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Capitolo 13 • Ballo d'Autunno

C A P I T O L O X I I I
~
• B a l l o  d ' A u t u n n o •


Per fortuna ero stata allenata con l'aria, per fortuna. Quando quel giovedì sera uscii dalla mia camera, mi servì tutta la mia concentrazione per silenziare la porta di legno che cigolava. Pochi minuti prima avevo, tramite i venti, sentito il vecchio fabbro rinchiudersi nella sua camera. Ero stata fortunata, visto che erano solo le nove e mezza di sera, di solito Karlsen ci metteva molto di più per andare a coricarsi.

Uscii dalla stanza in punta di piedi, richiudendomi dietro la porta silenziata dall'aria. Sempre con l'aiuto del mio potere, silenziai i miei passi mentre mi avviavo verso l'uscita della caverna. Inutile dire che, non appena mi chiusi alle spalle il portone d'ingresso, tirai un sospiro di sollievo.

«Karlsen è più facile da ingannare di quanto avessi mai pensato.» commentò Rose, appoggiata alla staccionata del portico sotto il quale c'era la forgia. «Non c'è voluto molto.»

«No, infatti.» convenni io, mentre con l'orecchio stavo già ascoltando gli inconfondibili rumori di una festa, in lontananza.

Non mi ero vestita in nessun modo particolare: avevo addosso dei comodi pantaloni di lino che il primo giorno il vecchio mi aveva fatto trovare sul letto e una camicia bianca. Come avevo messo piede fuori dal portone, mi ero pentita e non poco di non essermi presa una giacca: eravamo a nord ed era fine ottobre, quindi c'era molto freddo.

Rabbrividii, mentre cominciavamo a camminare e a scendere il versante della montagna. In poco più di due settimane che avevamo soggiornato lì, non avevo visto altro che la forgia, la miniera in cui lavoravo e la piccola radura dove ci allenavamo. Era snervante non avere un momento libero che non fosse la sera tardi per riflettere e stare un po' in pace con me stessa. Ma in casa, la presenza del vecchio mi impediva comunque di rilassarmi al massimo. Forse, se quella sera avessi trovato un posto invitante, avrei cominciato a scappare dalla casa di Karlsen per rimanere un po' da sola.

Mentre scendevamo, lasciavo scorrere la mano sulla ringhiera, allungando lo sguardo in cerca di qualche segno della festa in corso giù in paese. Solo quando fummo arrivate a metà discesa la piazza diventò visibile. Al centro dello spiazzo, era stato acceso un grosso falò, i cui fumi si elevavano a formare una colonna nel cielo diventata rossastra a causa della quantità esorbitante di fiaccole e di luci accese.

Anche da lì si potevano vedere i gruppi di persone intente a ballare quelle che, ad un primo ascolto, sembravano canzoni locali. Sembrava decisamente di essere ritornate indietro nei secoli, fino al medioevo: sembrava proprio uno di quei festival paesani che si vedevano nei film.

«Dai andiamo...» la voce di Rose fremeva per l'emozione e non potevo negare che anche io, nonostante fossi stata riluttante nell'accettare la sua proposta, provavo l'irrefrenabile voglia di buttarmi giù dalla ringhiera solo per arrivare prima alla festa.

Mi prese per mano in fretta e, senza ricevere proteste da parte mia, cominciò a correre il più velocemente possibile. In men che non si dica, i nostri piedi stavano sfrecciando nel ghiaino della via principale di Brennan. Se non ci fosse stata Rose non avrei avuto pensieri e avrei continuato a correre rapida fino al cuore della festa, senza curarmi delle conseguenze che sarebbero arrivate non appena avrebbero visto la mia faccia; ma per fortuna c'era lei che, pensandoci un attimo, prima di arrivare alla festa dalla via principale, deviò in un viottolo secondario.

«Meno male che ci sono io...» rise piano, mentre passavano attraverso quel piccolo vicolo al quale si affacciavano molte case di pietra, la maggior parte con la luce ancora accesa.

