Capitolo 38 • Alba Bianca
Avevo la mente bloccata, non riuscivo a pensare, a elaborare e a riflettere.
Sarebbe stata quella la fine?
Quello che aveva detto il sacerdote non aveva alcun senso. Non era mai esistito un Dominus dell'Acqua in grado di controllare quel potere. Perchè gli dèi avevano dovuto scegliere me per un destino del genere?
Perchè sarei dovuto morire per salvarla e per salvare Elyria?
Non riuscivo, per quanto mi sforzassi di essere egoista e di pensare solo alla mia vita, a prendere nemmeno lontanamente in considerazione l'idea di scappare, di non lasciarglielo fare.
Avevo la mente svuotata.
Sentivo solo un incredibile peso addosso, un dolore sordo e incontenibile che mi faceva mancare il fiato. L'assurda consapevolezza che io, William Cole, sarei stato il sacrificio necessario per salvare il regno, quello che sarebbe dovuto essere il mio regno.
Allungai le braccia e la strinsi a me. Evelyn si abbandonò al mio abbraccio, continuando a piangere. Appoggiai il mento sulla sua testa e chiusi gli occhi, incapace di pensare a qualche via di uscita, a qualche alternativa.
Avrei fatto il possibile e l'impossibile per trovare una soluzione.
Evelyn tremò e io, cercando di tenere ferma la voce, parlai.
«Andiamo dentro» dissi. «Torniamo alla festa.»
Annuì contro il mio petto, prima di distaccarsi leggermente e guardarmi negli occhi. Capii il colore dei suoi occhi in quel momento.
A metà fra il bianco della luce e il nero dell'ombra.
Alzai le mani e le asciugai le guance piene di lacrime con i polpastrelli delle dita.
«Abbiamo tempo, principessa» mi ritrovai a dire, cercando di rassicurare anche me stesso.
Evelyn non rispose, continuando a guardarmi. Sarebbe stato più semplice se a dovermi uccidere fosse stato qualcun altro. Odiavo che dovesse sopportare tutto questo.
«Dillo a Matt e Rose. Loro non parleranno» dissi. «Ma Blain e ogni singolo Dominus di cui non puoi essere assolutamente certa di poterti fidare non devono venirne a conoscenza.»
Annuì e io abbassai le braccia. La presi per mano e mi costrinsi a camminare verso il portone. Quasi la trascinai per i corridoi: sapevo che avrebbe preferito rimanere da sola, ma non aveva scelta.
Rimanemmo in silenzio.
In quel momento fui sicuro che il mio posto, per il momento, sarebbe stato davvero al suo fianco. Non potevo tornare semplicemente a Ilyros e fare finta di niente.
Quando arrivammo davanti alla sala da ballo, mi fermai e mi girai a guardarla.
«Asciugati le lacrime» le dissi dolcemente. «Non vogliamo che qualcuno faccia domande, giusto?»
«Giusto» replicò piano.
Cercai di sorridere, mentre entravamo nella sala da ballo. I Domini avevano smesso di ballare. La maggior parte delle persone avevano raggiunto i tavoli con il cibo e con il vino.
Non impiegammo molto per trovare i suoi amici, ai quali si era aggiunta anche Gwen. Non appena si accorsero di noi, la mia amica si voltò con un gran sorriso.
«Dov'eravate finiti?» chiese senza pensare, prima di notare le nostre facce.
Corrugò la fronte confusa.
«Cos'è successo?»
Non risposi, guardando il gruppo. Di fianco a Colton Wilson c'era una ragazza che non riconobbi. Intuii si trattasse di sua sorella dall'incredibile somiglianza, ma non capii come potesse essere lì.
Gli amici di Evelyn assunsero espressioni allarmate, stupite quanto confuse.
«È lui?»
Quando Rose mormorò piano quelle due parole, mi girai verso Evelyn e abbassai lo sguardo. Evelyn sapeva già qualcosa prima che succedesse tutto?
Chiuse gli occhi per qualche secondo, non facendo in tempo a rispondere. La voce amplificata di Lord Blain fece cadere in silenzio il resto della stanza.
