Capitolo 5 • Roma
«Mi scusi, dove si trova il Colosseo?»
Ero ammirata.
Matt parlava italiano davvero bene. Le parole che aveva rivolto alla ragazza bionda che aveva fermato nel bel mezzo della città eterna mi erano incomprensibili da capire.
Date le circostanze mi ero stupita che il signor Davis avesse acconsentito a farci fare un giro nella capitale italiana. Dopo aver ascoltato cosa aveva da dire il figlio, aveva concordato con noi che non ci sarebbero state presto altre occasioni per visitare la città più bella del mondo.
«Non conosciamo nessun Dominus che vive qui. Potrebbero solo riconoscere la faccia di Evelyn, ma è più probabile che, nel caso, pensino che non si tratti davvero di lei. Perchè mai dovrebbe essere qua? Penserebbero di aver visto male» aveva detto Matt.
Così la mattina dopo il nostro arrivo avevamo preso un po' di dollari da cambiare in euro ed eravamo partiti per fare un giro della città.
«Si trova proprio in fondo a quella strada» rispose la ragazza cordialmente, alzando il braccio e indicando una strada piena di persone. «Non potete sbagliare.»
Ci trovavamo davanti a un imponente monumento bianco che Matt aveva chiamato Altare della Patria. Fino a quel momento, stupidamente, non avevamo notato il Colosseo infondo a quella strada che ci aveva indicato la ragazza.
Ormai erano ore che camminavamo: avevamo visitato Città del Vaticano, la Fontana di Trevi, il Pantheon, Piazza Navona e mille altri posti.
Cominciai a camminare saltellando, contenta di poter vivere un ultimo giorno in quel modo. Come se fossi una normalissima ragazza che, per una mattina, si improvvisava una normalissima turista.
«Come hai imparato l'italiano, Matt?» gli chiesi allegra, avviandomi lungo la strada. «Ma che stupidi ragazzi! Guardate, il Colosseo si vede benissimo anche da qua.»
Cominciai a guardare verso l'Anfiteatro Flavio con occhi meravigliati.
Dovevo ammettere che quella mattina mi era proprio servita per tirare su il morale. Non avevo pensato a nient'altro che alla città che stavo visitando e alla sua storia. Nella mia mente non c'era stato spazio per Elyria, né per William e per qualsiasi altra cosa mi avesse turbato nelle ultime settimane.
«L'ho studiato negli ultimi anni perchè ero incuriosito dalla lingua. Dopotutto è una lingua latina e io il latino l'ho studiato fin da piccolo all'Accademia Verde. Non è stato difficile.»
«E tu Rose hai studiato all'Accademia...?»
«Non ho studiato all'Accademia Bianca. Vista la situazione i miei genitori hanno preferito farmi studiare in una delle basi dell'Ordine.»
Arrivammo davanti al Colosseo dieci minuti dopo, parlando spensieratamente come se fossimo tre ragazzi Umani mentre ammiravamo i Fori Imperiali lungo la strada. Rimanemmo a contemplare l'anfiteatro per molto tempo, sedendoci per un po' su una panchina.
Per pranzo ci spostammo in una piccola pizzeria fra le stradine di Roma. Capii solo allora che fino a quel momento quella che avevo considerato pizza non era mai stata davvero tale.
Spensierata, mi godetti il sole di Roma come se fossi un'altra persona che non aveva problemi a cui pensare.
«Domani mattina partiremo» esordì Rose mentre mangiavamo. «Vorrei poter rimanere qua almeno un altro giorno...»
«Nel giro di una settimana dobbiamo essere tutti a Elyria» replicò Matt. «Sempre che qualcuno non voglia rimanere nel mondo degli Umani per sempre...»
«No grazie» lo interruppe Rose. «Sono tre anni che non vedo l'ora di tornare a casa mia.»
L'idea di andare finalmente a Elyria mi allettava parecchio. Ma provavo anche una sensazione strana, uno strano senso di disagio al pensiero che quella potesse essere l'ultima volta che vedevo il mondo in cui ero cresciuta. Tra l'altro, non ero molto contenta di ricordare che stavo andando in un posto in cui almeno il settantacinque per cento delle persone voleva che diventassi un'arma di distruzione di massa.
