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Capitolo 14 • Riunioni

C A P I T O L O  X I V
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• R i u n i o n i •

Il viaggio di ritorno fu molto più veloce; o almeno, così mi parve. Che mi piacesse ammetterlo o meno, Matthew Davis mi aveva dato molto a cui pensare, per non parlare anche dei diari trovati.

In quel momento mi trovavo nella mia lussuosa cabina, cercando di buttare giù qualche schema di quello che avrei dovuto fare. Andare a Fyreris e abbandonare un'altra volta i miei doveri da erede era molto più facile a dirsi che a farsi. Però, infondo, il viaggio a Kratos era durato meno del previsto; così, tre giorni e tre notti ad Ilyros per mettermi in pari e poi sarei ripartito di nuovo.

Quella era la sera della del venticinque ottobre e sul Mare dell'Est si era alzato il vento, che mi impedì di rimanere a godermi la brezza marina e il chiaro di luna. Gwen sarebbe dovuta arrivare lì a momenti, infondo quando ci trovavamo da soli, dormivamo insieme, raccontandoci storie passate e condividendo tutto quello che ci passava per la testa. A palazzo, questi momenti che ci ritagliavamo per noi la notte erano molto rari, per colpa di tutte quelle guardie che facevano la ronda davanti alla mia e alla sua porta; su ordine di mio padre, probabilmente.

Sulla scrivania, lì di fianco a me, giacevano tutte le lettere che Knight mi aveva inviato, tenendomi aggiornato sullo scompiglio che c'era a corte, e tutte quelle di mio padre, che mi dava ordini su ordini, primo di tutti quello di ritornare subito ad Ilyros. Chissà chi l'aveva informato della mia improvvisa fuga... Hyde, probabilmente.

A corte si era scatenato il finimondo, quando le truppe inviate sulla Terra degli Umani erano arrivate - dopo ben dieci giorni da quando ero stato ferito - agli Istituti dell'Ordine, ormai deserti e completamente disabitati, convinte che li avrebbero colti di sorpresa.

Ero stato contento dell'informazione, ma sopratutto ero felice del fatto che io non fossi a palazzo quando si era scatenato il finimondo, a differenza di mio padre, che probabilmente avrebbe voluto essere là per dirigere il tutto, ora nelle mani di Hyde. Tempo pochi giorni, però, e mio padre sarebbe sbarcato nel porto di Ilyros.

Dopo aver buttato giù uno schema dei miei impegni delle prossime settimane, sospirai e mi buttai sul letto comodo. Non appena la mia schiena toccò il materasso, Gwen sgattaiolò dentro dalla porta, già in camicia da notte e con ancora i capelli bagnati. Le sorrisi stancamente, mentre lei girava la chiave nella toppa e mi raggiungeva. Si lasciò ricadere di fianco a me ed io sentii delle goccioline volarmi addosso dai suoi capelli; non mi presi la briga di asciugarle.

«Hai avuto molto a cui pensare?» mi chiese quando appoggiò la testa sul mio petto, e si mise comoda nell'incavo del mio braccio, che l'avvolse.

«Troppo.»

«Sai, non è stato antipatico, quel Dominus del Fuoco.» esordì.

«Gwen...» la chiamai per nome con un tono d'avvertimento; sapevo che detta da lei quella semplice frase aveva molti significati.

«Dai Will.» ridacchiò battendomi la mano sul petto. «Volevo solo dirti che è carino! Se te lo dico non vuol dire che me lo voglio portare a letto!»

«Mhmm...»

Non ero convinto, Gwen era imprevedibile ed io, in questi casi, rappresentavo la sua coscienza. Ero geloso di lei, lo dovevo ammettere; ma ero geloso come lo poteva essere un fratello maggiore. In effetti il sentimento che provavo quando qualcuno guardava insistentemente mia sorella Cecily era lo stesso; infondo potevo dire di avere due sorelle: Cecily e Gwen. Il compito che mi ero prefissato da solo era assicurarmi che scegliessero ragazzi adeguati, anche se ora, il solo pensiero che Cecily potesse avere qualche ragazzo mi mandava su tutte le furie.