Rose, dando prova del suo grande senso dell'orientamento, mi portò in una piccola via, ma piena di vita. Tutta la gente era accalcata attorno a quella che sembrava essere una grossa taverna, che spiccava fra le case di pietra poiché unico edificio completamente di legno. Davanti a quella c'erano gruppi di uomini che bevevano birra, che ridevano di gusto, che cercavano di sedurre qualche giovane oste. La maggior parte di loro era ubriaca fradicia, si capiva subito.

«Aspetta qui Eve.» mi disse Rose emozionata. «Fidati di me.»

Dicendo questo, cominciò a correre velocemente verso la taverna. Andando contro la mia indole impulsiva, stranamente le obbedii, rimanendo ferma a sfregarmi le mani per il freddo che ormai, da quando avevamo smesso di correre, si faceva sentire. Mi trovavo in punta di piedi per vedere dove fosse sparita, quando mi chiesi se fosse il caso di mostrarmi così in pubblico.

Non era la prima volta che, prima di una festa a cui non dovevo andare, mi facevo questa domanda. Sì le altre volte c'era qualcosa di diverso in gioco, che in casi estremi poteva consistere nel trasferimento in un'altra città. Questa volta, c'era una relativamente buona probabilità che qualche uomo del re vedesse la mia faccia; infondo noi non potevamo sapere se alla festa partecipassero Domini di altri paesi.

Tutti i sensi di colpa svanirono nel momento stesso in cui Rose tornò con in mano due bicchieri traboccanti di quello che a primo impatto poteva sembrare birra. Feci per parlare ma subito lei prese parola, precedendomi: «Idromele di Meriord!» annunciò entusiasta. «Se ti senti di svenire per la bontà di questa roba, avvertimi prima.». Sbuffai sorridendo piano e non potendo non chiedermi come avesse fatto a pagare quella roba, mentre afferravo uno dei bicchieri.

«Rose ma i soldi...»

«Ho offerto io.» annunciò sventolando la mano per rassicurarmi di non dovermi preoccupare.

«Ma smettila...» la ignorai e frugai nelle tasche, sicura di avere ancora qualche dollaro vagante.

«Perché credi davvero che io abbia pagato con i soldi del mondo degli Umani?» mi prese dolcemente in giro, mentre alzavo lo sguardo a guardarla, con in mano qualche banconota.

La guardai stranita, mentre a sua volta estraeva qualcosa dalle tasche dei suoi pantaloni. Rimasi meravigliata quando vidi nella sua mano non meno di una quindicina di monete d'oro. Mi avvicinai, mentre la mia mente da fanatica di Harry Potter mi faceva pensare subito male. Rose capì quello che stavo pensando e scosse la testa: «Non sono Galeoni.» mi annunciò ridacchiando. «Sono corone d'oro. Ad Elyria è questa la moneta: esistono le corone d'oro, quelle d'argento e di bronzo; dieci d'argento ne fanno una d'oro e dieci di bronzo ne fanno una d'argento.».

«Sono stupende.» afferrai una moneta e me la rigirai fra le mani, osservandola bene. «Chi è questa?»

Sulla moneta che avevo afferrato, su una faccia c'era la raffigurazione di una corona maestosa, mentre sull'altro c'era la raffigurazione della faccia di una donna che guardava di lato, con l'arco teso a sfiorarle il labbro. Aveva lineamenti duri e vagamente familiari.

«Selene l'arciera, l'eroina della Grande Guerra.» spiegò. «Anche lei era un Dominus della Luce.»

«Ah.»

«Potrebbe essere una tua antenata, non ne ho idea, ma vagamente ti assomiglia.» spostò lo sguardo da me alla moneta valutando la somiglianza.

Poi mi prese la moneta dalle mani e se la rispose nella tasca, assieme alle altre. Alzò il proprio bicchiere verso di me, invitandomi a fare un brindisi: «A questa specie di vacanza.».