«Evelyn, non mangi più?» mi chiese Rose, riportandomi bruscamente alla realtà.
«Sì, sì...» risposi, cercando di non perdere la positività che mi aveva accompagnata per tutta quella mattina.
«Sei pensierosa» disse Matt.
«Con tutte le cose che sono successe...»
Mi guardai attorno, cercando di concentrarmi sui vicoli della città eterna piuttosto che lasciare vagare la mente sull'ultima settimana.
Guardai una vecchietta che si affacciava dalla finestra di un antico palazzo. Stava cercando di sollevare con l'aiuto di una corda robusta una busta piena di frutta e verdura che un giovane ragazzo le aveva portato.
Allungai lo sguardo oltre e vidi un gruppetto di ragazzini che si faceva foto con un gelato in mano.
Mi sarebbe piaciuto unirmi a loro.
Non ci fu niente da fare: più cercavo di allontanare i pensieri più quelli ritornavano con prepotenza nella mia testa.
Mi venne in mente Mylene e quello che mi aveva detto della Profezia del Sole. Mi chiesi perchè non avessi ancora raccontato nulla di lei a Matt e Rose, prima di ritrovarmi a farlo.
«Ho conosciuto mia zia» esordii senza troppi giri di parole.
Entrambi mi guardarono come se fossi pazza, come se stessi dicendo cose senza senso. Rimasi ad aspettare per qualche secondo, in attesa di un cenno, una qualche reazione da parte loro.
«Beh, vi siete congelati?»
«Non ti stai riferendo a una parente degli Spencer.» Matt aggrottò la fronte confuso, lanciando un'occhiata prima a Rose e poi a me.
«Infatti. Sto parlando della sorella, o meglio sorellastra, di mia madre.»
A Rose cadde il pezzo di pizza dalle mani. Guardò Matt come se lui potesse darle una spiegazione e come se io stessi continuando a delirare.
«E chi sarebbe?» mi chiese lui cauto, continuando a guardarmi negli occhi.
«Mylene» risposi. «Mylene Lewis, credo.»
Rose spalancò la bocca, come scioccata. La guardai confusa, capendo che Rose conosceva quel nome.
«Hai conosciuto il Precursore della Confraternita Oscura?» disse tutto di un fiato, con il tono di voce che era salito di un'ottava. «E lei è... tua zia?»
«Così mi ha detto» risposi lentamente, studiando le loro reazioni. «Cosa hai detto che è?»
«Il Precursore, il capo della confraternita» rispose Matt. «E come l'hai incontrata?»
Sentii una stretta allo stomaco. Da come Shaun era rimasto zitto in sua presenza avevo capito che dovesse avere una posizione di un certo rilievo. Ma da pensare quello a capire che era il comandante di quella banda di assassini c'era parecchio.
«Mi avevano rubato il dossier di Adam» ammisi, cominciando a spiegare.
Gli raccontai tutto, senza tralasciare nessun piccolo dettaglio. Matt e Rose furono dei buoni ascoltatori e non mi interruppero nemmeno una volta. Se non quando gli dissi che Shaun faceva parte della Confraternita Oscura.
«Non è possibile, stai scherzando. Vero?» fece Rose con un filo di voce. «Quel biondo ed estremamente sexy ragazzo è un Dominus del Fuoco? Ed è un assassino? Sul serio?»
Annuii, prima di posare lo sguardo su Matt e rimanere confusa notando come avesse assunto in volto un'espressione imbarazzata.
«Io lo avevo capito» ammise. «Qualche giorno fa. Ve lo avrei dovuto dire, ma con tutto quello che è successo me ne sono proprio dimenticato.»
Lo guardai e capii di colpo.
Ricordai la strana reazione che aveva avuto quando gli avevo mentito riguardo alla visione su William. Da quello che gli avevo raccontato della crisi che avevo avuto su Shaun doveva aver capito chi fosse in realtà.
