Capitolo 4
"Robin!" è l'urlo che d'istinto esce dalla gola di Antonio in risposta a quello del suo migliore amico. I suoi occhi sono già sulla finestra dove sa che dietro ci sono i commissari che stanno torturando l'olandese. A nulla servono i doppi vetri chiusi, quelle grida continue le sentirebbero anche i sordi: Antonio si avvicina sotto la finestra, si allunga inutilmente verso l'alto per cercare di vedere dentro nonostante le tende siano tirate. "No, no, no! Robin ti prego!"
"Anto lascia stare!" Felipe lo raggiunge e lo prende per un braccio, tenta di trascinarlo via da lì, ma il portoghese oppone resistenza, e quelle urla gli fanno scendere dei brividi ghiacciati dietro la schiena. Nessuno ormai si accorge del cadavere di Gary che viene portato via, o di Daniel che se ne va dal palco, raggiungendo Lucas dietro le quinte, tanti se ne vanno, lasciando Felipe e Antonio praticamente da soli. Passano venti, forse trenta minuti, quando finalmente le urla cessano, Antonio non lo realizza subito, ma quando il silenzio invade le sue orecchie, con uno strattone si libera dalla presa di Felipe, che lo ha trattenuto tutto il tempo per evitare che facesse cavolate, e si avvicina al fondo delle scale da dove sa che scenderà il suo amico. Sono altri cinque minuti d'inferno, per il portoghese, poi nell'oscurità in cima alle scale si staglia scura la figura di Robin, che scende barcollando. Antonio vorrebbe raggiungerlo, ma sa che non può, e man mano che Robin scende le scale, lui riesce a vedere sempre di più il terrore nei suoi occhi. Gli ultimi gradini che li separano sono quelli che fanno salire il terrore anche ad Antonio: Robin è bianco come un lenzuolo. Quando è finalmente al livello del terreno, si ferma e alza lo sguardo, incontrando quello di Anto.
"Non vorresti mai finire lì dentro." dice, praticamente senza voce, con gli occhi lucidi, in un sussurro.
"Andiamo via." risponde il portoghese, trascinandolo per un braccio fuori dal paddock e verso il loro hotel, le loro stanze sono vicine come quelle di Jean e André. All'apparenza Robin sembra illeso. Non presenta capelli o tuta bagnati come è successo a Pascal, Gary e Brandon, quindi Antonio deduce che la tortura sia cambiata.
"Chi-chi è morto?" chiede Robin, un violento tremito lo scuote mentre cammina con il polso destro stretto nella mano di Antonio.
"Gary, l'ha ucciso Daniel." Antonio cerca di scacciare dalla sua mente la violenza con cui Daniel ha piantato quel coltello nello stomaco di Gary, senza smettere di guardarlo negli occhi, e difficilmente dimenticherà l'odio che gli sentiva dentro anche a distanza di metri. Robin vorrebbe liberarsi dalla stretta di Antonio, ma sente che se lo facesse, probabilmente non sarebbe in grado di ritrovare da solo la strada per il suo albergo. Si lascia guidare per le strade di Marrakesh, nel fresco del tardo pomeriggio, finché non si rende conto che sono entrambi davanti alla porta della sua camera, Antonio gli ha messo in mano la chiave per entrare, e lui la infila nella serratura passivamente. Quando apre la porta, Antonio finge di non accorgersi del disordine che popola la stanza, e ordina a Robin di sedersi sul letto. "Stai qui, torno tra un secondo." Antonio esce ed entra in camera sua, la porta subito a destra di quella di Robin, si toglie la tuta e la maglia tecnica e si infila dei vestiti puliti, presi dalla valigia, poi recupera il suo MacBook e torna sui suoi passi. Quando rientra in camera dell'olandese, lui è come immobile al fondo del letto, i suoi occhi fissano il vuoto, e ha ancora la tuta con la zip alzata fino al collo. Antonio chiude la porta e si siede accanto a lui, la luce del sole li illumina attraverso le sottili tende bianche della finestra di un leggero color oro. Posa il Mac al centro del letto e si ferma ad osservare Robin. "Cosa ti hanno fatto?" non vuole rivelargli che le sue grida gli facevano più male di una coltellata, forse più di quella che ha dovuto prendersi Gary. Robin non vuole ricordare, ma la sua mente si rifiuta di collaborare, e lo investe nuovamente di tutto il male che gli hanno fatto fino a poco prima. I suoi occhi si riempiono di lacrime mentre con le mani che tremano cerca la zip della sua tuta e la abbassa fino alla vita, si volta di schiena rispetto ad Antonio e si sfila le maniche, le lacrime ormai scendono senza freni. Con un gemito di dolore Robin si sfila la maglia tecnica e lascia che Antonio veda i tagli aperti sulla sua schiena, che non sanguinano. Anto rimane senza parole mentre percorre con lo sguardo ogni ferita, la sua mano si avvicina in automatico alla sua schiena e quando la sfiora, Robin trema violentemente e ricade in quel tormento, ancora. Sente le mani del primo commissario che gli sfilano brutalmente la maglia tecnica e un altro che si avvicina a lui che ha le mani legate sul tavolo davanti a sé con una lametta in mano, e poi sparisce dietro di lui. Il metallo è ancora gelido contro la sua schiena, la lametta apre la sua pelle senza farlo sanguinare e il dolore del primo taglio è così forte che Robin non trattiene l'urlo che sente risalirgli la gola, lo stesso che ha fatto gelare il sangue nelle vene di Antonio sotto il palco. La lama non si ferma e apre centinaia di tagli sulla sua schiena, solo qualcuno sanguina appena, ma ogni traccia viene ripulita in modo che da fuori non si abbia prova di quel che gli è stato fatto. "Robin…" sussurra Antonio, sfiorando le ferite sulla pelle dell'olandese.
"Non si fermava…" la poca voce che ha gli muore in gola, subito rimpiazzata dall'ennesimo singhiozzo. "A loro non interessa nulla di noi, non hanno pietà." riesce a dire, costringendo la voce a uscirgli dalla gola.
"Tutto questo è… Inaudito, a dir poco." Antonio si arrabbia, ma sa che non servirà a niente, così si limita a lasciare che Robin si alzi per togliersi completamente la tuta. Si toglie a fatica i pantaloni, restando solo con i boxer, finché non trova qualcosa di decente da mettersi, anche se resterebbe volentieri in mutande, ma con Antonio in camera si sente a disagio. Si infila una maglietta con le maniche lunghe e un paio di pantaloni comodi, poi torna sul letto e si sdraia con il viso rivolto al centro del materasso sopra le lenzuola, con un braccio sotto la testa e lo sguardo che non si muove dalle pieghe delle coperte che crea il suo corpo.
"Non ho voglia di andare a cena con gli altri…" confessa, cercando con lo sguardo gli occhi di Antonio.
"Non era mia intenzione portartici, esiste il servizio in camera per questo. E poi ho portato il computer apposta per passare una serata dedicata a Netflix e basta." Robin sorride appena a questa proposta, poi guarda l'ora sul suo orologio, le sette e un quarto.
"Ora è presto, metti un film prima di ordinare qualcosa." gli suggerisce, e Antonio ubbidisce, aprendo il computer e facendo log in sul suo account Netflix. Cerca un classico per tirare su il morale, Due Date con Robert Downey jr, che è certo Robin apprezzerà. Non appena il film si carica, Antonio si toglie le scarpe in un secondo e si sdraia accanto a Robin, tenendo il computer sulle sue gambe. L'olandese si avvicina a lui, sistemando il cuscino in modo che la testiera del letto non sia scomoda per appoggiarci la testa. I ragazzi restano così fino alla fine del film, anche se ogni tanto Robin si scopriva a non riuscire a togliere gli occhi di dosso da Antonio. Il portoghese ha cercato di far finta di niente, ma ogni volta lo sguardo di Robin lo sentiva sempre più pesante addosso. Scorrono i titoli di coda, Antonio si siede sul letto e comincia a scorrere i titoli degli altri film disponibili da vedere, dato che non sembra il primo abbia funzionato granché. "Ho fame." si lamenta Robin, che non si è mosso di un centimetro dalla sua posizione.
"Ordino qualcosa, cosa prendi?" chiede Antonio, lasciando il computer sul letto.
"Fai tu per me, è lo stesso. Scelgo qualcos'altro intanto." Robin si alza e si avvicina al computer di Antonio, leggendo i titoli del catalogo di Netflix, nemmeno si accorge di quel che lui ordina al servizio in camera. Trova un classico, L'attimo fuggente, e aspetta che il più giovane torni a sedersi accanto a lui. Non appena Antonio tocca il materasso, Robin si avvicina a lui e cerca un suo abbraccio. "Grazie Toni." sussurra, il viso appoggiato al petto del portoghese.
"È il minimo Rob, davvero." Antonio sente che è ora di dirgli quel che ha provato quel pomeriggio. "Quando ti hanno torturato, io ho sentito. Ho sentito le tue urla attraverso la finestra, ed è stato terribile. Soprattutto perché non potevo essere lì a proteggerti. Era come avere ghiaccio nelle vene ogni volta che ti sentivo gridare." confessa, il mento appoggiato alla testa di Robin. Lui cerca di processare le sue parole, poi si accorge del brivido che scende lungo la schiena di Antonio.
"Pensavo tu non ci fossi… sotto al palco. Quando ho urlato la prima volta, in meno di un secondo ho pregato che tu non potessi sentirmi, che fossi lontano." risponde Robin, sciogliendo l'abbraccio, il film che continua a scorrere sullo schermo che nessuno dei due guarda. Le parole che ha pronunciato Robin restano sospese nell'aria, lui si porta le ginocchia al petto e abbassa lo sguardo per non incrociare quello di Antonio. "Tu ti preoccupi un po' troppo per me." constata, e non si accorge che il portoghese si avvicina a lui, gli prende il viso tra le mani e lo bacia piano. Nessuno dei due si è mai dichiarato apertamente omosessuale, nessuno dei due aveva mai provato attrazione fisica per un uomo, eppure entrambi realizzano che volevano questo più di ogni altra cosa al mondo. Robin schiude le labbra e approfondisce il bacio, cercando la lingua di Antonio con la punta della sua, sposta le ginocchia che li separano e si alza appena, i loro corpi si toccano all'altezza dei bacini, e se non fosse per il ragazzo che bussa alla porta esordendo con un servizio in camera, probabilmente dalla disperazione andrebbero oltre. Entrambi sono consapevoli del fatto che questa potrebbe essere l'ultima volta che passeranno del tempo insieme, perché uno dei due potrebbe morire il giorno dopo. Si allontanano, e Antonio va ad aprire. Sul vassoio, due piatti fumanti di pollo al curry e riso li aspettano, e vinti dalla fame divorano tutto in pochi minuti, con gli occhi incollati allo schermo del computer. Mentre si alternano per il bagno, Robin realizza che quel bacio Antonio gliel'ha dato sul famoso carpe diem, cogliete l'attimo di Robin Williams. Quando lui torna dal bagno, nessuno ha voglia di parlare di quello che è successo, tornano a sdraiarsi sul letto di Robin con il computer in mezzo a loro, le loro mani si cercano inconsapevolmente. Soltanto quando il film è finito, Antonio si accorge che Robin sta dormendo ormai da un po'. Si accorge da come respira che il suo non è un sonno tranquillo, e decide che resterà con lui. Si alza, tira le tende della finestra e spegne la luce, la stanza viene inghiottita dall'oscurità, attutita dalla luce dello schermo del suo computer. Antonio torna a sdraiarsi di fronte a Robin e chiude il computer, per poi posarlo sulla moquette del pavimento, cerca di nuovo la mano dell'olandese. Cercando di non fare caso al suo respiro irregolare, si addormenta a fatica.
La mattina dopo, nel paddock non si capisce chi sia il più agitato. Oggi per la prima volta morirà un secondo pilota nel giro di ventiquattrore. Jean e André sono fiduciosi, d'altronde non sono andati malissimo ieri e contano sui riscontri positivi nelle prove libere. Anche Antonio e Robin trovano dei buoni piazzamenti, subito dopo i ragazzi della Techeetah, seguiti da Lucas, Felipe e Sam Bird. Dopo pranzo, le qualifiche non regalano brutte sorprese ai primi della classifica, ma mettono in pensiero Oliver Rowland e il suo omonimo Turvey, che partono in fondo. I ragazzi si dedicano ai fan per un po', qualcuno piange la morte dei piloti assenti insieme ai loro compagni di squadra, non passa molto che è già ora di scendere in pista per la gara. Un tamponamento alla prima curva non miete vittime, lasciando tutti in gara nonostante qualcuno abbia dovuto sostituire gomme bucate o alettoni rotti che siano. Al comando della gara si trova Antonio, subito dietro di lui Robin, che resta comunque il suo principale pensiero nonostante la sicurezza che il suo secondo posto gli garantisce. Jean e André spingono al massimo, ma il tedesco non vuole tornare su quel palco per uccidere qualcun altro e resta per sicurezza dietro a Robin fino alla fine. Sembra andare tutto liscio, finché la spensieratezza di Antonio dall'alto della sua prima posizione non si sgretola sotto i suoi occhi alla penultima curva prima del traguardo. In un istante la sua macchina sembra come spegnersi, va pianissimo, e dopo pochi secondi vede tutti i suoi compagni passargli accanto.
"Che succede… cos'ha la mia macchina?" è il suo grido disperato alla radio, procede lentamente verso l'ultima curva mentre conta le auto che lo sorpassano, preme a fondo l'acceleratore per non arrivare ultimo, non può essere il suo giorno, non può morire adesso.
"Non lo sappiamo Antonio, la batteria è come morta…" gli risponde il suo ingegnere, il portoghese ha ancora una possibilità, arrivare al traguardo prima dell'ultima macchina, quella di Oliver Rowland, che è a pochi metri da lui.
"No, no, non oggi." è a pochi metri dal traguardo e lotta per tenere viva la sua macchina, ora pensa solo a se stesso e a nient'altro. Porta l'auto oltre la linea, e si ferma, ma il sospiro di sollievo che gli nasce dal petto è interrotto nell'istante in cui alza gli occhi e la vede, l'auto di Oliver davanti a lui di almeno venti metri, e realizza di non avercela fatta. Sbatte i pugni sul volante, lasciandosi andare a un grido di rabbia, e l'auto muore sotto di lui. Esce dall'abitacolo furioso, non doveva finire così, stava vincendo, non gli importava nemmeno più di dover uccidere qualcuno, aveva la certezza che non sarebbe morto sul palco eppure non è bastato, l'elettronica gli si è ritorta contro e non ha potuto nemmeno ritirarsi. Che stupido a pensare che avrei potuto salvarmi, dice tra sé, togliendosi il casco e scaraventandolo a terra in mezzo alla pista. Con un tonfo il casco rimbalza e si apre una crepa enorme, ma a lui non interessa più. Si sfila con rabbia anche il sottocasco e non appena trova l'ingresso della pit lane, a qualche metro dal palco, i nervi gli cedono e lui si lascia cadere a terra, le lacrime che gli scendono sulle guance e tra le dita con cui si ripara dal mondo esterno. Tutti gli altri sono rientrati in corsia, e scendono dalle auto senza fiatare, tranne Robin. Il suo ingegnere lo ha informato praticamente subito dell'accaduto ed è come se il mondo gli sia crollato addosso: dovrà uccidere l'unica persona che gli è sempre stata accanto, l'unico che avrebbe mai voluto al suo fianco probabilmente. Dopo aver abbandonato la vettura vicino al palco corre, senza una meta, deve trovare Antonio prima che venga portato via da quegli stupidi uomini vestiti di nero. La ricerca non è difficile, Antonio è lì vicino a lui, non ci pensa due volte ad inginocchiarsi davanti a lui e a prendergli il viso tra le mani.
"Toni, guardami." cerca di farsi considerare, non ha intenzione di staccarsi, ma la reazione di Antonio non è esattamente quella che Robin si aspettava.
"Vai via Robin!" grida, alzando lo sguardo sull'olandese, e poi realizza quello che ha fatto, gli occhi di Robin lo tradiscono, è ferito nel profondo.
"No, non ti lascio neanche per scherzo." risponde Robin, la sua voce trema, qualche lacrima scende e cerca di tenere Antonio il più vicino possibile.
"Robin lasciami andare!" Antonio non vuole separarsi veramente da Robin, ma l'olandese lo ascolta e vorrebbe non averlo mai detto. Entrambi stanno piangendo e sanno che è una cosa stupida da fare perché tutto ciò che c'è tra di loro doveva restare tra quattro mura e adesso hanno gli occhi dei colleghi e del mondo addosso. Si guardano per un tempo che sembra infinito fino a quando due uomini prendono con violenza Antonio e per quanta resistenza possa opporre non riesce a contrastare la loro forza. Robin urla dalla disperazione, non vuole mollarlo, non può lasciare che lo portino via, resiste anche lui fino a quando altri due uomini lo prendono per le braccia e le loro mani che si erano unite come la sera precedente si staccano.
Robin viene praticamente gettato nel retropalco e come i primi due si trova spaesato, tutto gli sembra così estraneo, freddo. Sul tavolo c'è la lettera col suo nome che ignora, accecato dalla rabbia si avvicina all'uomo con le tre scelte e getta a terra tutto. Non sopporta la vista del sangue, figuriamoci quello di Antonio, Robin è costretto a una scelta devastante che probabilmente lo lascerà con una cicatrice sul cuore a vita. Va incontro all'uomo innocente col fuoco negli occhi e lo spinge contro l'unica parete solida con forza, tanto che tutto trema.
"Sono già costretto ad ucciderlo, se devo farlo lo uccido con le mie mani." la rabbia nella voce di Robin farebbe tremare chiunque, ma è tutta apparenza, Robin sta morendo dentro.
Molla il malcapitato e si lascia cadere sulle ginocchia, si passa disperatamente le mani tra i capelli e sente di nuovo le lacrime bruciare sul suo volto. Non può uccidere Antonio, non ce la può fare, non è in grado di uccidere la persona più importante della sua vita.
"Robin… devi salire sul palco." inaspettatamente lo sconosciuto lo chiama per nome, un piccolo strappo alla regola perché di freddo in quel posto non c'è più nulla.
Robin lo guarda disperato mentre gli offre una mano per rialzarsi, mano che l'olandese afferra prima di voltarsi, con la morte negli occhi esce dalla stanza improvvisata, Antonio è lì davanti a lui con gli occhi che lo tradiscono ancora appena Robin si pone davanti a lui.
"Dov'è la tua arma?" chiede Antonio, la voce colma di terrore, ma non ha più la forza di piangere, non davanti a tutto il mondo che lo guarda adesso su quel palco.
"Nessun'arma Antonio. Io..." Robin sente le lacrime riempirgli gli occhi, ma le ricaccia indietro a forza. Cerca gli occhi di Antonio, sospira. "Perdonami per tutto quello che ho fatto di sbagliato in questi anni, se ti ho fatto incavolare, o se ti ho deluso. Tu sei stato molto più di un fratello per me." Si avvicina al portoghese, gli prende il viso tra le mani e gli sussurra un ti amo prima di baciarlo davanti a tutti. Ormai non gli importa più che loro sappiano, tanto lui sta per morire. Dopo pochi istanti, le mani di Robin scendono sul collo di Antonio e lui si allontana dalle sue labbra, stringendo forte con le mani, costringendo Antonio a inginocchiarsi e poi cadere di schiena, Robin gli è addosso. Al portoghese manca l'aria, il suo viso è rosso e stringe i polsi di Robin con le mani, sa che sarebbe inutile provare a fermarlo e i suoi polmoni chiedono già aria, il respiro accelerato che non riesce a controllare non lo aiuta. Robin si lascia andare alle lacrime mentre vede pian piano la vita abbandonare il corpo di Antonio che trema sotto le sue mani strette intorno alla sua gola, vede il terrore nei suoi occhi e vorrebbe fermarsi, ma ottiene come risultato che le sue dita si serrano anche di più. Lui sta già soffrendo abbastanza, e Robin si convince del fatto che più farà in fretta e prima sarà finita. Quando si accorge che ormai Antonio ha chiuso gli occhi per lasciarsi andare, Robin si china su di lui che ha le labbra schiuse, le lacrime dell'olandese scendono sul viso del portoghese e le sue labbra catturano dentro di loro l'ultimo respiro di Antonio, un secondo prima che Robin torni a sfiorare quelle labbra con le sue. Si allontana, lascia andare Antonio, vede il segno delle sue dita attorno al suo collo, le mani gli fanno male, si alza in piedi, rivolge lo sguardo al cielo per un istante e chiude gli occhi, inspirando profondamente, un istante prima di prendersi la testa tra le mani e lasciarsi andare a un grido che fa accapponare la pelle a tutti i presenti e a quelli che sono a portata d'orecchio. Quando riapre gli occhi, il corpo di Antonio non c'è più, e lui si siede a gambe incrociate sul palco, con la testa tra le mani e negli occhi ancora il terrore che vedeva in quelli di Antonio.
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