornando all'attacco con il suo "riscaldamento". Caddi a terra proprio come la prima volta, essendo decisamente più impreparata di prima.

«Mai abbassare la guardia.» ridacchiò lui come se non fosse successo nulla.

«Da adesso ogni volta che vorrai evitare una conversazione mi atterrerai?» feci in tempo a chiedere prima che ricalasse la sua spada di legno su di me e io fossi costretta a spostarmi velocemente.

Non appena fui di nuovo in piedi, ricominciò quella specie di inseguimento. Questa volta però, mentre saltellavo qua e là per la stanza aiutata dall'aria, continuai a pensare a quello che era successo, stranamente senza concentrami su quella specie di momento di intimità che avevamo avuto. William aveva qualcosa alla mano, qualcosa che voleva nascondere anche a costo di spaccarmi la schiena a furia di farmi cadere a terra. Ma io avevo notato sia il freddo gelido che il modo in cui muoveva stranamente la mano.

C'era qualcosa che non voleva dirmi riguardo a sé stesso ed io potevo ben immaginare che la mia curiosità mi avrebbe impedito di non indagare a riguardo.

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