Cesar Soler era tutto fuorché adeguato per lei: Dominus del Fuoco, Ribelle, non di nobile famiglia e all'apparenza troppo strafottente. In quel momento, mentre facevo quei pensieri, non potei non ridere da solo di me stesso; pensavo o non pensavo continuamente ad Evelyn, che era la persona meno adatta per me? Così, sapendo che se avessi parlato mi sarei beccato tutte le frecciatine possibili dell'argomento Evelyn, rimasi zitto.

Sentii Gwen aprire la bocca per parlare, quando vidi il vapore presente nell'aria raggrupparsi di colpo in una nuvoletta biancastra. Stemmo tutti e due a sedere, mentre un figlio di carta si materializzava dalla nuvoletta, cadendo a terra. Gwen, sbuffando irritata, si alzò dal letto ed andò ad afferrare il messaggio. Rimasi ad osservarla mentre lo raccoglieva e leggeva il mittente.

«Tiberius Knight.» disse prima di lanciarmi il messaggio in grembo, sedendosi al bordo del letto e osservandomi mentre leggevo l'ennesimo messaggio del funzionario.

Aprii il messaggio, che era stato ripiegato con furia, a differenza dei precedenti e subito rimasi colpito nel vedere come la sua scrittura, sempre ordinata e professionale, fosse diventata frettolosa e difficilmente capibile.

«William, li abbiamo trovati.» cominciai a leggere mentre il cuore iniziava a battere all'impazzata. «I ribelli, si nascondevano a Brennan e le truppe dell'Esercito Rosso che risiedevano a Terona in questo momento stanno assediando il villaggio sotto ordine di Hyde. Sappiamo che Evelyn Lewis si trova con loro! Il comandante di quella truppa dice di avere già qualche ostaggio. Entro una decina di giorni i Domini dell'Aria potrebbero portarci l'ultimo sole in persona!»

Finii di leggere e la lettera mi cadde dalle mani. Nè io nè Gwen parlammo, troppo sconvolti da quello che Knight ci aveva appena annunciato. La guardai a bocca aperta, mentre il panico prendeva piede dentro di me. Ci doveva essere stato qualche errore, non potevano essere stati così sconsiderati. Matt, l'intelligente Matt, non poteva essere stato così sconsiderato da nasconderla in un paese così vicino a Terona, dove le truppe del regno avevano non una, ma ben quattro caserme!

«Will...»

La sola idea che Evelyn fosse nelle mani del regno mi spaventava in modo disumano, quasi al pari di quando avevo scoperto che Hyde aveva visto me e Juliet in taverna. Mi precipitai alla scrivania, senza curarmi nemmeno di Gwen che cercava di rassicurarmi: «Will, rifletti, le possibilità che Evelyn sia davvero a Brennan sono infinitesimali. Chissà in quanti altri paesi siano stati smistati i ribelli!». Afferrai un pezzo di carta e cominciai a scrivere subito un messaggio all'unica persona del quale ero sicuro non potesse essere stato catturato.

Brennan? Evelyn si trova a Brennan!? Mi trovo in prossimità di Serard.

Lo mandai a Matt, sapendo ancora che si trovava nel tempio, facendolo scomparire in una nuvola di vapore acqueo. Mi passai la mano sulla faccia, con l'ansia che stava prendendo il sopravvento su di me.

«Cazzo...» borbottai girandomi a guardare Gwen, che mi stava rivolgendo uno sguardo più che preoccupato.

Il mio cuore mi stava intimando di invertire subito la rotta della nave e avviarmi verso Telyn. Se solo fosse stato possibile arrivare a Taward nel giro di pochi minuti... Non sentii nemmeno Gwen che si avvicinava e che mi appoggiava una mano sulla spalla: «Non puoi fare ancora nulla, Will.» mi disse dolcemente. «Finché non ti daranno altre notizie non potrai sapere se è stata catturata oppure no... dobbiamo solo aspettare Will.». Aspettare... aspettare mentre la torturavano, mentre la portavano in fretta al cospetto di mio padre, più vicino di me alla capitale? Mi sembrava impossibile. In quel momento, in un lampo di luce verde un piccolo pezzo di pergamena si materializzò sulla scrivania.

Cos'è successo Cole? Cosa diavolo è successo?

E anche se non mi aveva risposto direttamente, la sua disperazione parlò per lui: Evelyn era a Brennan.