Il Reggente di Pyros era in piedi sulla piattaforma vuota, assieme a un Dominus dell'Aria che stava sicuramente usando il suo elemento per far sentire a tutti chiaramente quello che avrebbe detto.
«Spero che siate soddisfatti del ballo e abbiate gradito il nostro ricevimento» esordì, allargando le braccia. «Ora è arrivato il momento di spiegarvi il motivo per cui siete stati convocati qui stasera.»
Eve si mosse dal mio fianco, come se non potesse sopportare di rimanermi vicina. Raggiunse Matt e Rose e si infilò fra loro due.
Gwen mi rivolse uno sguardo interrogativo ma io scossi la testa.
«Siete sotto la mia protezione» continuò Lord Blain. «È mio dovere giurare sugli dèi che nessuno di voi rischierà la vita per essere entrato in questo castello. Ognuno dei presenti ha stipulato un patto al suo ingresso. Il giuramento di rimanere in silenzio riguardo a qualsiasi cosa abbiate sentito e visto durante il ballo.»
Proprio mentre Lord Blain riprendeva fiato, un Dominus dall'altra parte della sala urlò in risposta, scatenando le proteste concordanti di moltissimi altri.
«C'è il principe!»
Rimasi fermo e in silenzio.
«Sì, avete ragione. Il principe William si trova in questa sala. Come tutti voi ha prestato un giuramento di sangue e, come tutti voi, non vuole permettere che il Regno di Elyria cada distrutto dall'ultima luna» la voce di Blain crebbe di tono, autoritaria e decisa.
Lanciai una veloce occhiata a Evelyn. Era immobile, ferma con gli occhi gonfi a guardare dritta verso Lord Blain.
Migliaia di mormorii sostituirono la voce del Reggente. Nella sala, i Domini cominciarono a guardarsi attorno in cerca di Evelyn Lewis. Lei non si nascose.
Cercò di raddrizzare la schiena e di alzare il mento con dignità, come se sfidasse chiunque a dire una sola parola ad alta voce riguardo a lei.
Era bellissima.
«L'ultima luna è ciò che dobbiamo combattere. Non i Ribelli, non i Reali che si propongono di fermare questa minaccia. Entrambe le fazioni desiderano la stessa, identica cosa: che l'ultimo sole cada e che si trasformi in un'arma potentissima e imbattibile da usare una contro l'altra.»
Alzando di nuovo la voce, Lord Blain richiamò l'attenzione su di sé.
«Ora vorrei proporvi una domanda. Che razza di mondo sarebbe un mondo in cui le nostre vite e quelle dei nostri figli sono minacciati da un pericolo del genere? Se non facciamo qualcosa, se non facciamo qualcosa subito, il mondo come noi lo consociamo non esisterà più.»
«Come faremo a combattere contro due fazioni diverse?» urlò in risposta una donna. «Il popolo è troppo spaventato anche solo per unirsi ai Ribelli e alla loro causa. I Domini hanno paura, i loro villaggi vengono bruciati e le persone che conoscono vengono giustiziate per nulla. Non rischierebbero mai per qualcosa del genere, per quanto nobile possa sembrare...»
Non potei rimanere zitto.
«Non ci sarà regno in cui possano vivere se l'ultimo sole cadrà» urlai di rimando.
Tutta la sala si girò a guardarmi ammutolita.
«I metodi dei Ribelli... quelli di mio padre... sono sbagliati, lo so quanto voi. Entrambi non sono consapevoli di quello che succederebbe se nascesse un nuovo Dominus dell'Ombra. Non ne hanno idea. Se non facciamo qualcosa, se non facciamo altro che concentrarci su questa Guerra Civile, moriremo sotto la sua furia. Reali e Ribelli, indistintamente.»
«Sono le parole di un traditore!»
Nella sala si creò di nuovo il caos. Sapevo che le mie parole avrebbero avuto un peso così importante, che avrebbero creato proteste ed esclamazioni incredule.
Imprecai mentalmente, cominciando a camminare verso le scalinate della piattaforma per raggiungere Lord Blain.
«Sono le parole di un principe!» replicai mentre camminavo, sovrastando le loro voci. «Un principe che sa perfettamente come suo padre sta distruggendo il proprio regno, come sta riducendo il suoi sudditi per la paura di perdere la sua corona. Lo so cosa state pensando e avete ragione: sono un ingrato erede che sta tradendo suo padre tanto quanto lo state facendo voi. Ma non ci sarà alcun regno su cui governare se nessuno farà nulla per impedire la sua distruzione.»
«Siete solo un traditore del vostro stesso sangue. Tutto quello che avete fatto negli ultimi anni, negli ultimi decenni, ha fatto morire centinaia, migliaia di famiglie di fame! È per quello che avete fatto che la situazione del regno è questa!» urlò un altro uomo. «Il vostro stesso matrimonio riserberà la stessa fine a innumerevoli Domini che già adesso non riescono ad arrivare a fine giornata!»
Mi misi di fianco a Lord Blain e cominciai a guardare negli occhi le persone nella stanza.
«Non guardatemi come il figlio di mio padre. Per una volta provate a non vedermi come membro della famiglia reale. Prima di essere un principe, prima di essere un erede, sono un uomo, un uomo come voi.»
Mi ritrovai a parlare a una folla ammutolita.
Presi un respiro profondo, consapevole che, con le mie parole, avrei oltrepassato il limite. Che sarei diventato davvero un ingrato erede che stava ripudiando suo padre. Un ingrato erede che si stava allontanando da quella che era stata tutta la sua vita.
In quel momento, però, c'era un'unica cosa importante. L'ultima mezz'ora avevo scoperto cose che mai avrei creduto possibili, cose spaventose che mi facevano gelare il sangue nelle vene.
Era essenziale che le persone si alleassero contro quello che avremmo dovuto affrontare.
Non riuscivo nemmeno a pensare alla corona che avevo desiderato per tutta la vita. In testa avevo un unico pensiero. Salvare Evelyn e salvare tutte le persone in quella stanza e nell'intero regno.
Era l'unica cosa che contava e se le mie parole avessero potuto contribuire a farlo, allora era la cosa giusta.
«Non siete gli unici ad aver perso qualcosa. Proprio come molti di voi, anche io ho perso una persona molto importante, una persona che amavo con tutto me stesso» continuai fermo e deciso. «Si chiamava Juliet Marshall ed era una giovane Dominus del Fuoco che conobbi molti anni fa. Ci innamorammo. Ma lei non era una Dominus dell'Acqua e non appena mio padre lo scoprì, la fece imprigionare e giustiziare.»
Mi fermai, deglutendo e prendendo fiato.
«Questo solo perchè non era una ragazza nobile, non era del mio stesso elemento?» ripresi. «L'amore che provavamo l'ha chiamato tradimento alla corona. Per ripagare a questo errore, a Juliet le fu tolta la vita e io fui obbligato a raggiungere il Mondo degli Umani.»
Nessuno osò replicare, nessuno si permise di aprire bocca.
«Non posso promettere che mi rinnegherò la mia famiglia, le persone che mi hanno cresciuto. Non posso promettere che governerò sulle ceneri del regno di mio padre. Ma una cosa posso prometterla. Farò di tutto per evitare che Evelyn Lewis completi la sua Caduta. E farò tutto ciò che è in mio potere per salvare il mio regno, il nostro regno da una seconda Grande Guerra.»
Sarei tornato a Ilyros e avrei fatto in modo di cambiare la situazione. Avrei provato a convincere mio padre, a farlo ragionare, anche se non nutrivo molte speranze. Tutta la vita avevo cercato di parlargli, di farlo riflettere per fargli capire che quello che stava facendo non aveva senso.
La prima persona che si mosse mi prese completamente alla sprovvista.
Vidi una persona chinarsi a terra, inginocchiarsi davanti a me e chinare il capo. Uno dopo l'altro, i Domini nella stanza si inchinarono. Non rimase una sola persona in piedi: anche al mio fianco Lord Blain lo fece.
Quando i Domini si rialzarono, feci un passo indietro e ridiedi la parola a Blain.
Non mi ero accorto che dietro al Reggente ci fossero Karlsen e Davis. Lo scoprii solo quando l'ex consigliere mi appoggiò una mano sulla spalla.
Non mi girai a guardarlo, fissando la mia attenzione solo su Lord Blain, che aveva ricominciato a parlare.
