Capitolo 29
Sulla griglia di partenza c'è un'atmosfera pesante. Sono cinque contro uno, dietro sembra uno scontro impari dal risultato certo, ma la realtà dei fatti è ben diversa. Lucas ormai sa, è questione di attimi prima che si diriga dai commissari e li faccia uccidere tutti.
Devono agire in fretta, il tempo sta scadendo.
I semafori si spengono tutti insieme e le sei vetture rimaste partono in contemporanea. L'assenza delle altre diciotto si vede, nessuno è fuori alla prima curva, ma la gara miete comunque una vittima: Robin è costretto ad accostare in una via di fuga a causa di problemi alla batteria. E' più che certo che la responsabilità sia di qualcuno, ma discutere per questo è inutile, anzi, peggiorerebbe ancora la sua situazione. Si dirige silenziosamente e in solitudine verso l'ufficio dei commissari, non lascia che gli uomini con i caschi neri gli si avvicinino. E' furioso: non sopporta più la situazione che si è venuta a creare, non vuole rassegnarsi all'idea di stare perdendo, a ogni gara che passa sono sempre meno e sempre più in svantaggio. Tutto ciò che Robin vorrebbe è chiudere con questa storia dei giochi, anche se sa bene che se dovesse sopravvivere, tutto quello che ha passato non lo abbandonerà mai. La mancanza di Antonio fa già la sua parte, probabilmente non lo lascerà vivere, e sarà tutto peggiore perché il rimorso aumenterà costantemente.
Robin realizza di non avere davvero più voglia di vivere. E' stanco di andare avanti in solitudine, nonostante abbia Jean e Andrè al suo fianco, la loro compagnia non sarà mai come quella di Antonio.
Si siede al tavolo dei commissari con un'espressione indecifrabile, nei suoi occhi c'è solo il vuoto.
"Lasciateci pure soli, è innocuo." i due commissari seduti si rivolgono ai caschi neri che obbediscono immediatamente. Robin non li guarda in faccia, si sente già umiliato profondamente. Lo lasciano solo dopo qualche momento, Robin riesce a capire che la sua tortura non sarà fisica. Non sa dire se sia un bene o un male, forse è peggio perché sa già dove andranno a parare i commissari e già gli ribolle il sangue nelle vene. Sente le risate odiose dei due uomini, ma resta fermo, attende di vedere cosa faranno. Quando gli uomini rientrano nella stanza Robin non alza lo sguardo. Non si sente debole, affatto, al solo pensiero di Antonio sente la rabbia impossessarsi di lui. "Allora Robin... come mai di nuovo qui?" uno dei due uomini prende la parola mentre l'altro ridacchia sotto ai baffi. Robin sa che quegli uomini vorrebbero solo staccargli la testa, l'avrebbero fatto subito dopo la morte di Antonio, ma è stato troppo abile a non dare loro indizi per ucciderlo subito. "Insomma stiamo solo cercando di essere gentili con te, hai voglia di dirci secondo te perché sei qui?" Robin lo sa che sono stati loro a farlo ritirare, ora che Lucas ha cantato per lui e i pochi che restano i giochi si fanno estremamente difficili, non possono più fermarli senza perdere qualcuno. I commissari vogliono lui, lo vorrebbero uccidere, ma il rischio è che il loro gioco fallisca definitivamente.
"Potreste dirmelo voi, no?" in un impeto di rabbia Robin decide di ribattere. Riflettendoci, non ha più nulla, se fare tira e molla con i commissari può funzionare e dunque aiutare il gruppo ben venga.
"Allora una voce ce l'hai... chiudi la porta." uno dei due commissari si rivolge all'altro che obbedisce tempestivamente. "Guardami Frijns." il commissario cerca di richiamare Robin, ma l'olandese non obbedisce, senza pensare alle conseguenze che il suo atteggiamento gli porterà. "Ho detto guardami." la voce del commissario è ferma, decisa, non promette nulla di buono. Robin lo sa bene che non possono ucciderlo lì, ma sta rischiando seriamente di morire nella prossima.