***

Come la barca fu ancorata al molo, esattamente una settimana dopo, cominciai a correre verso il palazzo. Non avevo ricevuto altri messaggi ed io, con un atteggiamento di codardia, non mi ero azzardato a chiedere informazioni. Ora me ne stavo pentendo. Per il resto del viaggio non avevo chiuso occhio, in attesa che qualche funzionario si degnasse di mettermi al corrente di come fosse andato l'assedio al paese, e mi ero consumato per la preoccupazione.

Con ogni probabilità, a meno che mio padre non avesse ordinato il contrario, tutti gli ostaggi dell'attacco erano stati portati già ad Ilyros, tramite velocisti dell'Esercito Bianco in grado di compiere viaggi di due mesi nel giro di una decina di giorni. Si trattava di viaggi nauseanti ininterrotti che venivano fatti da Domini dell'Aria in grado di correre a velocità supersoniche che trasportavano una persona con sé. Non avrei augurato a nessuno viaggi del genere e la sola idea che potesse essere toccato ad Evelyn mi faceva venire la nausea.

«Will!» non me ne importai della voce di Gwen che mi chiamava.

Corsi fra i viottoli della capitale al ritmo più veloce possibile. La Reggia Azzurra era abbastanza lontana dal porto, così cercai di passare per le scorciatoie, dove attirai lo sguardo stupito di ogni singolo abitante: chi si aspettava di vedere il futuro re passare davanti alla propria porta? Salii ripide scalinate, corsi su innumerevoli ponti che servivano per permettere il passaggio sopra un piccolo corso d'acqua e cercai di non fare danni andando addosso a qualcuno o rompendo qualcosa. Non che me ne importasse, in quel momento, sia chiaro.

Arrivai sulla collinetta della Reggia Azzurra da un lato. Naturalmente arrivai fuori dalle mura, impenetrabili, e, anzi, ci camminai a ridosso. Rallentai inevitabilmente, maledicendomi per essermi tolto quei pochi minuti da ignaro che mi sarei dovuto concedere. Non avevo il fiatone, nonostante la grande corsa che avrebbe fatto piegare la maggior parte delle persone; ma il mio cuore era accelerato ed ero sicuro che nemmeno quello era colpa dello scatto. Alzai la mano e sfiorai le mura di diamante scintillante, mentre camminavo lentamente, troppo lentamente.

Avrei rivisto mio padre per la prima volta da luglio.

Cercai di mettermi l'anima in pace, capendo che non avrei potuto rimandare quel momento ancora per molto. Avrei dovuto rispondere alle mie azioni, non avevo scelta.

Secondo i miei calcoli mio padre era approdato al Porto del Tritone esattamente due giorni prima. Dovetti essere grato agli dei di non aver partecipato alla festa di ritorno di mio padre, sapevo bene quanto potessero essere stancanti. Gwen non mi aveva raggiunto: probabilmente mi aveva perso fra gli innumerevoli viottoli che avevo imboccato. Tutta questa fretta di raggiungere la Reggia non me la spiegai.

A quel punto dubitai di poter lasciare di nuovo Ilyros per raggiungere Fyreris.

Girai l'angolo delle mura di diamante che circondavano la Collina dell'Imperatore, ritrovandomi davanti all'immenso portone dello stesso materiale. Come sempre, all'ingresso presiedevano quattro guardie, che alla mia vista si inchinarono.

«Vostra altezza.»

«Hanno catturato qualche ribelle?» mi ritrovai a chiedere senza pensare, girando lo sguardo freneticamente attorno.

«Aspettiamo l'arrivo dei ribelli fra quattro giorni. Anche i velocisti hanno bisogno di riposare vostra altezza, ne siamo desolati...»

Probabilmente avevano interpretato il mio comportamento come un'impazienza di avere fra le mani qualche ribelle. Quindi ne avevano catturato più di uno. Dei, e se lei era uno di quelli? Mi ritrovai a parlare di nuovo, famelico di qualsiasi informazione: «Quanti sono? Chi...? ».

«William.»