«Vacanza?» sgranai gli occhi ridacchiando.

«Beh, per questa sera potremmo considerarla una vacanza.»

«E va bene, illudiamoci per poche gloriose ore.» acconsentii alzando il bicchiere a mia volta. «A questa specie di vacanza!»

Dopo mi portai il bicchiere alle labbra e bevvi un sorso di quell'idromele. Subito un sapore dolce come il miele mi esplose in bocca. Rose aveva ragione, quell'intruglio era davvero buono. Feci schioccare le labbra di gusto, mentre Rose chiudeva gli occhi estasiata e ammetteva con un tono quasi di scuse: «Questo idromele è molto forte, devo ammetterlo.». Scrollai le spalle, mentre continuavo a mandare giù l'idromele, che scendeva giù nella gola che era una meraviglia.

Mentre continuavamo a bere, Rose mi prese per mano e cominciò a camminare, ritornando in uno dei piccoli vicoli vicini alla piazza piena di vita. Non che quelli fossero deserti, sia chiaro; ma giustamente c'era già più buio e potevo, almeno in parte, nascondere la mia faccia. Camminando per i viottoli, però, arrivai a pensare che nel caso avessimo continuato a bere così e nel caso non fossi riuscita a reggere quell'idromele, saremmo anche potute diventare sconsiderate.

Arrivate all'imbocco della strada principale, Rose si girò di colpo e mi guardò intensamente negli occhi: «Ti porto nella piazza.» annunciò, facendomi quasi saltellare per l'emozione. «Ma rimaniamo in penombra, nei parchi dall'altra parte della festa.». Annuii raggiante, mentre mi sentivo già un po' più accaldata grazie all'alcol che cominciava a circolarmi nel corpo. Così, sorridendomi, si girò di nuovo e, con me al seguito, svoltò l'angolo.

Non mi ero accorta del fatto che Rose ci avesse fatto camminare proprio nell'ultimo vicolo prima della grande piazza; infatti, non appena fummo uscite da lì, la festa ci colpì in pieno. Era una cosa bellissima: la musica assordante rimbombava in tutta la piazza, senza riuscire tuttavia a sovrastare le risate e le urla che dovevano fare i paesani per farsi sentire. Notai subito che moltissima gente aveva una fiaccola in mano; in quel modo, fra tutte quelle piccole fiamme e il gigantesco falò nel mezzo, l'intera piazza era inondata da una luce rossastra.

«Dimmi un po' Rose. Ma tutti questi Domini della Terra non provano la voglia di scappare dal fuoco?»

«La maggior parte di loro è troppo ubriaca anche solo per camminare, figurarsi se si mettono a preoccuparsi per il fuoco.» agitò la mano come per dire in questo momento non gliene importa molto.

Mentre ci muovevamo ai lati della piazza, per raggiungere i piccoli parchi, rimasi incantata nel veder ballare tutte quelle persone; non c'erano solo uomini e donne, ma un'infinità di ragazzi della mia età, più giovani, anche bambini di pochi anni di età. Era chiaro che si divertivano e, per la prima volta da più di un mese, non avevo l'attenzione puntata su di me o sulla mia Caduta. Rose fece zig zag in mezzo a  gruppi di uomini ubriachi e coppiette che si baciavano appassionatamente in pubblico, rese più audaci dall'alcol.

Visto che avevo continuato a sorseggiare l'idromele lungo il tragitto, come arrivammo sotto i pini del piccolo parchetto decorativo ero già brilla e allegra. Non mi presi nemmeno il tempo di stupirmi per il fatto che fossi già brilla dopo solo poco più mezzo bicchiere da mezzo litro di quella roba; Rose mi aveva avvertito di come fosse forte.

«Voglio ballare...» mi lamentai con voce volutamente infantile.

«È fuori discussione.» mise subito in chiaro, fulminandomi con lo sguardo lucido. Scommisi con me stessa che, fra qualche bicchiere di idromele, Rose stessa mi avrebbe trascinata in pista.

«Va bene.» acconsentii, fingendomi lo stesso arrabbiata. «Ma se vuoi che io non scappi, devi prendermi un altro di questi.»

Sollevai il bicchiere di idromele prima di portarmelo alle labbra e trangugiare all'alpina tutto il contenuto. Quando ebbi finito le porsi il bicchiere, invitandola ad andare a riempirlo. Rose ridacchiò, strappandolo dalle mie mani e scuotendo la testa. Prima di allontanarsi un'altra volta, disse: «Vuoi davvero tornare a casa devastata eh...».

Quando Rose sparì fra la folla, mi sedetti per terra, sul terreno. Subito cominciai a canticchiare la canzone dei balli; ogni qualvolta che intonavo una tonalità diversa, sbagliando quindi l'intero pezzettino successivo, mi mettevo a ridacchiare come una stupida. Mentre canticchiavo a bocca chiusa, contrassi le dita in direzione della terra lì davanti a me, facendo germogliare una piccola rosa; lo feci senza pensare e mi presi alla sprovvista da sola, portando subito l'altra mano a toccare il ciondolo che mia zia mi aveva dato.

«La piccola pura gioca a fare la contadina?» una voce sconosciuta alle mie spalle mi fece sobbalzare.

Come mi girai per vedere a chi appartenesse, la rosa si ritrasse, diventando prima un bocciolo e poi scomparendo del tutto nel terreno. Quella voce apparteneva ad un ragazzo, che doveva avere pochi anni in più di me. Aveva lineamenti in viso abbastanza familiari, ma non seppi riconoscere a chi appartenessero.

«La gente non dovrebbe vedere la faccia della piccola pura.» ribattei mentre osservavo quel ragazzo dai capelli rossi e dalle sopracciglia folte sorridermi divertito. «Rose aveva detto che qui sarei stata al sicuro.»

Dovetti sembrare molto, molto patetica in quel momento. Cosa gliene fregava a quel bel ragazzo se la mia migliore amica era stata così sconsiderata da lasciarmi lì da sola alla mercé di chiunque? Il ragazzo ridacchiò scuotendo la testa: «Mi aveva raccontato della tua passione per l'alcol.». Lo guardai come se fosse impazzito: di chi stava parlando? Poteva essere stato chiunque a raccontargli di me, persino il morto e resuscitato Adam Fallon. L'ipotesi che quello fosse qualcuno delle truppe del re mi colpì in pieno e mi fece saltare in piedi con uno scatto che mi sembrò incredibile con tutto quell'alcol che avevo in corpo.

«Chi?» chiesi con fare minaccioso, prima di trattenermi dal ridere di me stessa.

«Rose, naturalmente.»

«Rose?» chiesi come se mi avesse appena detto che era la Terra a girare attorno alla Luna e non il contrario.

«Do la colpa all'alcol e fingo di non stare dubitando del fatto che ti cataloghino intelligente.»

Come avevo fatto a non riconoscere prima quel tono di voce? Dovevo ammettere a mia discolpa che quelle frasi taglienti suonavano in modo molto diverso uscite da lui o uscite dall'orgogliosa sorella. Per non parlare del colore dei capelli, che era lo stesso.

«Ah.» dissi prima di scoppiare a ridere. «Tu sei Connor.»

«Colton, semmai.» replicò lui.

«Colton...» riflettei cercando invano di ricordare se effettivamente Rose mi avesse detto quel nome oppure Connor, che mi sembrava, in quel momento, più adatto.

«Sì, Colton.» ridacchiò lui.

«E che cosa ci fai qui, Con... Colton Wilson? Mi sembrava che la tua famiglia fosse stata assegnata ad una città di Kylien, giusto?»

«Ma dovresti sapere che io non sono con la mia famiglia da molto tempo...»

«Sinceramente ti sembro in grado di collegare le mie informazioni adesso?» feci una faccia stupita e me la indicai con le dita.

«No, affatto.» senza che io dicessi qualcosa, Colton fece un passo avanti e si sedette di fianco a me, portandosi le ginocchia al petto e prendendosele fra le braccia muscolose.

Così, in gesto troppo veloce, mi girai a guardare di nuovo la festa, distogliendo lo sguardo da quel Dominus dell'Aria. Cercai di  concentrarmi sulle persone che danzavano insieme invece che su di lui, ma mi era pressoché impossibile, tanto che corrugavo la fronte per lo sforzo nemmeno stessi facendo sollevamento pesi.

«Non dovresti stare qui, lo sai?»

«In questo momento sto cercando di fare altro.» gli dissi con la voce ormai strascicata.

«Ah si?»

«Sì»

«Tipo?»

«Ignorarti, anche per il fatto che non ti conosco.»

«C'è sempre tempo per conoscerci, lo sai?»

«Mhmm...» mi limitai a mugolare, prima di abbandonare completamente la mia missione di continuare a guardare la festa, nell'attesa che Rose mi venisse a salvare dal cugino.

«Perché siete uscite senza permesso? Ci vuoi rimettere la testa?»

«E perché mai?» mi voltai a guardarlo, guardandolo malissimo.

«Il sarcasmo non ti si addice.»

«Il sarcasmo è l'arma migliore contro i seccatori.» replicai, stupendomi da sola di come fosse uscita questa frase.

«Le ragazze brille sono le migliori.»

«Le migliori perché sono più facili?» dissi alzando le sopracciglia. «Hai sbagliato preda allora, Connor.»

«Colton.» ripeté lui alzando gli occhi al cielo, leggermente irritato. «Pensa quello che vuoi, piccola pura.»

«Sarebbe un insulto?» gonfiai il petto, raddrizzandomi e fulminandolo con lo sguardo. «Perché a me non...»

Non feci in tempo a finire la frase che, in pochi millesimi di secondo mi scoprii a guardare il buio più totale. Con la mente di colpo lucida, mi voltai di scatto verso il centro della festa, avendo una fitta di panico non appena sentii le urla delle persone. La piazza era completamente al buio: le fiaccole erano spente, il falò si era estinto e anche la luce elettrica era saltata. Io e il fratello di Chantal ci alzammo di scatto, nello stesso identico momento.

«Cazzo.» imprecò Colton, afferrandomi subito per il braccio.

Ma io ero pietrificata. Mentre davanti a noi passava una palla di fuoco luminosa, che andò ad esplodere addosso ad un albero lì di fianco che cominciò a bruciare, capii davvero che quello non faceva parte della festa. Un urlo agghiacciante esplose di fianco a noi, facendoci voltare di colpo. Non riuscii a vedere nulla, ma sentii inorridita qualcosa di caldo e denso arrivarmi addosso.

«Cazzo, cazzo, cazzo.» mormorai piano, mentre Colton prendeva in mano la situazione e cominciava a trascinarmi di peso.

«Rose.» mi ritrovai a dire in prenda al panico. «Dobbiamo trovare Rose...»

«No.» disse lui risoluto. «Mia cugina se la sa cava...»

Un dolore acuto mi trafisse la gamba ed io urlai. Caddi a terra, agonizzante, mentre sentivo l'inconfondibile ringhio di un cane rabbioso. Mentre sentivo il suo alito sulla faccia, cercai con le mani di togliermelo di dosso. Colton fu più furbo e, più abituato di me ad usare i suoi poteri, evocò una folata d'aria e fece sbalzare via quel cane da me. Mi prese per le braccia e mi alzò di colpo; io non ci capivo già più nulla. Davanti a me esplosero luci verdi, rosse, fruste d'acqua che cercavano di estinguere gli incendi ormai estesi. Il vento si alzò ed io capii che il peggio era successo. Colton mi prese per mano e si mosse, ma io, non appena appoggiai il peso sulla gamba morsa da quel cane, urlai di nuovo di dolore mentre quella cedeva ed io rischiavo di cadere di nuovo a terra.

Colton fece per prendermi in braccio, deciso a portarmi lontana da lì e dalle truppe del re, ma una palla di fuoco lo colpì da dietro e lui cadde in avanti con un urlo di dolore soffocato; mollandomi la mano e obbligandomi a spostare tutto il peso sull'altra gamba. Fu un miracolo che, con l'alcol che avevo in corpo, rimasi in piedi. Agii d'impulso e evocai l'aria per sbalzare lontano chiunque avesse attaccato il Dominus. Mi vidi però arrivare contro un'altra palla di fuoco, che non fece altro che alimentarsi con l'ossigeno presente nell'aria. Così mi buttai di lato, sentendomi rizzare i peli quando la palla di fuoco mi sfiorò.

«Esci fuori!» urlò una voce lontana derisoria, maschile. «Sappiamo che ti nascondi qui, pura.»

Mi irrigidii, sentendo di nuovo i ringhi del cane rabbioso; in quel momento la terra tremò per delle scosse di terremoto. Per fortuna sentii quello che mi aveva lanciato contro la palla di fuoco cadere a terra sua volta. Rimasi attaccata al terreno, come se il terremoto potesse farmi cadere nonostante fossi già sdraiata a terra.

«Scappa.» sentii il respiro affannato di Colton accanto a me. «Per gli dei, muoviti.»

Non feci in tempo ad alzarmi che mi sentii ancora una volta prendermi per le spalle e alzarmi di colpo. Questa volta avevo però la certezza che non fosse Colton e quindi mi unii alle urla che riempivano ormai tutto il paese.

«Zitta.» una mano si serrò sulla mia bocca, impedendomi di urlare; mi sentii rilassare non appena riconobbi la voce del vecchio.

Sicuramente lui, come Dominus della Terra riusciva a stare in perfetto equilibrio sul terreno tremante. Con un colpo al cuore sentii un'altra scossa partire esattamente dal punto in cui ci trovavamo; avvertii vagamente poco tutte le contorsioni che fece per prendermi in groppa, troppo spaventata dal terremoto in corso. Karlsen cominciò a correre così velocemente che mi ritrovai a pensare come potesse essere in un primo luogo un vecchietto e, in secondo luogo, un Dominus della Terra e non dell'Aria.

Capii subito che, prendendomi per la coscia sanguinante, Karlsen rischiava di farmi cadere a terra e sopratutto di farmi svenire dal dolore. Cercai di dirglielo, ma con tutto il casino che c'era non sentì nemmeno una parola ed io mi ritrovai con lui che mi afferrava proprio per la ferita. Ormai la stanchezza si era impossessata di me ed io stavo ritrovando a guardare con la vista offuscata la strada che Karlsen stava prendendo.

«Rose... il signor Davis...» sussurrai, prima che per il dolore e anche in piccola parte per l'alcol non ancora smaltito la vista mi si annebbiasse ed io svenissi.

***

Sbattei piano le palpebre, ritrovandomi a guardare un soffitto di rami e foglie, fra cui si intravedevano sprazzi di luce. Mi guardai attorno, frenetica, cercando di capire perché non fossi più nella piccola stanza di pietra nella casa del vecchio fabbro. Solo quando cominciai a svegliarmi davvero sentii l'inconfondibile rumore di passi sui rami spezzati e sulle foglie secche. Stetti a sedere talmente forte che la mia vista fu invasa da macchie nere, che mi minacciarono di farmi svenire di nuovo; io però non me ne importai e mi girai di scatto verso dove avevo sentito quel rumore.