Perché dovrei ancora fare la vittima? Se vogliono uccidermi, che lo facciano. Robin non obbedisce, la disobbedienza è la miglior forma di rivolta, se deve far capire le sue intenzioni, questo è il modo migliore. "Robin Frijns stai rischiando di fare una pessima fine, se vuoi vivere ti conviene collaborare." non si accorge dell'altro commissario dietro di lui finché non lo prende per i capelli, costringendolo a guardare l'altro commissario negli occhi. Per tenerlo fermo il "sottoposto" gli punta un coltello alla gola, come a minacciarlo di ucciderlo da un momento all'altro. "Te lo chiedo un'ultima volta, perché credi di essere qui?"
"Siete stati voi, speravate di farmi fare la stessa fine di Daniel e di Antonio, ma non ci siete ancora riusciti." Robin si ritrova a respirare a fatica, la lama affilata gli sfiora la pelle, pronta a tagliare da un momento all'altro. Il commissario che lo tiene ogni tanto sistema la presa ed espone di più il suo collo al coltello, ma Robin non trema, nonostante tutto. Deve essere forte, ancora più del solito, stavolta non deve semplicemente subire, ma deve tenere testa all'uomo che lo sta tenendo prigioniero.
"Non essere sciocco Robin, non avremmo nessun motivo di ucciderti in quel modo... o forse sì? Vuoi dirmi qualcosa su Lotterer e su cosa sta facendo? So che siete molto vicini e mi chiedevo se sapessi qualcosa..." Robin non vuole tradire Andrè, non potrebbe mai. La sua rabbia aumenta una volta di più, per la prima volta una gran voglia di uccidere lo pervade, il pensiero delle sue mani intorno al collo di Antonio non lo butta a terra, non questa volta, ma anzi, gli ricorda che è capace di uccidere e che può usare questa capacità a suo vantaggio.
"Non so di cosa voi stiate parlando." la lama preme sempre di più sul suo collo e inizia quasi a bruciare, la presa tra i suoi capelli non accenna ad allentarsi e il commissario davanti a lui sembra che voglia ucciderlo con lo sguardo. Le cose non sembrano andare bene per Robin, ma non si lascia nemmeno sfiorare da tutto ciò che lo circonda, si concentra solo sui suoi pensieri che si fanno sempre più violenti nei confronti dei due uomini.
"Oh Robin non costringermi ad attuare davvero cosa avevamo pianificato per te, non credo che ne usciresti questa volta..." Robin chiude gli occhi, lo sa che cosa avevano in mente, ma cerca di resistere alle provocazioni. La sua difesa dura poco: il commissario che lo tiene per i capelli rafforza la sua presa, davanti a sé sente un rumore e in un attimo si ritrova una pistola puntata alla testa.
"Credete di potermi uccidere? Non potete farlo adesso, tutta la vostra farsa crollerebbe e non ne cavereste nulla." Robin fatica a parlare, la presa del commissario è eccessivamente forte. In più ora ha anche una pistola puntata alla testa da parte dell'altro commissario che senza dire una parola fa partire un filmato sullo schermo dietro di lui. Ci mette qualche momento a riconoscere il luogo e a comprendere cosa stia succedendo. Dalla sua prospettiva era decisamente diverso, sentiva il vuoto dentro mentre stava uccidendo l'unica persona che per lui non avrebbe mai dovuto morire. Rigettarlo nell'abisso è facile, ma stavolta non otterranno l'effetto sperato, se credono che stavolta la passeranno liscia, si sbagliano di grosso.
"Speravo davvero di non arrivare a questo punto... sai Robin, da come hai ucciso Da Costa quel giorno sei diventato uno dei nostri preferiti, c'era così tanta cattiveria nel tuo gesto..." Robin lo fulmina con lo sguardo, come a intimargli di smettere di parlare, ma non ha effetto: il commissario continua a parlare e a giocare con la pistola puntata verso di lui, pronto a sparare. "La vedo ancora quella cattiveria sai? Quella rabbia che speravo potesse essere esserci tanto d'aiuto... hai scelto la parte sbagliata e ora ne pagherai le conseguenze." sembra dare un ordine all'altro commissario, ma Robin è più svelto. Al diavolo tutto quanto, pensa mentre si libera dalla presa del commissario dietro di lui e con un movimento rapido getta la pistola dall'altra parte della stanza. Dopodichè recupera il coltello da terra, ma prima che possa assalire l'uomo che lo teneva, viene preso dall'altro commissario che tenta di strozzarlo. Robin viene colto di sorpresa, ma non si lascia prendere alla sprovvista: con il coltello ferisce il primo commissario alla mano e lo allontana da sé. Si occupa velocemente dell'uomo che lo teneva fermo tagliandogli la gola, dopodiché recupera la pistola e la punta contro il commissario.