Rimasi stancamente ad ascoltare Rose esplodere in una serie di lamentele e proteste per il fatto che il Dominus della Terra non le avesse detto nulla. Aveva assunto in volto un'espressione incredula.
«Non posso credere che hai lasciato Evelyn da sola in casa con un tipo del genere!» disse scioccata.
Dopo che Matt si fu giustificato, dicendo che non c'era stato motivo di preoccuparsi, visto che Shaun non aveva mai dato modo di pensare che volesse farmi del male, riprese il discorso.
«E quindi lei ti avrebbe detto che esiste una seconda parte della profezia?» mi chiese.
«Sì, ma ovviamente non me l'ha lasciata» risposi. «Me l'ha fatta vedere però. Era in koleosiano e, come ben sapete, io non lo so leggere. Mi ha detto che me l'avrebbe data solo se mi fossi unita a loro...»
«Che colpo basso» commentò subito Rose, indignata. «Ti vuole proprio bene, eh? Andar bene c'è scritto come risolvere questo casino di situazione.»
«Non ne ho idea. Ma se è un'altra parte della profezia sarà importante, no?»
«Sicuramente» rispose Matt con voce grave. «Come è certo che lei non può essere l'unica persona ad avere la seconda parte della profezia.»
Matt cominciò a muovere le labbra silenziosamente, ragionando fra sé e sé. Mi sembrava quasi di sentire la sua mente lavorare freneticamente. Lo guardai, avida di sapere, di venire a conoscenza di quello che Matt stava pensando. Lo conoscevo da poco tempo, ma ormai avevo capito che quando Matt elaborava un'ipotesi, il più delle volte ci azzeccava.
«La profezia risale a due secoli fa, giusto?» cominciò a renderci partecipi dei suoi ragionamenti. «E fu pronunciata dall'ordine dei Sacerdoti Scarlatti di Seran...»
«I Sacerdoti Scarlatti?» chiesi confusa.
«Sì, sono uno degli ordini sacerdotali più antichi di tutto il regno. Qualche anno fa sono stati trucidati. Si pensa che sia stato il Re e non c'è motivo di credere il contrario» rispose Rose, senza staccare gli occhi da Matt.
«Nessuno sa dove sia stata pronunciata la profezia» continuò lui. «Era un ordine ambulante, che non aveva una sede fissa.»
La mia attenzione si era soffermata su un'idea che mi era passata fugacemente per la testa.
«Matt...» mormorai. «Come sono stati sterminati?»
Il Dominus della Terra mi guardò aggrottando le sopracciglia, prima di rispondere.
«Sono stati trucidati uno per uno da mercenari.»
«E se questi mercenari fossero stati proprio dei confratelli della Confraternita Oscura?» domandai cauta. «E se avessero trovato la profezia per intero quando hanno saccheggiato il posto in cui si trovavano?»
Matt annuì. Qualche secondo dopo sul volto gli passò un'espressione emozionata, come se in testa gli si fosse accesa una lampadina.
«Non possiamo chiederlo direttamente a un confratello, ovviamente...» disse lentamente. «Ma se avessimo una qualche spia a corte, qualcuno che possa darci informazioni, potremmo scoprire qual è stato l'ultimo tempio in cui sono stati prima di essere sterminati...»
«E se i confratelli hanno davvero trovato lì la pergamena...»
«... allora significa che è lo stesso luogo in cui l'hanno pronunciata...»
«Sono contenta che stiate elaborando tutte queste idee, e non vorrei smontare i vostri piani. Ma, anche se aveste effettivamente ragione, non abbiamo una spia a corte» ci interruppe Rose.
Ci zittimmo immediatamente.
Passò qualche minuto prima che Matt cominciasse a guardare Rose con uno così sguardo eloquente che mi sembrò di vedere le parole nell'aria.
«No... non lo farebbe mai» sussurrò Rose.
«E se invece lo facesse?»
«State parlando di William» capii con una smorfia.
Presi un respiro profondo, turbata dal fatto che si stesse per parlare di lui.
«Rose ha ragione» dissi risoluta e decisa. «Aiutare noi Ribelli è l'ultima cosa che farebbe. A maggior ragione se questa cosa coinvolge me.»
