Capitolo 7
Sabato 16 Settembre 2017
«Dio! Che faccia orribile!»
Questa mattina il mio riflesso allo specchio è uno dei peggiori: occhiaie che arrivano al petto e sembro cadaverica per il colore che porto. Cosa mi è successo?
La mia notte è stata movimentata, non so quante volte mi sono svegliata e quanto tempo sono rimasta a occhi aperti. Troppi pensieri, tante situazioni che mi hanno sconvolta: prima l'arrivo di Luca, poi l'avvicinamento con Gabriele e infine lo spavento di ieri sera. La camomilla bevuta in nottata non mi ha aiutato a rilassarmi.
«Sei anche una stronza!» parlo ancora me contro me.
Non voglio ferire Gabriele, ma ultimamente non riusciamo più a parlare. Forse il problema è solo il mio, non riesco più a comunicare, ho un blocco, come se mi sentissi costretta a trattenermi. Finisco sempre a non capirci più nulla, il mix di emozioni e sensazioni nella mia testa, non fa altro che confondermi. Sì, il caos è nella mia testa, non nel mio cuore. Anni fa, ho deciso di continuare a gestirli con freddezza e controllo, ad utilizzare il cuore ci si fa male, sempre.
***
All'uscita dagli spogliatoi non mi sento a mio agio. Questa mattina, ho dovuto ricorrere a un'opera di restauro per presentarmi in modo accettabile sul posto di lavoro . Le ferie mi aiuteranno, devo approfittare di questa settimana per dedicare del tempo a me e a Davide.
Lungo il corridoio, percorrendo i passi che mi portano verso la vendita, mi sento, afferrata per i fianchi, sparisco come risucchiata da una forza. Ma non sono in un film horror, in realtà due braccia mi trascinano verso la sala ristoro.
Gabriele chiude subito la porta per ritrovarci soli nella piccola stanza. Mi appoggia al muro, afferrando il mio viso tra le mani, scruta attentamente i miei occhi, poi scende giù per il corpo per controllare il resto, fin quando i suoi occhi affondano ancora nei miei «Come stai?» chiede preoccupato.
«Tutto ok, Gabri» gli rispondo fredda, senza muovermi.
«Dimmelo, come stai? Non hai dormito?» insiste ancora.
«Sto bene!» dico scocciata, allento la presa delle sue mani che scendono poi tra collo e nuca «Non mi vedi?» continuo a dire allontanandolo dal mio viso.
«Ok!» mi osserva da lontano notando prima la mia fronte corrucciata, poi le sopracciglia dritte e unite e infine le labbra chiuse e rigide «Vado... Non avrei dovuto chiederti nulla, qualcuno la pensa ancora come ieri sera. Va bene... torniamo come in principio» apre la porta per andare via, in fretta.
Oddio!
Sono più che stronza.
Voleva sapere come io stessi, nonostante ieri gli abbia detto più di qualcosa sbagliata, lui questa mattina era qui per me. Era preoccupato. Non ci capisco più nulla quando si tratta di Gabriele, sparo cose senza senso, senza più riuscire a coordinare movimento e pensiero. Potevo semplicemente ringraziarlo, invece ho ancora trovato il pretesto per litigare. Se non ci fosse stato lui poteva andare diversamente, o forse no, però il punto è che c'era e che mi ha difeso. Io invece sono stata paranoica, come sempre.
La mia giornata continua e di Gabri non ne ho né sentito parlare e né visto l'ombra, Marta mi ha passato delle sue indicazioni, spero di non averla combinata grossa e che risolveremo ben presto la situazione. Non pensavo davvero le cose che gli ho detto, ho bisogno di lui.
A fine turno il direttore mi si avvicina «Buon pomeriggio Stella! Prima di andar via può passare dal mio ufficio? Ho da darle delle comunicazioni importanti».
«Va bene Direttore. Passo da lei» balbetto un po' per lo stupore.
E adesso cos'altro sarà successo? Mi riprenderà su qualcosa che ho fatto? Cosa ho sbagliato? Ho fatto ritardo ultimamente?... non ricordo nessun ritardo. Allora cos'è? Oh no! No! Non sarà che Gabriele ha deciso di togliermi dal suo team. Cavolo! Sarà così! Che stupida! Stupida! Non ho neanche cercato di chiarire.
Busso in direzione, alla parola «Avanti» apro la porta.
«Venga, venga! Si sieda» mi incita il Direttore.
Oh no, lo sapevo, c'è anche Gabriele seduto dinnanzi al tavolo, con lo sguardo attento su dei fogli che ha in mano. Prendo coraggio per farmi avanti. Quando mi siedo accanto alla sua sedia, Gabriele non mi degna di attenzione.
«Allora l'abbiamo convocata qui dopo una lunga mattinata di ragionamenti con il suo capo» Inizia a parlare il Direttore freddo, in modo che nessun sentimento trafili dalle sue parole.
Ecco! Posso salutare il mio category... quale sarà il mio nuovo reparto?
«Noi la riteniamo un valido elemento, sempre disponibile, professionale, doti d'esposizione merce notevoli, veloce a smistare e rifornire, presenza impeccabile... d'altronde queste mie dichiarazioni confermano quanto l'è stato proposto anni fa. L'azienda assolutamente la considera una dipendente modello» parla ondeggiando il capo con mani congiunte sul tavolo.
Eccola la pillola dolce, ora arriverà quella amara...
«Non abbiamo dubbi su di lei, tuttavia la questione è fino a che punto possiamo spingerci con le richieste»
Non sto davvero capendo nulla da queste parole e dove vuole arrivare.
«Sappiamo che ha un figlio e altri impegni...E questo ci ha frenato nel ragionamento pensando ai limitamenti che ne potesse comportare, ma ci sentiamo lo stesso di nominarla in questo progetto e lasciare la scelta a lei» al termine della frase disgiunge le mani puntando l'indice su di me.
Mi volto verso Gabriele per cercare di carpire informazioni, ma guarda il Direttore, senza che mi arrivi alcun cenno.
«Il nostro capo negozio, Gabriele, è stato nominato dalla direzione vendite, come supporto all'apertura del negozio di Barcellona. La squadra è composta da varie figure responsabili e non. A Gabriele è stato chiesto di portare una persona con lui se la ritiene valida al ruolo da ricoprire»
W O W!... Ho capito bene?
«Abbiamo ragionato insieme, già da qualche giorno, lei per noi fa parte della squadra di supporto apertura negozio Barcellona» parla questa volta aprendo le labbra con un sorriso.
Con il cuore impazzito cerco di esprimermi «Io... io sono assolutamente lusingata! Quanto detto nella prima parte, amo il mio lavoro e non c'è cosa più gratificante sapere che quello che si fa viene fatto nel modo giusto... quanto alla seconda parte, sono senza parole» cerco lo sguardo di Gabriele, questa volta anche i suoi occhi mi guardano, ma non riesco a trapelare alcun emozione, sembrano impassibili «Vi ringrazio della nomina, un'esperienza pazzesca, ho partecipato ad altre aperture... Però credo che quella di Barcellona sarà pazzesca! Grazie! Grazie Direttore! Grazie Gabriele!»
Finalmente, questa volta, il mio amico apre bocca «Pensaci per qualche giorno, entro martedì ci dirai cosa hai deciso e il Direttore comunicherà in sede. Ti lascio il foglio, su per giù è il programma. La partenza è tra due settimane, inclusi i giorni di viaggio resterai fuori circa dieci giorni» mi parla freddo e distaccato «Valuta, l'esperienza è unica e irripetibile. Pensaci bene» mi passa il foglio. «Direttore io esco, controllo la vendita». Decide di andare via così, senza dirmi altro e senza regalarmi un sorriso.
«Ok. A dopo» lo congeda il Direttore per poi riprendere a parlare con me «Allora Stella è una bella notizia, e anch'io credo che sia irripetibile, cose come queste non accadono tutti i giorni... ci pensi bene»
«Sto andando in ferie, martedì la chiamerò» mi alzo in piedi e allungo la mano per salutarlo «Grazie ancora infinitamente».
«Merito suo! Buone ferie! Aspetto una sua chiamata» parlando mi fa strada.
«Non mancherò» esco da quella stanza stupita, non mi aspettavo minimamente quanto accaduto.
Barcellona! Non ci credo. Non posso rifiutare, però se penso a Davide mi parte un'ansia, come potrò lasciarlo per dieci giorni, non è Roma, non è neanche Milano, no! Barcellona! A quanti chilometri sarà da qua? No! A quante ore di volo? Come potrò mai prendere questa decisione? Vorrei tanto, ma non posso.
Ho la tristezza in corpo pensando a Gabriele in ufficio, non era lui. Se fosse stata una delle nostre solite giornate, si sarebbe fatto trovare dietro la porta e mi avrebbe lanciato in aria per la straordinaria notizia. Invece non c'era, non c'era neanche in ufficio, il vero Gabri non era quello e la colpa è solo mia. Devo parlargli subito! Ho bisogno di chiarire.
Lo vedo in cassa e non perdo tempo, mi avvicino non considerando la fila di clienti al mio lato sinistro «Gabri ti fai sostituire?»
«Non posso» risponde freddo come non mai.
«Devo parlarti» non posso mollare, devo chiarire il prima possibile.
«Non c'è nessuno in giro che possa sostituirmi, sono tutti in riserva» parla senza guardarmi, continuando il suo lavoro.
«Gabri, ti prego!» allungo il corpo sul mobile.
«Prego signora, ho lasciato lo scontrino nella busta» si rivolge gentile alla signora in attesa in cassa, non considerando la mia presenza.
«Mi dispiace» dico in silenzio.
Si ferma con il suo lavoro e finalmente mi rivolge attenzione «Che c'è? Lo fai dopo quanto sentito alla riunione? Ad inizio turno non mi sembravi così dispiaciuta».
«Gabri! No, non è per quello» ma ormai presta servizio ad un'altra cliente evitando ancora di guardarmi «Sono una stronza» bisbiglio, diminuendo il tono andando avanti «una stronza incasinata. Una stronza, incasinata, incoerente».
Resto ferma lì ad ascoltarlo parlare con chi ha di fronte, finché stufo si volta dicendomi «Buone ferie». Poteva dirmi "togliti di mezzo" sarebbe stato lo stesso.
Ok. Gli passerà «Ciao Gabri!» me ne vado con l'anima di chi sa che è tutta sbagliata.
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