"Cosa volevate da me? Come pensavate di ottenere qualcosa dopo quello che avete fatto?" Robin urla mentre le prime lacrime scendono sul suo viso. Dietro di lui il filmato continua ad andare e Robin può sentire Antonio che tenta di respirare senza risultato. Si volta e con un gesto repentino spara tre colpi nello schermo attaccato al muro ponendo fine a quell'inutile tortura.
"Ti abbiamo sempre voluto con noi e Da Costa era l'ostacolo più grande, andava eliminato, devo dire che mi ha reso il lavoro molto facile, ho solo dovuto seguire il regolamento..." Robin non riesce a credere alle sue orecchie, ha veramente davanti l'artefice di tutte le sue sofferenze.
"Tu l'hai ucciso... tu, brutto figlio di puttana, hai ucciso Antonio." la disperazione cresce sempre di più nella voce di Robin, sente di star perdendo il controllo della situazione e non tenta nemmeno di recuperarlo. "Come pensavi di avermi dalla tua parte dopo quello che hai fatto? Dopo avermi privato di ogni ragione per continuare a vivere?" Robin si avvicina minaccioso al commissario ferito, il coltello in una mano e la pistola nell'altra "Che cosa ottieni se metti insieme un pilota a cui hai sottratto la sua unica ragione di vita con un uomo che lo stuzzica a reagire e gli punta una pistola addosso? Ottieni quel cazzo che ti meriti." spara. Un colpo solo, preciso, in fronte. Appoggia la pistola sul tavolo, ma la sua furia non si è ancora placata, si avventa sul corpo del commissario e inizia a colpirlo con il coltello, la camicia bianca viene lacerata e si macchia di sangue, sangue che Robin non si preoccupa minimamente di togliersi dalle mani.
Ma lo vede questo? Divampa l'incendio.
Sam è sul palco, esattamente come aveva previsto, ed esattamente come tutti si aspettavano, a ucciderlo sarà Lucas. Il brasiliano si rigira il coltello tra le dita, studia in che modo colpirlo, poi si avvicina minaccioso all'inglese.
"Bene bene, quale piacere vederti qui." Sam fa una smorfia, sa bene che non è l'unica arma che il brasiliano userà su di lui. "Sarò buono, ti concederò di dire le tue ultime parole."
"Falla finita, bastardo." ringhia lui di rimando, le mani legate dietro alla schiena da uno spesso filo di ferro che comincia a lacerargli la pelle dei polsi.
"Perfetto, come vuoi. Storditelo, e tenetelo in piedi. Ti riserverò un trattamento speciale mio caro Samuel, un'autopsia a cielo aperto." l'ultima cosa che l'inglese vede è il ghigno sul viso di Lucas, prima che un forte colpo alla nuca lo faccia svenire. Privo di sensi, l'inglese viene tenuto dritto da due uomini, la testa che ciondola di lato, il naso che sanguina per la botta ricevuta. Lucas si avvicina, sussurra qualcosa a uno dei due uomini, e con la punta del coltello apre la tuta dell'inglese all'altezza del suo cuore. "Miei cari, non so se ve ne siete resi conto, ma qui nessuno di voi potrà fermarmi e la prova ce l'avete davanti agli occhi." decanta il brasiliano, lo sguardo che tra le poche persone cerca sotto il palco André, Jean non lontano da lui, in mezzo a qualche meccanico. "Da lui non otterrete più niente... sempre che finora abbiate ottenuto qualcosa. Scommetto che era il tuo canarino, giusto André? Dicono che i canarini siano uno degli animali con il cuore più piccolo tra i volatili, ma vorrei controllare per sicurezza." La punta del coltello di Lucas affonda nella pelle dell'inglese, e il sangue inizia a colare sulla tuta viola della Envision. E nello stesso istante, Robin volta l'angolo e posa lo sguardo su vittima e carnefice sopra il palco. La sua gola quasi brucia, quando si lascia andare a un grido che fa voltare tutti quelli sotto il palco, per un istante Lucas compreso. Robin si precipita là sotto, pieno di rabbia, non è nemmeno abbastanza lucido da piangere.
"Lascialo andare!" urla, cercando di sporgersi sopra il palco, due paia di braccia lo tengono fermo, cerca di divincolarsi per raggiungere le scale che lo condurrebbero da Sam, ma inutilmente, Lucas continua ad aprire la pelle dell'inglese senza che lui possa farci nulla, è ancora incosciente. "Non puoi! Non puoi! Lascialo stare!" la rabbia nella voce di Robin rispecchia quella che lo ha portato a uccidere i due commissari che volevano torturarlo poco prima. Si divincola con così tanta forza che le braccia che lo tengono fermo quasi perdono la presa su di lui, ma l'olandese non è abbastanza forte da riuscire a sfuggire alla loro morsa. "No, non deve morire! Sam!" il grido prolungato di Robin fa accapponare la pelle di tutti quelli che ascoltano, la rabbia ormai gli annebbia la mente.
Sam non sente dolore, non finché il brasiliano non gli ha tolto praticamente un quadrato di pelle grande quanto una mano aperta. Si sveglia gridando, incapace di controllare il suo respiro, si dimena, e in giro c'è sempre più sangue. Non si accorge di cosa lo stia colpendo al petto, il dolore è troppo grande da riuscire a fargli tenere gli occhi aperti, le sue grida non distolgono il suo aguzzino dal suo obiettivo. È un dolore lancinante, mai provato prima, come se gli stessero strappando lentamente la pelle dai muscoli, senza possibilità di fermare l'agonia. Non sa per quanto tempo va avanti esattamente. Nella nebbia del dolore, da qualche parte, Sam sente Robin urlare. È un urlo straziante, ancora peggio di quello che ha fatto per la morte di Antonio. Nella nebbia del dolore, da qualche parte, Sam riesce a trovare i suoi occhi. Li apre per un istante, vede solo la tuta di Lucas macchiata del suo sangue, così come il suo viso, si volta verso dove sa che vedrà la gente sotto il palco, ma nei suoi occhi ci sono solo le lacrime e tra le lacrime, il suo fratellino minore, che viene tenuto fermo da André e Mitch, poi, senza preavviso, buio.
Lucas si allontana dal corpo senza vita di Sam, che viene lasciato cadere a terra, la tuta piena di sangue dell'inglese, le mani gocciolanti, negli occhi la sete di vendetta ormai saziata. Non se ne accorgono tutti subito, ma lo shock si diffonde presto tra le poche persone presenti, le telecamere smettono di trasmettere e di riprendere, quello che vedono è troppo per tutti. In un gesto teatrale Lucas si porta la lama del coltello al viso, si sporca le labbra di sangue e alza l'altro braccio al cielo, rivoli di sangue che gli scorrono giù per il polso, fuori e dentro la manica della tuta, le dita della mano strette attorno a quello che ha fatto inorridire tutti. Il cuore di Sam, che ormai ha smesso di battere, scuro e sanguinante, negli artigli del mostro. "Les jeux sont faites."
Robin guarda fuori dalla vetrata le auto che scorrono per le strade della città, oltre la spalliera del divano su cui si è raggomitolato, la testa appoggiata al cuscino, i tiepidi raggi del sole scaldano le sue guance e illuminano i suoi occhi verdi ormai privi di qualunque emozione. Si stringe meglio le gambe al petto, sospirando, senza riuscire a pensare a qualcosa. È come se la sua testa avesse smesso di fare qualunque altra cosa che non siano funzioni vitali e involontarie, o che comunque non richiedono particolare empatia per essere portate a termine, e forse è anche per questo motivo che Robin ora vive a casa di Jean e André. Non sente quasi mai bisogno di mangiare, bere o dormire, nonostante abbia a disposizione una camera tutta per sé è difficile che lasci il divano in soggiorno, raramente si veste, resta per la maggior parte del tempo in pigiama, e farlo uscire di casa è impossibile. Jean e André si occupano di lui come se fosse figlio loro, e ogni volta che c'è da mangiare o bere anche solo un bicchiere d'acqua è quasi sempre una lotta, anche se priva di ogni determinazione da parte dell'olandese, che cede facilmente alle suppliche dei due. Robin cerca sempre di dormire il meno possibile, da quando è morto anche Sam nei suoi sogni ci sono solo incubi, veder morire l'inglese lo ha segnato più di quanto non sembri. La sua mentre lo tormenta con altri scenari di morte quando chiude gli occhi, quindi per lui è più sicuro stare sveglio. Cheetah salta dal pavimento allo schienale del divano, oscurando gli occhi di Robin dal sole. L'olandese la accarezza, le dà una grattatina sotto il mento, e lei fa le fusa in cambio, contenta di ricevere tutte queste attenzioni gratuite dal nuovo ospite fisso in casa sua. La gatta di Jean si avvicina al viso di Robin e con la sua testa colpisce affettuosamente la guancia dell'olandese, mentre lui continua a coccolarla, le lascia un bacio leggero sul nasino rosa, lei gli lecca la mano con cui la sta accarezzando.
Jean osserva la scena dalla sedia alta della penisola in cucina e un po' è geloso di tutte le attenzioni che Cheetah riserva a Robin, ma sa che la sua gatta è consapevole al cento percento della situazione precaria in cui è l'olandese, e lo sta semplicemente aiutando in questo periodo difficile, senza lasciarlo un attimo da solo. Un brivido percorre la schiena del francese quando le dita di André passano delicatamente tra i suoi capelli, è uno dei pochi gesti che André fa con Jean quando sono nella stessa stanza di Robin, entrambi sanno che altrimenti lui non reggerebbe il colpo. I loro momenti così si riducono alla sera, quando sono nella loro camera, lontani dagli occhi dell'olandese.
"Vado a parlare un po' con lui." mormora André, sfiorando la mandibola del francese seduto accanto a lui, gli volta il viso nella sua direzione, costringendolo a guardare in alto e incontrare i suoi occhi blu. Jean porta una mano al mento del tedesco e lo trascina in basso, verso le sue labbra, che sfiorano delicatamente quelle di André. "Ti amo." mormora, sperando che Robin non senta.
"Ti amo." risponde Jean, con lo stesso tono di voce, poi il respiro di André si allontana dalle labbra del francese, il tedesco guarda nella direzione di Robin, lo vede di nuovo perso a osservare fuori dalla finestra, Cheetah appollaiata accanto a lui sullo schienale del divano, il pollice dell'olandese che le accarezza il lato del musetto. André si siede vicino a Robin, ma non tanto da invadere il suo spazio, incrocia le gambe rivolto verso di lui, e Cheetah miagola felice quando lui è accanto a lei. L'olandese guarda André, l'espressione è un miscuglio di ostilità, indifferenza e gratitudine nei confronti del tedesco e di suo marito.
"Ti va di parlare un po'?" André non sa che reazione aspettarsi dall'olandese, ma lui non sembra molto intenzionato a rispondergli. Allunga le gambe nella direzione di André, quasi sfiora quelle del tedesco con i piedi. Alza le spalle in risposta, André sospira, cercando di nasconderlo a Robin, si passa una mano tra i capelli, non sa bene da che parte iniziare la conversazione. "Io e Jean ti ammiriamo molto per la tua forza." decide che gli dirà la verità.
"Non credo di essere la persona più giusta da ammirare per la sua forza." Robin si schiarisce la voce, passando le mani sulle sue cosce, non parla da due giorni ormai. "Non sono forte come credete."
"Credo di sì invece, per il semplice fatto che sono passati già quasi otto mesi e tu sia ancora qui, ancora vivo. Se non fossi più forte di quel che credi non sarei qui a parlarti."
"Mi fa piacere che mi reputi-" Robin deve fare uno sforzo, gli duole il cuore a usare il plurale quando parla di André e Jean insieme. "Che mi reputiate così forte, ma non credo di esserlo, non mi riconosco nemmeno io stesso, continuo a sperare che a ogni gara tocchi a me, per tornare da Antonio, ma ogni volta c'è sempre qualcosa che mi salva o che mi dice di non farlo, e vorrei imparare a far tacere il mio istinto di sopravvivenza. Sarebbe tutto più semplice, sarebbe facile anche solo gettarsi dal vostro balcone, darsi una pugnalata allo stomaco o cose così... l'avrei già fatto, se non fosse stato per voi, per Sam... ma ora che Sam non c'è, siete rimasti voi due. E mi piacerebbe poter dire una cazzata, ma non è abbastanza da tenermi in vita." André si volta per cercare Jean, che sta ancora seduto sulla sedia alta in cucina, Robin copia il suo movimento. Il francese sorride ai due, poi chiama Cheetah perché vada da lui. Lei si alza e corre da lui, saltando sulle sue gambe e raggomitolandosi in braccio al francese.
"Perché non ti sfoghi un po'? Magari ti fa stare meglio." continua André, tornando a guardare Robin. L'olandese si passa una mano tra i capelli e riordina le idee che in un attimo gli hanno affollato la mente dopo che André ha finito di pronunciare la frase.
"Forse non avrei mai dovuto baciare Antonio la sera prima che lui morisse, non ci sarei stato così male dopo la sua morte. Sì, avrei sofferto, ma se non lo avessi baciato, se non avessi lasciato che quello che provavo per lui prendesse il sopravvento, probabilmente adesso non starei così male, non desidererei così tanto morire."
"Robin." André lo interrompe, ma l'olandese lo ferma.
"No André, ascoltami."
"No Robin, ascoltami tu invece." controbatte il tedesco, facendosi insistente. "Non pensi mai al fatto che se non gli avessi confessato cosa provi poi avresti vissuto col rimorso, e forse ti avrebbe danneggiato ancora di più? Il rimorso di non avergli mai detto nulla, di averlo visto morire con il dubbio che lui non fosse che un amico per te? Pensaci Robin, poteva essere anche peggio di così."
"Voglio tornare da lui." mormora Robin, non più capace di reggere lo sguardo del tedesco.
"Lo so bene..." Robin sospira, portando di nuovo le ginocchia al petto, André si avvicina con cautela e gli posa una mano sul braccio, Robin guarda verso Jean per un momento, poi si alza e si avvicina al francese. André copia il suo movimento, Cheetah si sottrae alle coccole di Jean per tornare a dormire sul posto ancora caldo che Robin ha lasciato sul divano.
"Non è molto, ma voglio ringraziarvi. Lo avrei fatto anche con Sam, ma lui non è più qui. Voglio dirvi grazie per tutto quello che avete fatto per me in questi mesi, grazie per avermi aiutato quando il mondo mi era crollato addosso e grazie di avermi tenuto in vita anche se tutto quello che vorrei è smettere di farlo." Robin si tormenta le mani mentre pronuncia le sue parole, non è mai stato un tipo da discorsi commoventi. "Grazie di essere diventati miei fratelli." Jean si alza dalla sua sedia e lascia che Robin lo abbracci, per l'olandese diventa una ventata d'aria fresca, può sentire con mano il supporto che i due hanno finora espresso solo a parole nei suoi confronti. A malapena si accorge di André che lo abbraccia a sua volta quando lascia le braccia di Jean, e finalmente si lascia andare a un sorriso sincero che nessuno aveva mai più visto sulle sue labbra dal giorno della morte di Antonio.
"Posso farti una domanda?" chiede André, Robin lo guarda con aria interrogativa. "Che hai combinato dai commissari per renderli così agitati? Quasi non sembravano più in loro." Robin non risponde alla domanda, gli angoli delle sue labbra si curvano leggermente all'insù con fare sprezzante mentre ride tra sé e sé al ricordo di ciò che ha fatto a Berlino.
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