Lo dissi cercando di convincermene.
«Ti ha detto di scappare» protestò Matt, guadagnandosi uno schiaffo sulla spalla da parte di Rose. «Ti ha detto che una Ribelle lo aveva ferito, giusto?»
«Era abbastanza chiaro» dissi secca, stranita dal fatto che Matt stesse difendendo William.
«Questa conversazione è assurda» esclamò Rose, fermando in tempo Matt che stava per replicare. «Ti rendi conto di quello che stai proponendo, Matt? E in che situazione lo stai facendo, sopratutto?»
Si alzò dal tavolo, mettendosi le mani sui fianchi e guardando il Dominus incredula. Frugò nella sua borsa e estrasse una banconota da dieci euro e una da venti, appoggiandole sul tavolo.
«Andiamocene, questa conversazione ci sta sfuggendo di mano» decretò. «È assurdo che questa volta debba essere io a frenare qualcuno dal fare qualcosa di davvero stupido.»
***
Non sapevo per quale motivo mi fossi ritrovata lì, davanti alla camera di Matt, a guardare così intensamente la porta da farmi venire mal di testa.
L'unica cosa a cui riuscissi a pensare era che Matt mi avrebbe fatto chiarezza. Non sapevo come, non sapevo che cosa mi avrebbe potuto dire, ma sapevo che il mio amico mi avrebbe dato delle risposte.
Avevo detto a Rose che avevo bisogno di una boccata d'aria fuori dall'hotel e speravo che la scusa avrebbe retto il tempo necessario per permettermi di fare due chiacchiere con Matt.
Presi un respiro profondo e bussai. Pochi secondi dopo, sentii il rumore di passi e la porta si aprì, rivelando Cesar Soler in un bellissimo pigiama a quadri bordeaux.
«Evelyn!» Cesar mi rivolse un sorriso a trentadue denti, appoggiando la mano allo stipite della porta.
Mi ero dimenticata che condividesse la camera con Matt.
Quest'ultimo, sentendo il mio nome, si avvicinò alla porta. Mi guardò un po' confuso: sicuramente si stava chiedendo il perchè fossi lì.
«Eve? Hai bisogno di qualcosa?» mi domandò, mentre Cesar si spostava per lasciarlo passare.
«In effetti sì» risposi decisa. «Devo parlarti.»
«È successo qualcosa?»
«No, no...» Scossi la testa. «Voglio solo parlare con te...»
«Okay...» disse, spostandosi di lato per farmi entrare nella stanza.
«Tanto io volevo andare a fumarmi una sigaretta» si congedò Cesar, prendendo la giacca e infilandosi una sigaretta in bocca. «Ci vediamo dopo.»
Scivolò fuori dalla camera, chiudendo la porta dietro di sé.
Matt raggiunse quello che doveva essere il suo letto e si sedette. Lo imitai, lasciandomi cadere con poca delicatezza su quello di Cesar.
«So perchè sei qui» esordì Matt prima che potessi aprir bocca. «Ma forse Rose ha ragione, dopotutto.»
«Che cosa intendi?»
«Intendo dire che forse dovremmo solo concentraci sui problemi che già abbiamo. Ho la sensazione che con il Marchio del Sole si chiariranno molte cose. Forse nei diari di mio padre potremmo trovare qualcosa di utile...» Fece una piccola pausa. «Anche se sono arrivato alla conclusione che sia più probabile che siano di tua madre, quei diari.»
Annuii con una stretta allo stomaco, promettendomi che avrei pensato in seguito a quei diari.
«Oggi non sembravi così convinto di lasciare perdere, Matt» replicai. «E anche se do ragione a Rose, anche se penso che sarebbe una follia fidarsi di William, non faccio altro che chiedermi per quale ragione tu la pensi diversamente. So che così, come so per esperienza che tu di solito non ti sbagli sulle cose.»
Matt alzò gli occhi, guardandomi dubbioso come se non fosse sicuro di dirmi quello che pensava. Stava esitando.
«Ho solo bisogno di una conferma» mormorò così piano che faticai a sentirlo. «Una conferma che non sono sicuro tu possa darmi.»
«Non possiamo saperlo finché non me ne parli...»
Matt prese un respiro profondo come se dovesse fare una confessione.
«Evelyn, tu non sei innamorata di William, vero?»
Mi sgonfiai come un palloncino, spiazzata non tanto dalla domanda, bensì dal fatto che ormai mi sentivo domandare quella cosa di continuo. Storsi la bocca in una smorfia, ricambiando il suo sguardo.
Era quella la conferma che voleva da me? Perfetto, gliel'avrei data subito. Se quelle parole fossero state degli oggetti, glieli avrei lanciati con prepotenza, con così tanta decisione che non avrebbe più avuto bisogno di chiedermelo.
«No Matt» dissi subito. «E so perché tu me lo stai chiedendo.»
Scacciai dalla mia mente il ricordo di qualche giorno prima, quando gli ero scoppiata a piangere sulla spalla, sopraffatta dalle emozioni che quello che avevo appena scoperto avevano provocato.
«Non so perchè ti abbia risposto così, all'Istituto. Non provo niente per lui, lo so io e voglio che ve ne convinciate anche voi.»
Matt continuò a guardarmi titubante, come se non credesse davvero alle mie parole.
«Matt, dico sul serio» dissi allora, cercando di rassicurarlo. «Non ci tengo a farmi rinchiudere nelle segrete di un gigantesco palazzo a impazzire solo perchè sono attratta dal figlio dell'uomo che vuole che cada. Oggi posso dire solo grazie a quell'imbecille di Weston per aver ucciso la Evelyn romantica e ingenua che ero una volta. Non avevo mai pensato di ritrovarmi a ringraziarlo, prima di oggi, ma sono contenta di poterlo fare. Anche se i miei comportamenti degli ultimi giorni potrebbero avervi fatto pensare il contrario, voglio che capiate come mi sento. Sono distrutta emotivamente, sono successe troppe...»
«Va bene, va bene» mi fermò Matt, obbligandomi a prendere fiato da quel monologo.
Mi venne un po' mal di testa. Avrei dovuto appuntarmi quel discorso privo di un filo logico da qualche parte e rileggermelo diverse volte per assimilare bene quelle parole.
«Okay...» disse Matt, annuendo. «Ti sei mai chiesta perchè William e suo fratello sono stati mandati in questo mondo?»
«Sì...»
«È un motivo molto semplice: dovevano portare te, l'ultimo sole, a Elyria. Solo che non potevano farlo così, su due piedi, usando la forza e rapendoti. Di certo non avrebbero mandato proprio l'erede a farlo» spiegò. «Questo per colpa - o merito, a seconda dei punti di vista - di tua madre. Fece un incantesimo che solo lei avrebbe potuto spezzare, non appena ti lasciò nelle mani di mio padre: solo la persona che avresti amato più di ogni altra cosa al mondo sarebbe riuscita a portarti a Elyria contro il tuo volere.»
Cercai di non far trapelare nulla di quello che provai quando udii le sue parole. Dentro di me sentii il cuore perdere qualche colpo, e poi accelerare fino a che non riuscii altro che a sentire nelle orecchie il mio assordante battito cardiaco.
Capii di colpo tutto ciò che mi aveva detto Will quando ci eravamo baciati la prima volta, tutte le conversazioni con Weston che avevo origliato, ciò che avevo visto e letto nella crisi della sera prima...
In effetti, pensandoci, non poteva essere stata solo una coincidenza il fatto che entrambi i fratelli avessero cercato di sedurmi.
«Ah» mi obbligai a dire. «Weston però ci era riuscito.»
«Dovevi compiere diciotto anni» rispose Matt.
Le parole di quel giorno mi rimbombarono nella testa.
«Sarebbe stata già tua se tu ti fossi impegnato davvero. Se io ci ho messo due mesi te ce ne avresti messo uno.»
«Si chiama prudenza, Weston.»
«Non serve prudenza in questo caso. Lo sai. Manca solo poco al compimento dei suoi diciotto anni, per te non sarebbe un problema resistere senza fare cazzate fino a quel momento.»
«Sì, ora tutto ha più senso» commentai in un sussurro. «Tranne che gli ultimi comportamenti che ha avuto, in effetti.»
Ero andata da Matt in cerca di risposte e lui me ne aveva date. In effetti, nessuno mi aveva detto che mi sarebbero dovute piacere per forza.
«Appunto» disse Matt, guardandomi e studiando le mie reazioni. «È per questo motivo che sono arrivato a ipotizzare che, forse, William Cole si sia lasciato coinvolgere un po' più del dovuto in quello che stava facendo.»
Rimasi un attimo in silenzio, cercando di ignorare il mio corpo che fremeva per urlare e scoppiare in un patetico pianto di liberazione.
«William lo ha detto chiaramente» dissi decisa, scandendo bene parola per parola. «Non gli è mai importato di me.»
«Se fosse stato così, non avrebbe dovuto dirtelo però» replicò, cercando di farmi ragionare. «Perchè così facendo, sicuramente, ha pensato di spezzare il tuo cuore, come per evitare di farti innamorare di lui.»
Mi alzai di scatto dal letto, rifiutandomi di crederci. Non potevo crederci. Non potevo farlo se volevo davvero continuare a ignorarlo e a pensare solo a me stessa.
Non riuscivo a non pensare che, nel caso avessi dato ragione a Matt, allora le cose sarebbero cambiate. Non mi potevo fidare di me stessa concordando con lui. Non in quel momento che stavo cercando di resistere alla Evelyn che, appunto, Weston aveva ucciso spezzandole il cuore.
Quella Evelyn che aveva minacciato e che minacciava di resuscitare.
Non potevo permetterlo.
«Fai come vuoi, Matt» dissi, cercando di non far tremare la voce. «Scrivigli, non scrivergli, decidi tu. Io ti posso solo dire che, se me lo dovessi mai ritrovare davanti di nuovo, staccherò la sua testa e quella di suo fratello con le mie stesse mani.»
Non gli lasciai il tempo di ribattere, girandomi e cominciando a camminare decisa fuori dalla stanza.
Avevo un'irrefrenabile voglia di spaccare e distruggere tutto.
Volevo tirare giù le tende rosse del corridoio, strapparle con le mie stesse unghie. Volevo prendere a pugni il vetro della finestra fino a ridurlo in granelli di sabbia. Volevo spaccare a furia di calci tutte le vecchie e consunte porte di legno che riuscissi a vedere
Capii solo qualche momento dopo che quella non poteva solo essere la mia rabbia.
Cercando di frenare la crisi che stava prendendo piede dentro di me, mi appoggiai con le mani al muro. Chiusi gli occhi e lasciai che la tristezza e la frustrazione represse che cercavo di ignorare avessero la meglio sulla rabbia.
Per quale dannato motivo più mi sforzavo di odiarlo più riusciva a mandarmi in cortocircuito la testa?
«Evelyn, tutto bene?»
Sentii Cesar avvicinarsi e aprii gli occhi, cercando di raddrizzarmi e di ricompormi.
«Sì» deglutii cercando di sorridere. «Sì, sono solo stanca.»
Lo guardai e lo vidi irrigidirsi. Quando sgranò gli occhi, capii che le mie iridi erano diventate nere.
«I tuoi occhi...» mormorò cauto, avvicinandosi e allungando una mano per posarmela sulla spalla.
«È tutto okay, Cesar» dissi. «Hai appena assistito alla prima volta in cui sono riuscita a fermare una crisi.»
Raddrizzai la schiena e cercai di allargare le braccia per fargli vedere che ero tutta intera e che stavo bene. Capii presto che combattere la crisi era stato troppo stancante per il mio corpo.
«Ho solo bisogno di riposare, adesso...» riuscii a dire, sbadigliando e sentendo gli occhi chiudersi per la stanchezza.
Quando il mondo cominciò a sfumare attorno a me, Cesar si mosse. Fece un passo avanti, sorreggendomi prima che cadessi a terra di peso.
Riuscii a mormorare un piccolo grazie prima di entrare nel mondo dei sogni fra le sue braccia.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro