Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 12 • Accordo

C A P I T O L O X I I
~
• A c c o r d o •

Ci sedemmo in una piccola caverna del tempio, attorno ad un falò che la torcia umana ispanica aveva improvvisato. Eravamo tutti irrequieti e sicuramente tutti ci stavamo chiedendo il perché della presenza degli altri.

Gwen era di sicuro quella che ci stava capendo meno di tutti: guardava Cesar Soler e quell'altro come se fossero le persone più strane e pericolose del mondo. Inutile dire che era molto più all'erta di me.

Ci sedemmo una coppia di fronte all'altra e pensai che di sicuro, in altre circostanze, mi sarei messo a ridere alla vista di due Ribelli seduti a parlare civilmente con due nobili di Elyria, considerando sopratutto che uno dei due era il figlio del re che li voleva morti.

Io mi stavo tormentando le mani, non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla mia fonte d'informazione vivente che era lì davanti a me. In quei momenti, la mia mente si era svuotata dal pensiero di Edvard il Cieco.

«Dov'è?» chiesi senza troppi giri di parole, chinandomi in avanti sul fuoco.

«E io te lo verrei proprio a dire.» replicò Davis, sporgendosi in avanti come avevo fatto io, tenendosi comunque a distanza di sicurezza dal fuoco, che era il suo peggior nemico.

Presi un respiro, cercando di mantenere la calma e di non saltargli addosso. Per fortuna riuscii a non scoppiare, dicendo lentamente: «Hai detto che è ad Elyria, no? Ma non mi hai ancora spiegato il perché.». La mia voce uscì comunque minacciosa, scatenando un sorriso nella faccia di Davis, cosa che mi fece salire il nervoso.

«Facciamo così, vostra altezza.» disse. «Scopriamo tutte le carte in tavola. Tutte, tranne una: non ti dirò dove si nasconde Evelyn per motivi di sicurezza.»

Lanciò un'occhiata a Gwen, prima di rivolgere il suo sguardo nuovamente su di me. Gwen fece per parlare, ma io la precedetti: «Accetto, ma posso garantirti una cosa: Gwen rimarrà qui per tutto il tempo, non dirà una parola.».

«Così farà anche Cesar.» replicò lui annuendo. «Bene. Premettiamo che Evelyn si trova in un posto sicuro e lontano.»

«Sempre che non faccia cazzate.» commentai conoscendola bene.

«Rose dovrebbe tenerla d'occhio ventiquattr'ore su ventiquattro.» fece lui, dicendolo in un modo così convincente che mi fece pensare che dovesse ripeterselo di continuo.

«E credi che Rosie sia affidabile?» feci quasi incredulo.

In risposta lui scrollò le spalle. Poi, vedendo che non ero affatto convinto, continuò a parlare: «Mandale un messaggio, se vuoi. Nulla di scritto, solo un segno che manderò io con il mio elemento.». Quasi gli risi in faccia, prima di rispondergli: «Perché dovrei farlo? A cosa servirebbe?».

«Probabilmente Evelyn si trova con Rose, in questo momento. Mio padre mi ha intimato di non scriverle nulla, visto che si deve concentrare sull'allenamento. Perciò potremmo mandarle un messaggio che lei possa capire ma Rose no.»

Lo guardai scettico. Che vantaggio ne traeva? Decisi che avrei preso una scelta in base alla risposta ad una mia domanda. Non c'era motivo di darle ulteriori pensieri nel caso sapesse già che ero vivo e vegeto. Infondo, non sapevo nemmeno se c'erano i giornali nel posto in cui era nascosta. Per quello che ne sapevo io poteva benissimo trovarsi in una caverna.

«Lei sa che sto bene?» gli chiesi capendo già quanto potesse sembrare stupida la mia domanda. «E non prendermi per stupido, non so nemmeno se nel posto in cui si trova arrivano i quotidiani o voci di paese...»

«Sì lo sa.» rispose. «Non lo ha mai dubitato. Ma quello che intendo io, è mandarle un qualcosa per farle capire che siamo insieme. Da quello che ho capito hai intenzione di collaborare per il suo bene. Non so per quale ragione ma credo che tu non ci consegnerai a tuo padre. Tieni troppo a lei, anche solo per rivelare al re tutto ciò che ti dirò. Non credo che fosse nei piani di tuo padre che tu le spezzassi il cuore come le hai fatto, non è così?»

Rimasi zitto: la risposta alleggiava nell'aria, ma tutti ormai la conoscevano. Sinceramente il fatto che così tante persone conoscessero così a fondo quello che avevo avuto intenzione di fare, mi innervosiva, sopratutto perché non a sapere quanti ribelli ne fossero a conoscenza e perché non potevo sapere se questa cosa mi sarebbe ritorta contro.

«Se pensi che sia la cosa giusta le manderò un messaggio.» parlai piano, chiedendomi il perché lo stessi facendo davvero. «Le manderai un giglio con il tuo potere. Se non capirà subito, avrà il modo di riflettere.»

E fu così che, sotto gli occhi scettici di Gwen, Matt si ritrasse dal fuoco, puntò le mani aperte sul terreno e fece sbocciare un piccolo giglio bianco, che sparì inghiottito dal terreno. Poi continuai, deciso a mettere in chiaro alcune cose: «Non voglio che Evelyn sappia quello che ho fatto e il perché l'ho fatto, intesi? Anche se ormai non servirà più a niente qualsiasi sentimento possa provare nei miei confronti avrebbe conseguenze devastanti.».

«Decisione vostra, altezza.» replicò lui, alzando le mani in segno di resa, come se dicesse 'affari tuoi.'.

«Perfetto.» dissi. «Meno saremo coinvolti sentimentalmente, meno avremo complicazioni indesiderate.»

Matt sembrò voler dire qualcosa a riguardo, ma poi ci ripensò e tornò a parlare dell'argomento chiave di quella conversazione: «Allora altezze, vi risparmio il dovere di cominciare a parlare per primi. Confidando nel vostro silenzio, vi comunico che noi siamo qui per trovare una Via del Sole.». Corrugai la fronte, non capendo perché i Ribelli dovessero mai andare ad Eylien.

«Perché?» mi ritrovai a chiedere, sempre più confuso.

«Perché per fermare la Caduta sono necessari i quattro marchi. La via più sicura per Evelyn è sicuramente quella di andare ad Eylien.» replicò. «A meno che tu non possa garantirmi un'entrata e un'uscita indiscreta dalle quattro città più importanti di Elyria.»

Aveva ragione: non potevo, era impossibile. Come facevo a portare il viso più ricercato dell'isola dentro i templi più frequentati, trovare non uno, ma quattro sacerdoti disposti a tradire il re e fare tutto questo senza rischiare di perdere il mio trono?

«Appunto.» commentò Matt, capendo quello che avevo pensato. «Perciò stiamo cercando di raggiungere una Terra Dimenticata. Questo tempio è il nostro punto di partenza.»

«E avete trovato qualcosa?»

«Non ancora.» mi rivelò lui. «Ma abbiamo esplorato nemmeno la metà di questo tempio gigantesco, perciò sono fiducioso.»

Non ero ancora convinto, ma sapevo come loro che quello era l'unico metodo per salvare la vita ad Evelyn. Dovevo solamente sperare che i Ribelli fossero abbastanza preparati da avere un piano per evitare che cadesse.

Matt si sistemò meglio gli occhiali sul naso, prima di continuare, vagamente irrequieto. «Siamo qui, o meglio sono qui, anche per la Profezia del Sole.»

Sentii Gwen irrigidirsi e muoversi a disagio al mio fianco. Avevo sbagliato, Liet aveva sbagliato: evidentemente non eravamo gli unici a sapere che c'era qualcosa di più nella profezia che tutti conoscevamo. Decisi però di continuare cautamente: non potevo ancora fidarmi del tutto del ribelle, non ancora.

«Continua.» gli dissi simulando confusione, aggrottando le sopracciglia come se non capissi.

«Evelyn, il giorno prima dell'attacco alla scuola in cui tu sei rimasto ferito, è stata rapita dalla Confraternita Oscura.» buttò tutto fuori, lasciandomi a bocca aperta.

«Che cosa?» mi ritrovai a chiedere con voce acuta.

La Confraternita Oscura era un gruppo fanatico di assassini, a cui ogni abitante di Elyria poteva rivolgersi per sistemare... qualche questione. Il solo pensiero che Evelyn potesse essere stata a contatto con anche solo uno di loro, mi faceva rivoltare lo stomaco.

«Shaun Spencer.» continuò Matt, valutando la mia reazione a quella risposta.

In effetti, rimasi totalmente spiazzato: Spencer non mi era mai piaciuto, ma scoprire che lui aveva portato Evelyn al cospetto della compagnia più pericolosa di tutta Elyria mi faceva provare l'irrefrenabile voglia di spaccargli il naso.

«Spencer è...»

«Membro della confraternita, sì.» Matt completò la frase al posto mio.

«E voi lo sapevate?» chiesi incredulo, guardandolo come se fosse pazzo.

«L'ho scoperto io dopo, quando Evelyn mi ha raccontato di una visione che aveva avuto: mi disse di aver visto trasformarsi Shaun una sera, quando erano da soli...»

Matt si fermò lanciandomi un'occhiata. Non bastava il fatto che fosse un assassino che aveva vissuto per mesi sotto il suo stesso tetto, no. Era stato anche con lei, da solo. Da ragazzo che si rispetti mi vennero in mente mille motivi per cui Evelyn potesse essere stata in una stanza da sola con lui, uno peggiore dell'altro da digerire. Da come Matt mi guardò, capii che quello peggiore era quella giusto.

Passandomi una mano sul volto in un gesto che facevo quando ero turbato, lo invitai con un gesto della mano ad andare avanti, cercando di non immaginarmi lui che le metteva le mani addosso, lui che la baciava...

«Evelyn aveva visto Shaun trasformarsi in un assassino, il suo assassino. Lo vide dal riflesso di uno specchio mentre lui estraeva un coltello dalla sua tasca e le trafiggeva il cuore.»

«Mi disse di aver avuto una visione anche su di me.» gli rivelai, mentre mi grattavo il mento ispido. «In effetti mi vide trasformarmi in un principe.»

«Ah...» disse piano, prima di ridacchiare debolmente e scuotere la testa. «A me aveva detto di averla avuta di Weston, la visione. In un primo momento lo trovai molto strano, ma poi capii che poteva essere davvero plausibile.»

«Ti ha mentito.» deglutii. «La ebbe mentre ballavamo, la sera della partita di basket. Direi che come guardie del corpo non siete molto brave, visto che si presentò davanti a casa mia per quella che doveva essere una serata alcol, in preda alle lacrime e alla disperazione.»

«Dovevo capire che non si era ubriacata con la vodka degli Spencer.» ridacchiò piano lui, prima di venire interrotto da Gwen, che, a differenza nostra, non si era persa nel ricordo della ragazza dagli occhi grigi, focalizzandosi sulla vera ragione di quella conversazione.

«Scusate, ma concorderete con me che non abbiamo tempo da perdere a pensare alle vicissitudini dell'ultimo sole, abbiamo i minuti contati Will.»

«Ha ragione.» convenne Matt con un cenno del capo, prima di riprendere il discorso originale. «Shaun portò Evelyn da una delle persone chiavi della confraternita: sua zia Mylene Lewis. Sua zia le fece vedere una copia della profezia, in koleosiano, lingua che nessuno può leggere a meno che non sia un Dominus della Luce già marchiato. Le disse che non era solo la profezia che tutti conoscevano; bensì si trattava della profezia integrale, con una parte ignota a tutti e fondamentale per far compiere quello che diceva la prima parte. Non gliela lasciò, chiaramente.»

Deglutii, cercando di capire se potessi o no fidarmi di quel Dominus che all'apparenza sembrava volere solo il bene di Evelyn. Al suo pensiero, mi ritrovai ad annuire, mandando a puttane quello che avevo pensato di fare prima, ovvero di non raccontargli nulla dei progetti di Juliet. Ero arrabbiato con Evelyn, dovevo ammetterlo a me stesso, ma non potevo rischiare di mettere a repentaglio la sua vita. Mi ritrovai così ad annuire, lasciando Matt a bocca aperta.

«Conosci...»

«So della sua esistenza, sì» replicai sospirando. «Ed è per questo che noi siamo qui.»

«Oh...» fece preso alla sprovvista. «E perché proprio qui?»

«Perché è stata l'ultima residenza dei sacerdoti scarlatti.»

Sul volto di Matt prese piede un'espressione radiosa. Si voltò a guardare l'amico, che aveva avuto la stessa identica reazione. Io e Gwen rimanemmo a guardarli interdetti, mentre Matt borbottava fra sé: «Come abbiamo fatto a non pensarci prima?». Ora capii il motivo per cui Matt mi stava dicendo tutte quelle cose: come noi, prima di poter cercare la profezia, avevano dovuto pensare a quale potesse essere stato il posto in cui era stata pronunciata.

E visto che mio padre aveva deciso di sterminare quei sacerdoti da solo, senza dirlo a nessuno e cancellando semplicemente la loro esistenza dalla faccia della terra, loro avevano giustamente pensato che io potessi indagare per loro. Per loro fortuna non c'era stato bisogno di fare alcuna ricerca: Juliet lo aveva scoperto da sola, all'epoca, e lo aveva detto a me.

«Quindi è qui che è stata pronunciata la profezia.» disse Matt. «È qui che la confraternita ha rubato la profezia.»

«Allora non c'è più nessuna copia?» chiese Gwen delusa. «L'unica è nelle loro mani?»

«Non ne possiamo essere sicuri, ma per ora sì, l'unica copia è in mano a loro.» annunciò Matt lugubre.

«E quindi adesso?» chiese l'ispanico, parlando per la prima volta. «Non possiamo consegnare Evelyn nelle mani della confraternita, nemmeno a costo di avere la profezia.»

«Sarebbe questo lo scambio?» intervenni deglutendo.

Matt annuì ed io mi ritrovai a sospirare, dicendo: «Non può essere l'unica testimonianza della profezia. L'unico modo per averla non può essere consegnare Evelyn...». La sola idea era fuori da ogni immaginazione e l'unica consolazione era la certezza che anche Matt non avesse nemmeno preso in considerazione l'idea di dare Evelyn in pasto ad un branco di assassini.

«Abbiamo molte vie da seguire.» Matt scosse la testa. «A partire dall'esplorare questo tempio, al ricercare qualche storico...»

«Ci sono dei graffiti, in una delle sale vicino all'entrata.» rivelai interrompendolo.

Era strano come, dai nemici che dovevamo essere, eravamo diventati alleati temporanei che perseguivano un unico e identico obbiettivo. Ormai mancava poco più di due mesi alla scadenza per la Caduta di Evelyn e noi tutti dovevamo unire le forze per fermarla.

«Potrebbero essere una prima rappresentazione grafica della profezia.» continuai. «Prima, quando ho sfiorato con le dita un graffito, ho sentito una voce, una voce che mi diceva di trovare Edvard il Cieco. Non so quanto possa essere attendibile, visto che era un sacerdote scarlatto anche lui, trucidato come tutti gli altri.»

«Potrebbe essere un punto di partenza.» convenne Matt annuendo e alzandosi. «Direi di cominciare a cercare qualcosa. Dovremmo dividerci. Io direi di mescolare le squadre, così uno di voi potrà mostrare a Cesar i graffiti e gli altri due potranno proseguire la ricerca, magari cercando la stanza di Edvard il Cieco.»

Annuii, convenendo con Matt che era la migliore strada da seguire. Così, mi girai a guardare Gwen, che annuì a sua volta, come per dirmi "Per me va bene tutto Will.". Così, decidendo in fretta e furia annunciai: «Gwen sarà felice di far vedere a Soler i graffiti. Gwen ti ricordi la strada?» Lei annuì e Matt batté le mani, soddisfatto.

«Andiamo allora.»

***

Matt faceva strada, con la fiaccola ben alzata sopra la testa, per illuminare le gallerie dell'immenso tempio. Io lo seguivo, cercando di mettere tutto me stesso per non domandargli qualcosa di Evelyn.

«Ti sei ripreso dalla ferita?» lui fece una domanda prima che io potessi anche solo aprire la bocca.

«Come nuovo.» replicai massaggiandomi il petto proprio dove quel cadavere vivente mi aveva pugnalato.

«Sinceramente parlando, con tutto il sangue che abbiamo trovato addosso ai vestiti di Evelyn mi era sembrato un miracolo che tu respirassi ancora.» replicò.

«Evelyn ha fatto un buon lavoro.» mi limitai a scrollare le spalle, cercando di allontanare il ricordo di lei che mi guariva. «Comunque Davis, trovo molto ironico il tuo cambio d'atteggiamento radicale riguardo ad una mia relazione con una tua amica.»

Matt si girò a guardarmi, con l'ombra di un piccolo sorriso: «Sono situazioni completamente diverse, Cole.». Lo guardai eloquentemente, mentre ricordavo il mio pugno fiondarsi sul suo viso, rompendogli il setto nasale.

«E perché? Solo per il fatto che Rose, sinceramente parlando, era sempre stata troppo menefreghista per leggere qualche giornale e vedere il mio viso prima che ci mettessimo insieme?»

«Nemmeno io ti avevo riconosciuto subito, se è per questo.» ribatté lui. «Un gran cambiamento nel giro di pochi anni da quando ti avevo visto per l'ultima volta su un quotidiano.»

«Si chiama pubertà, in effetti.»

«Se noi ragazzi avessimo potuto accedere ai quotidiani che arrivavano dall'isola non avrei avuto dubbi sul fatto che la relazione fra te e Rose non sarebbe nemmeno cominciata.»

«Grazie a te è finita.» replicai alzando le sopracciglia.

«Rose è la mia migliore amica ed era mio dovere dirglielo.»

«Strano che con Evelyn voi abbiate fatto tutto il contrario.»

«All'inizio erano ordini dal comando dell'Ordine.» ammise. «E dopo era debolezza in effetti, non volevamo dirglielo per evitarle pensieri inutili e anche per evitare che ti ferisse in preda ad uno scatto d'ira dopo l'aver scoperto la verità sulle sue origini. Non sapevamo come comportarci e la soluzione migliore sembrava cercare di tenerla il più lontana possibile da te.»

«Come con la festa?» quasi gli risi in faccia.

«Non è colpa mia.» mise subito le mani avanti. «Non avrei mai dato il permesso di mandarla a quella festa. E riguardo a tutto il resto dei giorni, è stato un gran casino. Tutti non ci capivamo più nulla.»

«E che mi dici di quell'attacco di morti viventi?» chiesi. «Non ho mai visto nulla del genere.»

«Non lo so.» replicò. «I negromanti ci sono sempre stati, ma non capisco perché abbiano fatto resuscitare così tante persone in una scuola umana. Una resurrezione implica sempre un sacrificio e i rituali sono molto lunghi. Non so se questo attacco fosse mirato a ferire te o a rapire lei.»

Scossi la testa, nemmeno io avevo la minima idea di che cosa fosse successo quel giorno. L'unica cosa importante era il fatto che fossimo vivi, anche con tutte le conseguenze che ne erano derivate.

Svoltammo a destra, in un largo e lungo corridoio, completamente al buio. Anche alla fioca luce della fiaccola di Matt si potevano vedere le numerose porte su entrambi i lati. Matt parlò per entrambi: «Possibile che ci siamo già?». In effetti quello aveva tutta l'aria di essere un grande dormitorio. Notai subito che in quel corridoio il tappeto era ancora integro, segno che il fuoco distruttore non era arrivato in quell'ala del tempio. Senza dargli il tempo di protestare, avevo preso la fiaccola dalle sue mani, lo avevo superato e avevo cominciato a camminare spedito in avanti. Se avevo ragione e se davvero Edvard il Cieco era stato il precursore dei sacerdoti scarlatti, la sua stanza doveva essere la principale, in fondo a quel corridoio, come era per qualsiasi altro ordine di sacerdoti.

«Sì Cole è un dormitorio.» annunciò Matt euforico, mentre mi seguiva; si era affacciato ad una delle porte.

Io non gli risposi: ormai ero arrivato alla stanza maggiore, che aveva un grosso portone in quercia nera, decorato con i colori oro e rosso dell'ordine sacerdotale. Aprii in fretta le porte e feci un passo in avanti, dentro la stanza che si illuminò di colpo. Rimasi ad ammirare la stanza, mentre andavo ad accendere le fiaccole spente dei supporti attaccati al muro.

Era una stanza maestosa, con tanto di piattaforma sopraelevata su cui era il letto, ancora fatto. Mentre anche Matt entrava, lo sentii dire un «Bingo!» entusiasta. Come me, anche lui era rimasto affascinato nel vedere quella camera piena di librerie piene zeppe di tomi antichi di libri e di scartoffie.

Mentre lui analizzava le librerie, quasi in trans per l'emozione di avere davanti i libri più importanti della storia, io, dopo aver posato l'ultima fiaccola su un sostegno vuoto, mi avvicinai al letto. Da principe che si rispetti, sapevo che le persone importanti, re, precursori e quant'altro, tenevano quasi sempre dei diari, che riponevano nei propri comodini, di fianco al loro letto. Anche mio padre ne teneva, ma io non mi ero mai azzardato ad allungare la mano o l'occhio per leggerne uno.

Non appena feci per mettere piede sulla piattaforma, mi accorsi troppo tardi di quello che sarei andato a pestare. Quando vidi il colore di quel qualcosa, e quando, dalla forma capii di che cosa si trattasse, serrai gli occhi per il disgusto. Ossa, ossa umane. Quello non fu l'unico che vidi; anzi, guardandomi attorno ne vidi tantissime, sufficienti a ricostruire uno scheletro umano. Il precursore era morto nella sua stanza, assassinato, come avevo previsto.

Cosi, cercando di non pensarci, raggiunsi il mio obbiettivo. Mi sedetti sul letto, dalla parte dell'unico comodino presente, sollevando un polverone, causato dai molti anni di abbandono. Allungai la mano e, afferrando il pomello, feci per aprire il comodino, nella speranza di trovare qualcosa; ma quello si rivelò essere chiuso. Così, sbuffando, mi alzai e mi chinai davanti al cassetto, avvicinando l'occhio alla toppa per sbirciare dentro, nella speranza di vedere qualcosa.

«Per caso hai una forcina?» chiesi a Matt, notando che mi era impossibile vedere alcunché.

«Sai scassinare un cassetto?» chiese colpito, senza rispondere alla mia domanda.

«Hai o non hai una forcina?»

«No, ma so come scassinarlo lo stesso, spostati.»

La mia parte regale si sarebbe irritata al prendere ordini da qualsiasi persona che non fosse suo padre o un ufficiale dell'esercito. Ma avevo passato talmente tanto tempo nel mondo degli Umani che ormai mi ci ero quasi abituato. Quasi. Così mi scansai di lato, mentre Matt prendeva la posizione che io avevo appena avuto.

«Non mi hai ancora detto se sai scassinare una serratura.»

«Sì lo so fare, ma non mi sembra il momento...»

Rimasi a guardarlo mentre sprigionava dalla sua mano una fronda di un alberello, piccola e abbastanza resistente da poter essere considerata quasi dura come il metallo della forcina che mi sarebbe servita. Rimasi a vedere quel piccolo ramoscello allungarsi, entrare nella serratura e farla scattare. Alzai le sopracciglia, sorpreso, mentre Matt esultava con un «Sì!» sussurrato.

«Volete avere l'onore, vostra altezza?» disse con un sorrisetto, usando il voi e quell'epiteto apposta, come se fossero una presa in giro.

«Smettila Davis.» gli dissi dandogli una leggera gomitata nello sterno per farlo spostare.

Lui ridacchiò, alzando le mani in segno di resa e buttandosi sul letto impolverato. Dopo aver preso un respiro profondo, afferrai il pomello del comodino e lo aprii. Come avevo immaginato, quel cassetto conteneva dei diari, moltissimi diari vecchi e consunti.

«Wow...» commentò Matt, con gli occhi sgranati per lo stupore.

«Sì, wow.» sussurrai io a mia volta, mentre afferravo il diario in cima alla pila.

Prima di aprirlo, me lo rigirai fa le mani: era nero, tenuto chiuso da un modesto spago e chiaramente logorato dal passare degli anni. Lo girai in modo tale da guardare il retro. C'era una scritta, un'inscrizione cronologica dipinta con il bianco.

232 Q.E.

«232° anno della Quinta Era.» lessi anche per Matt. «Cinque anni fa, quando sono stati sterminati...»

Frenetico, sentendomi addosso gli occhi impazienti di Matt, aprii il diario fino all'ultima pagina scritta, a poco più di metà del piccolo reperto. La prima cosa che notai fu la scrittura piccola e obliqua del proprietario, difficile da decifrare per chiunque non avesse un minimo di immaginazione. Per fortuna ero abituato alle scritture frettolose da quando leggevo tutti i rapporti, e non fu un problema per me decifrarlo.

«Ventisette settembre. Oggi a scrivere per me è fratello Tormund.» lessi ad alta voce, mentre mi alzavo e mi sedevo accanto al Dominus della Terra. «Sarà lui ad accompagnarmi al Tempio Rosso, a Fyreris, domani. Ci fermeremo lì per una settimana, in mia assenza farà le mie veci fratello Paulo. Oggi abbiamo svolto le mansioni ordinarie: siamo stati in comunione con Seran...»

«Quando sono stati trucidati?» mi chiese lui affascinato.

«Non lo so.» ammisi. «Ma sappiamo che Edvard il Cieco non è più tornato per aggiornare il diario. Non possiamo sapere se quelle ossa là siano le sue o quelle di qualcun altro.»

«Uno di noi dovrebbe prenderli.» disse poi, allungandosi e sfiorando le copertine di quegli oggetti importantissimi. «E leggerli.»

«Mi sembra scontato che li debba prendere tu.» dissi alzandomi in piedi e porgendogli l'ultimo tomo. «Io ho già abbastanza informazioni per proseguire il mio viaggio.»

«Andrai a Fyreris?» fece lui alzandosi a sua volta.

«Sì, devo scoprire che fine abbia fatto. Non c'è nulla di certo, ma non possiamo rischiare.» gli dissi. «Tornerò a Ilyros per qualche giorno, per sistemare alcune cose poi ripartirò subito per la città. Partirò a cercare dal Tempio Rosso.»

«Perfetto.» replicò lui. «Noi continueremo a cercare la Via del Sole nel frattempo, e ti garantisco che li leggerò tutti, dal primo all'ultimo.»

«Ci vedremo ancora. Scrivimi fra una settimana, quando sarò a casa mia.» gli dissi. «Siamo su due fronti diversi, ma per questo dobbiamo collaborare. Per Evelyn.»

Matt sorrise piano, allungando la mano per suggellare un accordo. Non avevo dubbi che avrebbe accettato questa discreta collaborazione. Non fui sorpreso quando, stringendogli la mano, lo sentii ripetere: «Per Evelyn.».

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro