Capitolo 1
Il vociare consueto che si spandeva ogni giorno in Lindsey Row, a Londra, quel 29 settembre 1810 fu importunato dalla angoscia genuina che proveniva dall'abitazione del ex pastore unitariano William Stevenson e consorte. Elizabeth, donna pia e dai modi garbati, stava per dare alla luce il secondo figlio e non era un segreto che il parto fosse rischioso. Le complicazioni erano reali, imprevedibili e, ci voleva un niente, che l'azione più naturale al mondo si trasformasse in un incubo, con la morte della partoriente, del nascituro o di entrambi.
Eliza strinse le lenzuola tra le dita per contenere il dolore e per schiacciare la paura in fondo al cuore, perché sapeva che averne era del tutto inutile. Dare la luce a un figlio non era un'incombenza da poter rifiutare. Doveva agire con forza e determinazione, scacciando i timori e cogliendo la positività dalla fede.
Andrà tutto bene, pensò, affidandosi a Dio, mentre fitte potenti le martoriavano il basso ventre e le laceravano le carni.
Mio Dio, ti prego! Pregò, contraendo i muscoli per un nuovo spasmo, e poi rilasciò un grido liberatorio.
Il marito le corse accanto, ignorando ogni opposizione e sguardo bieco. Le prese una mano per darle supporto, focalizzando l'attenzione lo sguardo sul suo volto deformato dalla sofferenza.
«Sono qui, Eliza, stringete la mia mano.»
«William» gridò tra due spinte, con il respiro pesante e il corpo dolente.
«Andrà tutto bene,» le disse per tranquillizzarla, «tu sei nata per essere madre e il Signore lo sa.»
La donna scoppiò in lacrime, e lui con lei, mentre la levatrice controllava l'uscita del nascituro.
«Vedo la testa,» li informò la donna con fare pratico, «manca poco ormai.»
Neanche il tempo di udire la frase, che il corpo di Eliza fu scosso da una nuova contrazione che le martoriò il ventre e la schiena, come ormai accadeva da ore.
Signore, ti prego, fa' che vada tutto bene! Pregò continuando a seguire le indicazioni della donna.
«Ci siamo, ora, manca l'ultimo sforzo. Alla prossima contrazione, spingete.»
Incoraggiata da quel comando diede le ultime spinte e, poco dopo, l'eco di un vagito si propagò nell'aria, sollevando l'animo dei presenti.
«È una bambina» la informò la levatrice mentre la puliva.
La donna si abbandonò sui cuscini, chiuse le palpebre e sorrise, mentre respirava fondo. Una volta ottenuta la calma, le schiuse e guardò il marito al suo fianco. Aveva gli occhi lucidi e uno splendido sorriso sulle labbra sottili.
«Siete stata brava» lodò, abbassandosi per posarle un bacio sulla fronte madida di sudore.
Lei gli sorrise, senza avere la forza di dire altro e, nel mentre, la levatrice le porgeva la piccolina, già pulita e avvolta in un panno caldo.
«Ecco a voi.»
Eliza prese tra le braccia la bambina e sorrise con maggior trasporto mentre l'accoglieva in famiglia: «Benvenuta al mondo Elizabeth.»
*Spezio autrice*
Che ne pensate come inizio?
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