Quella voce mi fece raggelare. Mi girai verso di lui lasciando la domanda a metà, con il cuore in gola. Mi ricomposi, cercando di ignorare il sorrisetto che aleggiava sulla sua faccia. Lo guardai negli occhi, raddrizzando la schiena e alzando il mento proprio come lui avrebbe voluto che facessi.

«Da quando in qua fai domande così importanti a semplicissime guardie d'ingresso?» la sua voce era indecifrabile.

Si avvicinò e subito le guardie a cui avevo chiesto informazioni si girarono, chinandosi talmente tanto da sfiorare il terreno con il naso. Cercando di calmarmi, di reprimere la rabbia che provavo nei suoi confronti, parlai: «Padre. La gioia di questa notizia mi ha fatto dimenticare che probabilmente queste semplici guardie non siano al corrente di questioni così delicate.». Gladwyn II della dinastia Cole si fermò a pochi passi da me, sorridendomi.

Il re era un uomo molto imponente, alto e muscoloso. Come il resto della mia famiglia aveva capelli scuri e due occhi di un verde intenso. Non era cambiato molto rispetto all'ultima volta che lo avevo visto, ormai tre mesi prima: la barba un po' lunga era sempre la stessa e i lineamenti duri come i miei non erano solcati da nuove, indesiderate rughe. Portava i suoi vestiti regali, con tutte le medaglie che gli spettavano. L'uniforme era nera, con ricami blu e bianchi sulla giacca.

«Vieni qui ragazzo mio.» mio padre allargò le braccia ed io mi vidi costretto a fare due passi in avanti.

Abbracciai mio padre. Batté la sua mano sulla mia schiena, con fare paterno, mentre parlava: «Finalmente sei qui.». A parte il fatto che trovai la sua frase come il più grande controsenso del mondo, dovetti mettere tutto me stesso per non rabbrividire quando la sua mano batteva contro le cicatrici che lui stesso mi aveva inferto. Quella che doveva essere una risata di gioia si dissolse nell'aria e finalmente fui libero dalle sue braccia.

Mi afferrò per un braccio e delicatamente mi invitò ad incamminarmi verso la Reggia Azzurra. Non mi erano nuove queste esternazioni di bene che non gli si addicevano, ma tempo poche ore mi sarei riabituato alla sua presenza. Sapevo che era solo questione di poco prima che ritornasse ad essere il generale che era anche durante la vita privata e famigliare.

«Cecily vorrebbe vederti.» esordì, con la sua voce che già cominciava a cambiare tono. «Ma non adesso, non ora che un bel carico di ribelli sta arrivando da Brennan. Dobbiamo organizzare interrogatori, spedizioni pronte a partire non appena sapremo qualcosa...»

Ce la misi tutto me stesso per non staccare il cervello da quello che mi stava dicendo. Lui pretendeva la massima attenzione ogni volta che mi parlava. Mi ritrovai a intraprendere una conversazione sul da farsi mentre lui abbandonava definitivamente il tono paterno e ne assumeva uno distaccato, quasi formale.

«Quanti sono?» chiesi non appena ebbe finito di parlare, con il cuore che già cominciava a martellare più forte.

«Nove.» rispose duramente, mentre storceva il naso per il disgusto. «Nove rifiuti del regno che vanno eliminati. Tutti quegli altri sono morti, o sono riusciti a scappare. Non avrei dovuto permetterlo.»

Mi era mancato un battito quando aveva detto che tutti gli altri erano morti. Ma tuttavia avevo sentito il petto alleggerirsi quando aveva detto che alcuni erano riusciti a scappare. Non riuscii a chiedere di lei, e mio padre non volle aggiungere nient'altro mentre entravamo nell'atrio della reggia. I motivi erano solo due: o non voleva ammettere di aver perso l'ultimo sole o voleva che quella fosse una sorta di sorpresa.

«Oh non rilassarti, William.» disse vedendo le mie spalle abbassarsi. «Ci aspettano innumerevoli riunioni del Consiglio, oltre ad una lunga conversazione sul perché hai deciso di lasciare i tuoi doveri per raggiungere l'Isola di Kratos.»

«Padre io...» cominciai, ma quando il re alzò la mano per zittirmi lasciai cadere la scusa a metà.

«Non è il momento William. Mi occuperò di questa questione più tardi.»

Probabilmente, sicuramente anzi, ero nei guai, nei guai fino al collo.

***

Sentii bussare alla porta proprio nel momento in cui la mia schiena toccava il morbido materasso della mia camera. Avevo fatto una lunga, lunghissima doccia di riflessione dopo aver presenziato ad una riunione del Consiglio del Re durata ben tre ore e mezzo. Da quello che avevo capito, visto che durante quell'assemblea la questione "Evelyn" non era stata affrontata, lei non era stata catturata. O almeno così speravo. Mio padre era sempre imprevedibile.

Ero riuscito a calmarmi, in parte. Il fatto che mio padre non mi avesse ancora fatto il terzo grado riguardo alle ultime due settimane che avevo passato nel mondo degli Umani e il fatto che non avesse ancora voluto intraprendere la conversazione riguardo a Kratos mi stavano facendo scoppiare la testa.

Andai alla porta sapendo già di chi si trattasse. Era chiaro che si sarebbe presentata alla mia porta, considerando che non la ero andata a cercare dopo aver finito la riunione del consiglio. Aprii la porta tanto quanto bastava per sbirciare con un occhio. Cercai di stamparmi in faccia un grande sorriso mentre l'alta ragazzina spingeva la porta con tutte e due le mani per spalancarla. Arretrai di un passo, allargando le braccia per abbracciare quell'esserino visibilmente seccato. Una ragazzina dai lineamenti affilati, dagli occhi verdi splendenti e dai lunghi capelli raccolti in una corona di trecce mi venne subito incontro.

«Perché non sei venuto a cercarmi?» la sua voce squillante mi colpì in pieno, così come lo fecero i suoi piccoli pugni.

«Ehi vacci piano, mi fa ancora male! » protestai sorridendo, portandomi una mano alla pancia, proprio dove mi avevano pugnalato.

«Sei stato ferito al petto, idiota.» replicò sbuffando.

Io mi limitai a ridacchiare, costringendola in un abbraccio fortissimo. Dopo aver cercato di resistere spingendomi via, fu costretta ad abbandonarsi all'abbraccio, non riuscendo a non ricambiare. La strinsi forte a me, posando il mio mento sulla sua testa, e sussurrandole piano: «Mi sei mancata Cece.». A malincuore, Cecily dovette cedere i suoi tentativi di essere arrabbiata con me.

«Anche tu idiota.»

«Idiota potevi risparmiartelo.»

«Certo che no fratello.» replicò staccandosi dal mio abbraccio. «E ora raccontami tutto sull'ultimo sole!»

***

«Vostra altezza, vostro padre richiede la vostra presenza nella Sala dell'Immacolato.» era solo questione di poco prima che mio padre convocasse la mia presenza.

Erano passati quattro giorni, quattro interminabili giorni, da quando ero arrivato in capitale ed io avevo trascorso la maggior parte del mio tempo  dentro la Sala del Consiglio, a programmare interrogatori e a pensare a misure di sicurezza più forti di quelle attuali.

Non dovevamo farli scappare, per nulla al mondo.

La convinzione che non avessero catturato Evelyn andava rafforzarsi con l'aumentare delle ore di riunione: Knight non diceva nulla in merito, tanto meno mio padre. I pochi momenti liberi che riuscivo a ritagliarmi erano quelli in cui rimanevo con Cecily. Riguardo al viaggio per Fyreris  non avevo avuto tempo di pensarci.

«Arrivo subito.» replicai al servo, che si inchinò e si congedò.

Prendendo un respiro profondo, uscii dalla mia stanza, cercando di svuotare la mente. Soprappensiero, non mi accorsi di essere arrivato nel corridoio della Sala dell'Immacolato finché non sentii provenire dall'interno la voce di mio padre e quella di Knight.

Entrai senza indugiare dentro la stanza, rimanendo vagamente sorpreso quando vidi mio fratello Weston seduto nel posto del Generale Hyde. Attirai subito la loro attenzione.

«Mi hai fatto chiamare?» mi rivolsi a mio padre, senza riuscire a non alzare le sopracciglia guardando mio fratello.

«Sì. È il momento adatto per discutere della tua missione riguardo all'ultimo sole. Della vostra missione.» rivolse uno sguardo veloce a Weston, che vidi deglutire.

Weston aveva già risposto ai suoi comportamenti passati ed io non potei non chiedermi perché fosse lì.

«Siediti William.» fece poi, allungando una mano verso il posto alla sua sinistra, di fianco a quello di Knight.

Feci come mi era stato richiesto, rivolgendo un'occhiata veloce al vecchio consigliere, che si limitò a ricambiare con lo stesso sguardo. Mi sedetti al mio posto, proprio mentre mio padre cominciava quella specie di riunione.

«I Ribelli sono ritornati ad Elyria e questo significa solo una cosa. Le guardie di alcuni passaggi per il mondo degli Umani sono loro alleati. Ci hanno traditi. Dobbiamo prendere provvedimenti, ma di questo abbiamo già discusso ampiamente ieri pomeriggio. La questione di cui vorrei parlare oggi è Evelyn Lewis.»

Mi sforzai di non avere reazioni particolari, mentre Weston si raddrizzava sulla sedia, chiaramente interessato.

«Abbiamo motivo di pensare che si trovasse a Brennan. L'Esercito Rosso che risiede a Terona ha attaccato il villaggio in seguito ad una confessione di una donna del paese. I soldati hanno riconosciuto alcuni visi di esponenti importanti dell'Ordine, come il Comandante Elwyn Davis.»

«Davis è il padre di uno dei migliori amici di Evelyn.» saltò su Weston, annuendo. «Lei si trovava sicuramente lì. Non sono riusciti a prenderla?»

«No.» dovette ammettere Knight.

Mi ritrovai il petto alleggerito in modo impressionante. Mi limitai a rivolgere uno sguardo a mio padre, che aveva le labbra visibilmente sottili, segno che era livido di rabbia per non essere riuscito a catturarla. Rimanemmo tutti zitti, prima che il re ricominciasse a parlare.

«Ma il bottino che sono riusciti a prendere dovrebbe essere abbastanza, per il momento.» continuò. «Il punto è: dove sarà diretto adesso l'ultimo sole?»

«Rimarrà a nord, questo è poco ma sicuro.» fece Knight, sfogliando i fogli che aveva davanti e raddrizzandosi gli occhiali sul naso. «Potrebbe essere diretta a Fyreris, è il suo luogo di nascita, dopotutto.»

«Non è troppo scontato?» parlai per la prima volta.

Per quanto potessi sembrare convincente con le mie parole, dovevo ammettere che sarebbe stato plausibile per Evelyn raggiungere il luogo dove tutto era iniziato. Più che plausibile ora che probabilmente stava vagando da sola, mi sembrava abbastanza sicuro.

«Non possiamo sapere con chi è riuscita a scappare.» continuai. «Come possiamo anche solo pensare che raggiungerà Fyreris da sola? Voglio ricordarvi che ha vissuto tutta la sua vita nel mondo degli Umani.»

«Ma l'avranno istruita. Le avranno fatto vedere la mappa del regno, dove si trovava eccetera. Ha passato almeno due settimane a Brennan e io credo che l'abbiano istruita sulla geografia del nord del regno. Se è intelligente come la raccontano saprà arrivarci.» ribatté Knight.

«È intelligente.» concordò subito Weston.

«Allora questa sua intelligenza dovrebbe tenerla lontana da Fyreris, no?» ribattei imperterrito. «Dovrebbe capire in ogni centro abitato ci sono guardie che la catturerebbero subito.»

«A volte i sentimenti vincono la ragione. » ribatté mio padre. «Ma dovete dirmi voi fino a che punto l'ultimo sole sarebbe disposto ad assecondare i sentimenti al posto della ragione. Questo vi sembra un motivo valido?»

Weston aprì la bocca per parlare, non riuscendo tuttavia a trovare una risposta. Trattenni a stento una piccola risata: lui non aveva conosciuto Evelyn come me. O meglio, non aveva avuto a che fare con la Evelyn matura e profondamente diffidente che avevo conosciuto io. La Evelyn che, nonostante tutto, non riusciva a resistere alla sua curiosità se non aveva qualcuno che la tratteneva.

«Non lo so...» ammise, scuotendo la testa. «Quella che ho conosciuto io non lo avrebbe fatto. Non le interessava apparentemente nulla della sua famiglia biologica, che l'aveva abbandonata...»

«Tutto questo prima che tu avessi la brillante idea di tradirla, rendendola una persona completamente diversa.» la voce di mio padre era ferma, priva di alcun tono particolare.

Ma il modo in cui lo diceva, accompagnato dall'espressione del viso e dagli occhi che sembravano trafiggerti da parte a parte, non lasciava dubbi del fatto che fosse ancora arrabbiato con lui.

Weston si zittì subito e mio padre si girò verso di me, invitandomi silenziosamente a parlare. Sentendo una fitta al cuore, il peso del Fiume delle Menzogne addosso e un principio di senso di colpa, mi ritrovai a dire quello che voleva uscisse dalle mie labbra.

«È probabile, in effetti, che l'ultimo sole che conosco io si faccia prendere e sopraffare dalle emozioni.» ammisi guardando dritto negli occhi mio padre. «Ma continuo a dire che è intelligente, forse questa sarà la volta in cui riuscirà a dominare la sua impulsività. Questa volta c'è in gioco la sua vita.»

«La soluzione mi sembra semplice» intervenne Knight. «Dovremmo mandare qualcuno a Fyreris. Non una squadra, sarebbe troppo riconoscibile e lei, nel caso vada davvero nella capitale del fuoco, si allontanerebbe subito.»

A quel punto Knight mi rivolse un'occhiata eloquente. Aprì la bocca lentamente, come per avanzare una proposta strana: «Dovremmo mandare qualcuno che riesca ad attirarla. Se è intelligente come loro l'hanno descritta non so se le guardie riusciranno a prenderla.»

«Ma è una follia, Fyreris è piena di guardie, come farebbero a non vederla?» saltò su Weston, con un'espressione incredula in viso.

«Fyreris è gremita di guardie tanto quanto di ribelli.» ribattei io, girandomi a guardare mio padre che annuiva. «Ribelli perfettamente immedesimati nella società, impossibili da individuare in una città così grande. Naturalmente ogni giorno le guardie sono a lavoro per scovarli, ma le operazioni sono sempre vane. Come in ogni altra città del regno, del resto.»

«Non abbiamo il controllo sui ribelli così addestrati a nascondersi.» annuì West, con tono grave.

«L'unica cosa che possiamo fare è cercare traditori del regno che li hanno aiutati, e da lì risalire a loro. Come è successo con Brennan, in effetti.» disse Knight.

«Knight ha ragione.» disse mio padre. «Dobbiamo mandare a Fyreris qualcuno che riesca ad attirarla e ad avvicinarla. E in tutte le altre città del regno sempre più squadre...»

Mentre parlava, si alzò dalla sedia su cui era seduto e cominciò a camminare avanti e indietro, riflettendo velocemente. Presto cominciò a borbottare fra sé ed io, piano piano, cominciai a capire quello che stava pensando di fare. Il mio cuore cominciò a martellare più forte contro il petto, ma io non volli assecondare le mie teorie su quello che sarebbe uscito dalla sua bocca.

«Visto che abbiamo concordato che la possibilità che vada a Fyreris sia davvero plausibile, dobbiamo farlo. In caso ci sbagliassimo, al massimo rimarresti via un mese, poco più.» ricominciò a parlare ad alta voce dopo diversi minuti.

Si girò verso di me ed io feci del mio meglio per non avere reazioni particolari a quello che aveva implicitamente detto: dovevo partire io, ero io a dover ingannare l'ultimo sole e a portarlo ad Ilyros. Ancora una volta.

«Avresti dovuto organizzare il matrimonio e partecipare alle riunioni, ma la sicurezza del regno viene prima di tutto.»

Rimase in silenzio e le sue parole rimbombarono nell'aria. Il concetto non espresso che tormentava tutti noi era chiaro: non ci sarebbe stato alcun regno su cui governare se la profezia si fosse avverata.

Valutai in fretta la situazione, con tutti i suoi pro e contro. Ma non dovevo prendermi in giro: non avevo scelta. L'unica consolazione era il fatto di partire per Fyreris. Ma come potevo tener fede al patto che avevo fatto con Davis se stavo andando a catturarla?

Prima o poi sarei imploso, su questo non avevo dubbi.

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