Il vecchio fabbro stava raccogliendo dei rami da buttare nel falò che aveva acceso in mezzo a quella piccola radura. Solo quando vidi lui, mi ricordai di come cavolo ci fossimo finiti lì e solo allora, ormai completamente sveglia, ricominciai a sentire pulsare la gamba sinistra. Con un gemito di dolore che attirò il vecchio, afferrai la coperta che lui mi aveva messo addosso e mi scoprii le gambe: i pantaloni di lino chiari erano completamente pieni di sangue, tanto che sembravano essere di color rosso, e solo una gamba era integra. L'altra, era ricoperta dal pantalone solo fino a sopra la ferita profonda e nauseante; per il resto il vecchio aveva strappato il tessuto e aveva cercato di fasciarmi il morso per evitare la fuoriuscita di sangue. Sapevo anche da sola che, visto che ero ancora viva, il morso non aveva reciso l'arteria femorale.

«Ce la fai a guarirtela?» fu la prima cosa che mi disse il vecchio, non appena fu di fianco a me.

«Dove siamo?» dissi nel momento stesso in cui la mia mente veniva inondata dai ricordi della sera precedente. «Cos'è successo? Rose, Davis, Colton? Dove sono tutti?!»

«Io sono qui.» la voce stanca del fratello di Chantal mi fece girare di scatto lo sguardo. «Elias Karlsen è stato così gentile da non lasciarmi morire lì.»

Non volevo credere a quello che era successo, non ci volevo affatto credere. Io e Rose c'eravamo sbagliate, non dovevamo per nulla al mondo uscire, la sera precedente. Mi guardai freneticamente attorno come per cercare uno qualsiasi dei miei conoscenti dell'Ordine, mentre il vecchio ammetteva: «Non lo so. Ma so che cos'è successo...». Si sedette su una pietra lì di fianco e cominciò a dirmi, con voce grave e minacciosa quelli che era successo.

«Qualcuno ci ha traditi, qualcuno ci ha denunciati all'esercito del re. Ieri sera, durante la festa, Domini del Fuoco hanno spento il falò, le fiaccole e hanno bruciato la corrente elettrica. Dopo, hanno mollato i pastori tedeschi.» accennò alla mia gamba. «E hanno cominciato ad uccidere le persone, chiedendogli prima dove tu ti potessi essere nascosa; risposta negativa o affermativa era lo stesso, la loro fine era la stessa... Per fortuna io mi ero accorto della tua fuga e avevo subito pensato di venirti a recuperare, quando è scoppiato il finimondo.»

«Siamo stati molto fortunati. Davvero fortunati...» commentò Colton.

Lui era sdraiato poco più in là, su un lato. Mi ricordai della palla di fuoco che lo aveva colpito e subito mi ritrovai a parlare: «C-Come stai?». Non potei fare a meno di balbettare.

«Me la caverò, mi fa male e non credo riuscirò a camminare per un po'.»

Trattenni a stento le lacrime, mentre mi ricordavo del sangue di una donna che mi era esploso addosso, di lui che veniva colpito da una palla di fuoco... Ero latitante, adesso. Il re sapeva che ero ad Elyria e gli dei solo sapevano come avrei potuto marchiarmi e trovare la Via del Sole adesso che non ci sarebbe stato posto in tutta l'isola libero dalle guardie reali. Dov'era Rose, era sopravvissuta all'attacco? 'È sopravvissuta, deve essere sopravvissuta...' la sola idea di aver perso Rose per un nostro stupido errore mi faceva cadere il mondo addosso.

«Dobbiamo trovare Rose.» dissi tremante e supplica, mentre mi afferravo la gamba con le mani. «Non possono averla presa...»

«Rose si sa difendere da sola, il mio unico pensiero è portare in salvo te, adesso.» non lo sentii nemmeno quanto ero persa nei miei stessi pensieri.

«Il re ci ha trovati.» sussurrai sconvolta mentre la mia mente correva al giglio che avevo visto lo scorso pomeriggio. «Il re ci ha trovati...»

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