«Cercheremo e troveremo consensi» disse. «Dobbiamo combattere, lottare, nel nome di una giustizia, di una libertà e di una pace che riporteranno Elyria allo splendore perduto. Sarà un'alleanza. La chiameremo Alleanza dell'Alba Bianca. Noi salveremo Elyria, salveremo tutti noi.»
La sala esplose in grida di assenso. Lord Blain aveva parlato di una nuova era, proprio ciò di cui i Domini avevano bisogno. Incrociai le braccia sul petto.
«Recluterete Domini? Diffonderete il nostro messaggio discretamente e combatterete per un futuro migliore?»
«Lunga vita all'Alba Bianca!»
***
Non appena entrai nella mia stanza, la rabbia che avevo represso e accumulato nel corso della serata esplose. I miei pugni sbatterono contro la parete, i miei piedi contro qualsiasi cosa fosse alla mia portata.
La fascia azzurra piena di medaglie che mi circondava il torace devenne di colpo pesante, opprimente. Mi continuava a ricordare e a ripetere che fossi davvero.
Ero William, il principe William, l'erede William.
La gettai per terra, prima che le mie nocche si scontrassero ancora contro la pietra nera della stanza. Quando presi un respiro, appoggiai la fronte alla parete, cercando di calmarmi.
William, il sacrificio, il Figlio del Gelo.
Gwen non bussò nemmeno alla porta quella volta. Entrò silenziosa, arrivando dove mi trovavo e abbracciandomi da dietro. Chiusi gli occhi e presi un altro respiro profondo.
Appoggiò la sua guancia sulla mia schiena.
«Sono fiera di te» disse. «Lo sarebbe stata anche Juliet.»
Mi girai verso di lei e l'avvolsi fra le mie braccia.
«Sei stato un vero principe stasera» continuò. «Il degno re che serve a questo regno.»
«Mi sento solo un traditore» dissi invece.
Gwen si staccò e mi guardò dal basso.
«Io non la vedo così, Willie» replicò. «Sei un salvatore. Salverai, salveremo questo regno insieme a questa alleanza. In questo momento stanno spiegando agli altri come raggiungeranno Eylien.»
Annuii, non soffermandomi a pensare a quello che sarebbe successo nel momento in cui Evelyn avrebbe ricevuto i marchi.
«Cesar mi ha detto che Joanne è sua nonna» disse Gwen. «Lei è convinta che andare a Eylien e ricevere i marchi sia sufficiente per fermare la Caduta. Partiremo domani notte.»
«Ma abbiamo ancora tempo!» protestai. «Evelyn deve ancora imparare le basi degli elementi dell'Acqua e del Fuoco... è solo all'inizio...»
«Infatti vogliono che andiamo con loro. Durante il tragitto tu e Cesar potreste continuare a insegnarle ciò che deve sapere. Raggiungeremo una Terra Dimenticata Will!»
Deglutii, distogliendo lo sguardo dal suo, non sopportandole di non dirle nulla di quello che era successo. Avrei dovuto farlo, dovevo solo trovare il coraggio.
Cercai di fare un piccolo sorriso, annuendo. Mi staccai da lei, raggiungendo il letto morbido. Mi massaggiai le mani doloranti, mentre Gwen mi raggiungeva.
«Che cos'è successo?» domandò.
Mi voltai a guardarla, capendo che era arrivato il momento di raccontarle la verità. Non potevo fare finta che non fosse successo nulla, non con lei.
«Evelyn è un Ibrido» esordii. «Suo padre è un Dominus dell'Ombra. Ed è vivo.»
Gwen aprì la bocca per parlare, richiudendola subito dopo, di scatto. Passò qualche secondo prima che dicesse qualcosa.
«Aspetta, che cosa?»
Mi tornò in mente quello che Evelyn aveva detto riguardo ad Adam. Non lo avevo più visto e cercato, non eravamo mai stati molto amici se non per il tempo che avevo passato a Boston. Non avevo pensato all'eventualità che potesse essere diventato una creatura dell'ombra ai servizi di un pazzo.
«Sta resuscitando i morti, Gwen. Quello che è successo a Boston... nella base della Confraternita Oscura... ad Adam stesso...»
Gwen si irrigidì di colpo, sconvolta. Non conosceva molto bene Adam, ma comunque non si aspettava che le dicessi quelle cose.
«Ha detto che Adam era diventato più forte, più potente di qualsiasi altro Dominus...» la misi al corrente di tutto quello che mi aveva detto Evelyn di quel giorno. «... suo padre sta creando un esercito, un esercito con cui occupare tutta Elyria, occupare il mondo intero.»
«Adam è morto?» ripeté lei confusa.
«Non lo so» ammisi. «Ma se davvero adesso ha a che fare con Altair Blain non c'è più nulla che possiamo fare per lui.»
«Altair Blain? È lui il padre di Evelyn? Ed è un Dominus della Luce?»
«Era» la corressi. «È caduto prima che Evelyn nascesse, prima che mettesse incinta sua madre: lei... lei non è solo un Dominus della Luce, Gwen. Evelyn è per metà Dominus dell'Ombra.»
Era il momento.
«Come tale, una volta superata la Caduta, Evelyn sarà invasa dall'oscurità» dissi lentamente. «Sono l'unica persona che può fermare l'ombra prima che la uccida. È questo che riguarda la seconda parte della profezia. »
«Avete parlato con Edvard il Cieco?» sussurrò, meravigliata da quello che le stavo dicendo.
Ci volle poco perchè la sua espressione cambiasse radicalmente, perchè il sorriso di meraviglia le scivolasse via dal viso.
«Perchè eravate così sconvolti quando siete arrivati? Tu non mi stai dicendo qualcosa, non mi vuoi dire qualcosa...»
La guardai negli occhi, prima di rispondere al suo sguardo supplicante.
«Perchè Evelyn sopravviva, è necessario che lei mi uccida.»
Gwen sbiancò di colpo. Cominciò a scuotere la testa, a balbettare sconvolta, attonita.
«N-Non può essere v-vero» disse, alzandosi dal letto e cominciando a camminare avanti e indietro. «N-Non puoi l-lasciarglielo fare, William. N-Non puoi f-farlo...»
Mi alzai e la presi per le spalle, obbligandola a fermarsi.
«Condannerò l'intero regno se non glielo farò fare. Condannerò te, il mio popolo, le persone che amo se non glielo permetterò» replicai dolcemente. «Ma cercheremo una soluzione, forse a Eylien troveremo risposte, troveremo una soluzione.»
«Non puoi sacrificarti, William. Questo regno ha bisogno di te. Io ho bisogno di te... Non puoi essere tu quello che si sacrifica per la salvare tutti gli altri, non puoi essere tu...»
«Sono nato per questo...» sospirai. «Gli dèi mi hanno designato come un Dominus in grado di controllare l'elemento del ghiaccio. Mi hanno chiamato Figlio del Gelo, un Dominus che deve sacrificarsi...»
«Tu non vuoi che lei muoia.»
Non si soffermò a pensare a quello che le avevo appena detto. «Tu ti sei innamorato di lei, e non vuoi che muoia come ha fatto Juliet.»
Non me la presi con lei per quella specie di accusa. Forse aveva ragione, forse era proprio così. Ma non cambiava lo stato delle cose. Ero sempre disposto a cedere la mia vita per la salvezza del regno.
«Non devi fare il martire, Will...»
«Se non troveremo altre soluzioni, non vedo come possa non farlo. È la cosa giusta.»
«Lei non ti ucciderebbe mai» decise di cambiare strategia per dissuadermi. «Non lo farebbe mai.»
«Dovrà farlo, se necessario» continuai imperterrito. «Se uno dei due deve morire, quello sono io.»
«Chi non morirà, morirà comunque dentro Will.»
Ormai Gwen stava piangendo.
«Voi due siete innamorati! Non lo ammettete a voi stessi, ma è così.»
«Non ha importanza. Abbiamo ancora tempo, Gwen, abbiamo ancora tempo. Troveremo una soluzione.»
Dovevo continuarlo a dire per mantenere viva la mia speranza e quella degli altri: dovevo convincermi che una possibilità diversa ci fosse, perché quello era l'unico modo per andare avanti.
Non poteva finire così, avrei fatto di tutto per non permetterlo.
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