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Capitolo 2 • Ritorno

C A P I T O L O I I
~
• R i t o r n o •

Potevo confermare quello che avevo pensato quando le guardie mi avevano trovato nell'aula vuota: quei due cadetti erano le persone più stupide che potessero trovarmi.

Sicuramente, vista la poca speranza riguardo al fatto che qualche Ribelle mi ferisse davvero, mio padre aveva fatto lasciare solo dei cadetti nelle caserme vicino ai quattro passaggi di Elyria per il mondo degli Umani, uno per regione. Sapevo che, in poche ore, mio padre, accertatosi della veridicità dell'allarme, avrebbe mosso l'esercito.

Avrei dovuto essere contento della cosa: finalmente i Ribelli sarebbero stati eliminati. Ma c'erano tante cose che non andavano, partendo dal fatto che io stesso avevo fatto in modo che loro avessero il tempo per scappare. Avrei dovuto sentirmi in colpa per questo, ma invece mi sentivo preoccupato per Rose, per Evelyn sopratutto. Anche per quell'altro, in minima parte.

Quando l'avevo trovata a cavalcioni su di me, completamente ricoperta di sangue, del mio sangue, il mio cuore si era fermato, convinto che lei si fosse ferita in qualche modo. E la cosa più strana era che non mi ricordavo di essermi svegliato così: era come se fossi già sveglio e la mia mente avesse deciso di ricordare solo dal momento in cui aveva fermato l'emorragia.

Adesso, mentre quelli mi trascinavano fuori da quella scuola - che mi stupivo potesse essere ancora in piedi - non riuscivo a non pensare se fossero ancora vivi o no. Più di tutto, se lei fosse ancora viva o meno, perché alla fine era grazie a lei che io ero ancora qui, praticamente dissanguato, ma vivo. Non sapevo nemmeno dove fosse finito mio fratello, ma ero abbastanza tranquillo a riguardo: Weston non sarebbe rimasto lì dentro a rischiare la vita.

«Siete da soli, qui?» chiesi affannato per lo sforzo di camminare; se solo ci fosse stato un corso d'acqua lì vicino sarei riuscito a farmi sentire meglio.

«Sì, eravamo solo noi due alla caserma di Cilius, le altre sono deserte da molto, vostra altezza...»

Alzai le sopracciglia, vedendo quanto poco importasse a mio padre del rischio che correvo in questo mondo; dopo che lo avevo informato di quell'imboscata che mi avevano teso gli abitanti di Taward, non poteva credere che fossi ancora così intangibile. Sicuramente, se le cose fossero andate diversamente, si sarebbero divulgati altri movimenti del genere, contro gli stessi voleri dell'Ordine.

Improvvisamente mi ricordai di Wynter Sullivan. Ero venuto a sapere che era stata giustiziata, ed adesso era qui, praticamente resuscitata dal mondo dei morti. Non avevo mai sentito qualcosa di questo genere, nemmeno nelle numerose storie tenebrose che avevo sentito in giro per Elyria quando ero più piccolo.

«Sono felice di vedere che mio padre non ritiene necessaria una costante vigilanza nei miei confronti...» presi fiato, mentre una fitta al petto mi strappava un'altra smorfia di dolore. «Dopotutto sono l'erede del suo regno, sarebbe un vero peccato che io venissi ucciso...»

Uscimmo fuori, nell'aria gelida di inizio ottobre. Probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto quella scuola; ora che la protezione che mi riservava quel l'incantesimo era svanita sarei dovuto tornare ad Elyria stabilmente, dopo molto tempo. In quel momento, sentii il mio cuore alleggerirsi. Finalmente sarei tornato a casa, a vivere a casa.

Notai subito che il parcheggio principale della scuola era vuoto, tutti erano nel grosso cortile sul retro. E ringraziai il cielo per quello: non sarebbe stato facile spiegare perché fossi così ferito e perché due uomini in armatura mi stessero trascinando fuori dalla scuola.

«Portatemi a casa.»

***

Delle alte montagne di Cilius, che separavano Kylien da Pyros, la vista mi lasciava sempre senza fiato. Non appena uscii dalla caverna che segnava l'entrata del passaggio di Kylien per il mondo degli Umani, caratterizzata da stendardi celesti con il giglio bianco che ornavano l'entrata, la regione dell'acqua mi si distese davanti.

La grande Pianura del Mare, creata dalle tre ramificazioni del fiume Aeros, ognuna delle quali arrivava ad una grande città sulla costa, cominciava proprio ai piedi di quelle montagne. La diramazione centrale arrivava proprio ad Ilyros, le cui immense torri di vetro si riuscivano quasi a vedere da lì.

Ebbi l'improvvisa voglia di chiamare Evelyn e di assicurarmi che stesse bene, che fosse ancora viva e vegeta. Ma lì il telefono non funzionava e, anche se avessi potuto, mi sarei convinto a non farlo.

«Andiamo.» dissi dopo dieci minuti - che mi ero preso in origine per riposarmi e per riprendere fiato - che stavo fissando quella meraviglia, assorto nei miei pensieri e nelle mie preoccupazioni.

Avrei voluto mettermi subito in viaggio, ma sapevo che non avrei retto nemmeno un chilometro di camminata di più. Mi sentivo incredibilmente febbricitante e privo di forze, così avevo concordato con me stesso, maledicendo ancora una volta l'inutilità di quei soldati, che sarei rimasto nell'ospedale della città.

Quei due soldati mi sorressero mentre percorrevamo il largo sentiero che scendeva la montagna. Arrivammo alla fine della discesa troppo tardi per i miei gusti: ogni minuto che passava mi stupivo sempre di più di essere ancora in piedi.

Come ogni volta che passavo di lì, tutti gli abitanti di Cilius che mi vedevano cominciavano a sussurrare e ad indicarmi, fatto che non mi aveva mai abbandonato se non negli anni in cui ero stato nel mondo degli Umani. Quel giorno fu peggio. Sicuramente, vedermi in quelle condizioni, ricoperto di sangue e privo dei miei vestiti ufficiali da principe, doveva aver suscitato molto, troppo scalpore.

Ma come sempre, ignorai le varie occhiate della gente ed entrai nella città. Cilius era una classica città di montagna, immersa nel verde e con le case di legno che, mano a mano che procedevo verso il centro, diventavano sempre più fitte. In quelle condizioni e ormai abituato al asfalto piano e regolare delle strade di Boston, mi sentii venire la nausea a camminare sul lastricato irregolare della città.

Arrivammo all'ospedale quando ormai sentivo che tutte le forze che avevo recuperato grazie ad Evelyn mi stavano abbandonando. Cominciai a vedere sfocato, mentre quei soldati ormai mi trascinavano dentro. L'ultima cosa che vidi prima di cadere nell'oscurità furono i medici che mi venivano incontro.

***

«Davvero, non ti ricordavo così, Will.» quella voce mi fece riaprire piano gli occhi.

Sbattei le palpebre, ritrovandomi in una stanza singola dell'ospedale, completamente di legno e senza finestre. Dopo aver messo a fuoco la stanza, vidi anche lei. Un sorriso prese vita sul mio volto, alla vista del volto pallido di Gwenyth Avon che mi guardava sorridente. Probabilmente Gwen era l'unica ragazza aristocratica che mi stesse simpatica. Io e lei avevamo legato fin da bambini, quando lei, figlia di un'antica famiglia di Domini dell'Acqua emigrata a Telyn, era ritornata a Ilyros.

«Ehi...» dissi piano, sorridendole e portandomi una mano alla testa. «Che cosa ci fai qui? Sei un'allucinazione?»

«Stupido.» disse picchiettandomi la mano distesa sul letto. «Mi trovavo in città per caso, in vacanza, e guarda caso tu ti presenti qui, coperto di sangue e praticamente come un morto vivente.»

Aveva i grandi occhi occhi azzurri socchiusi per il divertimento di vedermi su un letto di un ospedale. Quel giorno aveva i capelli biondi raccolti in una corona di trecce, invece che sciolti come al solito. Sicuramente sarebbe dovuta già essere sposata, avendo vent'anni come me ed essendo una bella ragazza, ma nonostante suo padre Tiberius gli avesse presentato una marea di candidati, lei si era puntata sui piedi dichiarando che si sarebbe sposata quando lo avrebbe deciso lei.

Io sapevo che non gliene importava più di tanto, di sposarsi, e nemmeno di mettere su famiglia. Lei voleva viaggiare il mondo. Era, possiamo dire, la pecora nera della sua famiglia, ben lontana da tutta la rigidità e la puzza sotto il naso tipici dei suoi familiari. Mi ricorderò sempre di come, all'età di sei anni, mi avesse urlato contro: «Ei tu, principino, hai una gamba affondata nella merda!». E sì, avevamo solo sei anni e la sua educazione e la sua delicatezza erano già pessimi. Con il tempo era migliorata parecchio, per la felicità dei suoi genitori.

«Scusa se i morti hanno improvvisamente deciso di resuscitare.» replicai, facendomi più serio e raddrizzandomi con la schiena contro la testata del letto.

Gwen corrugò la fronte, senza capire quello che intendessi. Sospirando, le raccontai tutto quello che era successo quella mattina, a partire da come avessi assistito alla resurrezione di una Dominus della Terra assassina nel bagno dei maschi che mi aveva trafitto il costato in una ferita praticamente mortale.

«Ho delle domande.» annunciò quando ripresi fiato, corrugando la fronte in un'espressione pensierosa e mordendosi il labbro inferiore in un gesto che faceva spesso anche Evelyn quando era nervosa o pensierosa.

Il solo ricordarla mi fece agitare a disagio sul letto. Scacciai dalla testa i pensieri su di lei, cercando di svuotare la mente.

«Perché ti ritrovavi seduto sul pavimento di in una di quelle luride toilette degli Umani?»

Rimasi un attimo zitto. Sapevo che a lei potevo dire tutto. Era la mia migliore amica, in fondo. Io le avevo sempre confidato tutto, e lei a me. Ma non avevo mai pensato di poter ritrovarmi in una situazione del genere.

«Cazzo Willie.» Gwen fece una smorfia, guardandomi esasperata. «Che cosa hai fatto questa volta?»

Dovetti aver assunto un'espressione colpevole, sicuramente. Gwen era sempre così, riusciva a capire quello che mi passava per la testa anche solo con un misero sguardo.

«Non chiamarmi Willie. Non abbiamo più dodici anni.»

«Ma è come se ne avessimo giusto?» fece lei, guardandomi calcolatrice. «Perché tu ti innamori come un dodicenne.»

«Che cosa?» feci, preso alla sprovvista.

Ok che lei mi conosceva davvero bene, però non mi aspettavo che capisse così velocemente quello che mi passava per la testa. Non ci vedevamo dalla Giornata del Sale, in luglio, quando ero tornato a casa per quattro miseri giorni, ma sembrava che ci fossimo visti solo ieri.

«Avevi quell'espressione anche quando stavi con Juliet.» continuò, facendosi seria. «La faccia di un colpevole...»

«Non parlarmi di Juliet, Gwen.» la fermai subito.

«Va bene, ma c'è qualche ragazza di mezzo, vero?» disse alzandosi e sedendosi sul letto, di fianco a me. «Qualche ragazza  che non ci dovrebbe essere, giusto?»

«Che non ci dovrebbe affatto essere.» mi ritrovai ad annuire.

Non c'era motivo di mentirle: sapevo che sarebbe morta piuttosto che tradirmi, e tanto valeva ormai buttare tutto fuori. Forse, lei sarebbe riuscita ad aiutarmi.

«Chi è Will?» disse sospirando. «Una Ribelle? Un'altra Rose Ward?»

Involontariamente mi toccai la ferita, scoprendo solo allora di avere un'enorme fasciatura che mi avvolgeva il torace.

«Peggio.»

«Beh, peggio di un Ribelle ci potrebbe essere solo una persona, Will.» disse scoppiando a ridere. «E mi sembra molto improbabile che tu ti possa essere innamorato dell'ultimo sole.»

Risi meccanicamente anche io, pentendomi subito di non aver cambiato discorso. Non avevo idea se mi fossi innamorato già di Evelyn oppure no, ma sicuramente quello che provavo per lei era più di una semplice amicizia. Probabilmente, o almeno così speravo, ero solo dannatamente attratto da lei. Doveva essere così, assolutamente. Gwen si girò verso di me nel vedere che stavo ridendo così falsamente e spalancò gli occhi.

«William, stai scherzando, vero?» disse piano, guardandomi sorpresa con i suoi grandi occhi azzurri. «È solo sesso, vero?»

«Che tu ci creda o meno, non ci ho fatto sesso.» dissi sorridendole, cercando di sdrammatizzare, visto che Gwen mi prendeva sempre in giro per il mio amore verso il sesso.

«Allora è qualcosa di serio...» fece lei con un filo di voce, portandosi le mani alla bocca. «Nemmeno con Juliet c'eri andato così piano...»

Storsi il viso al sentirla nominare di nuovo Juliet. Non volevo pensare a lei, in questo momento. Mi sarei solo riempito di dolore, di nuovo.

«Non è andarci piano. Il fatto è che lei è così...»

Avevo così tanti modi per continuare la frase, che la lasciai sospesa. Testarda? Incredibilmente bella? Intelligente e divertente?

«Lo so che non è il momento migliore per chiedertelo, ma lei è quindi innamorata di te?»

Voleva sapere della profezia, lo sapevo. E adesso che avevo cominciato a parlare non potevo smettere e lasciare la questione in sospeso. Più che altro non sapevo proprio se avrei resistito a rimanere zitto.

«Non lo so Gwen. Anche se lo fosse, probabilmente ho fatto in modo di farmi odiare...»

Gwen si portò le mani alla bocca di nuovo ed io seppi quello che stava pensando. Io avevo praticamente tradito mio padre e tutto il regno facendo così. Perché lei si doveva innamorare di me, non doveva odiarmi.

«Non credo che trattarla male abbia eliminato quello che prova, qualsiasi cosa sia...» disse lentamente. «Cazzo Willie che situazione...»

«Non so perché l'ho fatto Gwen.» dissi scuotendo la testa. «Ma in quel momento, mentre mi chiedeva fra le lacrime il perché non le avessi detto che Weston è mio fratello e mentre mi chiedeva se mi importasse qualcosa di lei, ho pensato 'questa è innamorata di me.' e la prima cosa che ho fatto è stato dirle tutto quello che non voleva sentire.»

«Oh, Will, che casino...» commentò lei. «Mi sa che ormai sei fritto anche tu...»

Sospirai sconsolato.

«È stata lei a guarirmi, Gwen. È stata lei a salvarmi la vita quando io dovrei condannare la sua...» chiusi gli occhi e scossi la testa, ripensando a quando mi ero ritrovato ferito, sotto di lei mentre mi curava. «Le ho detto di scappare Gwen. Ho fatto tutto quello che non dovevo fare.»

Gwenyth mi guardò compassionevole, allungando una mano e scompigliandomi i capelli in un gesto che lei sapeva benissimo darmi fastidio. Ma quella volta, diversamente dalle precedenti, non riuscii a scansarla, preso da un moto di affetto nei suoi confronti.

«Beh, in amore e in guerra tutto è lecito, Willie.» mi disse. «Ma ora dovrai prendere una decisione... O il regno, il futuro che hai sempre sognato come re, o Evelyn Lewis, ragazza che probabilmente non sopravviverà alla Guerra Civile che sta per scoppiare...»

«E noi sopravviveremo, Gwen?» chiesi. «Infondo, io sono o non sono uno dei bersagli della rivolta?»

«Noi siamo tutti fottuti bersagli di questa rivolta, Willie.»

«Ci credi che ora vorrei solo accertarmi che lei stia bene?» le dissi dopo un po' di silenzio. «Mandarle un messaggio, qualsiasi cosa...»

«Ma io lo so che non lo farai, per il momento almeno.» disse Gwen, lasciando ricadere la mano dai miei capelli. «Perché sai quello che è giusto fare. Indipendentemente dal fatto che tuo padre sia d'accordo o meno, tu non condanneresti mai la vita di Evelyn Lewis di tua volontà.»

«Perché mandarle un messaggio significherebbe compiere la volontà di mio padre, giusto?» dissi amaramente. «Perché quello che lui vuole è solamente farla innamorare di me e portarla a Kylien il sette dicembre stesso...»

Gwen sospirò, fece un piccolo sorriso, togliendosi le scarpe costose dai piedi, strisciando sul letto e sdraiandosi accanto a me. Sorridendo, ricordando quante volte ci eravamo addormentati così nel corso degli anni, la presi fra le mie braccia e l'abbracciai, baciandole la fronte in un gesto fraterno.

«Perché ti innamori sempre delle persone più problematiche?» mi chiese, mentre appoggiava la testa nell'incavo della mia spalla.

Ridacchiai piano, appoggiando la testa sulla sua. Aveva ragione, io non potevo semplicemente innamorami di Nyves? Non avrei fatto prima?

«Sarai tu la mia testimone di nozze, vero?» pensai sconsolato al mio imminente matrimonio.

La sola prospettiva di sposarmi mi suscitava ancora una marea di risate. Ricordare di quanto e di come avessi lottato contro mio padre per cercare di impormi e di impedirgli di decidere la mia futura sposa invece mi faceva pensare a quanto fossi stato stupido. Avrei dovuto sapere che tanto mio padre non avrebbe cambiato idea. Mi sarei solo risparmiato trenta frustate.

«Cazzo Willie, tuo padre non lo permetterà mai. Andar bene sarò posizionata infondo al cortile, dove non mi potrà vedere nessuno...»

«Non me ne frega niente.» ribattei a tono. «Ha scelto con chi mi sposerò, ma di sicuro non sceglierà anche la mia testimone. Ed io non vedo nessuno migliore di te per ricoprire questo ruolo...»

«Adam? Weston?»

«Lo sai anche tu che Adam non si vede in giro da settimane...» dissi con voce più grave. «È Weston sarebbe capace di fare una figura di merda davanti a tutta Elyria. Certe volte mi chiedo ancora che cosa sarebbe successo se fosse stato lui, il primogenito...»

Gwen scoppiò a ridere contro la mia spalla: «Mi sei mancato Willie.»

«Devi smetterla di chiamarmi così...» dissi e facendo così, nella mia mente non potevano scoppiare le immagini di quando era Evelyn a ripetermi quella frase. «Già che sono in modalità sfigatello in crisi ormonale, vuoi che ti racconti un po' gli ultimi mesi?»

«Non aspettavo altro.»

***

Dopo che Gwen se ne era andata, mi ero messo a scrivere subito delle lettere. Gwen avrebbe dormito in una delle taverne della città, come una normalissima ragazza di paese e l'indomani saremmo partiti insieme per Ilyros. Per arrivare alla capitale, ci avremmo messo non meno di una settimana, fra cavallo e nave. Per questo, quando ritornavo per poco tempo alla Reggia Azzurra, passavo la maggior parte del mio tempo in viaggio dentro una lussuosissima carrozza o a bordo di una delle navi del regno. Come sempre, avremmo dovuto raggiungere il porto di Lavard, nella regione di Pyros, dove ci aspettava uno dei velieri più veloci che ci avrebbe portati alla capitale.

Presi in mano la penna d'oca, la intinsi nell'inchiostro, presi la pergamena e cominciai a scrivere una lettera per mio padre, valutando bene le parole da scegliere.

Padre,

come forse già saprai sono dovuto ritornare ad Elyria, in seguito ad una ferita al petto che mi ha quasi ucciso. Per fortuna il pugnale di quella Ribelle non ha preso né l'aorta né il cuore. Sto bene, mi sto riprendendo e domani mi metterò in viaggio verso Ilyros. Davvero geniale l'idea di lasciare due imbranati solo nella caserma di Caraser, davvero. Infatti mi hanno trovato quasi sul punto di morire. Non credo che tu voglia davvero Weston come erede, per quanto tu possa ritenermi insolente e irrispettoso, almeno seguo i tuoi ordini e so come ricoprire il mio ruolo. So che sei a Steros con Cecily, e quindi non ci metterai meno di due settimane per tornare ad Ilyros.

Confidando nel tuo buon senso,

William.

Inviare messaggi era quasi come spedire sms. Noi Domini potevamo usare il nostro elemento per mandare lettere a qualcuno, ma era necessario sapere dove si trovava quella persona affinché il messaggio arrivasse a destinazione. Sigillata la lettera appena scritta, usai il mio elemento per inviarla, facendola scomparire in una nuvola di vapore acqueo.

Non appena la lettera scomparve, mi misi subito a scriverne un'altra, per mia madre. Le dissi che stavo bene e che in una settimana l'avrei finalmente rivista. Le dissi che non c'era nulla di cui preoccuparsi e che presto sia io che West saremmo stati da lei, a casa.

Dopo che le ebbi inviato la lettera, rimasi da solo con i miei pensieri. Mi rialzai dalla scrivania e tornai sul letto. Inevitabilmente, non appena mi lasciai ricadere sul morbido materasso, ripensai ad Evelyn: avrei voluto davvero tanto che fosse lì con me, più di quanto avessi voluto ammettere. Ma dovevo ricordare a me stesso che averla qui con me sarebbe significato consegnarla nelle mani di mio padre.

E io non volevo che lei cadesse ed impazzisse. Involontariamente, nelle ultime settimane mi ero ritrovato a fantasticare su di noi: sarebbe stato davvero bello essere semplicemente due contadini di una remota zona di Elyria, poter stare insieme e capire se potevamo essere qualcosa di più per l'altro. Chissà dove si trovava adesso, a chissà quanti chilometri di distanza. Stavano tutti bene?

«Perché non bastava il fatto che tu fossi il figlio dell'uomo che mi vuole morta, non bastava il fatto che tu probabilmente mi dovessi portare ad Elyria e stare lì a farti due chiacchiere mentre impazzivo. Non bastava il fatto che tu fossi fidanzato, William. Fidanzato!» le sue parole mi rimbombarono nella mente.

Le importava davvero così tanto di Nyves? Non poteva davvero credere che noi due potessimo stare insieme davvero.'Sì, ma lei prima di due giorni fa non ne sapeva nulla.' disse una vocina nella mia testa. 'È più che normale che si sia arrabbiata per questo.'

Basta, avevo bisogno di distrazioni. Dovevo dimenticarla per il mio bene e per il suo bene. Beh, forse a questo punto per il suo un po' meno, visto che sarebbe significato portarla ad Ilyros. Era proprio questo il problema: sapere di non poterla dimenticare per il suo bene, ma per il mio male, infondo. Perché non potevo essere egoista come mio padre? O come Weston del resto? Sarebbe stato tutto estremamente più facile.

Mi toccai il petto. I guaritori avevano fatto un bel lavoro e avevo dovuto fare un sacco di bagni nell'acqua termale che rinforzava noi Domini dell'Acqua più dell'acqua normale. Ancora mi sembrava un miracolo essere ancora vivo. Chiusi gli occhi e cercai di liberare la mente da tutti i miei pensieri. Dovevo cercare di dormire un po': il viaggio sarebbe stato più devastante del solito.

Mi rigirai un sacco di volte nel letto, senza riuscire a pensare a nulla. I suoi occhi grigi continuavano ad occupare la mia mente ed io, con l'avanzare della notte, non riuscivo a non preoccuparmi sempre di più. Avrebbero dato ascolto ad Evelyn? Si sarebbero fidati della sua parola, scappando dalle loro basi?

Avrei dovuto sperare di no, ma in quel momento non ci riuscii proprio.

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